RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 232 - Testo della Trasmissione di mercoledì 20 agosto 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La tristezza e la riprovazione di Giovanni Paolo II per i tragici attentati di Baghdad e di Gerusalemme, che hanno causato numerose vittime, tra cui il rappresentante dell’Onu de Mello e diversi bambini. Appello del Papa all’udienza generale, perché si rompa la “funesta spirale di odio e di violenza”. La voce della Santa Sede, con l’arcivescovo Celestino Migliore.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Sgomento e sdegno nel mondo per l’attacco terroristico alla sede delle Nazioni Unite nella capitale irachena. Interviste con Giuseppe De Vincentis, Fahran Haq e Alberto Negri

 

 La strage nel cuore dello Stato ebraico congela le speranze di pace tra israeliani e palestinesi. Con noi, Guido Olimpio e padre Giovanni Battistelli.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Cristiani e musulmani dell’Asia in dialogo nelle Filippine per la pace e lo sviluppo

 

Entro 72 ore in Colombia verrà riavviato il programma di intercettazione dei voli usati per il trasporto di stupefacenti

 

Drammatica denuncia dell’Onu in Colombia: 106 indigeni vittime di massacri tra gennaio e maggio.

 

Ha avuto inizio ieri un seminario di formazione per la promozione dell’artigianato locale nella città di Ouagadougou, in Burkina Faso

 

Annullata in Nigeria la condanna a morte per lapidazione, prevista dalla legge islamica, emessa nei confronti di un uomo colpevole di aver usato violenza contro una bambina di 9 anni

 

24 ORE NEL MONDO:

Si comincia a delineare il futuro politico della Liberia dopo l’accordo di pace firmato lunedì scorso

 

Con l’obiettivo di sostenere il processo di pace in Somalia sono ripresi, nel Paese africano, i lavori della Conferenza nazionale per la riconciliazione

 

 Prosegue in Afghanistan la drammatica ondata di violenze: ieri sono rimaste uccise 11 persone in seguito ad un nuovo attacco, probabilmente ad opera dei talebani.

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

20 agosto 2003

 

 

 

IL DOLORE DI GIOVANNI PAOLO II PER LE STRAGI DI BAGHDAD E GERUSALEMME

ESPRESSO ALL’UDIENZA GENERALE E IN UN TELEGRAMMA INVIATO IERI A KOFI ANNAN.

APPELLO DEL PAPA AI GOVERNANTI PERCHE’ INTERROMPANO

LE SPIRALI DI ODIO E VIOLENZA

 

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

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Profonda tristezza e unanime riprovazione. Una nuova, accorata preghiera perché la spirale dell’odio sia spezzata e cessi di tormentare le terre del Medio Oriente, da Gerusalemme a Baghdad. L’eco dei due sanguinosi attentati avvenuti ieri in Terra Santa e nella capitale irachena è riverberata questa mattina nel cortile del Palazzo apostolico di Castel Gandolfo. Nel corso dell’udienza generale, Giovanni Paolo II ha fatto suo il dolore dei molti che, nelle due città, stanno piangendo in queste ore i morti dell’ennesima ondata di crudeltà che ha scosso il mondo:

 

“Le tragiche notizie che giungono in queste ore da Baghdad e da Gerusalemme non possono che generare nel nostro cuore profonda tristezza ed unanime riprovazione. Mentre affidiamo alla misericordia divina le persone che hanno perso la vita ed imploriamo conforto per chi piange, preghiamo il Dio della pace perché prevalga nei cuori la saggezza ed i responsabili della cosa pubblica sappiano rompere questa funesta spirale di odio e di violenza”.

 

Almeno 24 morti accertati, tra i quali il 55.enne rappresentante dell’Onu in Iraq Sergio Vieira de Mello, e altri probabili cadaveri ancora sotto le macerie del Canal Hotel a Baghdad, oltre a un centinaio di feriti. Altri venti morti, tra cui diversi bambini, e ancora un centinaio di feriti nella Città Santa. Il camion-bomba fatto esplodere sotto la sede dell’Onu nella  capitale dell’Iraq e il bus dilaniato nel cuore di Gerusalemme ad opera di un kamikaze di Hamas hanno fatto da simbolico contrappunto alle parole del Pontefice, che proprio all’immagine della Gerusalemme riedificata, cantata dal Salmo 147, ha dedicato oggi i pensieri della sua catechesi.

 

Nei versetti spiegati dal Papa, l’antica distruzione di Gerusalemme ad opera dei persiani – avvenuta nel 586 a.C. – diviene la cornice su cui risalta la potenza del Signore, “che ritorna ad essere il costruttore della Città Santa”. Del resto, ha osservato Giovanni Paolo II riferendosi al salmo, la pace, šalôm, è “contenuta simbolicamente nel nome stesso di Gerusalemme”. E la Parola di Dio, ha soggiunto, può “risuonare nel mondo e diventare norma e luce di vita per tutti i popoli” attraverso “Israele e, quindi, attraverso anche la comunità cristiana, cioè la Chiesa”. Il Signore, ha ricordato inoltre, “agisce con la sua Parola non solo nella creazione ma anche nella storia”: un messaggio, quello del Papa, di speranza più forte dei drammi della cronaca, che Giovanni Paolo II ha rivolto ai 3.500 pellegrini presenti all’udienza e a tutto il mondo. Una speranza che i credenti sono chiamati a coltivare quotidianamente:

 

“Per questo deve ogni giorno salire al cielo la nostra lode (…) per benedire il Signore della vita e della libertà, dell’esistenza e della fede, della creazione e della redenzione”.

 

Il doloroso stupore di Giovanni Paolo II per le notizie in arrivo da Baghdad si era manifestato già ieri sera, a caldo, in un telegramma fatto pervenire al segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, attraverso l’osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, l’arcivescovo Celestino Migliore. Nell’offrire preghiere per le vittime dell’attentato e per i loro familiari, il Papa aveva implorato “tutti coloro che sono coinvolti nel perpetrare atti di violenza ad abbandonare la via dell'odio” e pregato per il prevalere della “via della riconciliazione” e per l’avvento di “un'era di pace, giustizia e armonia sociale” per il popolo iracheno. Allo stesso mons. Migliore, Andrea Sarubbi ha chiesto stamani un commento sulla strage perpetrata ai danni dell’Onu e sulla morte di Vieira de Mello:

 

R. – Non si può non provare sgomento ed anche indignazione per questo gesto irrazionale, sia per la sorte brutale di un uomo di grande valore e di tutte le vittime di questo attentato, sia per le sorti di questo processo di riconciliazione già di per sé molto faticoso.

 

D. – Mons. Migliore, si è chiesto perché è stata colpita proprio l’Onu, che sta svolgendo un lavoro super partes?

 

R. – La violenza è sempre irrazionale e anche questa volta, nella brutalità dell’accaduto, si è dimostrato un alto grado di irrazionalità.

 

D. – Secondo lei, il cammino intrapreso dall’Onu in Iraq in questo momento è un cammino giusto?

 

R. – L’Onu sta fornendo la propria collaborazione in un settore, come quello della ricostruzione e dell’aiuto umanitario, nel quale ha un’esperienza grande ed apprezzata: e l’aspetto umanitario in questo momento è molto importante.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

“Preghiamo il Dio della pace perché si rompa questa funesta spirale di odio e di violenza” è il titolo che apre la Prima Pagina in riferimento all’udienza generale nella quale Giovanni Paolo II, nell’unanime riprovazione del mondo, ha espresso la sua profonda tristezza per le tragiche notizie giunte da Baghdad e da Gerusalemme. A seguire: autobomba contro la sede dell’Onu a Baghdad provoca una strage: ventiquattro i morti e un centinaio di feriti. Tra le vittime Sergio Vieira de Mello, rappresentante speciale di Kofi Annan. Medio Oriente: attentato suicida su un autobus a Gerusalemme provoca venti morti.

 

Nelle pagine vaticane, un articolo dell’arcivescovo Ruppi su San Pio X nel centenario della morte.

 

Nelle pagine estere, le reazioni della comunità internazionale dopo l’attentato a Baghdad. Liberia: annunciati aiuti dell’Unione Europea per 50 milioni di euro. Sudan: l’Igad sospende i negoziati.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Andrea Colombo sulle memorie dell’infanzia di Pavel Florenskij dedicate ai figli.

 

Nelle pagine italiane, i temi della crisi nel mondo del calcio, dell’economia e degli incendi.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

20 agosto 2003

 

 

SGOMENTO E SDEGNO DELLA COMUNITA’ MONDIALE

PER L’ATTACCO ALLA SEDE DELLE NAZIONI UNITE DI BAGHDAD

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

 

Una strage che mortifica le speranze di pacificazione in Iraq e al tempo stesso un attacco contro l’umanità. La comunità internazionale ha reagito sgomenta, condannando unanime il terribile attentato di ieri al quartier generale delle Nazioni Unite a Baghdad. Un attacco che ha causato la morte di almeno ventiquattro persone, tra cui l’inviato speciale di Kofi Annan in Iraq, Sergio Vieira de Mello. Oltre cento sono i feriti, mentre si teme che ci siano ancora vittime tra le macerie dell’edificio, devastato dall’esplosione di un camion bomba. Il segretario generale dell’Onu si è detto sconvolto per l’attentato. Un crimine, ha dichiarato, non solo a danno delle Nazioni Unite, ma contro tutto il popolo dell’Iraq. D’altro canto, Annan ha sottolineato che gli uomini dell’Onu resteranno in Iraq per adempiere al proprio lavoro. Il Palazzo di Vetro vive dunque uno dei momenti più drammatici della sua storia, come ci conferma da New York, Fahran Haq, dell’ufficio del portavoce dell’Onu, intervistato da Paolo Mastrolilli:

 

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R. - WELL, THE IMPACT ON THE …

E’ stato un impatto devastante sul nostro lavoro, ovviamente un duro colpo, ma non smetteremo di essere a fianco del popolo iracheno e di portare avanti la missione che siamo chiamati a compiere.

 

D. – Perché lei pensa che le Nazioni Unite sono state attaccate a Baghdad?

 

R. – IT’S DIFFICULT TO SAY WHY …

E’ difficile dire il perché. Non vorrei speculare su chi possa essere dietro a questo attacco, ma di certo mette in luce i problemi relativi all’insicurezza in Iraq nell’ultimo periodo e ci fa capire quanto il bisogno di sicurezza sia indispensabile.

 

D. – Dopo i contrasti che c’erano stati prima della guerra, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato, il 14 agosto, una risoluzione con cui dava il benvenuto al nuovo governo provvisorio insediato a luglio. Pensa che ci sia qualche connessione fra questa scelta del Consiglio di Sicurezza e l’attacco a Baghdad?

 

R. – I HOPE THAT THE PEOPLE OF THE IRAQ …

Spero che il popolo iracheno si renda conto del ruolo indipendente dell’Onu. Noi siamo indipendenti dalle potenze occupanti anche se per ottenere dei risultati sul terreno lavoriamo con loro, visto che sono loro ad avere il controllo del Paese, ma noi abbiamo un mandato del Consiglio di Sicurezza e rappresentiamo tutti i 191 Paesi membri, non solo uno Stato o un gruppo di Stati. Non posso dire già da ora quali misure adotteremo per affrontare il problema della sicurezza, quello che è certo è che non abbiamo intenzione di mollare e che continueremo ad offrire agli iracheni l’appoggio di cui hanno bisogno in questo momento.

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Durante la notte, a Baghdad, è proseguito incessante il lavoro delle squadre di soccorso. Stamani, invece, è iniziato il lavoro degli investigatori americani che stanno cercando tracce per risalire ai responsabili della strage. Secondo Ahmad Chalabi, membro del Consiglio di governo transitorio iracheno, dietro l’attentato ci sarebbero i fedelissimi di Saddam Hussein, alleati con altri guerriglieri.

 

Obiettivo dei terroristi: l’uomo di fiducia di Kofi Annan, Sergio Vieira de Mello. Brasiliano 55enne, de Mello era una delle personalità più stimate delle Nazioni Unite. Nei sui 33 anni al servizio dell’Onu si è dedicato all’emergenza profughi, lavorando al quartier generale di Ginevra e poi in Bangladesh, Sudan, Cipro e Mozambico. Si era inoltre distinto come eccellente mediatore in alcune delle crisi più difficili degli ultimi anni da Timor Est al Kosovo. Il suo mandato a Baghdad doveva terminare tra otto giorni, dopo quattro mesi di intenso lavoro. De Mello aveva individuato proprio nel problema sicurezza l’emergenza prioritaria per l’Iraq. Ascoltiamo una sua dichiarazione alla Radio dell’Onu, nel maggio scorso, in occasione della sua nomina ad inviato speciale a Baghdad:

 

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Penso che la prima sfida sia il problema della sicurezza soprattutto nei centri urbani, cominciando dalla capitale, Baghdad. So, anche per esperienza, che quando tutte le istituzioni dello Stato crollano, ristabilire la legge e l’ordine non è facile. Perciò posso capire, fino ad un certo punto, quel che succede e faremo di tutto, in questo contesto, per aiutare le autorità ad identificare le aree più vulnerabili, per contribuire alla stabilità e alla sicurezza affinché siano ristabilite il più presto possibile.

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Oltre a De Mello, l’Onu piange anche altri suoi esponenti di spicco rimasti uccisi nell’attentato di Baghdad tra cui il coordinatore dell’Unicef in Iraq, il canadese Christopher Klein-Beekman. Per tutta la comunità delle Nazioni Unite, l’attacco terroristico rappresenta quindi uno shock senza precedenti, come spiega, costernato, Giuseppe de Vincentis, direttore dell’Undp di Roma, il Programma dell’Onu per lo sviluppo umano:

 

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R. – E’ stata una notizia che ci ha completamente devastati; c’è profonda costernazione per l’attacco, la morte dei colleghi e tra di loro anche di amici. Indubbiamente ci ha colti sbigottiti per l’orrendo atto che è stato perpetrato.

 

D. – Lei conosceva bene Sergio Vieira de Mello: che ricordo ha di questa personalità, di questa figura importante delle Nazioni Unite?

 

R. – Ho avuto l’onore, in Cambogia, di lavorare a stretto contatto con lui e ne ho ammirato sin dall’inizio l’integrità e la totale devozione ai principi delle Nazioni Unite. Era un uomo di pace; aveva una carica che riusciva a trasmettere a tutti. Lo ricordo perfettamente quando lui ci chiamava per le riunioni e prendeva la parola, tutti i possibili dissensi, le differenze venivano messe da parte nel riconoscimento della sua leadership moderata e illuminata. Era veramente un grande personaggio, era tra i migliori, se non il migliore.

 

D. – Cosa cambia per le Nazioni Unite dopo questa orrenda strage?

 

R. – Certo, da una parte c’è lo sbigottimento e l’incertezza per questo attacco inaspettato, il primo di questo genere, verso un simbolo, un’organizzazione che cerca di portare pace invece che conflittualità. Di sicuro, il messaggio che è traspirato in queste ore drammatiche è che le Nazioni Unite non si lasceranno intimidire, continueranno nella loro opera di riappacificazione, di ricostruzione, di aiuto umanitario. Come si procederà in questo contesto lacerato, resta da vedersi in questi prossimi giorni.

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Come tragicamente dimostrato dall’attacco di ieri, la situazione in Iraq è quanto mai instabile, a tre mesi e mezzo dalla fine della seconda guerra del Golfo. Il presidente americano, Bush, ha dichiarato che gli Stati Uniti non si faranno intimidire dall’attentato. Dal canto suo, proprio Kofi Annan ha ricordato oggi che le “potenze occupanti” sono largamente responsabili della sicurezza nel Paese, anche se “ciò non scusa o giustifica la violenza insensata” vista in Iraq. Ma per un’analisi sul significato e le conseguenze politiche dell’attacco alle Nazioni Unite, Fausta Speranza ha intervistato Alberto Negri, inviato speciale de “Il Sole 24-ore”:

 

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R. – Le Nazioni Unite sono, come tanti altri obiettivi occidentali a Baghdad, uno di quelli che erano e che sono nel mirino di questa situazione di instabilità tra guerriglia e terrorismo. Le Nazioni Unite rappresentavano gli anni dell’embargo, gli anni delle sanzioni ma in fondo anche quel sistema che, in qualche modo, teneva il Paese in stato di protezionismo e di controllo da parte delle autorità internazionali. Penso comunque che abbia inciso moltissimo il fatto che l’occupazione americana non abbia avuto un contrasto reale, concreto da parte delle organizzazioni internazionali delle Nazioni Unite. In fondo, questa loro incapacità di incidere sulle situazioni concrete li fa passare agli occhi di alcuni gruppi dalla parte dei nemici da combattere.

 

D. – Oltre agli aspetti drammatici che sono nel fatto stesso, quali altre conseguenze possiamo pensare che abbia questo gesto?

 

R. – Non saprei, quali altre conseguenze ci possano essere oltre a quelle che già vediamo tutti i giorni: continui attentati, morti tra le truppe americane, instabilità che vanno di pari passo con una ricostruzione che non attinge a quasi nessuno degli obiettivi che si era preposto all’inizio, anche quelli più basilari, come dare luce e acqua alla popolazione.

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LA NUOVA STRAGE NEL CUORE DELLO STATO EBRAICO

CONGELA LE SPERANZE DI PACE TRA ISRAELIANI E PALESTINESI

- A cura di Roberta Gisotti -

 

“Un grande silenzio, appena turbato dal pianto sommesso e dai lamenti dei feriti”: la scena spettrale del sanguinoso attentato a Gerusalemme nelle parole di un volontario ebreo, tra i primi a soccorrere i superstiti e a comporre i resti delle povere vittime. Ultimo, ennesimo atto di follia omicida contro innocenti inermi.

 

Raed Abdel Hamid, questo il nome del palestinese di Hebron, accecato dall’odio, che si è fatto esplodere nell’autobus della linea 2, intorno alle 21 locali, all’altezza dell’albergo Novotel, nel quartiere ebraico di Shmuel Hanavi, poco distante dalle mura della Città Vecchia, sulla grande strada che collega il centro di Gerusalemme con la periferia nord, e prosegue verso Ramallah.

 

29 anni, imam di una delle più grandi moschee della sua città e maestro di scuola, quest’uomo ha scelto di legare il suo nome al sangue e al dolore di tante famiglie colpevoli solo di essere israeliane ed ebree, di ritorno dalle preghiere al Muro del Pianto. Per questo indossava abiti tipici degli ebrei ortodossi, per confondersi tra loro, carnefice e vittima del suo insano gesto. Membro di Hamas, ma a rivendicare l’attentato suicida è stata la Jihad islamica con un comunicato diffuso dall’emittente tv “Al Manara” dei guerriglieri Hezbollah in Libano. La Jihad aveva infatti promesso di vendicare l’uccisione alcuni giorni fa ad Hebron di un suo militante.

 

Immediate le reazioni sul fronte politico. Il governo israeliano ha congelato tutti i colloqui politici e sulla sicurezza con l’Autorità nazionale palestinese (anp) ed ha sospeso sine die il ritiro dalle città cisgiordane di Gerico e Kalkiliya, previsto in settimana, mentre dalla scorsa notte sono chiusi i valichi di transito fra Israele ed i Territori e si aspettano le decisioni del Consiglio di Difesa, riunito oggi a Tel Aviv. Da parte palestinese è giunta invece la condanna del premier Abu Mazen, che ha fatto sapere di avere interrotto qualsiasi contatto con i leader di Hamas e della Jihad islamica. Proprio ieri sera Abu Mazen si era incontrato con esponenti dei gruppi militanti islamici per convincerli a proseguire la tregua. Ma il portavoce del governo israeliano, Pazner lo ha accusato invece di non fare nulla: “non ha disarmato e smantellato le organizzazioni terroristiche”, ha detto.

 

Sul piano internazionale da registrare la condanna degli Stati Uniti, “nei termini più forti possibili” ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca, mentre il ministro degli Esteri egiziano Maher ha sollecitato “la prosecuzione di sforzi seri per l’applicazione della ‘road map’”, l’itinerario di pace – lo ricordiamo – che prevede la realizzazione di uno Stato palestinese entro il 2005. Su questa linea di impegno anche l’Unione Europea. Stamane una troika dell’Ue, guidata dall’ambasciatore italiano Giulio Terzi, ha fatto visita al luogo dove si è consumata - ha detto il diplomatico - un “offesa per l’umanità”.”Oggi tutto viene rimesso in discussione… – ha aggiunto - ma questo non può che accrescere la determinazione di tutti e dell’Unione europea… per rilanciare il processo di pace…perché questa deve essere la sconfitta dei terroristi”. Ferma condanna anche della Russia per “un crimine” - ha detto il viceministro degli Esteri, Fedotov - diretto anche “a colpire il processo di pace in Medio Oriente”, “ma non bisogna cedere al  gioco dei terroristi”.

 

Ma cerchiamo di capire se ci sono possibilità di risanare una ferita tanto profonda, tra due popoli martoriati incapaci da oltre mezzo secolo di coesistere in quella Terra, che amano entrambi. Ascoltiamo l’opinione del collega Guido Olimpio del “Corriere della Sera”, al microfono di Andrea Sarubbi:

 

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R. – Certamente, è un colpo piuttosto severo perché già “Al-Hudna”, la tregua provvisoria, era in difficoltà, era a rischio; l’attentato, con tutti questi morti, e anche la modalità dell’attacco, spietato, rischia di affondarla definitivamente. Quindi questo il primo elemento. Il secondo elemento: non c’è dubbio che ci possano essere dei contraccolpi nei rapporti inter-palestinesi.

 

D. – A proposito di rapporti inter-palestinesi: Abu Mazen ha promesso il pugno duro contro gli estremisti. Finora, però, non c’è riuscito?

 

R. – Abu Mazen ha una parte di responsabilità: purtroppo, bisogna dirlo. Gli americani da un mese, se non di più, avevano insistito in maniera decisa, netta sulla necessità di fare passi concreti contro gli estremisti. Abu Mazen non ha potuto farlo: non ha la forza, non è in grado – per il momento – di intervenire. A questo punto, se non agisce in qualche modo, se oltre agli arresti non chiude le strutture sociali – per esempio – di Hamas, è evidente che la sua immagine sarà fortemente compromessa ed è chiaro che l’esperimento del suo governo potrebbe avere i giorni contati se non le ore contate.

 

D. – Secondo te, l’attentato di ieri sera mette la parola ‘fine’ sulla ‘road-map’?

 

R. – Non c’è dubbio che la ‘road-map’ rischia di interrompersi in maniera brutale, brusca. Abu Mazen, e soprattutto Dahlan, che è responsabile della sicurezza, dovranno fare il possibile per dimostrare di avere un minimo di controllo. Israele dovrebbe astenersi da qualsiasi tipo di azione militare, azioni che negli ultimi tempi hanno rimesso in movimento tutti i gruppi islamici; quindi, astenersi da azioni militari per vedere se veramente Abu Mazen è capace di fare qualcosa. Senza atti concreti, è chiaro che la ‘road-map’ si può considerare fallita.

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Sgomento per l’accaduto anche nella comunità cristiana, dove si tocca con mano la fragilità della parola ‘tregua’ in un contesto di radicata conflittualità, di odi e rancori, per tanti lutti da una parte e dall’altra, come spiega padre Giovanni Battistelli, Custode di Terra Santa, raggiunto telefonicamente a Gerusalemme da Andrea Sarubbi:

 

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R. – Sto provando un disagio enorme. Oggi abbiamo avuto anche una riunione con i capi delle Chiese per capire la situazione che stiamo vivendo. E’ un periodo di tregua però è solo la parola ‘tregua’, perché vendette contro vendette, situazioni difficili, il muro che si sta costruendo … Io mi auguro che noi qui saremo sempre in grado di trasmettere serenità al mondo che ci circonda, però vedo che le difficoltà sono enormi e sono troppi i rancori, i desideri di vendetta ancora presenti nelle persone e nei gruppi.

 

D. – Un aspetto positivo della vicenda, se si può definire così, è che comunque il premier palestinese Abu Mazen ha preso le distanze dai gruppi estremisti e li ha condannati molto duramente …

 

R. – Certamente li condanna. Ha detto che ha interrotto i colloqui. Ma che soluzioni ci saranno se i colloqui non continueranno? Che siano colloqui-dialogo non solo di parole ma anche di fatti, perché qui di parole ne sentiamo tante sia da una parte che dall’altra, ma restano parole.

 

D. – L’attentato di ieri sera a Gerusalemme è stato compiuto poche ore dopo quello contro la sede dell’Onu a Baghdad. Non manca chi vede un collegamento tra due tipi diversi di terrorismo …

 

R. – Questo pericolo di un collegamento, del quale i grandi, Bush e gli altri, parlano ci potrebbe anche essere. Però, penso che qui sono più reazioni che riguardano episodi determinati di vendette contro vendette.

 

D. – Quindi, secondo lei, è fuorviante considerare il terrorismo palestinese un ‘parente stretto’ del terrorismo islamico in generale?

 

R. – Non dico che sia fuorviante. Certamente ci saranno dei legami, ci saranno degli aiuti, però sono due punti, secondo me, che non sono strettamente collegati. Certo, c’è un terrorismo universale e questo deve essere condannato assolutamente, ma occorre togliere anche le cause che procurano questo terrorismo ed abbiamo bisogno davvero di persone di buona volontà che cerchino la pace nella giustizia.

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CHIESA E SOCIETA’

20 agosto 2003

 

 

 

UN DIALOGO AUTENTICO TRA CRISTIANI E MUSULMANI DEL CONTINENTE ASIATICO, PER LA PACE E LO SVILUPPO.  L’OBIETTIVO DELL’INCONTRO  CHE SI CONCLUDE OGGI  NELLE FILIPPINE,  TRA STUDIOSI, CAPI RELIGIOSI E LAICI CRISTIANI

E MUSULMANI DI 13 PAESI ASIATICI. INTERVENUTO ANCHE L’ARCIVESCOVO FITZGERALD

DEL DICASTERO VATICANO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO

 

PASAY CITY. = Si conclude oggi l’incontro di studiosi, capi religiosi e laici musulmani e cristiani (cattolici e protestanti), apertosi lunedì scorso a Pasay City, nelle Filippine. L’arcivescovo cattolico di Davao, Fernando Capalla, ha dichiarato all’agenzia Uca che l’iniziativa è stata decisa dopo l’attentato di Bali che nell’ottobre scorso aveva provocato la morte di 200 persone. “Possiamo contribuire a prevenire l’estremismo religioso sia da parte islamica che da parte cristiana”. Il titolo dell’incontro ben ne esprime l’obiettivo: “Alla ricerca della pace e dello sviluppo attraverso un autentico dialogo di vita, tra cristiani e musulmani dell’Asia”. Il principale obiettivo della conferenza è stato creare una rete permanente tra i leader cristiani e musulmani nell’intero continente asiatico, favorire la conoscenza reciproca e  l’impegno a favore della pace specie nelle aree dove i conflitti armati colpiscono le comunità cristiane e musulmane. Nel corso della Conferenza ha avuto luogo un ricco scambio di esperienze ed sono stati avviati progetti di pace in particolare in questa area che ha registrato non pochi conflitti religiosi. Vi è intervenuto anche il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, l’arcivescovo Michael Louis Fitzgerald, che ha parlato su “Cristianesimo, religione di pace”. (C.C.)  

 

 

ENTRO 72 ORE IN COLOMBIA VERRA’ RIAVVIATO  IL PROGRAMMA DI INTERCETTAZIONE DEI VOLI USATI PER IL TRASPORTO DI STUPEFACENTI.

 I MILITARI COLOMBIANI AVRANNO IL SUPPORTO AMERICANO. LO HA ANNUNCIATO

IL SEGRETARIO ALLA DIFESA STATUNITENSE DONALD RUMSFELD

 

BOGOTA’. = Verrà fermato ogni aereo considerato sospetto di trasportare stupefacenti. Nel caso i cui il pilota si rifiuti di atterrare i militari colombiani saranno autorizzati ad abbatterlo. Questo programma di intercettazione dei voli era stato sospeso nel 2001 dopo un grave incidente avvenuto nei cieli sovrastanti la foresta di Pebas, nel Perù nordorientale, in cui rimasero uccisi una missionaria laica statunitense e sua figlia. La versione ufficiale fu che l’aereo, con a bordo cinque esponenti dell’Associazione dei Battisti per la predicazione del Vangelo nel mondo - gruppo religioso della Pennsylvania - era stato colpito per errore dall’aviazione peruviana. Gli Usa – come informa la Misna -  scaricarono ogni responsabilità sulle autorità di Lima, sostenendo inoltre che un velivolo della Cia, impegnato nella cooperazione alla sorveglianza anti droga, aveva ripetutamente ordinato che venisse identificata con certezza la provenienza del piccolo velivolo prima di aprire il fuoco. La Casa Bianca ha ora dato il suo assenso per riavviare il programma su raccomandazione del segretario di Stato Colin Powell. La decisione è  stata annunciata ieri, durante la breve visita a Bogotá del segretario alla difesa Donald Rumsfeld. “Cominceremo il prima possibile, prima di 72 ore” ha confermato il ministro della difesa colombiano Martha Lucía Ramírez. I militari colombiani torneranno quindi a contare sul supporto americano. (C.C.)

 

 

IN SOLI 5 MESI DA GENNAIO A MAGGIO, UCCISI IN COLOMBIA 106 INDIGENI: BAMBINI, ADULTI, ANZIANI. LO DENUNCIA L’UFFICIO COLOMBIANO DELL’ALTO COMMISSARIATO DELLE NAZIONI UNITE PER I DIRITTI UMANI.  MENTRE CONTINUANO AD ESSERE VIOLATI I DIRITTI ECONOMICI, SOCIALI E CULTURALI DELLE 84 ETNIE PRESENTI NEL PAESE

 

BOGOTA’. = Sono 106 gli indigeni massacrati in Colombia in appena cinque mesi – da gennaio a maggio: sono bambini, adulti e anziani, dei popoli Awa, Embera Chamí, Embera Katió, Muruy, Tucano o Wiwa – solo per citare alcune delle 84 etnie che ancora si contano nel Paese sudamericano - vittime di esecuzioni, massacri indiscriminati, sparizioni forzate, violenze e abusi di ogni genere. E’ quanto denuncia l’ufficio colombiano dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani: ha stilato un bollettino di gran lunga superiore a quello fornito dall’esercito regolare lo scorso anno, fermo a 73 vittime accertate. Il mancato riconoscimento dei loro diritti economici, sociali e culturali si combina fatalmente con continue violazioni del loro diritto alla sopravvivenza da parte di tutti i protagonisti del conflitto interno - guerriglia, paramilitari, regolari - nessuno escluso.

 

 

BURKINA FASO, NEL QUADRO DELLA PROMOZIONE DELL’ARTIGIANATO LOCALE,

INIZIATO IERI UN SEMINARIO DI FORMAZIONE PER RENDERE COMPETITIVA

 QUESTA ATTIVITA’ LAVORATIVA E DARE IMPULSO ALL’ECONOMIA DISASTRATA

 

OUAGADOUGOU. = Ha avuto inizio ieri un seminario di formazione per la promozione dell’artigianato locale nella città di Ouagadougou, in Burkina Faso. L’iniziativa  è stata organizzata dalla federazione degli artigiani del Paese africano (Fenabf), in collaborazione con l’Ufficio internazionale del lavoro (Bit), la Confederazione africana degli artigiani dell’Africa dell’ovest (Caao), con l’appoggio dell’Unione economica e monetaria africana dell’ovest (Uemoa). Per rilanciare il settore e dare ossigeno all’economia disastrata del Paese - come sostengono i promotori dell’iniziativa - appare indispensabile una rinnovata formazione professionale. "Gli artigiani del Burkina Faso - ha detto il presidente del Caao, Yacouba Coulibaly - dovranno far fronte alla mondializzazione dell’economia, il che implica non solo una preparazione tecnica adeguata, ma anche una perfetta conoscenza delle norme che regolano il settore". Ciò permetterà agli artigiani di comprendere al meglio le strategie e gli obiettivi delle varie federazioni, mettendoli nella situazione di poter dare nuova linfa alla loro professione. (C.C.)

 

 

ANNULLATA IN NIGERIA LA CONDANNA A MORTE PER LAPIDAZIONE,

 PREVISTA DALLA LEGGE ISLAMICA, NEI CONFRONTI DI UN UOMO COLPEVOLE

 DI AVER USATO VIOLENZA CONTRO UNA BAMBINA DI 9 ANNI. E’ STATO PREDISPOSTO

 IL RICOVERO DELL’IMPUTATO IN UN ISTITUTO PSICHIATRICO

A CAUSA DELLA SUA INFERMITA’ MENTALE

 

DUTSE. = Il tribunale islamico nigeriano responsabile del processo di appello contro Mallam Ado Baranda, riconosciuto colpevole di aver usato violenza contro una bambina di 9 anni, ha annullato la condanna a morte per lapidazione emessa nei suoi confronti nei mesi scorsi. La Corte islamica della città di Dutse, nel nord della Nigeria – come informa la Misna - ha accolto il ricorso presentato della difesa, che ha invocato l’infermità mentale per il proprio assistito, predisponendone il ricovero in un istituto psichiatrico. Da quando, nel 1999, la sharìa (legge islamica) è stata introdotta in 12 Stati del nord della Nigeria nessuna condanna a morte è mai stata eseguita. Ricordiamo i casi che hanno suscitato l’indignazione internazionale, riguardanti due donne, Safiya Husseini Tungar Tudu, la cui pena è stata cancellata in appello, e Amina Lawal, in attesa di presentare il secondo ricorso. (C.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

20 agosto 2003

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

L’accordo di pace, firmato lunedì scorso ad Accra, in Ghana, tra il governo liberiano e i due gruppi ribelli del Lurd (Liberiani Uniti per la riconciliazione e la democrazia) e del Model (Movimento per la democrazia in Liberia), dovrebbe finalmente assicurare alla Liberia un futuro di stabilità dopo una guerra civile durata oltre 14 anni, interrotti raramente da brevi tregue. Tra i punti principali dell’intesa, che sancisce la fine del sanguinoso conflitto, sono anche previsti il rilascio di tutti i prigionieri, politici e di guerra, ed il dispiegamento di una forza di interposizione che avrà il compito di far rispettare il cessate-il-fuoco, creare corridoi umanitari per la distribuzione degli aiuti alla popolazione e stabilire le modalità di disarmo. Sul fronte politico, l’accordo prevede che l’esecutivo di transizione prenderà il potere il prossimo 14 ottobre 2003, data della scadenza del mandato del neo-presidente Moses Blah, e rimarrà in carica fino al 2006, quando si insedierà un governo democraticamente eletto. E’ anche da rimarcare che gli uomini del Lurd e del Model potranno entrare in politica una volta che i due gruppi saranno riconvertiti in partiti politici. I diritti civili e politici contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo dovranno, inoltre, essere pienamente rispettati e le parti hanno concordato sulla necessità di stabilire una commissione nazionale indipendente dei diritti umani. Per sostenere il processo di pace nel Paese africano, dove è sempre più drammatica la situazione umanitaria, la Commissione europea ha intanto proposto al Consiglio dell’Ue di stanziare 50 milioni di euro. La cifra verrebbe attinta dal Fondo europeo per lo sviluppo, in attesa dell’intervento delle Nazioni Unite.

 

Anche in Somalia lo scenario politico è dominato dagli sforzi per la realizzazione di un autentico processo di pace. Dopo un’interruzione di cinque giorni, la Conferenza nazionale per la riconciliazione del Paese africano ha infatti ripreso i propri lavori a Mbaghati, sobborgo della capitale kenyana Nairobi. Lo riferisce l’agenzia di informazione dell’Onu, ‘Irinnews’, citando un rappresentante del comitato tecnico dell’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad), l’organizzazione dell’Africa orientale che guida la mediazione. Alla fine di luglio il presidente del governo di transizione somalo, Abdulkassim Salat Hassan, aveva abbandonato i colloqui di pace, ai quali non hanno partecipato anche alcuni leader dell’Alleanza della valle di Juba (Jva), una delle fazioni che da oltre un decennio si contendono, con le armi, il controllo della capitale somala. Nelle scorse settimane il rappresentante per la Somalia del segretario generale delle Nazioni Unite, Winston Tubman, aveva fatto sapere che i negoziati sarebbero comunque continuati nonostante la loro assenza. Dal 1991, dopo la caduta del regime di Siad Barre, la Somalia è priva di un governo internazionalmente riconosciuto ed il Paese continua ad essere martoriato da sanguinosi scontri tra bande armate rivali.

 

In Afghanistan, alla drammatica sequela di violenze che, la scorsa settimana, ha causato la morte di oltre 60 persone, si sono purtroppo aggiunti altri sanguinosi combattimenti. Anche ieri, la Giornata dell’ indipendenza, si sono verificati nuovi attacchi da parte dei talebani. Sulla situazione del Paese asiatico, ci riferisce Maurizio Pascucci:

 

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Soltanto nella giornata di ieri 11 persone sono state uccise da elementi ritenuti fedeli ai talebani. Domenica un colpo di mortaio esploso contro l’abitazione di un soldato ha ucciso 2 persone e lunedì un’indagine è finita con un agguato in cui sono rimasti uccisi 9 agenti afghani nella provincia di Laghar, a soli 100 chilometri dalla capitale Kabul. E ancora domenica scambi tra militari e presunte milizie talebane sarebbero costati la vita a 15 ribelli e 10 militari afghani nei pressi del confine sud-orientale con il Pakistan. Si tratta solo di alcuni esempi di una lunga serie di incidenti in Afghanistan contro obiettivi che rappresentano le autorità locali, militari e operatori umanitari. I responsabili sarebbero gruppi diversi legati al passato regime dei talebani, ad Al Qaeda, al leader islamico ribelle Hekmatyiar ed a fazioni in lotta tra loro. L’acuirsi della violenza giunge contemporaneamente al passaggio delle forze di pace sotto il controllo della Nato.

 

Maurizio Pascucci per la Radio Vaticana.

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In Venezuela il presidente, Hugo Chavez, festeggia la trascorsa metà del suo mandato, rinnovando le promesse elettorali e procedendo sul cammino delle riforme. L’opposizione, invece, torna a far sentire la sua voce, chiedendo un referendum per le dimissioni del capo di Stato. Ce ne parla Maurizio Salvi:

 

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Il raggiungimento della data a partire dalla quale può essere organizzato in Venezuela un referendum revocatorio dell’incarico del presidente Chavez è stato festeggiato la notte scorsa dall’opposizione con un lancio di fuochi di artificio a Caracas e in numerose altre località del Paese. Il coordinamento democratico, faticosamente ricompostosi dopo il fallimento dello sciopero generale del dicembre scorso, ha annunciato che per celebrare la fine dei 3 anni di presidenza di Chavez si svolgeranno oggi 6 marce nella capitale che accompagneranno la consegna delle firme necessarie per la consultazione popolare. Chavez ha festeggiato il suo terzo anno di governo a Buenos Aires dove ieri ha incontrato il presidente argentino Nestor Kirchner insieme al quale ha criticato il modello neo liberale e gli schemi finora adottati per risolvere il problema del debito estero.

 

Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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Si è finalmente conclusa la drammatica esperienza di 14 turisti europei rapiti nei mesi scorsi da un gruppo integralista islamico nel deserto algerino. L’aereo che trasportava nove tedeschi, quattro svizzeri e un olandese è atterrato questa mattina all’aeroporto militare di Colonia, in Germania, proveniente da Bamako, capitale del Paese centrafricano del Mali. I turisti erano da oltre cinque mesi nelle mani dei rapitori.

 

Un gommone con 35 clandestini a bordo è stato recuperato, questa mattina, dalle motovedette della guardia costiera italiana, ad una trentina di miglia a Sud di Lampedusa. Fra gli immigrati, che dicono di provenire dall’Africa orientale, vi sono 8 donne e due bambini.

 

 

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