RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 227 - Testo della
Trasmissione di venerdì 15 agosto 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
La solennità dell’Assunzione tra teologia, tradizione e
devozione: ce ne parla padre Ermanno Toniolo
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA
E SOCIETA’:
Giunta stamane in Liberia la
prima nave con aiuti umanitari
Grave episodio di violenza registrato in
Eritrea: uccisi due operatori di “Mercy Corps”.
15 agosto 2003
OGGI,
SOLENNE FESTA DELL’ASSUNTA:
L’INVITO
DEL PAPA A NON PERDERE MAI LA FIDUCIA,
GUIDATI DA MARIA CHE DALL’ALTO ORIENTA LA
NOSTRA VITA
-
Servizio di Roberta Gisotti -
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“E’ un
giorno, questo, di speranza e di luce”: così Giovanni Paolo II dalla sua
residenza estiva di Castel Gandolfo, prima della recita dell’Angelus, ha reso
omaggio alla festa dell’Assunta, che cade “nel cuore del mese di agosto, per molti
tempo di riposo e ferie estive”, ha ricordato il Papa, indicando il significato
profondo di questa Solennità laddove “a tutti gli uomini, pellegrini sulla
terra, viene fatto intravedere, in Maria, ‘il destino di gloria’ che li
attende”.
Nella
Beata Vergine “si compiono infatti – ha aggiunto il Santo Padre – “le promesse
di Dio agli umili e ai giusti: il male e la morte non avranno l’ultima parola”.
Quindi
l’invito accorato di Giovanni Paolo II ad “affidarci all’Immacolata che
dall’Alto, come fulgida stella, ci orienta nel quotidiano cammino
dell’esistenza terrena”:
“Per
quanto oscure possano essere le ombre che talora si addensano all’orizzonte, e
incomprensibili risultino taluni eventi della vicenda umana, non perdiamo mai
la fiducia e la pace”.
“Avvocata
e ministra di salvezza”, Maria, - ha aggiunto il Papa - “innalzata alla
Gerusalemme del cielo”, alimenta “la speranza della meta escatologica” verso
cui siamo incamminati come Popolo di Dio.
“Vergine
Madre di Cristo, veglia sulla Chiesa!”.
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LA
SOLENNITA’ DELL’ASSUNZIONE DI MARIA IN ANIMA E CORPO AL CIELO
FRA
TEOLOGIA, TRADIZIONE E DEVOZIONE
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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Non c’è un mese dell’anno senza almeno un appuntamento
liturgico con la Madre di Dio, e agosto vanta la celebrazione della festa più
bella della Vergine: la sua Assunzione in anima e corpo al cielo, la Pasqua di
Maria. Come si è arrivati a questa verità di fede? Ce lo illustra il noto
professore di mariologia, padre Ermanno Toniolo, dei Servi di Maria:
R. – Innanzitutto, dobbiamo dire che i Libri Sacri non
parlano della ‘Dormizione’ né dell’Assunzione della Vergine Maria: c’è una
specie di silenzio sulla Madre di Dio. E tuttavia già gli antichi autori
cristiani, come ad esempio Epifanio di Salamina, dicono che il suo passaggio,
il suo transito deve essere stato coronato di gloria perché come la sua
verginità è singolare, la sua maternità è divina, così anche la sua fine è
gloriosa. Di conseguenza, tutto il senso dei cristiani, il sensus fidelium si
è concentrato sul sentire profondamente come la Madre di Dio, in un evento
stupendo, sia stata dalla terra trasportata al cielo e glorificata con il
Figlio, da sempre. C’è una tradizione che oggi viene recuperata in particolare
a Gerusalemme dagli studiosi, e cioè che la primitiva comunità giudeo-cristiana
del secondo secolo facesse dei riti particolari, delle celebrazioni in onore
della Madre di Dio attorno alla tomba, che si conserva tuttora al Getsemani,
della Vergine Maria. Là sarebbe stata deposta; una tomba vuota come quella di
Cristo, dalla quale sarebbe assunta nella gloria del Figlio e glorificata con
Lui. Quindi, attorno alla tomba già c’era una specie di culto giudeo-cristiano
che poi è stato disperso dagli imperatori romani e recuperato più tardi, nel
secolo IV, inizio secolo V, con la costruzione di una grande cripta che tuttora
esiste sopra la tomba di Maria e con un culto ufficiale.
D. – E poi arriviamo a Pio XII ...
R. – Pio XII è il punto occidentale più grande; ma prima
di Pio XII possiamo dire che nell’anno 600-601, l’imperatore Maurizio,
bizantino, quindi di Costanti-nopoli, ha ufficializzato la festa e diffusa in
tutto l’impero bizantino questa solennità della Madre di Dio come una delle più
grandi solennità mariane. In Occidente, il Papa di origine siriaca Sergio I
intorno all’anno 700 ha introdotto in Roma non soltanto la solennizzazione
dell’Assunta accanto ad altre solennità mariane, ma anche una vera e propria
stazione processionale che, partendo da San Giovanni in Laterano, scendeva dal
Colosseo ai Fori Romani e dai Fori Romani risaliva fino a Santa Maria Maggiore
dove si celebrava la notte intera, in onore della Madre di Dio, la grande
veglia dell’Assunta: siamo dunque nell’anno Settecento, in Occidente, e la
festa poi viene diffusa in tutto l’Occidente. La teologia, partendo da questa
celebrazione così sentita e così ufficializzata, viene a consolidarsi anche in
Occidente – in Oriente è stato sempre così – ma in Occidente trova la sua
definizione ultima in Pio XII il 1° novembre 1950. Egli, assumendo per così
dire come una corale che partendo dalle antichità più remote fino ad oggi
attraverso tutti i teologi, le liturgie, le testimonianze archeologiche
eccetera, viene a testimoniare non soltanto la verità di un evento, ma la
divina rivelazione su un evento che riguarda la Madre di Dio, definisce come
“fede divina e cattolica e rivelata da Dio” l’Assunzione di Maria al cielo: è
un dogma rivelato da Dio, è una parola di Dio all’umanità di oggi.
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PELLEGRINAGGIO
ESTIVO NEL SANTUARIO DEL DIVINO AMORE,
UNA TRADIZIONE CHE SI RINNOVA OGNI ANNO PER
FERRAGOSTO
Fra le celebrazioni tradizionali per la festa
dell’Assunzione vi è la processione da Roma al Santuario del Divino Amore, a
Castel di Leva, che come ogni anno ha accolto stamane all’alba centinaia di
pellegrini partiti a mezzanotte da piazza di Porta Capena, a lato del Circo
Massimo, percorrendo quindi a piedi un suggestivo itinerario di 14 chilometri,
tra luoghi cari alla memoria cristiana, lungo la via Appia Antica e la via
Ardeatina. Raccolti intorno all’immagine miracolosa della Madonna del Divino
Amore, collocata su un carro, i fedeli - oltre a tante intenzioni - hanno
quest’anno pregato pure per la pioggia, così come lo stesso Giovanni Paolo II
aveva invitato a fare la scorsa domenica.
Luca Collodi ha intervistato mons. Pasquale Silla, rettore
parroco del Santuario del Divino Amore:
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R. – Quello che è importante è
che questo singolare pellegrinaggio notturno esprime la fede della Chiesa di
Roma verso la Madre del Signore, porta ai suoi piedi le speranze e le angosce e
anche le preghiere di tanta gente, ovviamente quelle del Santo Padre. Portiamo
alla Madonna anche le speranze della nostra città, quindi del nostro Paese
perché possano sempre corrispondere all’alta missione a cui sono state chiamate
dalla storia e anche dalla volontà di Dio. E’ un pellegrinaggio che solca la
notte; si può dire che proprio ha la forza di far capire bene cosa è la Chiesa,
cosa è l’uomo. E’ un camminare verso la luce, con la certezza di giungere poi
alla meta, di giungere al pieno giorno e nell’Eucaristia noi facciamo
l’esperienza di questa immersione nel giorno della grazia della luce, della
gioia.
D. – Mons. Silla, una Madonna di mezz’agosto, la Madonna
dell’Assunta, spesso viene abbinata un po’ in tutta Italia anche a varie
manifestazioni che attingono alla tradizione religiosa popolare. Perché questo
abbinamento tra fede e cultura? E’ quasi voler sottolineare l’importanza della
Madonna nella storia, nel percorso cristiano?
R. –
Esattamente. A mio avviso c’è proprio una reciprocità: la pietà popolare in
qualche modo deve sfociare, se vuole essere autentica, nella liturgia, attingendo
sempre alla Parola di Dio. Nello stesso tempo, la forza, la ricchezza
straordinaria che hanno i misteri cristiani spandono anche una forza, una valenza
culturale un po’ su tutte le realtà umane, e quindi anche sulle popolazioni. In
questo mezz’agosto in tutta Italia, appunto, ma forse anche altrove, si
celebrano tantissime feste padronali proprio per sentire come la fede e la
presenza di Maria sono incarnate nella realtà umana e nella realtà popolare di
ogni comunità.
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15 agosto 2003
NELL’AREA
ORIENTALE DEGLI STATI UNITI ED IN CANADA
NON E’
STATA ANCORA DEL TUTTO RIPRISTINATA L’EROGAZIONE DI ELETTRICITÀ
INTERROTTA,
IERI, A CAUSA DI UN GIGANTESCO BLACKOUT
-
Servizio di Amedeo Lomonaco
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“Il più grave blackout
elettrico della storia degli Stati Uniti che, la scorsa notte, ha interessato
l’area orientale del Paese ma anche gran parte del Canada, non è stato causato
da un atto di terrorismo”. Con questo annuncio il presidente americano, George
Bush, ha escluso la matrice terroristica dietro l’interruzione di corrente che
ha paralizzato diverse città statunitensi tra le quali New York, Detroit e Pittsburgh.
Il capo della Casa Bianca, che
ha disposto ogni assistenza agli Stati colpiti, non ha comunque minimizzato
l’accaduto: “Si è trattato di un colossale problema nazionale - ha dichiarato -
che ha reso evidente la necessità di ammodernare, nel Paese, le rete di
distribuzione dell’elettricità”. Anche il sindaco
di New York, Michael Bloomberg, ha escluso, in una conferenza stampa,
l’ipotesi terrorismo: “Non trasformate un incidente in una
tragedia” ha detto. Bloomberg ha anche affermato che il ripristino della
corrente elettrica è questione di ore, ed ha assicurato che “le operazioni di soccorso procedono con calma e ordine”.
Il
blackout, scattato alle 16.11 locali (le 22.11 italiane) ha interrotto
l’attività delle centrali nucleari generando tra l’altro folle di cittadini che
dagli uffici si sono riversati nelle strade per tornare a casa e bloccando
diverse migliaia di persone nelle metropolitane. Sono piombati nel buio gli
Stati del Nord-Est fino all’Ohio, al Michigan e il Sud del Canada. L’emergenza
ha avuto ripercussioni anche sul mercato valutario: il dollaro è
immediatamente crollato rispetto all’euro, salvo poi risalire quando da più
parti è arrivata l’assicurazione che non si trattava di un attentato.
Il Governatore dello Stato di
New York, George Pataki, ha intanto dichiarato lo stato di emergenza e ha
ammesso di ignorare al momento le cause esatte all’origine dell’interruzione di
corrente. Si fanno diverse ipotesi sulle cause del gigantesco blackout: quella
di un fulmine, abbattutosi sulla centrale
delle cascate del Niagara e dai successivi
sovraccarichi di energia che avrebbero intasato e bloccato la rete della East
Coast americana interconnessa a quella canadese, è stata smentita da un
portavoce dell’agenzia dell’Energia di New York, Jack Murphy. Tra le ipotesi al
vaglio dell’Fbi c’è anche quella di un virus informatico che potrebbe aver
infettato i computer delle centrali elettriche e causato la catena che ha
provocato l’emergenza.
L’elettricità
sta gradualmente tornando nelle principali città del Nord-Est del continente
americano ed è stata ripristinata anche in alcuni quartieri di Toronto, la
principale città canadese con quattro milioni di abitanti.
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RESTA ALTA LA PREOCCUPAZIONE IN MOLTI
PAESI, OLTRE GLI STATI UNITI,
PER IL POSSIBILE VERIFICARSI DI ATTI TERRORISTICI
- Intervista con Guido Olimpio -
La preoccupazione per la ripresa del terrorismo è dunque
alta non solo negli Stati Uniti - alimentata anche dalla recente scoperta di un
pericoloso traffico di armi, destinate a possibili attentati - ma in molti
altri Paesi del mondo, percorsi dalla violenza. In Afghanistan, numerosi gli
episodi di sangue, negli ultimi giorni, nei quali sono morte 61 persone.
Scontri ripetuti anche in Iraq, dove una nuova lettera di Saddam Hussein incita
alla resistenza sciita. Forte allarme pure in Gran Bretagna, dove la British
Airways ha annunciato la sospensione di tutti i suoi voli verso l’Arabia
Saudita. La decisione, secondo quanto ha reso noto la compagnia area
britannica, è giustificata da ragioni di sicurezza nell’area. Un provvedimento
che giunge in concomitanza con l’inizio del processo per gli attentati dell’11
settembre. Che tipo di collegamento ci può essere tra i due fatti? Salvatore
Sabatino lo ha chiesto a Guido Olimpio, esperto di terrorismo del Corriere
della Sera.
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R. –
Ci può essere sicuramente un legame temporale, ma ritengo che questo tipo di azioni
procedano su piani diversi, ed i gruppi eversivi, i gruppi estremisti hanno
intenzione di colpire quando si presentano occasioni. Poi, se c’è un elemento,
una data, certo questo può essere una giustificazione, il pretesto, ma diciamo
che le strategie si sviluppano in maniera indipendente.
D. – Tra l’altro, la British Airways ha sospeso
tutti i voli da e per l’Arabia Saudita …
R. – Certamente. L’Arabia Saudita negli ultimi due-tre
mesi è stata teatro di azioni terroristiche, un attentato piuttosto grave con
un alto numero di kamikaze; inoltre c’è una forte attività di gruppi legati ad
Al Qaeda. Ci sono stati scontri a fuoco, incidenti, cattura di estremisti e
probabilmente alcuni di questi devono aver rivelato dei piani che si stavano
preparando e magari anche azioni con l’uso di missili antiaerei.
D. – Il presidente Bush ha detto che la sua
Amministrazione sta facendo davvero di tutto per la sicurezza interna e che la
lotta al terrorismo giustifica, in un certo senso, le operazioni militari in
Afghanistan e in Iraq. Ma allora, dietro questi continui allarmi, ci può essere
un secondo fine per le strategie geopolitiche americane?
R. – Ci può essere un secondo fine, ma d’altra parte gli
attentati ci sono, gli attacchi ci sono. Non sono invenzioni e pochi giorni fa
c’è stato l’attentato di Jakarta che è stato abbastanza grave, e la storia dei
missili è un altro segnale: questo tentativo di importare dei missili
terra-aria negli Stati Uniti. Certamente ci può essere un po’ di propaganda da
parte statunitense, però sia la situazione in Afghanistan che in Iraq dimostra
che il problema è tutt’ora aperto. Negli ultimi giorni in Afghanistan ci sono
stati decine di morti, in Iraq la guerriglia è strisciante e ora si sta
trasformando anche in terrorismo, quindi il pericolo c’è ed esiste al di là di
quelli che possono essere gli intenti o le manovre propagandistiche.
D. – Da parte sua, invece, l’Occidente come si sta
organizzando?
R. – L’organizzazione è relativa. Più che altro si cerca
di proteggere quello che si può proteggere, cioè aeroporti, obiettivi
sensibili, ma manca ancora la collaborazione. Non c’è mai una collaborazione
fattiva, perché ognuno vuol tenersi i segreti e dividerli solo quando c’è
proprio un’emergenza, altrimenti è una lotta ancora sporadica. Non c’è dubbio
che comunque, rispetto a due-tre anni fa, le cose sono migliorate. Ci sono
maggiori scambi di informazioni, ma ritengo che si debba fare ancora molto.
D. – Ma la politica americana può essere una delle cause
scatenanti per cui le organizzazioni terroristiche accentuano i loro macabri
piani?
R. – Diciamo che da una parte non c’è dubbio che la
politica e l’intervento americano suscitino una risposta, dall’altra parte però
ritengo che questi gruppi colpirebbero ugualmente. Insomma, una causa sostiene
l’altra. Diciamo che sono due fattori concordanti.
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CRISI ECONOMICA, DEGRADO SOCIALE, CRIMINALITA’ E
CORRUZIONE DILAGANTE,
EGOISMO
E RELATIVISMO MORALE: I VESCOVI DEL NICARAGUA CHIEDONO AI CITTADINI E AL
GOVERNO DI COSTRUIRE UNA SOCIETA’ PIU’ GIUSTA E SOLIDALE
Uniti
per costruire una società più giusta e più solidale. E’ l’invito che hanno
rivolto i vescovi del Nicaragua ai loro connazionali con un messaggio in cui la
Conferenza episcopale del Paese non nasconde la profonda preoccupazione per le
difficoltà socio-economiche nelle quali si trovano i nicaraguensi. Il servizio
di Francesca Sabatinelli:
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Duro l’attacco dei vescovi nicaraguesi alla riforma
fiscale del governo del presidente Enrique Bolanos, liberale, entrato in carica
nel gennaio dello scorso anno. I nuovi strumenti fiscali, denunciano i presuli,
hanno indebolito una già fragile economia, mettendo a serio rischio la pace
sociale e la stabilità del Paese. Gravissime le conseguenze elencate dalla
Conferenza episcopale: aumento dei prezzi dei prodotti del paniere, così come
di luce, acqua, telefono. Rincari che incidono gravemente sul già basso reddito
della popolazione, aumentando la povertà, la disoccupazione, l’esodo di
migliaia di contadini e operai verso i Paesi vicini. Pur riconoscendo il
diritto dello Stato di riscuotere tasse, i vescovi sotto-lineano come la legge
di equità fiscale, che contiene le riforme, non si sia ade-guata alla realtà
sociale del Paese, ad una giusta distribuzione delle ricchezze, come non abbia
risposto ai principi di equità e proporzione. Questa situazione, spiegano
ancora, non ha fatto altro che rendere il Nicaragua dipendente dalle condizioni
imposte dalla Banca Mondiale.
Accanto a tutto questo si registra l’aumento della
violenza, del narcotraf-fico, mentre la sicurezza nelle città perde i colpi
sotto la proliferazione di bande armate. Disperata la situazione sanitaria: i
medici, dicono ancora i vescovi, sono ormai spinti solo dal guadagno e le
persone, per ricorrere alle loro cure, sono costrette ad indebitarsi. In
pericolo anche l’istruzione, attaccata da ideologie e teorie edoniste. La
denuncia non tralascia la corruzione ed il degrado che si vivono in politica,
dove predomina l’egoismo, dove mancano sensibilità e solidarietà. Per non
dimenticare poi l’allontanamento di molti fedeli dalla dottrina e dal magistero
della Chiesa. La pace sociale, è l’appello dei vescovi, esige il quotidiano
esercizio di pratiche di giustizia. L’invito è dunque al dialogo quale base
della reciproca comprensione.
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L’IRAN APRE ALLE ISPEZIONI INTERNAZIONALI SUL PROGRAMMA NUCLEARE,
MA INASPRISCE LE MISURE CONTRO LA
LIBERTA’ DI STAMPA
- Con noi, Alberto Negri -
Atteggiamenti contrastanti
dall’Iran: un altro giornalista, il 22 esimo finora, è stato arrestato
mercoledì scorso dalle forze di polizia iraniane. Il reporter aveva partecipato
ad una manifestazione in difesa della libertà di stampa. Più morbida, invece,
la posizione assunta sul fronte delle relazioni internazionali. L’altro ieri, infatti,
l’organizzazione per l’energia atomica di Teheran ha annunciato che non porrà
precondizioni alla firma di un protocollo che permetterebbe ispezioni più
severe ai suoi siti nucleari. Ma come si spiega questo apparente dualismo nella
linea politica iraniana? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Alberto Negri,
inviato speciale del Sole 24 Ore:
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R. – Questa è una vecchia tendenza della politica
iraniana: nei momenti di difficoltà aprire verso l’esterno, cioè avere dei
buoni rapporti internazionali. Accadde per esempio alla fine degli anni ’80
all’inizio degli anni ’90, con l’ex presidente Rafsanjani, che aprì i canali
dell’Iran all’esterno, alle compagnie straniere, all’Europa, ma all’interno fu
sostenitore comunque di un giro di vite. E il giro di vite è anche quello che
vediamo in questo momento. Mentre l’Iran tratta con la comunità internazionale,
con le Organizzazioni internazionali ed anche, probabilmente e segretamente,
con gli Stati Uniti, all’interno il regime dei conservatori – che prevalgono
sulla tendenza riformista del presidente Khatami – oggi hanno la meglio.
D. – Presi di mira sono soprattutto i giornalisti. Si ha
paura che possano scardinare attraverso l’informazione il regime di Teheran?
R. – Non c’è dubbio. Con l’ascesa del presidente Khatami
alla fine degli anni ’90, abbiamo visto una fioritura delle pubblicazioni, dei
quotidiani, dei settimanali, della stampa, non direi libera, ma comunque più
libera di quella che c’era prima. Addirittura erano state registrate qualcosa
come 150 nuove testate. Negli ultimi due anni c’è stata una forte inversione di
tendenza. I conservatori stanno prevalendo in questa lotta, sono state chiuse
dozzine di testate importati, molti giornalisti sono incarcerati o comunque a
loro è stato impedito di lavorare. C’è stato dunque un giro di vite sulla
stampa che comunque ha rappresentato, proprio in questi anni, la grande novità
per gli iraniani.
D. – L’atteggiamento iraniano è forse dovuto alla paura di
diventare un secondo Iraq ...
R. – Oggi l’Iran vive in una situazione strategicamente non
facile, perché alla frontiera con l’Iraq naturalmente ci sono gli americani che
hanno occupato il Paese, ma dall’altra parte, ad Oriente, c’è l’Afghanistan e
anche lì, oltre alle truppe internazionali della Nato che hanno preso adesso il
comando, ci sono molte migliaia di soldati americani. In pratica l’Iran si
trova in una morsa che è strategica, politica, ma anche economica, perché sono
ancora in vigore le sanzioni americane che impediscono l’afflusso di
investimenti, soprattutto nel settore petrolifero, indispensabili per lo
sviluppo di un Paese di quasi 70 milioni di abitanti.
D. – E’ ipotizzabile un coinvolgimento indiretto
dell’Iran, in questa ripresa dell’attività militare degli Hezbollah in Libano?
R. – Non c’è dubbio che per molti anni l’attività degli
Hezbollah è stata legata all’Iran. Proprio gli Hezbollah furono in qualche modo
fondati, coordinati direttamente dall’Iran nei primi anni ’80. Successivamente
i legami sono rimasti, soprattutto in quell’area del Libano sciita che ha forte
influenza iraniana. Questi legami, in qualche modo, sono sempre stati guardati
con sospetto non soltanto dagli Stati Uniti, ma soprattutto da Israele, che
teme una saldatura tra gli Hezbollah sciiti libanesi e, in qualche modo, i
partiti religiosi come Hamas, che operano nei territori.
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IL VOLTO ED IL CUORE DI ROMA, TRA PASSATO
E PRESENTE
IN UNA
MOSTRA FOTOGRAFICA NELLE SCUDERIE DEL QUIRINALE,
APERTA
AL PUBBLICO FINO AL 5 SETTEMBRE
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Servizio di Maria Di Maggio -
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La trasformazione della capitale tra la fine dell’’800 e i
primi decenni del ‘900 rivive nella mostra “Roma. Passato e Presente.
Fotografie dagli Archivi Alinari”. Un viaggio in più di 160 tappe nel passato
prossimo della città eterna. Un percorso visivo che parte dal tramonto della
Roma papalina, passando per la Breccia di Porta Pia fino ad arrivare ai nostri
giorni, in cui trovano posto il volto ufficiale e il volto quotidiano della
capitale. Al giornalista Corrado Augias, curatore della mostra, abbiamo chiesto
qual è l’intento dell’esposizione.
R. – Documentazione in primo luogo. E’ una mostra che fa
vedere con chiarezza quali erano le condizioni di vita e le condizioni
urbanistiche della città un secolo fa. E poi è anche volta a suscitare
sentimenti, curiosità, commenti, partecipazione.
D. – Come si articola la mostra?
R. – Sono 160 fotografie ricavate, estratte, dai
preziosissimi Archivi Alinari, che raccontano Roma tra il 1850-60 e i primi
decenni del Novecento. Grandi i cambiamenti rispetto ad oggi, alcuni in meglio
e altri in peggio. C’è il Tevere e le sue rive, che prima esondava
frequentemente con disastri, come si sa soltanto dopo il 1870 vennero fatti i
muraglioni; c’è il centro storico e l’antichità classica; c’è la vita
quotidiana; e ci sono poi nell’ultima sezione 12 lastre grandi, inedite, degli
Alinari di altrettanti posti romani ai quali abbiamo affiancato gli stessi
posti, ripresi con lo stesso obiettivo, oggi.
D. – Quindi che cosa vede concretamente il visitatore che
si immerge tra le fotografie esposte nella mostra?
R. – Vede, per esempio, come erano ridotti i monumenti
della classicità, che erano per la verità ridotti abbastanza male. Vede come
viveva la gente, sia in città sia nell’agro romano, in condizioni molto
precarie. Vede poi delle foto storiche, di grande interesse, per esempio la
famosa apertura nelle mura a pochi metri da Porta Pia, fatta dai bersaglieri de
La Marmora il 20 settembre del 1870, con tutte le polemiche che precedettero e
seguirono quell’atto militare, che ricongiunse Roma al Regno d’Italia.
D. – A suo avviso c’è un filo conduttore tra la Roma del
passato e la Roma del presente che emerge dalle fotografie contenute nella
mostra?
R. –
E’ una buona domanda. La risposta è sì, c’è. E qual è? E’ il senso della compresenza
delle varie epoche, cioè a Roma ancora oggi, e ancor più in queste fotografie,
è possibile passare dalla Roma etrusca alla Roma romana, dalla Repubblica al
Principato e all’Impero e poi al Medioevo, e ancora alla Rinascenza, al ‘600,
al Barocco, fino al razionalismo piacentiniano dell’epoca di Mussolini. E’
possibile attraversare tutte queste epoche, che sono tutte presenti nella
stessa città. Anche questa è una dote che fa Roma unica.
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15 agosto 2003
L’IDENTITA’ DEI RELIGIOSI NELLA CHIESA E NELLA
SOCIETA’,
AFFRONTATA
NEGLI STATI UNITI DALLA CONFERENZA DEI SUPERIORI MAGGIORI,
RIUNITASI
A LOUISVILLE, NEL KENTUCKY, PER L’ASSEMBLEA NAZIONALE.
DURANTE
LA RIUNIONE, UNA VEGLIA DI PREGHIERA CON ALCUNE VITTIME
DI
ABUSI SESSUALI DA PARTE DI ELEMENTI DEL CLERO
LOUISVILLE.= Il rinnovamento della vita consacrata,
avvertito diffusamente dai religiosi negli Stati Uniti d’America, si potrà
realizzare “solo come risultato di una rivoluzione del cuore” in ogni sacerdote
e fratello, la cui identità consiste nell’essere “profondamente umani” e
“profondamente spirituali”. E’ il concetto espresso dal superiore generale dei
Fratelli Maristi, Seàn Sammon, durante l’assemblea nazionale della Conferenza
dei Superiori Maggiori, riunitasi a Louisville, nel Kentucky, dal 6 al 9
agosto, in rappresentanza di oltre 20 mila religiosi americani. Proprio
sull’identità e sull’immagine dei religiosi negli Stati Uniti, come riferisce
un comunicato, si sono incentrati i lavori, con speciale riguardo alla questione
degli abusi sessuali da parte di elementi del clero. In proposito, l’ex maestro
generale dei Domenicani, padre Timothy Radcliffe, ha sostenuto che specialmente
nel mondo di oggi sempre più caratterizzato dai simboli, il significato della
vita religiosa deve trasparire davvero in modo visibile nella povertà, nella
castità e nell’obbedienza. Nel corso della riunione, si è approfondito il
lavoro svolto dalla Conferenza dei religiosi e dalla Conferenza episcopale per
la protezione dei bambini e dei giovani. Su invito di un gruppo di vittime di
abusi sessuali, i religiosi hanno anche partecipato con loro ad una veglia di
preghiera dedicata in particolare alla “guarigione delle ferite”. Su altre
questioni, l’assemblea ha tra l’altro approvato una risoluzione in cui si
chiede al governo americano di normalizzare le relazioni con Cuba e si esprime
appoggio ai movimenti per le riforme nell’isola caraibica. Al termine dei
lavori, la Conferenza dei Superiori Maggiori statunitensi ha eletto come nuovo
presidente il padre Ron Witherup, della Compagnia di San Sulpizio, che resterà
in carica per due anni.(P.Sv.)
OLTRE
1000 SCIITI HANNO MANIFESTATO CONTRO L’ATTACCO AMERICANO
COSTATO
LA VITA A BAGHDAD, MERCOLEDÌ SCORSO, AD UN RAGAZZO IRACHENO
BAGHDAD.
= Più di mille fedeli sciiti si sono radunati in preghiera vicino al palo
elettrico a Sadr City - popoloso quartiere sciita di Baghdad che all’epoca
del vecchio regime si chiamava Saddam
City - dove mercoledì scorso soldati americani hanno ucciso un bambino e ferito
quattro iracheni nel corso dei primi violenti scontri con la popolazione,
scoppiati dopo che alcuni militari avevano tolto una bandiera nera sciita, che
sventolava su quel palo. Innalzando bandiere verdi e nere ma anche ritratti del
grande ayatollah Mohammad Baqer, assassinato dal regime di Saddam nel 1980, i
fedeli provenienti da ogni sobborgo della capitale hanno raccolto così l’appello
del dirigente sciita radicale Mouqtada Sadr per una “'preghiera speciale'” di
denuncia dell’attacco delle truppe americane contro l’Islam. (A.L.)
NELLE ISOLE SALOMONE LA CONFERENZA EPISCOPALE
LOCALE HA LANCIATO UN APPELLO PER RICORDARE CON LA PREGHIERA I SEI ANGLICANI
UCCISI DAI RIBELLI
GUIDATI
DA HAROLD KEKE
HONIARA. = “Ricordare con la preghiera i sei
componenti della ‘Fratellanza melanesiana anglicana’ morti dopo essere stati
presi in ostaggio dai ribelli del ‘Movimento di liberazione Isatabu’ (Ifm),
guidati da Harold Keke”. E’ questo l’invito rivolto alla comunità cattolica
dall’arcivescovo Karl Hesse, presidente della Conferenza episcopale di Papua
Nuova Guinea e delle Isole Salomone. “Siamo profondamente rattristati nel renderci
conto che si può fare così male a persone che hanno dedicato la propria vita al
servizio degli altri”, ha detto mons. Hesse da Rabaul. La conferma della morte
dei sei anglicani è arrivata lunedì scorso, ma è dal 23 aprile che il piccolo
gruppo aveva lasciato Honiara, capitale delle isole Salomone, per rintracciare
il ‘fratello’ Nathaniel Sado, catturato da Keke. I sei sono però finiti
anch’essi nelle mani del capo ribelle e, proprio come Sado, sono stati uccisi.
“Non abbiamo molti dettagli in proposito – ha continuato il presidente della
Conferenza episcopale di Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone – ma ci è
stato detto che gli anglicani sono stati assassinati quando si sono recati
nell’isola di Gudalcanal per cercare di rintracciare altri componenti della
loro comunità”. “La perdita di questi sei fratelli anglicani – ha concluso - ci
riporta alla mente i sacrifici fatti con tanta buona volontà da tanta gente nel
servire la propria vocazione”. Oggi, intanto, Harold Keke, consegnatosi ieri
alle forze di pace guidate dall’Australia - giunte a fine luglio nelle Salomone
per riportare la pace – è stato convocato in tribunale. Per il momento l’ex poliziotto
è incriminato per tentato omicidio, possesso di armi da fuoco e gestione di una
società illegale. (A.L.)
GIUNTA
STAMANI NEL PORTO DI MONROVIA, CAPITALE DELLA LIBERIA, LA PRIMA NAVE CON AIUTI
UMANITARI PER LA POPOLAZIONE STREMATA DALLA FAME.
FORSE
DOMANI UN ACCORDO DI PACE DEFINITIVO
MONROVIA.= La prima nave con aiuti umanitari è
arrivata questa mattina in Liberia, nel porto di Monrovia, e il suo carico sarà
al più presto portato a terra. Lo ha reso noto il rappresentante speciale
dell’Onu nel Paese africano, Jacques Paul Klein, secondo cui l’arrivo della nave
indica che altri battelli potranno attraccare
ai moli della capitale liberiana. Il porto di Monrovia è stato teatro di
furiosi combattimenti nelle ultime settimane e da ieri è controllato dai soldati dell’Ecomil, la forza di
pace inviata dai Paesi dell’Africa
occidentale. Il porto di Monrovia è indispensabile per portare aiuto alle centinaia
di migliaia di persone che sono ormai
alla fame. Lo stesso Klein ha dichiarato stamani che intende raccomandare al
Consiglio di Sicurezza dell’Onu di
togliere immediatamente le sanzioni contro la Liberia, imposte alla vecchia
amministrazione di Taylor, ed ha aggiunto che ora occorre avviare il processo
di ricostruzione il più rapidamente possibile. Un accordo di pace
definitivo tra le parti in conflitto in
Liberia potrebbe essere firmato domani, sabato, ad Accra, capitale del Ghana,
secondo quanto hanno riferito quest’oggi
fonti ufficiali nigeriane presenti ai negoziati. (P.Sv.)
UN
GRAVE EPISODIO DI VIOLENZA SI DEVE PURTROPPO REGISTRARE
IN ERITREA
DOVE OGGI SONO MORTI DUE OPERATORI
DELL’ORGANIZZAZIONE
UMANITARIA “MERCY CORPS”
ASMARA. = Due operatori umanitari
dell’organizzazione americana ‘Mercy Corps’, sono rimasti uccisi in un attacco
mentre viaggiavano nel nord dell’Eritrea. L’episodio è avvenuto domenica scorsa
ma è stato reso noto solo oggi da fonti della stessa organizzazione. Un’équipe
di Mercy Corps si stava dirigendo verso le zone settentrionali del Paese per un
progetto di emergenza sanitaria ed idrica. Alcuni uomini armati non identificati
hanno aperto il fuoco contro l’auto dell’organizzazione e hanno colpito a morte
il responsabile dei programmi, Habtemariam Tsegay Tegbaru, padre di due figli,
e Haileab Simret Yosief, che lavorava soltanto da nove giorni. L’autista è
stato ferito dai proiettili ma è fuori pericolo. “Non sappiamo chi siano i
responsabili di questo gesto – ha detto all’Agenzia Misna la portavoce dell’organizzazione,
Margaret Larson, raggiunta telefonicamente negli Stati Uniti – e siamo in
attesa di avere dettagli dal governo eritreo, ma credo che ci vorrà almeno una
settimana”. (A.L.)
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