RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 224 - Testo della
Trasmissione di martedì 12 agosto
2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA
E SOCIETA’:
In Colombia oltre 3
mila nuovi poliziotti sulle strade per riportare la sicurezza
In settembre celebrazioni in Romania per i 25 anni di
pontificato di Giovanni Paolo II
La tregua in Medio Oriente, interrotta da due
gravi attentati avvenuti oggi a Nord di Tel Aviv e in Cisgiordania
Dopo le dimissioni del presidente Taylor, la
Liberia sembra destinata ad un futuro di pace
Non si interrompono gli episodi di violenza in
Iraq: ieri due poliziotti iracheni sono stati uccisi per errore da soldati
americani
12
agosto 2003
IL PAPA, LE GRANDI FOLLE NEL MONDO E IL VATICANO
IN UNA SUGGESTIVA MOSTRA FOTOGRAFICA
OSPITATA, FINO AL PROSSIMO 31 AGOSTO,
NEL
BRACCIO CARLO MAGNO DELLA BASILICA VATICANA
-
Servizio di Amedeo Lomonaco -
**********
A
Giovanni Paolo II, venuto dall’Europa dell’Est per rivolgere al mondo intero il
suo amorevole sguardo dalla Cattedra di Pietro, è dedicata una suggestiva
esposizione fotografica ospitata fino al prossimo 31 agosto all’ombra della
basilica di San Pietro, nel Braccio Carlo Magno. Si tratta della mostra
intitolata “L’apostolo della pace – Giovanni Paolo II” promossa
dall’arcidiocesi di Seul, dal ministero della cultura e del turismo della Corea
del Sud e dal Consiglio cattolico apostolico coreano. Gli scatti fotografici,
realizzati dal fotografo sudcoreano Nam-Sik Baik, che ritrae il Papa
soprattutto nel suo ruolo di grande comunicatore alle folle, abbracciano alcuni
tra i momenti salienti dei 25 anni di pontificato di Giovanni Paolo II. Per
approfondire le motivazioni che hanno portato alla realizzazione di questa
esposizione, nella quale il Papa è il soggetto principale, ascoltiamo il
fotografo sudcoreano, Nam-Sik Baik.
R. - (parole in coreano)
Sono rimasto molto colpito dal tema della pace che vuole
diffondere il Papa nel mondo. Nei suoi viaggi esporta ovunque questo valore e
soprattutto in quelle aree colpite dalla guerra. Anche se l’impegno del Santo
Padre per la pace abbraccia dunque tutti gli Stati, desta preoccupazione, in
particolare, la Corea dove la difficile situazione tra il Nord ed il Sud del
Paese, rappresenta una costante minaccia per tutti gli abitanti dell’intera
penisola. Il grande sforzo di Giovanni Paolo II per la pace ed il suo
particolare interesse per il mio Paese, hanno dunque fatto nascere in me il
desiderio di realizzare questa mostra.
D. - Quali sono le reazioni degli spettatori alla mostra?
R. - (parole in coreano)
Il messaggio del Papa, incentrato sul tema della pace, è
rivolto a tutti e non solo ai cattolici o ai credenti in generale. La mia
speranza è che le fotografie di questa mostra, contribuiscano ulteriormente a
diffondere il seme della pace suscitando nello spettatore non solo emozione o
meraviglia ma, soprattutto, la convinzione che la concordia e la
riconciliazione possano unire tutti i popoli del mondo. Dato che l’esposizione
è situata all’interno della Città del Vaticano, gli spettatori provengono da
tutto il mondo e spesso la loro impressione, caratterizzata da un profondo
senso di stupore per le notevoli dimensioni delle fotografie e per le scene che
comprendono grandi folle, è molto favorevole. Il buon risultato del lavoro
svolto è inoltre testimoniato dai tanti complimenti che ricevo.
D. - Un aneddoto legato allo scatto di una o più
fotografie…
R. - (parole in coreano)
La foto più difficile e che ha richiesto molto tempo è
stata scattata nel Natale del 2000, sotto la pioggia. Quel giorno ha piovuto
per più di due ore ed ero salito sul colonnato, senza ombrello ma armato di
tanta pazienza per attendere il momento migliore per scattare la foto.
Fortunatamente sono riuscito a realizzare la fotografia, una tra quelle a cui
sono maggiormente legato, prima dell’arrivo della polizia che mi ha fatto
scendere perché ritenevano pericolosa la posizione che avevo scelto.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima pagina è aperta
dalla notizia di un attentato suicida in un centro commerciale a Nord-Est di
Tel Aviv; gli Usa chiedono ad Israele di moderare la reazione agli attacchi
degli Hezbollah libanesi. In Liberia, accolte positivamente da Usa, Ue e Stati
africani le dimissioni e l’esilio dell’ex Presidente Taylor; in Iraq, gli Usa
premono per una risoluzione che crei una nuova missione Onu di assistenza, come
proposto dal segretario generale Kofi Annan. Sul fronte del terrorismo, in Iran
è iniziato il processo per alcuni capi di Al Queda.
Nelle pagine vaticane,
un approfondimento sugli aspetti scientifici e clinici della clonazione umana.
Nelle pagine estere, un articolo
di Pierluigi Natalia sugli sforzi necessari per arrivare alla pace in Sudan; in
Europa caldo e incendi provocano danni e disagi. La Ue ha stanziato per il 2003
110 milioni di euro per fronteggiare le crisi umanitarie in diverse zone del
mondo.
Nella pagina culturale, la mostra
ad Aosta delle opere di Felice Casorati.
Nelle pagine italiane, i temi dell’economia e finanza e
dell’emergenza incendi.
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12
agosto 2003
EUROPA ‘SOFFOCATA’ DAL CALDO TORRIDO:
IN AUMENTO LE VITTIME PER LA CALURA E GLI INCENDI,
FAVORITI DALLA SICCITA’ MA IN
GRAN PARTE DOLOSI
- Intervista con Piero Moriconi -
Che il Signore “doni alla terra assetata il refrigerio
della pioggia”: ricordiamo la supplica del Papa, all’Angelus, domenica scorsa e
le parole preoccupate per l’emergenza incendi in molti Paesi europei,
“alimentata da persistente siccità, nonché da responsabilità umane” e che
“mette a repentaglio il patrimonio ambientale, bene prezioso per l’intera
umanità”.
Resta critico il quadro climatico, non si sbilanciano i
meteorologi con previsioni ottimistiche, ed intanto continuano a salire le
temperature nei centri abitati intorno ed oltre i 40 gradi e a segnare record
storici al Sud e al Nord. In aumento le vittime della calura, specie fra le
persone anziane, mentre appare impari la lotta contro le fiamme, che hanno già
causato decine di morti e che continuano ad inghiottire migliaia e migliaia di
ettari di bosco: gli Stati più colpiti l’Italia, il Portogallo, la Spagna, la
Germania. Un fenomeno quello degli incendi che richiama la responsabilità
civica di tutti per prevenirli come spiega Piero Moriconi, tenente
dell’Associazione nazionale Carabinieri del Nucleo protezione civile Roma 1,
intervistato da Eliana Astorri:
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R. – La siccità fa la sua parte perché ovviamente
l’atmosfera, il caldo fanno sì che la combustione sia facilitata; però, certo
non avvengono per via naturale: la maggior parte degli incendi sono di natura
dolosa o avvengono per distrazione.
D. – Ma può succedere comunque che un incendio nasca per
auto-combustione, o dev’esserci comunque una scintilla che lo provochi?
R. – L’autocombustione si verifica a 296°C, quindi è
impossibile; potrebbe capitare, per esempio, che un turista o un gitante
domenicale con la macchina catalizzata posteggi fuori strada con la marmitta a
contatto con l’erba secca: la marmitta che sviluppa circa 900° potrebbe
innescare un incendio.
D. – E la siccità, poi, aiuta, certamente ...
R. – Certo.
D. – Comunque, è sempre doloso?
R. – Nella stragrande maggioranza dei casi è doloso.
Magari c’è qualcuno che sta bruciando nel proprio giardino delle foglie secche,
magari parte una scintilla, il vento la porta e da lì si innesca un incendio di
proporzioni ben più gravi ...
D. – Ecco, a parte questo caso che lei ha appena citato,
quindi per disattenzione, per casualità, parlando di incendi dolosi: perché si
da fuoco volontariamente ad un bosco, ad un campo? Che cosa c’è dietro?
R. – Potrebbero esserci tante situazioni; una potrebbe
essere il fatto di avere a che fare con gente malata, con piromani che hanno
piacere ad appiccare il fuoco; oppure gente cui fa piacere di vedere arrivare i
Vigili del fuoco, le sirene, le macchine ... oppure, perché magari qualcuno ce
l’ha con qualcun altro e quindi appicca il fuoco da una parte che poi va a
finire da un’altra ...
D. – Parlando di incendi dolosi, quali sono le tecniche
che vengono usate per appiccare il fuoco? Come fanno questi piromani?
R. – I piromani hanno tantissima fantasia, quindi vanno
dalla pistola lanciarazzi a sistemi empirici a volte molto efficaci, come
quello dei fiammiferi legati intorno ad una sigaretta, la sigaretta si accende,
viene gettata e poi mano mano si consuma e quando arriva alla testa dei cerini
ovviamente fa la fiammata e se c’è il terreno fertile si innesca un incendio.
D. – Chi ha interesse perché i boschi o un terreno
coltivato prendano fuoco?
R. – Per i boschi, nessuno dovrebbe avere interesse, anche
perché i boschi sono protetti per cui non c’è l’opportunità che, una volta
distrutto il bosco, vi si possa edificare. Tra l’altro, poi, le aree verdi sono
rimaste così poche e sono dei polmoni per l’umanità, per cui andrebbero
maggiormente protette e tutelate. Per le colture: a volte si fa molto prima a
bruciare le stoppe che sono rimaste in un campo e che poi magari con la prima
acqua diventano erba da pascolo e quindi possono essere utilizzate per
pascolare il bestiame ...
D. – Tenente, qual è il ruolo dell’Associazione Nazionale
Carabinieri della Protezione civile?
R. – Il ruolo dell’Associazione è sempre stato quello di
essere, nell’ambito del volontariato, a disposizione della comunità. Noi siamo
tutti volontari, spesso e volentieri rinunciamo alle ferie per andare a
spegnere gli incendi, quindi per essere presenti e poter portare soccorso.
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SVILUPPARE STRATEGIE CAPACI DI OFFRIRE A TUTTI I
GIOVANI LE OPPORTUNITA’
DI UN
LAVORO DIGNITOSO: COSI’, IL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU, KOFI ANNAN,
NEL MESSAGGIO
PER L’ODIERNA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA GIOVENTU’
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
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“I giovani non
dovrebbero mai essere visti come un peso sulla società, ma come la sua più
preziosa risorsa”. Nel messaggio per l’odierna Giornata Internazionale della
Gioventù, il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, mette l’accento sul
contributo che i giovani possono offrire allo sviluppo e al progresso della
società. Sottolinea, così, che specie in un periodo caratterizzato
dall’incertezza dell’economia globale, è necessario “sviluppare strategie che
diano a giovani, in qualunque luogo, una reale opportunità di trovare un lavoro
dignitoso e produttivo”. Si sofferma quindi sulla disoccupazione giovanile,
problema che riguarda tutti i Paesi. L’Organizzazione Internazionale del
Lavoro, infatti, stima che circa 74 milioni di giovani sono attualmente
disoccupati. D’altro canto, nei prossimi dieci anni, più di un miliardo di
giovani raggiungerà l’età lavorativa. Nel messaggio, Kofi Annan ricorda che le
Nazioni Unite hanno promosso un Network - nell’ambito della cooperazione
globale per lo sviluppo - che sosterrà piani d’azione nazionale per
l’occupazione giovanile.
Sul tema della Giornata è intervenuto anche il presidente
della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, che, in un messaggio,
sottolinea come l’occupazione sia “una condizione fondamentale di stabilità e
progresso”. Il lavoro, afferma Ciampi, “è un “valore universale che unisce i
giovani” e “contribuisce al dialogo tra civiltà, incoraggia gli scambi e
favorisce la cooperazione internazionale”. Sulle sfide che il mondo del lavoro
presenta ai giovani di oggi, ascoltiamo la riflessione del vescovo di Locri-Gerace Giancarlo Maria Bregantini, presidente
della Commissione della Cei per i problemi sociali e del lavoro:
R. – I giovani non vanno visti come un peso ma come una
risorsa. Il nodo centrale è dare loro certezza, sicurezza, forza, fiducia in se
stessi. Il problema del lavoro è un problema prevalentemente ed inizialmente di
natura culturale. Tutte le realtà formative – la famiglia in primo luogo, poi
la scuola, la Chiesa, le realtà religiose – devono credere nei giovani, dare
loro coraggio, aiutarli, accompagnarli, sostenerli. Credo che sia questa la
grande potenzialità che la società ha di guardare ai giovani con gli occhi del
pastore che crede in loro.
D. – La disoccupazione giovanile spesso è legata
all’assenza di un’istruzione adeguata ad affrontare le sfide del mondo del
lavoro. Come affrontare questo nodo centrale del problema?
R. – L’immagine che noi usiamo nel Sud – ma vale per tutto
il mondo – è l’immagine del volare. Con la forza e la sicurezza in te stesso,
tu ti lanci. Poi occorrono le ali, e le ali sono l’istruzione, altrimenti cadi.
Qui occorre un’istruzione di base, innanzitutto, che sia flessibile, moderna,
aggiornata. Poi, la capacità di ascoltare, aiutarsi ... La società deve dare
scuole di qualità; la società, la politica, l’istruzione devono intuire come
cammina il mondo, devono intuire i nuovi mestieri. E’ molto importante, ad
esempio, l’istruzione accompagnata dall’operatività: recuperare il vecchio
apprendistato con forme nuove.
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NUOVA FASE PER LO STATO MESSICANO DEL CHIAPAS
DOPO L’APERTURA DEGLI ZAPATISTI ALLE RIFORME
- Intervista con il vescovo Felipe Arizmendi Esquivel -
5
giunte di ‘buongoverno’, una per ogni Regione del Chiapas, per trasformare in
chiave politico-amministrativa la lotta dell’Esercito zapatista di liberazione
nazionale. E’ l’obiettivo degli zapatisti che sabato scorso, con grandi celebrazioni,
hanno dato il via ad una nuova fase della rivolta in questo Stato messicano. La
creazione dei Consigli di autogestione mette fine ai posti di blocco
dell’Esercito zapatista e alla loro riscossione delle tasse che, d’ora in poi,
sarà incarico di questi nuovi Consigli, che governeranno in forma cooperativa i
trenta Comuni sotto il potere dell’Esercito zapatista. Un primo passo quindi
verso l’autodeterminazione del Chiapas, controllato dalla guerriglia sin dal
1994. La Costituzione messicana non prevede alcun tipo di autodeterminazione,
ed è dal 1996 che il governo centrale ha sospeso il dialogo con l’Ezln. Questa
scelta è un buon inizio, secondo mons. Felipe Arizmendi Esquivel, vescovo di
San Cristobal de Las Casas, capitale dello Stato del Chiapas. Francesca
Sabatinelli lo ha intervistato.
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R. – ES UNA REORGANIZACION INTERNA DE LOS ZAPATISTAS …
E’ una
riorganizzazione interna, un modo per decentralizzare il potere dell’Esercito
zapatista di liberazione nazionale (Ezln). La creazione di queste 5 giunte di
‘buongoverno’ potrebbe risolvere gli attuali problemi; eventuali tensioni
potrebbero però nascere da parte di chi non accetta le regole degli zapatisti.
Speriamo che tutto si risolva perché l’Ezln ha dato prova di lavorare per la
pace e non per la guerra.
D. - Se ho capito bene, mons.
Arizmendi, il pericolo potrebbe essere quello che si possano creare conflitti
all’interno delle varie comunità indios?
R. – SI, PORQUE COMO HAY DOS LEYES PARALELAS …
Sì, a causa di due leggi parallele, quella zapatista e
quella del governo centrale, potrebbero esserci momenti di contrasto. Un solo
esempio: al momento di giudicare un crimine, una cosa potrebbe essere farlo in
base alla Legge zapatista, un’altra in base alla Legge ufficiale: questo
potrebbe creare conflitti, cosa del resto già accaduta.
D. - Ma secondo lei è importante
arrivare a forme di autonomia che mettano d’accordo tutti ?
R. – LAS COMUNIDADES INDIGENAS SIEMPRE HAN TENIDO …
Le comunità indigene hanno sempre avuto usi e costumi loro
e una certa forma di autonomia, sebbene sotto certi aspetti limitata. Ora si
sta allargando e questo è il pericolo, ripeto, che diventando troppo ampia
possa dare vita a conflitti tra l’Ezln e chi non è d’accordo con gli zapatisti.
D. - E’ possibile pensare, in
questo momento, che ci siano le condizioni per la riapertura di un dialogo tra
gli zapatisti ed il potere centrale?
R. – ES LO QUE TODOS DESEAMOS …
Questo è quello che tutti noi ci auguriamo che accada, ma
in questo momento non si vedono aperture da parte degli zapatisti. Il governo
centrale sta insistendo affinché il dialogo si riapra, ma sono loro ad essere
sfiduciati, non credono più alle promesse del governo. Vorrebbero una loro
forma di governo autonoma, senza dover essere autorizzati dal governo centrale.
Questo è il problema. Stiamo tutti lavorando affinché si arrivi al momento in
cui nella legge si contemplino forme di autonomia che siano legittime, ma per
arrivare a questo, gli zapatisti devono dimostrare di volere il dialogo.
D. - In questa occasione, ma non
è la prima, Marcos ha voluto mettersi da parte. Non è stato il protagonista, è
stato presente solo con un messaggio. Perché questo cambiamento di strategia,
se così possiamo definirla?
R. – EL ES MUY LISTO Y TIENE SU ESTRATEGIA BIEN DEFINIDA …
Marcos è molto intelligente, il suo scopo è preciso. Sa
che quando stampa e riflettori sono puntati su di lui, mettono da parte gli
indigeni, e questo fa del male al movimento. Già un anno fa quando gli indios
sono arrivati a Città del Messico e sono stati al Congresso, ha lasciato
parlare loro. Sa che se parla troppo potrebbe danneggiare gli indios, perché si
potrebbe pensare che li stia strumentalizzando. Lui ora è come se non esistesse,
i protagonisti sono gli indios, ed è una tattica molto ben pensata.
D. - In sostanza, mons.
Arizmendi, lei è ottimista circa questo cammino che l’Ezln sta percorrendo?
R. – SOY OPTIMISTA EN CUANTO …
Sono ottimista perché l’Ezln ha deciso di non
intraprendere alcuna azione bellica o militare, alcuna azione di guerra o
terroristica, di non procedere con i sequestri, come invece fanno altre
guerriglie. L’Ezln vuole essere come un qualsiasi movimento politico in
trasformazione politica, sociale ed economica. In questo senso mi sento ottimista,
d’altra parte vedo con preoccupazione il fatto che ancora non accettino un
dialogo con il governo o con i legislatori, ma questo prima o poi dovrà
avvenire. Se non accadesse non si potrebbero evitare problemi all’interno delle
comunità. Ma resto ottimista, anche se vedo difficile un dialogo, perché l’Ezln
non è un gruppo guerrigliero ma un movimento politico come altri.
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12
agosto 2003
LA
CROCE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÚ È GIUNTA IN CROAZIA. PROSEGUIRÁ IL
SUO PELLEGRINAGGIO SULLE ORME DEL RECENTE VIAGGIO APOSTOLICO DI GIOVANNI PAOLO
II
NEI
PIÚ IMPORTANTI SANTUARI MARIANI DEL PAESE.
IL 19
AGOSTO VERRÁ CONSEGNATA ALLE DIOCESI DELLA BOSNIA-ERZEGOVINA
- A
cura di Aldo Sinkovic -
VARAZDIN. = La Croce della Giornata Mondiale della
Gioventù, consegnata domenica delle Palme sulla Piazza di San Pietro dai
giovani canadesi ai loro coetanei tedeschi e che quest'anno si trova in
pellegrinaggio come simbolo di unità e di fede nei Paesi europei, è arrivata
oggi dall’Ungheria in Croazia. I giovani ungheresi, accompagnati da alcuni
vescovi, l’hanno consegnata, insieme ad un’icona della Madonna, ai giovani
delle vicine diocesi croate di Zagabria e Varazdin al confine di Gorician e
l’hanno insieme accompagnata nella cattedrale di Varazdin, dove è stata
venerata con canti e preghiere. Sotto il motto “Con la Croce sulla via della
riconciliazione” da qui la Croce della Gmg proseguirà il suo pellegrinaggio
sulle orme del recente viaggio apostolico di Giovanni Paolo II nei più
importanti santuari mariani croati, come quello di Trsat, per proseguire poi in
quello di Sinj, Krasno, Marija Bistrica, la parrocchia di San Michele Arcangelo
a Murter e al Campo dei giovani croati di Modrave. 18 agosto la Croce della Gmg
sarà presente al Congresso europeo della gioventù francescana a Samobor. I
gruppi di giovani che si riuniranno attorno alla figura e al messaggio di San
Francesco, cercando di imitare il poverello di Assisi nella contemplazione del
Crocefisso, sono numerosissimi e provengono non soltanto dalla Croazia, ma da
quasi tutti i Paesi europei. Particolarmente numerosi saranno i giovani della
Bosnia-Erzegovina. La Croce della Gmg sarà infatti consegnata il 19 agosto dai
giovani delle diocesi croate di Djakovo-Srijem e da quella vicina di Pozega ai
giovani di Banja Luka in Bosnia-Erzegovina, i quali la porteranno attraverso
vari santuari a Sarajevo e a Mostar. La Croazia e la Bosnia-Erzegovina si
stanno preparando con impegno alla Giornata conclusiva dei cattolici della
Mitteleuropa, il 24 maggio 2004 nel santuario Mariano di Maria Zell, in
Austria, e alla Gmg che avrà luogo a Colonia verso la fine di luglio 2005. Gli
organizzatori vogliono infatti unire questo pellegrinaggio della Croce alla
preghiera per l’unità, riconciliazione e la pace in Europa, come pure tenere
vivo lo spirito della Gmg, appuntamento molto sentito trai i giovani di questi
due Paesi.
L’ARGENTINA
RATIFICA LA CONVENZIONE ONU SULL’IMPRESCRITTIBILITÁ DEI CRIMINI
DI
GUERRA E DI LESA UMANITÁ. UN ALTRO PASSO VERSO L’ANNULLAMENTO DELL’IMPUNITÁ PER
I REATI RISALENTI AL PERIODO DELL’ ULTIMO REGIME
BUENOS AIRES. = Il governo
argentino ha ratificato la Convenzione internazionale sull’imprescrittibilità
dei crimini di guerra e lesa umanità delle Nazioni Unite. Il ministro della
giustizia Gustavo Bèkiz ha annunciato ieri la firma del Protocollo, risalente
al 1968, da parte del presidente Néstor Kirchner. Il provvedimento, ha spiegato
il ministro, vuole impedire l’impunità per episodi del passato recente
argentino, come le violazioni dei diritti umani durante l’ultimo regime
(1976-1983). Béliz ha inoltre fatto esplicito riferimento agli attentati
terroristici contro la comunità ebrea: quello del 17 marzo 1992 contro
l’ambasciata di Israele a Buenos Aires, che provocò 29 morti e un centinaio di
feriti, e quello del 18 luglio 1994 all’Associazione israelo-argentina, sempre
nella capitale, costato la vita a 86 persone e il ferimento di oltre cento.
Intanto per oggi è in programma una sessione straordinaria su questo tema della
Camera dei deputati, fissata su richiesta dei partiti Socialista e della
Sinistra unita, entrambi decisi a limitare le leggi di amnistia. (M.D.)
IL
GOVERNO COLOMBIANO DÁ IL VIA ALLA SECONDA FASE DEL PROGRAMMA
DI
CONTROLLO TERRITORIALE. OLTRE 3 MILA NUOVI POLIZIOTTI
PER
RIPORTARE LA SICUREZZA IN MOLTI COMUNI DEL PAESE,
TEATRO
DELLE OFFENSIVE DEI GRUPPI ARMATI RIVOLUZIONARI
BOGOTÁ. = Con il dispiegamento di oltre 3mila
neo-poliziotti in 62 località, comincia oggi la seconda fase del programma di
controllo territoriale varato dal governo del presidente Alvaro Uribe per
tentare di riportare la sicurezza in 1.089 Comuni colombiani. Alcune città
avranno per la prima volta un presidio delle Forze dell’ordine, mentre altre
potranno riaprire le stazioni di Polizia abbandonate in seguito alle pesanti
offensive da parte dei gruppi armati rivoluzionari. Guidati da un’ottantina di
ufficiali, 3.300 giovani agenti, tutti di età compresa tra i 18 e i 21 anni,
saranno trasferiti nelle prossime ore via aerea nei centri interessati. Si
tratta di giovani selezionati lo scorso aprile in diverse zone del Paese tra
circa 6mila ragazzi desiderosi di prestare servizio nel Corpo di polizia. Il
capo della Polizia nazionale, il generale Teodoro Campo, stima che entro il
prossimo gennaio il piano di sicurezza sarà completo. “In ognuno dei Municipi
presi in esame ci sarà come minimo un ufficiale”, ha spiegato Campo. Da parte
sua, il direttore della Scuola di formazione della polizia, generale Hector
García, ha assicurato che i suoi uomini sono preparati per respingere
efficacemente qualsiasi tipo di attacco contro la popolazione. (M.D.)
AL RAPPRESENTANTE DELL’ONU IN
IRAQ, SERGIO VIEIRA DE MELLO, IL PREMIO INTERNAZIONALE DELLA PACE PROMOSSO
DALL’ISTITUZIONE PERDONANZA DELL’AQUILA. UN RICONOSCIMENTO PER UN IMPORTANTE
IMPEGNO
A FAVORE DEI DIRITTI UMANI
L’AQUILA. = Andrà al rappresentante dell'Onu in Iraq,
Sergio Vieira De Mello, il premio internazionale della Pace promosso
dall'Istituzione Perdonanza dell'Aquila, nell'ambito della ricorrenza
dell'omonima concessione giubilare di Papa Celestino V. Nelle precedenti
edizioni il premio era stato assegnato a Giovanni Paolo II e al cardinale Vinko
Pulijc, arcivescovo di Sarajevo. Brasiliano, 54 anni, De Mello, che ricopre
anche l’incarico di Alto Commissario Onu per i diritti umani, prima di
coordinare le attività umanitarie e di ricostruzione patrocinate dalle Nazioni
Unite nel dopo guerra iracheno, ha svolto importanti missioni in zone calde del
pianeta, quali Kosovo, Mozambico, Bosnia, le regioni dei grandi laghi africani
e soprattutto a Timor Est, dove è stato capo dell'amministrazione provvisoria
dopo la secessione dall'Indonesia. La decisione dell'Istituzione Perdonanza di
assegnare il premio della pace a De Mello è dovuta “allo straordinario impegno
che l'Alto commissario Onu per i diritti umani profonde da anni nelle zone più
a rischio della Terra”. Per l’occasione il Sindaco de L’Aquila, Biagio Tempesta
sarà oggi a Baghdad. L'incontro con De Mello rientra anche nel quadro di un
evento speciale riguardante Iraq che fa parte del cartellone della 709/a
Perdonanza. La sera del 25 agosto, infatti, ci sarà un concerto in
contemporanea dei Solisti della Filarmonica di Baghdad, dalla capitale irachena
- la prima esibizione di questa orchestra dopo la fine della guerra - e dei
Solisti Aquilani, dal piazzale di Collemaggio dell'Aquila. (M.D.)
IN
SETTEMBRE CELEBRAZIONI IN ROMANIA PER I VENTICINQUE ANNI DI PONTIFICATO
DI
GIOVANNI PAOLO II. VI PRENDERANNO PARTE ANCHE IL PRESIDENTE
DELLA
REPUBBLICA ROMENA E IL PATRIARCA ORTODOSSO TEOCTIST
BUCAREST.
= Bucarest e la Romania celebreranno il 2 settembre prossimo il 25.mo
anniversario del pontificato di Giovanni Paolo II con una conferenza dal titolo
“Unire l'Oriente all'Occidente. L'ecumenismo nel pontificato di Giovanni Paolo
II”. L'evento sarà organizzato intorno al concerto straordinario dell'orchestra
filarmonica “George Enescu”, che si esibirà sul palcoscenico dell'Ateneo
Romeno, appena restaurato, con pezzi famosi di Giuseppe Verdi, George Enescu e
Johannes Brahms. Il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, il suo
vice Mario Baccini, il direttore dell'Istituto italiano di cultura Vito Grasso e
il cardinale Luigi Poggi sono tra gli invitati speciali all'evento di
settembre. Da parte romena parteciperanno il presidente Ion Iliescu, il
Patriarca della Chiesa ortodossa romena, Teoctist e l'arcivescovo cattolico di
Bucarest, Ioan Robu. Lo spettacolo di Bucarest rientra in una iniziativa
italiana più ampia, dal titolo “La mia seconda patria”, per celebrare il
pontificato di Giovanni Paolo II con eventi simili anche a Roma, Cracovia,
Buenos Aires, Strasburgo e New York. (M.D.)
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12
agosto 2003
- A cura di Amedeo Lomonaco -
L’itinerario di pace della “road map” ha
subito oggi un brusco rallentamento in Israele e in Cisgiordania. Questa
mattina si sono verificati 2 gravi episodi di violenza: un kamikaze è saltato
in aria in un centro commerciale a Nord di Tel Aviv uccidendo un israeliano e
ferendone 12; un altro si è fatto esplodere vicino all’insediamento ebraico di
Ariel, in Cisgiordania, causando la morte di una persona. Hamas ha intanto
rivendicato l’attentato di Ariel che insieme all’agguato avvenuto nei pressi di
Tel Aviv sembra purtroppo rompere definitivamente il cessate-il-fuoco tra
israeliani e palestinesi. Ce lo conferma Graziano Motta:
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E’ la rottura di fatto della tregua proclamata a fine
giugno e coincide con il ritorno, nel Medio Oriente, del sottosegretario di Stato
americano William Burns. Ieri al Cairo, oggi a Gerusalemme, poi ad Amman,
proprio per consolidare la tregua e riattivare il dialogo politico in crisi da
parecchi giorni, da quando cioè il governo Sharon ha liberato più di 300
prigionieri palestinesi. Un provvedimento considerato insufficiente e definito
quasi una farsa per il governo di Abu Mazen. Si è detto per inciso che proprio
per gli attentati odierni, Israele ha sospeso la scarcerazione di una
settantina di altri prigionieri, accusati di reati di diritto comune. Ma
nel frattempo le forze di sicurezza dello Stato ebraico hanno continuato ad
arrestare altri attivisti palestinesi e questi da parte loro hanno proseguito,
specie nella Striscia di Gaza, le operazioni di guerriglia contro i soldati,
sperimentando anche, e con successo, un missile della gittata di 3 chilometri.
Gli attentati di oggi potrebbero essere una risposta dei fondamentalisti di
Hamas per l’uccisione, la settimana scorsa, nel campo profughi di Ascar, presso
Nablus, di due loro esponenti, in un laboratorio di esplosivi.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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In Liberia le dimissioni del presidente Taylor, che
ha passato le consegne al vicepresidente Moses Blah, sembrano rafforzare la
speranza che la storia del Paese africano possa essere segnata da una marcata
linea di confine tra il dramma di oltre 13 anni di guerra civile e l’inizio di
uno stabile scenario di pace. Al destino di Taylor, arrivato stamani a Calabar,
città della Nigeria dove è stata messa a sua disposizione una lussuosa villa
che si affaccia sull’Oceano, si contrappone, purtroppo, la tragedia della
popolazione liberiana sconvolta dai continui combattimenti e dall’emergenza
fame. Ci riferisce in proposito Andrea Sarubbi:
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Sarà un esilio dorato, ma
comunque un esilio. Taylor è giunto stamattina a Calabar, città sudorientale
della Nigeria, accompagnato da una corte di almeno cinquanta persone.
“GOD WILLING, I WILL BE BACK…”
“Se Dio vuole, tornerò”, aveva
detto ieri. Nel frattempo, deve accontentarsi dell’impunità dalle accuse del
Tribunale speciale della Sierra Leone che Obasanjo gli ha promesso. Ma la
società civile sembra intenzionata a dargli filo da torcere: varie
organizzazioni non governative hanno già chiesto l’arresto dell’ormai ex
presidente liberiano, e molti intellettuali hanno protestato per la sua
presenza in Nigeria.
“I HEREBY DECLARE YOU THE 22ND PRESIDENT OF THE
REPUBLIC OF LIBERIA…”.
Al posto di Taylor c’è, da
ieri, il vice di sempre, Moses Blah, che ha invocato collaborazione dai
ribelli:
“LET US WORK TOGETHER…”
“Lavoriamo insieme per la pace,
la stabilità e l’unità”, ha detto: “In questo modo, riconquisteremo il rispetto
della comunità internazionale”.
Nel frattempo, il 22.esimo
presidente liberiano si trova ad affrontare una crisi umanitaria enorme. Lo
aiuteranno i militari americani, da giorni fermi al largo delle coste: oggi
sbarcherà a Monrovia il loro comandante, mentre in aereo arriveranno i delegati
di alcune agenzie dell’Onu, per verificare la situazione sul terreno. L’altra
urgenza da qui al 14 ottobre – data delle prossime elezioni, quando il nuovo
presidente lascerà la carica – è quella di far cessare le violenze: secondo
l’inviato speciale dell’Onu, Jacques Paul Klein, servirà un contingente internazionale
di almeno 12-15 mila soldati.
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La situazione della Liberia, continua, dunque, a destare
preoccupazione da parte della comunità internazionale. E proprio per coordinare
gli aiuti umanitari sbarcherà nelle prossime ore nella capitale Monrovia il
comandante delle forze navali statunitensi, da giorni ferme al largo delle
coste liberiane. È atteso anche l’arrivo di una delegazione di agenzie
dell’Onu, per verificare la gravità della situazione umanitaria, i cui tratti
erano drammatici già prima della crisi.
Anche il Sudan, come la Liberia,
sta cercando una via per la pace. Proseguono infatti a porte chiuse i negoziati
tra i delegati del governo e dell’Esercito di liberazione del popolo sudanese
(Spla) a Nanyuki, nel Kenya centrale. Intanto nel Paese cresce l’allarme
alluvioni e si moltiplicano dalla capitale Khartoum gli appelli delle agenzie
umanitarie per le vittime delle inondazioni che hanno lasciato nell’Est del
Paese centinaia di migliaia di persone senza casa ed in condizioni sanitarie
gravissime.
In Iraq non si ferma l’ondata di violenze e ieri si è
ulteriormente allungata la lista delle vittime statunitensi. L’ultimo di una
serie infinita di attacchi contro le truppe americane si è verificato a Baquba,
città a Nord-Est di Baghdad, dove l’esplosione di una bomba ha causato la morte
di un soldato statunitense. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
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Una bomba è stata lanciata contro i militari americani che
facevano la guardia ad una stazione della polizia, uccidendone uno e ferendone
due. Tre altri soldati sono stati feriti vicino Tikrit, mentre due bombe a mano
sono state lanciate anche vicino l’Ambasciata britannica di Baghdad. Due
poliziotti iracheni, invece, sono stati uccisi per errore dagli americani. In
questo clima di guerriglia la quarta divisione di fanteria ha lanciato
un’operazione nell’entroterra di Tikrit con l’obiettivo di scovare un capo della
guerriglia, arrestare membri della resistenza, sequestrare armi e munizioni e
stringere ancora di più il cerchio intorno a Saddam, che secondo molti esperti
di Intelligence, si nasconde proprio in questa area. Gli Stati Uniti, comunque,
guardano a come ridurre il livello delle violenze coinvolgendo anche il Palazzo
di Vetro. Fonti dell’Onu sostengono che Washington è pronta a presentare una
nuova risoluzione per chiedere di riconoscere il Consiglio governativo iracheno
insediato a luglio. Proprio ieri questo organismo ha scelto una Commissione di
25 tecnici che avrà il compito di decidere le modalità per scrivere la nuova
Costituzione.
Da New York per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Rimane
alta la tensione in Afghanistan, dove proseguono le operazioni militari
americane contro le sacche di resistenza dei talebani. E proprio in un raid
avvenuto ieri alla frontiera con il Pakistan sono stati uccisi, per errore, due
soldati dell’esercito di Islamabad. A Kabul, intanto, la Forza di pace multinazionale
è passata sotto il controllo della Nato ed il governo afghano vorrebbe che i
suoi compiti si estendessero ulteriormente.
Spostiamoci
in Estremo Oriente. Un tragico incidente si è verificato, ieri, in una miniera
di carbone nel Nord della Cina, nella provincia dello Shanxi. 28 minatori sono
morti in seguito ad un’esplosione e di altri 14 si ignora al momento la sorte.
Questo episodio fa ulteriormente salire in Cina il numero delle vittime per incidenti
nelle miniere - molte delle quali illegali - che solo nel 2002 aveva raggiunto
il numero di 5000.
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