RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 227 - Testo della Trasmissione di venerdì 15 agosto 2003

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Oggi, solenne festa dell’Assunta: l’invito del Papa all’Angelus a non perdere mai la fiducia, guidati da Maria che dall’alto orienta la nostra vita

 

La solennità dell’Assunzione tra teologia, tradizione e devozione: ce ne parla padre Ermanno Toniolo

 

Ogni anno per Ferragosto il pellegrinaggio nel Santuario del Divino Amore a Roma: con noi, mons. Pasquale Silla.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Gigantesco blackout negli Stati Uniti ed in Canada: ancora sconosciuta la causa del drammatico evento

 

Resta alta nel mondo la preoccupazione per il possibile verificarsi di atti terroristici: intervista con Guido Olimpio

 

I vescovi del Nicaragua denunciano in un messaggio al Paese la grave crisi economica ma anche morale della società

 

L’Iran apre alle ispezioni internazionali sul programma nucleare, ma limita la libertà di stampa: un’analisi di Alberto Negri

 

Mostra fotografica a Roma su passato e presente della Città eterna: ai nostri microfoni, Corrado Augias.

 

CHIESA E SOCIETA’:

L’identità dei religiosi nella Chiesa e nella società, affrontata negli Usa dalla Conferenza dei Superiori Maggiori, riunita nel Kentucky per l’Assemblea nazionale

 

Oltre mille sciiti hanno manifestato contro l’attacco americano costato la vita a Baghdad ad un ragazzo iracheno

 

Appello della Conferenza episcopale delle Isole Salomone per ricordare nella preghiera i sei anglicani uccisi dai ribelli

 

Giunta stamane in Liberia la prima nave con aiuti umanitari

 

Grave episodio di violenza registrato in Eritrea: uccisi due operatori di “Mercy Corps”.

IL PAPA E LA SANTA SEDE

15 agosto 2003

 

OGGI, SOLENNE FESTA DELL’ASSUNTA:

L’INVITO DEL PAPA A NON PERDERE MAI LA FIDUCIA,

 GUIDATI DA MARIA CHE DALL’ALTO ORIENTA LA NOSTRA VITA

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

 

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“E’ un giorno, questo, di speranza e di luce”: così Giovanni Paolo II dalla sua residenza estiva di Castel Gandolfo, prima della recita dell’Angelus, ha reso omaggio alla festa dell’Assunta, che cade “nel cuore del mese di agosto, per molti tempo di riposo e ferie estive”, ha ricordato il Papa, indicando il significato profondo di questa Solennità laddove “a tutti gli uomini, pellegrini sulla terra, viene fatto intravedere, in Maria, ‘il destino di gloria’ che li attende”.

 

Nella Beata Vergine “si compiono infatti – ha aggiunto il Santo Padre – “le promesse di Dio agli umili e ai giusti: il male e la morte non avranno l’ultima parola”.

        

Quindi l’invito accorato di Giovanni Paolo II ad “affidarci all’Immacolata che dall’Alto, come fulgida stella, ci orienta nel quotidiano cammino dell’esistenza terrena”:

 

“Per quanto oscure possano essere le ombre che talora si addensano all’orizzonte, e incomprensibili risultino taluni eventi della vicenda umana, non perdiamo mai la fiducia e la pace”.

 

“Avvocata e ministra di salvezza”, Maria, - ha aggiunto il Papa - “innalzata alla Gerusalemme del cielo”, alimenta “la speranza della meta escatologica” verso cui siamo incamminati come Popolo di Dio.

 

“Vergine Madre di Cristo, veglia sulla Chiesa!”.

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LA SOLENNITA’ DELL’ASSUNZIONE DI MARIA IN ANIMA E CORPO AL CIELO

FRA TEOLOGIA, TRADIZIONE E DEVOZIONE

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

 

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Non c’è un mese dell’anno senza almeno un appuntamento liturgico con la Madre di Dio, e agosto vanta la celebrazione della festa più bella della Vergine: la sua Assunzione in anima e corpo al cielo, la Pasqua di Maria. Come si è arrivati a questa verità di fede? Ce lo illustra il noto professore di mariologia, padre Ermanno Toniolo, dei Servi di Maria:

 

R. – Innanzitutto, dobbiamo dire che i Libri Sacri non parlano della ‘Dormizione’ né dell’Assunzione della Vergine Maria: c’è una specie di silenzio sulla Madre di Dio. E tuttavia già gli antichi autori cristiani, come ad esempio Epifanio di Salamina, dicono che il suo passaggio, il suo transito deve essere stato coronato di gloria perché come la sua verginità è singolare, la sua maternità è divina, così anche la sua fine è gloriosa. Di conseguenza, tutto il senso dei cristiani, il sensus fidelium si è concentrato sul sentire profondamente come la Madre di Dio, in un evento stupendo, sia stata dalla terra trasportata al cielo e glorificata con il Figlio, da sempre. C’è una tradizione che oggi viene recuperata in particolare a Gerusalemme dagli studiosi, e cioè che la primitiva comunità giudeo-cristiana del secondo secolo facesse dei riti particolari, delle celebrazioni in onore della Madre di Dio attorno alla tomba, che si conserva tuttora al Getsemani, della Vergine Maria. Là sarebbe stata deposta; una tomba vuota come quella di Cristo, dalla quale sarebbe assunta nella gloria del Figlio e glorificata con Lui. Quindi, attorno alla tomba già c’era una specie di culto giudeo-cristiano che poi è stato disperso dagli imperatori romani e recuperato più tardi, nel secolo IV, inizio secolo V, con la costruzione di una grande cripta che tuttora esiste sopra la tomba di Maria e con un culto ufficiale.

 

D. – E poi arriviamo a Pio XII ...

 

R. – Pio XII è il punto occidentale più grande; ma prima di Pio XII possiamo dire che nell’anno 600-601, l’imperatore Maurizio, bizantino, quindi di Costanti-nopoli, ha ufficializzato la festa e diffusa in tutto l’impero bizantino questa solennità della Madre di Dio come una delle più grandi solennità mariane. In Occidente, il Papa di origine siriaca Sergio I intorno all’anno 700 ha introdotto in Roma non soltanto la solennizzazione dell’Assunta accanto ad altre solennità mariane, ma anche una vera e propria stazione processionale che, partendo da San Giovanni in Laterano, scendeva dal Colosseo ai Fori Romani e dai Fori Romani risaliva fino a Santa Maria Maggiore dove si celebrava la notte intera, in onore della Madre di Dio, la grande veglia dell’Assunta: siamo dunque nell’anno Settecento, in Occidente, e la festa poi viene diffusa in tutto l’Occidente. La teologia, partendo da questa celebrazione così sentita e così ufficializzata, viene a consolidarsi anche in Occidente – in Oriente è stato sempre così – ma in Occidente trova la sua definizione ultima in Pio XII il 1° novembre 1950. Egli, assumendo per così dire come una corale che partendo dalle antichità più remote fino ad oggi attraverso tutti i teologi, le liturgie, le testimonianze archeologiche eccetera, viene a testimoniare non soltanto la verità di un evento, ma la divina rivelazione su un evento che riguarda la Madre di Dio, definisce come “fede divina e cattolica e rivelata da Dio” l’Assunzione di Maria al cielo: è un dogma rivelato da Dio, è una parola di Dio all’umanità di oggi.

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PELLEGRINAGGIO ESTIVO NEL SANTUARIO DEL DIVINO AMORE,

 UNA TRADIZIONE CHE SI RINNOVA OGNI ANNO PER FERRAGOSTO

 

 

Fra le celebrazioni tradizionali per la festa dell’Assunzione vi è la processione da Roma al Santuario del Divino Amore, a Castel di Leva, che come ogni anno ha accolto stamane all’alba centinaia di pellegrini partiti a mezzanotte da piazza di Porta Capena, a lato del Circo Massimo, percorrendo quindi a piedi un suggestivo itinerario di 14 chilometri, tra luoghi cari alla memoria cristiana, lungo la via Appia Antica e la via Ardeatina. Raccolti intorno all’immagine miracolosa della Madonna del Divino Amore, collocata su un carro, i fedeli - oltre a tante intenzioni - hanno quest’anno pregato pure per la pioggia, così come lo stesso Giovanni Paolo II aveva invitato a fare la scorsa domenica.

 

Luca Collodi ha intervistato mons. Pasquale Silla, rettore parroco del Santuario del Divino Amore:

 

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R. – Quello che è importante è che questo singolare pellegrinaggio notturno esprime la fede della Chiesa di Roma verso la Madre del Signore, porta ai suoi piedi le speranze e le angosce e anche le preghiere di tanta gente, ovviamente quelle del Santo Padre. Portiamo alla Madonna anche le speranze della nostra città, quindi del nostro Paese perché possano sempre corrispondere all’alta missione a cui sono state chiamate dalla storia e anche dalla volontà di Dio. E’ un pellegrinaggio che solca la notte; si può dire che proprio ha la forza di far capire bene cosa è la Chiesa, cosa è l’uomo. E’ un camminare verso la luce, con la certezza di giungere poi alla meta, di giungere al pieno giorno e nell’Eucaristia noi facciamo l’esperienza di questa immersione nel giorno della grazia della luce, della gioia.

 

D. – Mons. Silla, una Madonna di mezz’agosto, la Madonna dell’Assunta, spesso viene abbinata un po’ in tutta Italia anche a varie manifestazioni che attingono alla tradizione religiosa popolare. Perché questo abbinamento tra fede e cultura? E’ quasi voler sottolineare l’importanza della Madonna nella storia, nel percorso cristiano?

 

R. – Esattamente. A mio avviso c’è proprio una reciprocità: la pietà popolare in qualche modo deve sfociare, se vuole essere autentica, nella liturgia, attingendo sempre alla Parola di Dio. Nello stesso tempo, la forza, la ricchezza straordinaria che hanno i misteri cristiani spandono anche una forza, una valenza culturale un po’ su tutte le realtà umane, e quindi anche sulle popolazioni. In questo mezz’agosto in tutta Italia, appunto, ma forse anche altrove, si celebrano tantissime feste padronali proprio per sentire come la fede e la presenza di Maria sono incarnate nella realtà umana e nella realtà popolare di ogni comunità.

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OGGI IN PRIMO PIANO

15 agosto 2003

 

NELL’AREA ORIENTALE DEGLI STATI UNITI ED IN CANADA

NON E’ STATA ANCORA DEL TUTTO RIPRISTINATA L’EROGAZIONE DI ELETTRICITÀ

INTERROTTA, IERI, A CAUSA DI UN GIGANTESCO BLACKOUT

- Servizio di Amedeo Lomonaco

 

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“Il più grave blackout elettrico della storia degli Stati Uniti che, la scorsa notte, ha interessato l’area orientale del Paese ma anche gran parte del Canada, non è stato causato da un atto di terrorismo”. Con questo annuncio il presidente americano, George Bush, ha escluso la matrice terroristica dietro l’interruzione di corrente che ha paralizzato diverse città statunitensi tra le quali New York, Detroit e Pittsburgh.

 

Il capo della Casa Bianca, che ha disposto ogni assistenza agli Stati colpiti, non ha comunque minimizzato l’accaduto: “Si è trattato di un colossale problema nazionale - ha dichiarato - che ha reso evidente la necessità di ammodernare, nel Paese, le rete di distribuzione dell’elettricità”. Anche il sindaco di New York, Michael Bloomberg, ha escluso, in una conferenza stampa, l’ipotesi terrorismo: “Non trasformate un incidente in una tragedia” ha detto. Bloomberg ha anche affermato che il ripristino della corrente elettrica è questione di ore, ed ha assicurato che “le operazioni di soccorso procedono con calma e ordine”.  

 

Il blackout, scattato alle 16.11 locali (le 22.11 italiane) ha interrotto l’attività delle centrali nucleari generando tra l’altro folle di cittadini che dagli uffici si sono riversati nelle strade per tornare a casa e bloccando diverse migliaia di persone nelle metropolitane. Sono piombati nel buio gli Stati del Nord-Est fino all’Ohio, al Michigan e il Sud del Canada. L’emergenza ha avuto ripercussioni anche sul mercato valutario: il dollaro è immediatamente crollato rispetto all’euro, salvo poi risalire quando da più parti è arrivata l’assicurazione che non si trattava di un attentato.

 

Il Governatore dello Stato di New York, George Pataki, ha intanto dichiarato lo stato di emergenza e ha ammesso di ignorare al momento le cause esatte all’origine dell’interruzione di corrente. Si fanno diverse ipotesi sulle cause del gigantesco blackout: quella di un fulmine, abbattutosi sulla centrale delle cascate del Niagara e dai successivi sovraccarichi di energia che avrebbero intasato e bloccato la rete della East Coast americana interconnessa a quella canadese, è stata smentita da un portavoce dell’agenzia dell’Energia di New York, Jack Murphy. Tra le ipotesi al vaglio dell’Fbi c’è anche quella di un virus informatico che potrebbe aver infettato i computer delle centrali elettriche e causato la catena che ha provocato l’emergenza.

 

L’elettricità sta gradualmente tornando nelle principali città del Nord-Est del continente americano ed è stata ripristinata anche in alcuni quartieri di Toronto, la principale città canadese con quattro milioni di abitanti.

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RESTA ALTA LA PREOCCUPAZIONE IN MOLTI PAESI, OLTRE GLI STATI UNITI,

PER IL POSSIBILE VERIFICARSI DI ATTI TERRORISTICI

- Intervista con Guido Olimpio -

 

La preoccupazione per la ripresa del terrorismo è dunque alta non solo negli Stati Uniti - alimentata anche dalla recente scoperta di un pericoloso traffico di armi, destinate a possibili attentati - ma in molti altri Paesi del mondo, percorsi dalla violenza. In Afghanistan, numerosi gli episodi di sangue, negli ultimi giorni, nei quali sono morte 61 persone. Scontri ripetuti anche in Iraq, dove una nuova lettera di Saddam Hussein incita alla resistenza sciita. Forte allarme pure in Gran Bretagna, dove la British Airways ha annunciato la sospensione di tutti i suoi voli verso l’Arabia Saudita. La decisione, secondo quanto ha reso noto la compagnia area britannica, è giustificata da ragioni di sicurezza nell’area. Un provvedimento che giunge in concomitanza con l’inizio del processo per gli attentati dell’11 settembre. Che tipo di collegamento ci può essere tra i due fatti? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Guido Olimpio, esperto di terrorismo del Corriere della Sera.

 

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R. – Ci può essere sicuramente un legame temporale, ma ritengo che questo tipo di azioni procedano su piani diversi, ed i gruppi eversivi, i gruppi estremisti hanno intenzione di colpire quando si presentano occasioni. Poi, se c’è un elemento, una data, certo questo può essere una giustificazione, il pretesto, ma diciamo che le strategie si sviluppano in maniera indipendente.

 

D. – Tra l’altro, la British Airways ha sospeso tutti i voli da e per l’Arabia Saudita …

 

R. – Certamente. L’Arabia Saudita negli ultimi due-tre mesi è stata teatro di azioni terroristiche, un attentato piuttosto grave con un alto numero di kamikaze; inoltre c’è una forte attività di gruppi legati ad Al Qaeda. Ci sono stati scontri a fuoco, incidenti, cattura di estremisti e probabilmente alcuni di questi devono aver rivelato dei piani che si stavano preparando e magari anche azioni con l’uso di missili antiaerei.

 

D. – Il presidente Bush ha detto che la sua Amministrazione sta facendo davvero di tutto per la sicurezza interna e che la lotta al terrorismo giustifica, in un certo senso, le operazioni militari in Afghanistan e in Iraq. Ma allora, dietro questi continui allarmi, ci può essere un secondo fine per le strategie geopolitiche americane?

 

R. – Ci può essere un secondo fine, ma d’altra parte gli attentati ci sono, gli attacchi ci sono. Non sono invenzioni e pochi giorni fa c’è stato l’attentato di Jakarta che è stato abbastanza grave, e la storia dei missili è un altro segnale: questo tentativo di importare dei missili terra-aria negli Stati Uniti. Certamente ci può essere un po’ di propaganda da parte statunitense, però sia la situazione in Afghanistan che in Iraq dimostra che il problema è tutt’ora aperto. Negli ultimi giorni in Afghanistan ci sono stati decine di morti, in Iraq la guerriglia è strisciante e ora si sta trasformando anche in terrorismo, quindi il pericolo c’è ed esiste al di là di quelli che possono essere gli intenti o le manovre propagandistiche.

 

D. – Da parte sua, invece, l’Occidente come si sta organizzando?

 

R. – L’organizzazione è relativa. Più che altro si cerca di proteggere quello che si può proteggere, cioè aeroporti, obiettivi sensibili, ma manca ancora la collaborazione. Non c’è mai una collaborazione fattiva, perché ognuno vuol tenersi i segreti e dividerli solo quando c’è proprio un’emergenza, altrimenti è una lotta ancora sporadica. Non c’è dubbio che comunque, rispetto a due-tre anni fa, le cose sono migliorate. Ci sono maggiori scambi di informazioni, ma ritengo che si debba fare ancora molto.

 

D. – Ma la politica americana può essere una delle cause scatenanti per cui le organizzazioni terroristiche accentuano i loro macabri piani?

 

R. – Diciamo che da una parte non c’è dubbio che la politica e l’intervento americano suscitino una risposta, dall’altra parte però ritengo che questi gruppi colpirebbero ugualmente. Insomma, una causa sostiene l’altra. Diciamo che sono due fattori concordanti.

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CRISI ECONOMICA, DEGRADO SOCIALE, CRIMINALITA’ E CORRUZIONE DILAGANTE,

EGOISMO E RELATIVISMO MORALE: I VESCOVI DEL NICARAGUA CHIEDONO AI CITTADINI E AL GOVERNO DI COSTRUIRE UNA SOCIETA’ PIU’ GIUSTA E SOLIDALE

 

Uniti per costruire una società più giusta e più solidale. E’ l’invito che hanno rivolto i vescovi del Nicaragua ai loro connazionali con un messaggio in cui la Conferenza episcopale del Paese non nasconde la profonda preoccupazione per le difficoltà socio-economiche nelle quali si trovano i nicaraguensi. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

 

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Duro l’attacco dei vescovi nicaraguesi alla riforma fiscale del governo del presidente Enrique Bolanos, liberale, entrato in carica nel gennaio dello scorso anno. I nuovi strumenti fiscali, denunciano i presuli, hanno indebolito una già fragile economia, mettendo a serio rischio la pace sociale e la stabilità del Paese. Gravissime le conseguenze elencate dalla Conferenza episcopale: aumento dei prezzi dei prodotti del paniere, così come di luce, acqua, telefono. Rincari che incidono gravemente sul già basso reddito della popolazione, aumentando la povertà, la disoccupazione, l’esodo di migliaia di contadini e operai verso i Paesi vicini. Pur riconoscendo il diritto dello Stato di riscuotere tasse, i vescovi sotto-lineano come la legge di equità fiscale, che contiene le riforme, non si sia ade-guata alla realtà sociale del Paese, ad una giusta distribuzione delle ricchezze, come non abbia risposto ai principi di equità e proporzione. Questa situazione, spiegano ancora, non ha fatto altro che rendere il Nicaragua dipendente dalle condizioni imposte dalla Banca Mondiale.

 

Accanto a tutto questo si registra l’aumento della violenza, del narcotraf-fico, mentre la sicurezza nelle città perde i colpi sotto la proliferazione di bande armate. Disperata la situazione sanitaria: i medici, dicono ancora i vescovi, sono ormai spinti solo dal guadagno e le persone, per ricorrere alle loro cure, sono costrette ad indebitarsi. In pericolo anche l’istruzione, attaccata da ideologie e teorie edoniste. La denuncia non tralascia la corruzione ed il degrado che si vivono in politica, dove predomina l’egoismo, dove mancano sensibilità e solidarietà. Per non dimenticare poi l’allontanamento di molti fedeli dalla dottrina e dal magistero della Chiesa. La pace sociale, è l’appello dei vescovi, esige il quotidiano esercizio di pratiche di giustizia. L’invito è dunque al dialogo quale base della reciproca comprensione.

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L’IRAN APRE ALLE ISPEZIONI INTERNAZIONALI SUL PROGRAMMA NUCLEARE,

MA INASPRISCE LE MISURE CONTRO LA LIBERTA’ DI STAMPA

- Con noi, Alberto Negri -

 

Atteggiamenti contrastanti dall’Iran: un altro giornalista, il 22 esimo finora, è stato arrestato mercoledì scorso dalle forze di polizia iraniane. Il reporter aveva partecipato ad una manifestazione in difesa della libertà di stampa. Più morbida, invece, la posizione assunta sul fronte delle relazioni internazionali. L’altro ieri, infatti, l’organizzazione per l’energia atomica di Teheran ha annunciato che non porrà precondizioni alla firma di un protocollo che permetterebbe ispezioni più severe ai suoi siti nucleari. Ma come si spiega questo apparente dualismo nella linea politica iraniana? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Alberto Negri, inviato speciale del Sole 24 Ore:

 

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R. – Questa è una vecchia tendenza della politica iraniana: nei momenti di difficoltà aprire verso l’esterno, cioè avere dei buoni rapporti internazionali. Accadde per esempio alla fine degli anni ’80 all’inizio degli anni ’90, con l’ex presidente Rafsanjani, che aprì i canali dell’Iran all’esterno, alle compagnie straniere, all’Europa, ma all’interno fu sostenitore comunque di un giro di vite. E il giro di vite è anche quello che vediamo in questo momento. Mentre l’Iran tratta con la comunità internazionale, con le Organizzazioni internazionali ed anche, probabilmente e segretamente, con gli Stati Uniti, all’interno il regime dei conservatori – che prevalgono sulla tendenza riformista del presidente Khatami – oggi hanno la meglio.

 

D. – Presi di mira sono soprattutto i giornalisti. Si ha paura che possano scardinare attraverso l’informazione il regime di Teheran?

 

R. – Non c’è dubbio. Con l’ascesa del presidente Khatami alla fine degli anni ’90, abbiamo visto una fioritura delle pubblicazioni, dei quotidiani, dei settimanali, della stampa, non direi libera, ma comunque più libera di quella che c’era prima. Addirittura erano state registrate qualcosa come 150 nuove testate. Negli ultimi due anni c’è stata una forte inversione di tendenza. I conservatori stanno prevalendo in questa lotta, sono state chiuse dozzine di testate importati, molti giornalisti sono incarcerati o comunque a loro è stato impedito di lavorare. C’è stato dunque un giro di vite sulla stampa che comunque ha rappresentato, proprio in questi anni, la grande novità per gli iraniani.

 

D. – L’atteggiamento iraniano è forse dovuto alla paura di diventare un secondo Iraq ...

 

R. – Oggi l’Iran vive in una situazione strategicamente non facile, perché alla frontiera con l’Iraq naturalmente ci sono gli americani che hanno occupato il Paese, ma dall’altra parte, ad Oriente, c’è l’Afghanistan e anche lì, oltre alle truppe internazionali della Nato che hanno preso adesso il comando, ci sono molte migliaia di soldati americani. In pratica l’Iran si trova in una morsa che è strategica, politica, ma anche economica, perché sono ancora in vigore le sanzioni americane che impediscono l’afflusso di investimenti, soprattutto nel settore petrolifero, indispensabili per lo sviluppo di un Paese di quasi 70 milioni di abitanti.

 

D. – E’ ipotizzabile un coinvolgimento indiretto dell’Iran, in questa ripresa dell’attività militare degli Hezbollah in Libano?

 

R. – Non c’è dubbio che per molti anni l’attività degli Hezbollah è stata legata all’Iran. Proprio gli Hezbollah furono in qualche modo fondati, coordinati direttamente dall’Iran nei primi anni ’80. Successivamente i legami sono rimasti, soprattutto in quell’area del Libano sciita che ha forte influenza iraniana. Questi legami, in qualche modo, sono sempre stati guardati con sospetto non soltanto dagli Stati Uniti, ma soprattutto da Israele, che teme una saldatura tra gli Hezbollah sciiti libanesi e, in qualche modo, i partiti religiosi come Hamas, che operano nei territori.

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IL VOLTO ED IL CUORE DI ROMA, TRA PASSATO E PRESENTE

IN UNA MOSTRA FOTOGRAFICA NELLE SCUDERIE DEL QUIRINALE,

APERTA AL PUBBLICO FINO AL 5 SETTEMBRE

- Servizio di Maria Di Maggio -

 

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La trasformazione della capitale tra la fine dell’’800 e i primi decenni del ‘900 rivive nella mostra “Roma. Passato e Presente. Fotografie dagli Archivi Alinari”. Un viaggio in più di 160 tappe nel passato prossimo della città eterna. Un percorso visivo che parte dal tramonto della Roma papalina, passando per la Breccia di Porta Pia fino ad arrivare ai nostri giorni, in cui trovano posto il volto ufficiale e il volto quotidiano della capitale. Al giornalista Corrado Augias, curatore della mostra, abbiamo chiesto qual è l’intento dell’esposizione.

 

R. – Documentazione in primo luogo. E’ una mostra che fa vedere con chiarezza quali erano le condizioni di vita e le condizioni urbanistiche della città un secolo fa. E poi è anche volta a suscitare sentimenti, curiosità, commenti, partecipazione.

 

D. – Come si articola la mostra?

 

R. – Sono 160 fotografie ricavate, estratte, dai preziosissimi Archivi Alinari, che raccontano Roma tra il 1850-60 e i primi decenni del Novecento. Grandi i cambiamenti rispetto ad oggi, alcuni in meglio e altri in peggio. C’è il Tevere e le sue rive, che prima esondava frequentemente con disastri, come si sa soltanto dopo il 1870 vennero fatti i muraglioni; c’è il centro storico e l’antichità classica; c’è la vita quotidiana; e ci sono poi nell’ultima sezione 12 lastre grandi, inedite, degli Alinari di altrettanti posti romani ai quali abbiamo affiancato gli stessi posti, ripresi con lo stesso obiettivo, oggi.

 

D. – Quindi che cosa vede concretamente il visitatore che si immerge tra le fotografie esposte nella mostra?

 

R. – Vede, per esempio, come erano ridotti i monumenti della classicità, che erano per la verità ridotti abbastanza male. Vede come viveva la gente, sia in città sia nell’agro romano, in condizioni molto precarie. Vede poi delle foto storiche, di grande interesse, per esempio la famosa apertura nelle mura a pochi metri da Porta Pia, fatta dai bersaglieri de La Marmora il 20 settembre del 1870, con tutte le polemiche che precedettero e seguirono quell’atto militare, che ricongiunse Roma al Regno d’Italia.

 

D. – A suo avviso c’è un filo conduttore tra la Roma del passato e la Roma del presente che emerge dalle fotografie contenute nella mostra?

 

R. – E’ una buona domanda. La risposta è sì, c’è. E qual è? E’ il senso della compresenza delle varie epoche, cioè a Roma ancora oggi, e ancor più in queste fotografie, è possibile passare dalla Roma etrusca alla Roma romana, dalla Repubblica al Principato e all’Impero e poi al Medioevo, e ancora alla Rinascenza, al ‘600, al Barocco, fino al razionalismo piacentiniano dell’epoca di Mussolini. E’ possibile attraversare tutte queste epoche, che sono tutte presenti nella stessa città. Anche questa è una dote che fa Roma unica.

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CHIESA E SOCIETA’

15 agosto 2003

 

 

L’IDENTITA’ DEI RELIGIOSI NELLA CHIESA E NELLA SOCIETA’,

AFFRONTATA NEGLI STATI UNITI DALLA CONFERENZA DEI SUPERIORI MAGGIORI,

RIUNITASI A LOUISVILLE, NEL KENTUCKY, PER L’ASSEMBLEA NAZIONALE.

DURANTE LA RIUNIONE, UNA VEGLIA DI PREGHIERA CON ALCUNE VITTIME

DI ABUSI SESSUALI DA PARTE DI ELEMENTI DEL CLERO

 

LOUISVILLE.= Il rinnovamento della vita consacrata, avvertito diffusamente dai religiosi negli Stati Uniti d’America, si potrà realizzare “solo come risultato di una rivoluzione del cuore” in ogni sacerdote e fratello, la cui identità consiste nell’essere “profondamente umani” e “profondamente spirituali”. E’ il concetto espresso dal superiore generale dei Fratelli Maristi, Seàn Sammon, durante l’assemblea nazionale della Conferenza dei Superiori Maggiori, riunitasi a Louisville, nel Kentucky, dal 6 al 9 agosto, in rappresentanza di oltre 20 mila religiosi americani. Proprio sull’identità e sull’immagine dei religiosi negli Stati Uniti, come riferisce un comunicato, si sono incentrati i lavori, con speciale riguardo alla questione degli abusi sessuali da parte di elementi del clero. In proposito, l’ex maestro generale dei Domenicani, padre Timothy Radcliffe, ha sostenuto che specialmente nel mondo di oggi sempre più caratterizzato dai simboli, il significato della vita religiosa deve trasparire davvero in modo visibile nella povertà, nella castità e nell’obbedienza. Nel corso della riunione, si è approfondito il lavoro svolto dalla Conferenza dei religiosi e dalla Conferenza episcopale per la protezione dei bambini e dei giovani. Su invito di un gruppo di vittime di abusi sessuali, i religiosi hanno anche partecipato con loro ad una veglia di preghiera dedicata in particolare alla “guarigione delle ferite”. Su altre questioni, l’assemblea ha tra l’altro approvato una risoluzione in cui si chiede al governo americano di normalizzare le relazioni con Cuba e si esprime appoggio ai movimenti per le riforme nell’isola caraibica. Al termine dei lavori, la Conferenza dei Superiori Maggiori statunitensi ha eletto come nuovo presidente il padre Ron Witherup, della Compagnia di San Sulpizio, che resterà in carica per due anni.(P.Sv.)

 

 

OLTRE 1000 SCIITI HANNO MANIFESTATO CONTRO L’ATTACCO AMERICANO

COSTATO LA VITA A BAGHDAD, MERCOLEDÌ SCORSO, AD UN RAGAZZO IRACHENO

 

BAGHDAD. = Più di mille fedeli sciiti si sono radunati in preghiera vicino al palo elettrico a Sadr City - popoloso quartiere sciita di Baghdad che all’epoca del  vecchio regime si chiamava Saddam City - dove mercoledì scorso soldati americani hanno ucciso un bambino e ferito quattro iracheni nel corso dei primi violenti scontri con la popolazione, scoppiati dopo che alcuni militari avevano tolto una bandiera nera sciita, che sventolava su quel palo. Innalzando bandiere verdi e nere ma anche ritratti del grande ayatollah Mohammad Baqer, assassinato dal regime di Saddam nel 1980, i fedeli provenienti da ogni sobborgo della capitale hanno raccolto così l’appello del dirigente sciita radicale Mouqtada Sadr per una “'preghiera speciale'” di denuncia dell’attacco delle truppe americane contro l’Islam. (A.L.)

 

 

NELLE ISOLE SALOMONE LA CONFERENZA EPISCOPALE LOCALE HA LANCIATO UN APPELLO PER RICORDARE CON LA PREGHIERA I SEI ANGLICANI UCCISI DAI RIBELLI

GUIDATI DA HAROLD KEKE

 

HONIARA. = “Ricordare con la preghiera i sei componenti della ‘Fratellanza melanesiana anglicana’ morti dopo essere stati presi in ostaggio dai ribelli del ‘Movimento di liberazione Isatabu’ (Ifm), guidati da Harold Keke”. E’ questo l’invito rivolto alla comunità cattolica dall’arcivescovo Karl Hesse, presidente della Conferenza episcopale di Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone. “Siamo profondamente rattristati nel renderci conto che si può fare così male a persone che hanno dedicato la propria vita al servizio degli altri”, ha detto mons. Hesse da Rabaul. La conferma della morte dei sei anglicani è arrivata lunedì scorso, ma è dal 23 aprile che il piccolo gruppo aveva lasciato Honiara, capitale delle isole Salomone, per rintracciare il ‘fratello’ Nathaniel Sado, catturato da Keke. I sei sono però finiti anch’essi nelle mani del capo ribelle e, proprio come Sado, sono stati uccisi. “Non abbiamo molti dettagli in proposito – ha continuato il presidente della Conferenza episcopale di Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone – ma ci è stato detto che gli anglicani sono stati assassinati quando si sono recati nell’isola di Gudalcanal per cercare di rintracciare altri componenti della loro comunità”. “La perdita di questi sei fratelli anglicani – ha concluso - ci riporta alla mente i sacrifici fatti con tanta buona volontà da tanta gente nel servire la propria vocazione”. Oggi, intanto, Harold Keke, consegnatosi ieri alle forze di pace guidate dall’Australia - giunte a fine luglio nelle Salomone per riportare la pace – è stato convocato in tribunale. Per il momento l’ex poliziotto è incriminato per tentato omicidio, possesso di armi da fuoco e gestione di una società illegale. (A.L.)

 

 

GIUNTA STAMANI NEL PORTO DI MONROVIA, CAPITALE DELLA LIBERIA, LA PRIMA NAVE CON AIUTI UMANITARI PER LA POPOLAZIONE STREMATA DALLA FAME.

FORSE DOMANI UN ACCORDO DI PACE DEFINITIVO

 

MONROVIA.= La prima nave con aiuti umanitari è arrivata questa mattina in Liberia, nel porto di Monrovia, e il suo carico sarà al più presto portato a terra. Lo ha reso noto il rappresentante speciale dell’Onu nel Paese africano, Jacques Paul Klein, secondo cui l’arrivo della nave indica che altri battelli potranno attraccare  ai moli della capitale liberiana. Il porto di Monrovia è stato teatro di furiosi combattimenti nelle ultime settimane e da ieri è controllato  dai soldati dell’Ecomil, la forza di pace  inviata dai Paesi dell’Africa occidentale. Il porto di Monrovia è indispensabile per portare aiuto alle centinaia di migliaia di persone  che sono ormai alla fame. Lo stesso Klein ha dichiarato stamani che intende raccomandare al Consiglio di Sicurezza  dell’Onu di togliere immediatamente le sanzioni contro la Liberia, imposte alla vecchia amministrazione di Taylor, ed ha aggiunto che ora occorre avviare il processo di ricostruzione il più rapidamente possibile. Un accordo di pace definitivo  tra le parti in conflitto in Liberia potrebbe essere firmato domani, sabato, ad Accra, capitale del Ghana, secondo quanto hanno riferito quest’oggi  fonti ufficiali nigeriane presenti ai negoziati. (P.Sv.)

 

 

UN GRAVE EPISODIO DI VIOLENZA SI DEVE PURTROPPO REGISTRARE

IN ERITREA DOVE OGGI SONO MORTI DUE OPERATORI

DELL’ORGANIZZAZIONE UMANITARIA “MERCY CORPS”

 

ASMARA. = Due operatori umanitari dell’organizzazione americana ‘Mercy Corps’, sono rimasti uccisi in un attacco mentre viaggiavano nel nord dell’Eritrea. L’episodio è avvenuto domenica scorsa ma è stato reso noto solo oggi da fonti della stessa organizzazione. Un’équipe di Mercy Corps si stava dirigendo verso le zone settentrionali del Paese per un progetto di emergenza sanitaria ed idrica. Alcuni uomini armati non identificati hanno aperto il fuoco contro l’auto dell’organizzazione e hanno colpito a morte il responsabile dei programmi, Habtemariam Tsegay Tegbaru, padre di due figli, e Haileab Simret Yosief, che lavorava soltanto da nove giorni. L’autista è stato ferito dai proiettili ma è fuori pericolo. “Non sappiamo chi siano i responsabili di questo gesto – ha detto all’Agenzia Misna la portavoce dell’organizzazione, Margaret Larson, raggiunta telefonicamente negli Stati Uniti – e siamo in attesa di avere dettagli dal governo eritreo, ma credo che ci vorrà almeno una settimana”. (A.L.)

 

 

 

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