RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 228 - Testo della Trasmissione di sabato 16 agosto 2003

 

Sommario

                                                                                                          

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il dolore del Papa per i due missionari comboniani assassinati in Uganda. La tragica vicenda, nel racconto di padre Giulio Albanese.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La Libia paga per la strage di Lockerbie. Una via d’uscita dall’isolamento e un passo verso lo sviluppo economico. Intervista con Sergio Romano.

 

Situazione ancora critica nella Repubblica Democratica del Congo, che tenta di uscire dalla guerra. Con noi, l’arcivescovo di Kisangani, mons. Laurent Monsengwo Pasinya.

 

La storia dell’agonismo sportivo nel mondo classico, in scena a Roma presso il Colosseo, con la mostra “Nike. Il gioco e la vittoria”. Ai nostri microfoni, il ricercatore Eugenio Polito.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Per la prima volta sarà una città araba ad ospitare la prossima riunione del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, prevista a partire dal 18 settembre nell’Emirato di Dubai.

 

Allarme di Legambiente in Italia per l’aumento del doping e l’uso di sostanze illegali nello sport.

 

Cresce la presenza cattolica in Mongolia, grazie all’impegno dei Missionari del Cuore Immacolato di Maria con attività religiose e sociali nella prefettura apostolica di Ulaanbaator.

 

In orbita per la prima volta un satellite canadese per studiare la  fascia di ozono e le possibili relazioni con i cambiamenti climatici.

 

Dal 28 settembre al 6 gennaio grande mostra a Parma su ‘Il Medioevo europeo di Jacques Le Goff’, omaggio allo storico francese e alla sua visione di un’Europa unita.

 

24 ORE NEL MONDO:

La Libia rinnega il terrorismo e gli Stati Uniti non si opporranno alla revoca delle sanzioni imposte al Paese africano.

 

L’area orientale degli Stati Uniti ed la provincia canadese dell’Ontario stanno tornando alla normalità dopo il colossale blackout di giovedì scorso.

 

Nicanor Duarte Frutos è da ieri il 46.mo presidente del Paraguay.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

16 agosto 2003

 

 

PROFONDO DOLORE DEL PAPA PER L’UCCISIONE

DI DUE MISSIONARI COMBONIANI IN UGANDA

 

Il Papa esprime il suo sentito cordoglio per il “tragico assassinio” dei due missionari, padre Mario Mantovani e fratel Godfrey Kiryowa, uccisi nel nordest dell’Uganda. In un telegramma – a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano – indirizzato al nunzio apostolico in Uganda, mons. Christophe Pierre, il Pontefice si dice “profondamente rattristato” per la drammatica notizia e offre ferventi preghiere per le anime dei due missionari, mentre invia le sue sincere condoglianze ai fedeli della diocesi ugandese di Kotido, in particolare ai familiari e agli amici delle vittime.

 

Affidando i fedeli colpiti da questo grande dolore alla protezione di Maria Assunta in Cielo, il Santo Padre prega perché possano trovare consolazione e affinché tutti siano confermati nella loro testimonianza per l’amore e la riconciliazione sulle forze dell’odio e della violenza. Come segno di rinnovata forza e pace, il Papa impartisce infine la sua Benedizione Apostolica.

 

La Chiesa ugandese piange, dunque, i suoi due missionari uccisi. Due figure diverse, a partire dai dati anagrafici, eppure animate da un medesimo impegno, dallo stesso spirito evangelico di servizio ai più deboli. Il servizio di Giulio Albanese:

 

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I due missionari comboniani sono stati uccisi da guerrieri karimojong nel Nordest dell’Uganda. La notizia è stata riferita ieri da un portavoce della congregazione religiosa a Kampala precisando che le vittime sono fratel Godfrey Kiryowa, 29 anni, di nazionalità ugandese, e padre Mario Mantovani, di 84 anni, originario di Orzinuovi (provincia di Brescia), in Uganda dal 1957. Il primo è stato freddato con tre colpi d’arma da fuoco mentre era alla guida della sua macchina, mentre il suo confratello italiano è stato ucciso successivamente.

 

Il fatto è avvenuto alle 10.30 ora locale di giovedì in località Lobel, una quarantina di chilometri a nord della missione cattolica di Kanawat (oltre 100 chilometri a nord della città di Moroto). Il veicolo si è trovato nel bel mezzo di una razzia di bestiame che una banda di guerrieri dodoth stava compiendo ai danni di altrettanti guerrieri jie. Ambedue i gruppi appartengono all’etnia nomade karimojong che popola la regione del Karamoja, nel Nordest dell’ex protettorato britannico. Assieme a fratel Kiryowa e a padre Mantovani viaggiava un giovane locale che è riuscito miracolosamente a fuggire.

 

Uno degli aggressori di padre Mario Mantovani, forse quello che lo ha freddato, è già da ieri nelle mani della polizia. Intanto, è giunta notizia che il missionario comboniano sarà sepolto in una tomba affianco alla chiesa di Kanawat, nella diocesi di Cotido, nella remota regione nel Nordest dell’Uganda, il Karamoja, al termine della cerimonia esequiale in corso di svolgimento mentre parliamo.

 

Sono numerosissimi i fedeli che da ieri sera vegliano le salme di fratel Godfried Kiriowa e di padre Mantovani, 84 anni. Il feretro di fratel Kiriowa verrà invece trasferito nelle prossime ore a Kassala, nella sua parrocchia d’origine, appartenente alla diocesi di Kassanaluero nell’Uganda centromeridionale, dove si celebreranno forse domani i suoi funerali alla presenza dei familiari.

 

Domenica scorsa, nella predica durante la Santa Messa a Kanawat, padre Mantovani aveva detto alla sua gente che, in Karamoja, “ormai la terra è stanca di bere sangue”, facendo riferimento alle continue razzie di bestiame tra clan rivali. Il Karamoja è una regione tormentata da queste razzie, e il fenomeno si è acuito con un fiorente commercio clandestino di armi leggere e munizioni.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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OGGI IN PRIMO PIANO

16 agosto 2003

 

 

LA LIBIA PAGA PER LA STRAGE DI LOCKERBIE:

UNA VIA D’USCITA DALL’ISOLAMENTO E UN PASSO PER LO SVILUPPO

- Intervista con Sergio Romano -

 

Torniamo a parlare del caso Lockerbie, giunto finalmente a conclusione dopo 15 anni. La Libia, come precedentemente detto, si è assunta le sue responsabilità, accettando tutte le condizioni necessarie a far smettere le sanzioni economiche in atto da 11 anni. Ma a Tripoli è stata offerta una facile via d’uscita dalla vicenda, o sarà comunque alto il prezzo che pagherà a Stati Uniti e Gran Bretagna? Elena Biggioggero lo ha chiesto all’espero di politica internazionale Sergio Romano:

 

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R. – No, il prezzo è piuttosto alto: la Libia lo paga perché a questo punto è con le spalle al muro, non è più nella condizione di mantenere la sua linea estremamente rigida, ha bisogno di allacciare rapporti economici con l’Europa, tra l’altro ha programmi di sviluppo estremamente impegnativi che non possono essere realizzati in situazione di embargo ... insomma, la Libia paga. Intendiamoci, la responsabilità che la Libia accetta è per così dire una ‘responsabilità obiettiva’: Gheddafi continua a negare di avere dato istruzioni affinché questo attentato terroristico fosse compiuto, ma dal punto di vista pratico è un’ammissione di responsabilità.

 

D. – Che significato ha l’accettazione della responsabilità dell’attentato di Lockerbie da parte della Libia rispetto al futuro politico del Paese, un Paese che sta gradualmente avvicinandosi all’Occidente?

 

R. – Anzitutto, non bisogna dimenticare che la Libia è sempre stata, sotto Gheddafi, un regime secolare, un regime laico in cui spazio per fondamentalismi ismaici non ce n’è mai stato molto. Gheddafi rappresentava un interlocutore pressoché ideale all’interno di un contesto islamico in cui il fondamentalismo invece era ed è particolarmente presente. Soltanto che aveva dato altre prove di intraprendenza politica, per così dire, finanziando movimenti terroristici un po’ dappertutto nel mondo. Oggi, evidentemente, si sente isolato, ha capito che la presenza degli Stati Uniti nella regione sta diventando estremamente significativa, vuole l’appoggio di quei Paesi europei con cui da tempo ha comunque dei rapporti abbastanza positivi – l’Italia, ad esempio, è certamente uno di questi – e allora paga. Paga per uscire dall’isolamento e paga perché credo che questo gli garantisca quanto meno la prospettiva di uno sviluppo economico che la Libia può raggiungere, può cercare di raggiungere. Adesso è inutile, naturalmente, avventurarsi troppo nelle previsioni, ma la Libia potrebbe rappresentare – pur essendo un Paese piccolo, demograficamente, un modello di sviluppo per un mondo islamico in cui di sviluppo ce n’è stato molto poco.

 

D. – E proprio riguardo all’immagine di Gheddafi: questa vicenda rilancerà la sua immagine come possibile leader dell’Unione africana?

 

R. – Anzitutto, bisogna essere certi che la vicenda Lockerbie vada definitivamente in porto: una piccola ombra esiste ancora. La Francia ha minacciato di usare il diritto di veto in Consiglio di Sicurezza perché chiede, esige che una soluzione altrettanto favorevole venga trovata su un incidente terroristico analogo: l’abbattimento di un aereo francese sul Ciad, parecchi anni fa. Ma è probabile che una soluzione, alla fine, si trovi. A me sembra che le prospettive ci siano e siano positive. La Libia presenta delle caratteristiche molto interessanti; naturalmente, in particolare per noi: noi siamo molto interessati allo sviluppo della Libia, non abbiamo mai cessato di essere il maggiore cliente della Libia e abbiamo naturalmente interesse ad inserirci nei piani di sviluppo della Libia, a mano a mano che questi diventeranno sempre più efficaci, sempre più operanti.

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CONGO: DA UNA GUERRA ATROCE

A UNA DIFFICILE PACE

- Intervista con mons. Laurent Monsengwo -

 

Un anno dopo la firma degli accordi di Pretoria sul ritiro delle truppe straniere dalla Repubblica Democratica del Congo e sulla transizione politica, il Paese non conosce ancora la pace. I timori espressi da numerose Ong nella primavera scorsa si sono verificati. Gravi combattimenti sono ripresi nell’Ituri, nella regione di Bunia, dove soltanto l’intervento di una forza internazionale, la Monuc, li ha fermati, limitandosi però a pacificare la zona urbana. Centinaia i morti, moltissime le persone fuggite nella foresta. Intanto, mentre l’Unione europea ha deciso lo stanziamento di 4 milioni di euro per affrontare l’emergenza alimentare causata dalla guerra civile, la situazione nell’ex Zaire è sempre drammatica, come testimonia, al microfono di Jean Charles Putzolu, mons. Laurent Monsengwo, arcivescovo di Kisangani.

 

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R. – DE TOUTE MANIERE, DEPUIS QU’ON A DECIDE ...

Da quando si è deciso di sostituire “l’Africa dei colonnelli” con “l’Africa dei signori della guerra” ci si deve aspettare che certe cose accadono. Ora si tratta di fare in modo che gli accordi di Pretoria siano rispettati lealmente. Ciò che accade nella RDC lo si deve ad una più generale situazione di smantellamento delle strutture di stabilità dell’Africa dopo la guerra fredda. I signori della guerra pongono un problema morale che la geopolitica mondiale sembra non prendere in considerazione.

 

D. – Secondo lei è una situazione temporanea, di passaggio?

 

R. – ÇA PEUT DURER. NOUS AVONS ACTUELLEMENT ...

Può durare. Attualmente al potere si installano persone che hanno le mani sporche di sangue, bisogna quindi aspettarsi che i signori della guerra continuino ad esserlo anche quando sono al governo. L’Africa conoscerà un momento di instabilità e spero che la Chiesa la aiuti a stabilizzarsi.

 

D. – La Chiesa ha già pagato un caro prezzo in questa situazione …

 

R. – C’EST ÇA LE MALHEUR ET ÇA N’A PAS L’AIR D’ETRE CASUEL ...

E’ questo il dramma e non sembra essere un caso perché è la Chiesa che è al servizio del popolo, è la Chiesa che può avere il peso morale per aiutare le popolazioni e per difendere certe verità trascendenti. E per questo è presa di mira. Cercando di essere obiettivi, si ha l’impressione che si vogliano distruggere la Chiesa e le sue infrastrutture affinché non sia più in grado di rimanere al servizio della popolazione, come sta facendo ora, con molta devozione. Non staremo zitti, ma non abbiamo più i mezzi di azione che ci permettono di aiutare la gente, e questo è ancora peggio.

 

D. – Lei rifiuta quindi di stare in silenzio … si sente minacciato ?

 

R. – J’AI TOUJOURS ETE DANS LE RISQUE D’ATTACQUE ...

Sono sempre stato un possibile obiettivo di un attacco e quindi non me ne preoccupo più.

 

D. – Secondo lei, è utile la presenza della Monuc, la forza multinazionale dell’Onu attualmente in RDC ?

 

R. – NON PAS SEULEMENT UTILE, ELLE EST INDISPENSABLE ET NECESSAIRE. ...

Non soltanto è utile, è indispensabile e necessaria, ma occorre dare alla Monuc gli strumenti per agire, più uomini, occorre aumentare le sue possibilità militari ed economiche affinché possa essere  dissuasiva. E’ complicato, ma se questo fosse accaduto sin dall’inizio, prima ancora che la popolazione fuggisse nella foresta, si sarebbe potuto fare qualcosa. Ciò che servirebbe adesso è che altri paesi inviassero uomini, e non soltanto paesi del terzo mondo.

 

D. – Crede possibile un’uscita più o meno rapida da questa situazione? Quando si assiste al riesplodere delle crisi si ha l’impressione che non si risolverà mai …

 

R. – LES DECISIONS QU’ON A PRISES ET LE REGIME POLITIQUE ADOPTE ...

I risultati dei negoziati di Pretoria hanno portato ad una costituzione consensuale, sicuramente da perfezionare, ma che già da adesso è un riferimento per tutti. Se sarà seguita da tutti, il paese potrebbe essere in grado poco a poco di rimettersi in moto. Ma occorre tanta buona volontà e umiltà da parte delle varie componenti del paese. Con questa costituzione, se rispettata da tutti, si potrà andare verso uno stato di diritto, ma bisogna anche dire che le ragioni della guerra in Congo non sono soltanto interne, e questo è un problema che rimane.

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LA STORIA DELL’AGONISMO SPORTIVO NEL MONDO CLASSICO IN SCENA A ROMA,

PRESSO IL COLOSSEO, CON LA MOSTRA “NIKE. IL GIOCO E LA VITTORIA”

 

Dopo il successo della mostra “Sangue e Arena” del 2001, la maestosa cornice del Colosseo a Roma accoglie un’altra suggestiva esposizione: “Nike. Il gioco e la vittoria”. Oltre 90 opere, tra statue, vasi, rilievi, mosaici e attrezzi ginnici, ripercorrono la storia dell’agonismo sportivo nel mondo classico. Divisa in quattro sezioni, la rassegna, che rimarrà aperta al pubblico fino al 7 gennaio 2004, è stata scelta per inaugurare il semestre della Presidenza italiana dell’Unio-ne Europea, nonché per promuovere ed evidenziare i modelli formativi dell’arte e dello sport. Il servizio è di Barbara Castelli.

 

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(musica)

 

Un lungo e suggestivo viaggio, in cui l’arte abbraccia i testi classici, per rivivere l’autentico “spirito della gara”, il cui fine ultimo non è partecipare o guadagnare ma vincere.

 

Grazie alla mostra “Nike. Il gioco e la vittoria” sembrano così rivivere al Colosseo, a Roma, le gesta di atleti e sportivi di un tempo ormai trascorso, quando i premi per il vincitore non erano oro e denari, ma una corona d’alloro e gloria e fama imperiture, talmente grandi da attraversare i secoli e giungere pressoché intatte fino ai nostri giorni.

 

Filo conduttore dell’esposizione è il diverso valore che i Greci e i Romani davano allo sport e al successo, dalle Olimpiadi ai giochi dei gladiatori, dall’agonismo, come parte della formazione e della realizzazione dell’individuo, a spettacolo di massa.

 

Lungo l’esposizione, che si apre con la splendida Nike di Napoli, si dipana, quindi, il racconto del gioco, dalle origini greche, raffinate e intrise di filosofia, fino all’idea romana cruda e violenta del gioco. Quattro le sezioni in cui è articolata la mostra: i giochi in Grecia, la vittoria, la gloria dell’atleta e del guerriero e i giochi a Roma, tutte accompagnate da splendidi pezzi provenienti dai maggiori musei italiani. Fondamentale la figura della Nike, infine, la divinità greca della vittoria, la figura femminile alata che porgeva all’atleta la corona o la benda, rappresentando il fuggevole attimo della conquista del primato. Ma come è cambiato l’agonismo sportivo attraverso i secoli? Abbiamo girato la domanda a Eugenio Polito, ricercatore di archeologia classica all’Università di Cassino.

 

R. – L’agonismo sportivo ha conosciuto un’eclisse attraverso il Medio Evo ed i primi secoli dell’età moderna, pur esistendo alcune forme che si possono qualificare come sport anche in questo periodo, ed è rinato in maniera quasi un po’ forzata attraverso il pensiero di alcuni teorici come il celebre de Coubertin. La distanza però è notevole, perché lo sport teorizzato da de Coubertin è uno sport fine a se stesso, è uno sport in cui non conta la vittoria ma la partecipazione: questo è un aspetto che invece non esiste nell’antichità. Lo sport è competizione, lo sport punta alla vittoria: il secondo posto non conta. Se si vulo,e c’è più vicinanza con lo sport professionistico odierno, ma non bisogna dimenticare che nell’antichità lo sport praticato professionalmente e lo sport invece praticato dai cittadini come parte della propria formazione, sono due forme di sport che vanno di pari passo per tutta l’antichità.

 

D. – Può illustrare alcune della prestigiose opere che costellano la mostra?

 

R. – Le highlights della mostra sono senz’altro il ‘pugile delle terme’, che è uno splendido bronzo di un pugile seduto; il ‘discobolo lancellotti’, che è la copia più celebre del ‘discobolo’ attribuito a Mirone; ma si segnalano anche cosiddetti ‘corridori di Ercolano’ e fra le opere non di scultura io ricorderei almeno i grandi corredi come quello del guerriero di Lanuvio, che è un corredo che comprende una superba armatura ma anche elementi che fanno riferimento al mondo sportivo, come ad esempio lo strigile e il disco per il lancio.

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CHIESA E SOCIETA’

16 agosto 2003

 
 

PER LA PRIMA VOLTA SARA’ UN CITTA’ ARABA AD OSPITARE LA PROSSIMA RIUNIONE

DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE E DELLA BANCA MONDIALE,

PREVISTA A PARTIRE DAL 18 SETTEMBRE NELL’EMIRATO DI DUBAI

 

DUBAI. = L'Emirato arabo di Dubai ha iniziato i preparativi per accogliere l'evento dell'anno: il prossimo settembre sarà la prima città araba ad ospitare la riunione annuale della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale. Vi parteciperanno i rappresentanti di 184 Stati membri delle due organizzazioni, fra i quali è anche Israele. Per l'occasione è previsto l'arrivo di 14 mila visitatori. La riunione inizierà il 18 settembre e si protrarrà per 10 giorni. 3 mila operatori dell'informazione che hanno già annunciato la loro presenza. L'evento verrà gestito da un team di 5 mila persone addette. La somma investita per realizzare l’intero progetto è di circa un miliardo di dirham, circa 300 milioni di dollari, finanziati anche dagli altri governi federati degli Emirati. Dubai è la ventesima città dal 1946 ad ospitare la riunione della Banca Mondiale e del Fondo monetario Internazionale accogliendo (R.G.)

 

 

PAUROSO AUMENTO IN ITALIA DEL DOPING, CHE MUOVE NEL MONDO UN GIRO D’AFFARI DI 4 MILIARDI DI EURO L’ANNO.

TRA LE SOSTANZE INCRIMINATE L’EPO,

DIVENUTO IL SECONDO FARMACO PIU’ VENDUTO NEL GLOBO PER L’USO ILLEGALE

CHE SE NE FA NELLO SPORT. DIETRO IL FENOMENO LE ORGANIZZAZIONI CRIMINALI

 

ROMA. = Si tratta di “un mercato che in Italia cresce del 30 per cento annuo e che movimenta nel mondo circa 4 miliardi di euro”. Questi i numeri sulla diffusione dell’ormone eritropoieico, l’Epo, al centro del fenomeno doping. A rilanciare l’allarme sul colossale giro d’affari è Enrico Fontana responsabile del settore legalità di Legambiente.  In base a dati del Coni – ha ricordato Fontana - la diffusione di Epo “è tale da averne fatto il secondo farmaco più diffuso nel globo. E poi c’è il Gh, l’ormone somatotropo o della crescita”. Fontana  osserva come in Italia le vendite di questi dopanti siano in aumento “del 25 per cento all’anno”. “Nel 1999 - spiega - la  spesa si aggirava attorno ai 160 miliardi di lire. Ma ad averne   bisogno per curarsi sono, stando ai registri nazionali, non più di 3 mila ragazzini affetti da nanismo. Tutto il resto va in doping. E molto spesso dietro il doping c’è la mano della criminalità”. Un’inchiesta di tre anni fa del ministero della Sanità - spiega Legambiente in una nota - parlava di un giro d’affari pari a 510 miliardi di lire nel nostro Paese per Epo e Gh. Ad oggi il mercato complessivo dei farmaci con valenza dopante, sommando il legale e l’illecito, arriva a toccare i 650 milioni di euro. “Eccolo il mercato del doping - aggiunge Fontana - un mercato amplissimo che troppo spesso si incrocia con la rete delle organizzazioni criminali”. Ad oggi sono 40 - secondo stime di Legambiente - le Procure che hanno aperto indagini sul doping e le cifre parlano di un giro d’affari di circa 330 milioni di euro. (R.G.)

 

 

CRESCE LA PRESENZA CATTOLICA IN MONGOLIA, GRAZIE ALL’IMPEGNO

DEI MISSIONARI DEL CUORE IMMACOLATO DI MARIA, CHE DA UNA DECINA DI ANNI

OPERANO CON ATTIVITA’ RELIGIOSE E DI SOSTEGNO SOCIALE

NELLA PREFETTURA APOSTOLICA DI ULAANBAATAR

 

ULAANBAATAR. = Corsi di inglese, arte, attività manuali: sono alcune delle aree di impegno dei missionari in Mongolia, che stanno assistendo ad una rapida crescita della Chiesa cattolica in un Paese povero e in maggioranza di religione animista. A undici anni dall’arrivo dei primi missionari della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria, cui è stata affidata la Missione sui iuris di Ulanbator elevata l’anno scorso a Prefettura apostolica di Ulaanbaatar, i cattolici i sono oggi quasi 200. La crescita è costante anche se il numero non dice quanto sia radicata la loro presenza sul territorio. Tra i missionari Cicm, cui appartiene il prefetto apostolico di Ulaanbaatar, mons. Wenceslao Padilla, figura anche un religioso congolese, Felicien Kadiebue, una presenza singolare in pieno continente asiatico.  “Noi - spiega il religioso africano – cerchiamo di sostenere le persone in cui vediamo dei talenti, dando loro l’opportunità di frequentare corsi di pittura, musica, canto, ricamo. Si tratta comunque di attività al di fuori di quelle pastorali, che svolgiamo regolarmente attraverso il catechismo o la visita alle famiglie”. Molto richiesto è anche l’insegnamento dell’inglese, “perché i più giovani desiderano proprio impararlo”. (L.Z.)

 

 

IN ORBITA PER LA PRIMA VOLTA UN SATELLITE CANADESE PER STUDIARE

LA  FASCIA DI OZONO E LE POSSIBILI RELAZIONI CON I CAMBIAMENTI CLIMATICI

 

TORONTO. = Un satellite scientifico canadese è in orbita nell'atmosfera terrestre per studiare lo stato della fascia di ozono e prevedere i futuri cambiamenti climatici. Il satellite Scisat, realizzato dall'Agenzia spaziale  canadese e lanciato in orbita dalla Nasa, opera ad un'altezza di 650 chilometri dal suolo, per raccogliere informazioni sulla composizione dell'ozono nelle parti superiori dell'atmosfera. La missione di Scisat permetterà anche di valutare l'impatto dei gas contenenti clorofluorocarburi (Cfc) sull'assottigliamento della fascia di ozono e l'eventuale relazione con i mutamenti climatici. Scisat è il primo piccolo satellite di costruzione canadese lanciato negli ultimi trent'anni: la missione ha un costo di 43 milioni di dollari e durerà al massimo due anni. Lo strato di ozono protegge la terra dai raggi ultravioletti: al di sopra della zona artica del Canada la pellicola di ozono si è ridotta fino al 45 per cento; sulla calotta antartica si è assottigliata fino al 70 per cento. (R.G.)        

 

 

DAL 28 SETTEMBRE AL 6 GENNAIO GRANDE MOSTRA A PARMA SU

“IL MEDIOEVO EUROPEO DI JACQUES LE GOFF”, OMAGGIO ALLO STORICO FRANCESE

E ALLA SUA  VISIONE DI UN’ EUROPA UNITA, NATA DALL’INCONTRO

DI DIVERSE COMPONENTI ETNICHE,

FUSE INSIEME SOTTO IL SEGNO DEL CRISTIANESIMO

 

PARMA. = Parma rende omaggio ad uno dei più grandi storici del Novecento, il medievalista francese Jacques Le Goff con la mostra, “Il Medioevo europeo di Jacques Le Goff”. L’esposizione verrà allestita dal 28 settembre al 6 gennaio nei Voltoni del Guazzatoio del Palazzo della Pilotta, parte integrante della Galleria Nazionale. Simbolo della mostra è una colomba proveniente dal Museo diocesano di Fidenza, a sottolineare come l'Europa pensata e auspicata dallo storico debba essere collocata sotto il segno della pace. Scelti dallo studioso giungono a Parma dai più famosi Musei europei cinquanta pezzi: capolavori artistici e oggetti della vita quotidiana, manoscritti, sigilli, miniature, arazzi chiamati ad illustrare il Medioevo europeo che Le Goff ha descritto nelle sue rievocazioni storiche. I pezzi saranno il filo conduttore per un percorso articolato che vuole illustrare un'idea di Europa unita, ma diversa per caratteristiche e consuetudini: a predominare sarà   l'Occidente cristiano, ma non mancano opere che richiamano il mondo arabo e quello ebraico. La diversità delle culture verrà evocata dall'accostamento di oggetti islandesi, slavi, irlandesi, vichinghi. E' in questo modo realizzata la visione storiografica di Le Goff: quella di un Medioevo dalla lunga durata e di un'identità europea nata grazie alla combinazione di diverse componenti etniche e culturali fuse insieme sotto il segno del Cristianesimo. (R.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

16 agosto 2003

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Dopo 15 anni la Libia ha ammesso le proprie responsabilità sulla strage di Lockerbie, costata nel 1988 la vita a 270 persone, in una lettera alle Nazioni Unite nella quale afferma di rinunciare al terrorismo e si impegna a cooperare con gli Stati Uniti nell’inchiesta sull’attentato. Dopo la consegna della lettera, la Casa Bianca ha fatto sapere che gli Stati Uniti non si opporranno alla revoca delle sanzioni imposte, nel 1992, dall’Onu alla Libia. Il servizio di Andrea Sarubbi:

 

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Non è ancora riconciliazione, ma ci manca poco. Un taglio al passato – la Libia ammette le proprie responsabilità e conferma il risarcimento di 10 milioni di dollari per ognuna delle 270 vittime – ed un impegno per il futuro: quello di rinnegare il terrorismo, collaborando con eventuali nuove inchieste. Per la Gran Bretagna, nei cui cieli avvenne l’attentato, tutto ciò basta a voltare pagina: Londra presenterà nei prossimi giorni una risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’Onu, chiedendo la revoca delle sanzioni. Ma i tempi di un ritorno alla normalità potrebbero essere più lunghi del previsto, perché gli Stati Uniti non si accontentano: chiedono a Tripoli garanzie sulla politica contro le armi di distruzioni di massa e sul rispetto dei diritti umani. Finché non le avranno, manterranno il proprio embargo e non cancelleranno la Libia dalla lista dei Paesi che sostengono il terrorismo. Due passi indispensabili anche perché, fino ad allora, il governo di Gheddafi non pagherà che una parte del risarcimento alle famiglie delle vittime.

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Stava preparando un attentato contro il Forum della cooperazione economica tra Paesi asiatici e del Pacifico, in programma per ottobre a  Bangkok, a cui parteciperà anche il presidente degli Stati Uniti, George Bush. Si tratta del capo terrorista indonesiano Hambali, arrestato in Thailandia la scorsa settimana. I piani dell’uomo sono stati confermati dal primo ministro thailandese, Shinawatra. Il capo della Jemaah Islamica è accusato anche di aver organizzato gli attentati anti-americani a Bali e all’hotel Marriot di Giakarta.

 

Sta tornando alla normalità la situazione di diverse zone centrorientali degli Stati Uniti e della provincia canadese dell’Ontario che, giovedì scorso, sono state colpite dal più grande blackout della storia. Il presidente americano, George Bush, ha escluso la matrice terroristica ma le cause che hanno determinato l’interruzione di corrente non sono ancora state individuate.

 

Passiamo al Medio Oriente dove, dopo giorni drammatici, si intravedono timidi spiragli di pace. Ieri Israele ha liberato altri 76 prigionieri palestinesi, ed in serata si sono incontrati il ministro della difesa israeliano, Shaul Mofaz, e quello della sicurezza palestinese, Mohammed Dahlan. Dal vertice sono emersi segnali positivi, come ci conferma Graziano Motta:

 

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Oltre che ritirarsi dalle città di Gerico e di Kalkiria, la settimana ventura, e poi, tra una decina di giorni, da quelle di Ramallah e di Tulkarem, i soldati israeliani alleggeriranno parecchie restrizioni alla circolazione delle persone. L’accordo è però sottoposto a due condizioni: che non si verifichino attentati e che i palestinesi presentino un piano di controllo dei loro attivisti ricercati per impedire che compiano atti di terrorismo. Non si sa ancora quale sarà la sorte riservata ad Arafat, con il ritorno sotto controllo palestinese di Ramallah dove la sua residenza è attualmente circondata da militari israeliani. Secondo voci non confermate, il rais potrà recarsi a visitare la tomba di sua sorella, morta di recente. L’incontro Mofaz-Dahlan, voluto dagli Stati per salvare il processo di pace compromesso dagli ultimi attentati terroristici in Israele, non ha soddisfatto i movimenti integralisti islamici: ieri a Gaza alcune migliaia di militanti di Hamas hanno sfilato per chiedere la liberazione di tutti i loro prigionieri ed hanno attaccato con armi automatiche due postazioni di soldati.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Quella di ieri in Iraq è stata un’altra giornata all’insegna della tensione. Convogli militari americani hanno subito due attacchi in aree ad Ovest di Baghdad, e secondo testimoni ci sarebbero alcuni feriti. Sempre ieri, più di mille fedeli si sono radunati in preghiera a Sadr City, popoloso quartiere sciita della capitale, dove mercoledì scorso militari statunitensi avevano ucciso un bambino e ferito quattro iracheni. Nel corso della manifestazione di protesta sono stati scanditi slogan anti-americani.

 

Più di cento corpi sono stati estratti da una fossa comune situata nella Bosnia orientale. Potrebbe trattarsi della più grande fossa comune scoperta nella regione. Lo hanno riferito i medici legali che hanno partecipato ai lavori di recupero. La fossa potrebbe contenere fino a 500 corpi di persone uccise a Srebrenica nel 1995 e a Zvornik all’inizio della guerra Balcanica nel 1992.

 

Si sono chiuse le liste per le elezioni presidenziali in Cecenia. Sono 13 i candidati in lizza, come ha reso noto la commissione elettorale di Gronzy. Gode dei favori del pronostico il capo dell'amministrazione cecena, Akhmed Kadyrov.

 

Rilanciare il Paraguay, afflitto da una forte crisi politica ed economica. Questo l’impegno di Nicanor Duarte Frutos, che da ieri è ufficialmente il 46.mo presidente del Paese sudamericano. Succede a Luis González Macchi. Sui contenuti del suo discorso di insediamento, ci riferisce Maurizio Salvi:

 

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Con la difficoltà di dovere prendere le redini di uno dei più corrotti Paesi  latinoamericani, il nuovo presidente ha pronunciato ad Asunción un discorso di forte rottura con il passato, e lo ha fatto attaccando il fenomeno che a suo giudizio ha reso impossibile una crescita equilibrata del Paraguay. “Il neoliberismo – ha detto davanti ad una decina di capi di Stato latinoamericani – è stato un fallimento perché ha costituito una tragedia per la dignità umana”. Con enfasi Duarte Frutos ha proseguito sostenendo che l’essere umano è – a suo giudizio – più importante del mercato. “Mi impegno ufficialmente – ha aggiunto – a combattere la mafia ed il potere improduttivo ed a porre fine allo Stato che protegge unicamente i ricchi e non il paraguayano lavoratore. Lo Stato che io voglio costruire – ha proseguito – non sarà più il braccio burocratico di chi controlla il potere, perché il mio sogno è di ripulire il nome della Repubblica del Paraguay”. Al consenso di molti presidenti presenti si è aggiunto quello dell’arcivescovo di Asunción, mons. Pastor Cuquejo Verga, che dopo aver  raccomandato a Duarte Frutos le promesse fatte ha criticato a sua volta la globalizzazione. “Nel mondo attuale – ha detto – il Sermone delle Beatitudini funge da strumento di motivazione indispensabile affinché il fenomeno della globalizzazione non si trasformi in un elemento devastatore dei più poveri”.

 

Maurizio Salvi per la Radio Vaticana.

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I soldati della forza di pace inviata in Liberia dalle Nazioni dell’Africa occidentale hanno riaperto i ponti che collegano il centro di Monrovia ai quartieri nord-occidentali, consentendo così alle decine di migliaia di sfollati di iniziare a rientrare nelle proprie case. Ieri i ribelli hanno lasciato le loro posizioni, tra cui il porto di Monrovia, sulla base degli accordi che hanno portato all'allontanamento dal potere di Charles Taylor. Intanto la prima nave con aiuti umanitari è arrivata ieri mattina nella capitale liberiana e, nel giro di poche ore, è iniziata la distribuzione del cibo ai civili.

 

Al termine di una lunga malattia, l’ex dittatore dell’Uganda, Idi Amin Dada, è morto nell’ospedale di Gedda, in Arabia Saudita, Paese dove si trovava in esilio. E’ considerato uno dei più sanguinari dittatori africani: durante il suo regime, dal 1971 al 1979, ha ucciso migliaia di oppositori, ha espropriato 70 mila asiatici e sostenuto gli estremisti palestinesi.

 

Il Fronte Polisario, movimento indipendentista dei sahrawi che rivendica l’indipendenza del Sahara occidentale dal Marocco, ha dichiarato di avere rilasciato, oggi, altri 243 prigionieri di guerra marocchini, consegnandoli alla Croce Rossa Internazionale che si prenderà cura del loro rimpatrio. La liberazione dei cittadini marocchini sarebbe stata resa possibile grazie alla mediazione personale del primo ministro della Spagna, José Maria Aznar.

 

 

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