RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 224 - Testo della Trasmissione di martedì 12  agosto 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa, le grandi folle nel mondo e il Vaticano nelle immagini di una Mostra fotografica ospitata nel Braccio Carlo Magno della Basilica di San Pietro: ai nostri microfoni l’autore Nam-Sik Baik.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Europa ‘soffocata’ dal caldo torrido: in aumento le vittime per la calura e gli incendi, favoriti dalla siccità ma in gran parte dolosi: intervista con Piero Moriconi

 

 Oggi, Giornata internazionale della gioventù, dedicata al tema dell’occupazione. Con noi mons. Giancarlo Maria Bregantini

 

 Nuova fase per lo Stato messicano del Chiapas dopo l’apertura degli zapatisti alle riforme: ce ne parla il vescovo Felipe Arizmendi Esquivel.

 

CHIESA E SOCIETA’:

La Croce della Gmg è giunta nelle diocesi croate. Il 19 agosto verrà consegnata ai giovani della Bosnia-Erzegovina

 

Nuovo passo dell’Argentina verso l’annullamento dell’impunità per i reati risalenti al periodo dell’ultimo regime

 

In Colombia  oltre 3 mila nuovi poliziotti sulle strade per riportare la sicurezza

 

Al rappresentante dell’Onu in Iraq, Sergio Vieira de Mello, il Premio internazionale della pace dell’Istituzione Perdonanza dell’Aquila

 

In settembre celebrazioni in Romania per i 25 anni di pontificato di Giovanni Paolo II

 

24 ORE NEL MONDO:

 La tregua in Medio Oriente, interrotta da due gravi attentati avvenuti oggi a Nord di Tel Aviv e in Cisgiordania

 

Dopo le dimissioni del presidente Taylor, la Liberia sembra destinata ad un futuro di pace

 

Non si interrompono gli episodi di violenza in Iraq: ieri due poliziotti iracheni sono stati uccisi per errore da soldati americani

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

12 agosto 2003

 

 

 

IL PAPA, LE GRANDI FOLLE NEL MONDO E IL VATICANO IN  UNA SUGGESTIVA MOSTRA FOTOGRAFICA OSPITATA, FINO AL PROSSIMO 31 AGOSTO,

NEL BRACCIO CARLO MAGNO DELLA BASILICA VATICANA

 

- Servizio di Amedeo Lomonaco -

 

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A Giovanni Paolo II, venuto dall’Europa dell’Est per rivolgere al mondo intero il suo amorevole sguardo dalla Cattedra di Pietro, è dedicata una suggestiva esposizione fotografica ospitata fino al prossimo 31 agosto all’ombra della basilica di San Pietro, nel Braccio Carlo Magno. Si tratta della mostra intitolata “L’apostolo della pace – Giovanni Paolo II” promossa dall’arcidiocesi di Seul, dal ministero della cultura e del turismo della Corea del Sud e dal Consiglio cattolico apostolico coreano. Gli scatti fotografici, realizzati dal fotografo sudcoreano Nam-Sik Baik, che ritrae il Papa soprattutto nel suo ruolo di grande comunicatore alle folle, abbracciano alcuni tra i momenti salienti dei 25 anni di pontificato di Giovanni Paolo II. Per approfondire le motivazioni che hanno portato alla realizzazione di questa esposizione, nella quale il Papa è il soggetto principale, ascoltiamo il fotografo sudcoreano, Nam-Sik Baik.

 

R. - (parole in coreano)

Sono rimasto molto colpito dal tema della pace che vuole diffondere il Papa nel mondo. Nei suoi viaggi esporta ovunque questo valore e soprattutto in quelle aree colpite dalla guerra. Anche se l’impegno del Santo Padre per la pace abbraccia dunque tutti gli Stati, desta preoccupazione, in particolare, la Corea dove la difficile situazione tra il Nord ed il Sud del Paese, rappresenta una costante minaccia per tutti gli abitanti dell’intera penisola. Il grande sforzo di Giovanni Paolo II per la pace ed il suo particolare interesse per il mio Paese, hanno dunque fatto nascere in me il desiderio di realizzare questa mostra.

 

D. - Quali sono le reazioni degli spettatori alla mostra?

 

R. - (parole in coreano)

Il messaggio del Papa, incentrato sul tema della pace, è rivolto a tutti e non solo ai cattolici o ai credenti in generale. La mia speranza è che le fotografie di questa mostra, contribuiscano ulteriormente a diffondere il seme della pace suscitando nello spettatore non solo emozione o meraviglia ma, soprattutto, la convinzione che la concordia e la riconciliazione possano unire tutti i popoli del mondo. Dato che l’esposizione è situata all’interno della Città del Vaticano, gli spettatori provengono da tutto il mondo e spesso la loro impressione, caratterizzata da un profondo senso di stupore per le notevoli dimensioni delle fotografie e per le scene che comprendono grandi folle, è molto favorevole. Il buon risultato del lavoro svolto è inoltre testimoniato dai tanti complimenti che ricevo.

                                           

D. - Un aneddoto legato allo scatto di una o più fotografie…

 

R. - (parole in coreano)

La foto più difficile e che ha richiesto molto tempo è stata scattata nel Natale del 2000, sotto la pioggia. Quel giorno ha piovuto per più di due ore ed ero salito sul colonnato, senza ombrello ma armato di tanta pazienza per attendere il momento migliore per scattare la foto. Fortunatamente sono riuscito a realizzare la fotografia, una tra quelle a cui sono maggiormente legato, prima dell’arrivo della polizia che mi ha fatto scendere perché ritenevano pericolosa la posizione che avevo scelto.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

La prima pagina è aperta dalla notizia di un attentato suicida in un centro commerciale a Nord-Est di Tel Aviv; gli Usa chiedono ad Israele di moderare la reazione agli attacchi degli Hezbollah libanesi. In Liberia, accolte positivamente da Usa, Ue e Stati africani le dimissioni e l’esilio dell’ex Presidente Taylor; in Iraq, gli Usa premono per una risoluzione che crei una nuova missione Onu di assistenza, come proposto dal segretario generale Kofi Annan. Sul fronte del terrorismo, in Iran è iniziato il processo per alcuni capi di Al Queda.

 

Nelle pagine vaticane, un approfondimento sugli aspetti scientifici e clinici della clonazione umana.

 

Nelle pagine estere, un articolo di Pierluigi Natalia sugli sforzi necessari per arrivare alla pace in Sudan; in Europa caldo e incendi provocano danni e disagi. La Ue ha stanziato per il 2003 110 milioni di euro per fronteggiare le crisi umanitarie in diverse zone del mondo.

 

Nella pagina culturale, la mostra ad Aosta delle opere di Felice Casorati.

 

Nelle pagine italiane, i temi dell’economia e finanza e dell’emergenza incendi.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

12 agosto 2003

 

 

EUROPA ‘SOFFOCATA’ DAL CALDO TORRIDO:

IN AUMENTO LE VITTIME PER LA CALURA E GLI INCENDI,

FAVORITI DALLA SICCITA’  MA IN GRAN PARTE DOLOSI

 

- Intervista con Piero Moriconi -

 

Che il Signore “doni alla terra assetata il refrigerio della pioggia”: ricordiamo la supplica del Papa, all’Angelus, domenica scorsa e le parole preoccupate per l’emergenza incendi in molti Paesi europei, “alimentata da persistente siccità, nonché da responsabilità umane” e che “mette a repentaglio il patrimonio ambientale, bene prezioso per l’intera umanità”.

 

Resta critico il quadro climatico, non si sbilanciano i meteorologi con previsioni ottimistiche, ed intanto continuano a salire le temperature nei centri abitati intorno ed oltre i 40 gradi e a segnare record storici al Sud e al Nord. In aumento le vittime della calura, specie fra le persone anziane, mentre appare impari la lotta contro le fiamme, che hanno già causato decine di morti e che continuano ad inghiottire migliaia e migliaia di ettari di bosco: gli Stati più colpiti l’Italia, il Portogallo, la Spagna, la Germania. Un fenomeno quello degli incendi che richiama la responsabilità civica di tutti per prevenirli come spiega Piero Moriconi, tenente dell’Associazione nazionale Carabinieri del Nucleo protezione civile Roma 1, intervistato da Eliana Astorri:

 

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R. – La siccità fa la sua parte perché ovviamente l’atmosfera, il caldo fanno sì che la combustione sia facilitata; però, certo non avvengono per via naturale: la maggior parte degli incendi sono di natura dolosa o avvengono per distrazione.

 

D. – Ma può succedere comunque che un incendio nasca per auto-combustione, o dev’esserci comunque una scintilla che lo provochi?

 

R. – L’autocombustione si verifica a 296°C, quindi è impossibile; potrebbe capitare, per esempio, che un turista o un gitante domenicale con la macchina catalizzata posteggi fuori strada con la marmitta a contatto con l’erba secca: la marmitta che sviluppa circa 900° potrebbe innescare un incendio.

 

D. – E la siccità, poi, aiuta, certamente ...

 

R. – Certo.

 

D. – Comunque, è sempre doloso?

 

R. – Nella stragrande maggioranza dei casi è doloso. Magari c’è qualcuno che sta bruciando nel proprio giardino delle foglie secche, magari parte una scintilla, il vento la porta e da lì si innesca un incendio di proporzioni ben più gravi ...

 

D. – Ecco, a parte questo caso che lei ha appena citato, quindi per disattenzione, per casualità, parlando di incendi dolosi: perché si da fuoco volontariamente ad un bosco, ad un campo? Che cosa c’è dietro?

 

R. – Potrebbero esserci tante situazioni; una potrebbe essere il fatto di avere a che fare con gente malata, con piromani che hanno piacere ad appiccare il fuoco; oppure gente cui fa piacere di vedere arrivare i Vigili del fuoco, le sirene, le macchine ... oppure, perché magari qualcuno ce l’ha con qualcun altro e quindi appicca il fuoco da una parte che poi va a finire da un’altra ...

 

D. – Parlando di incendi dolosi, quali sono le tecniche che vengono usate per appiccare il fuoco? Come fanno questi piromani?

 

R. – I piromani hanno tantissima fantasia, quindi vanno dalla pistola lanciarazzi a sistemi empirici a volte molto efficaci, come quello dei fiammiferi legati intorno ad una sigaretta, la sigaretta si accende, viene gettata e poi mano mano si consuma e quando arriva alla testa dei cerini ovviamente fa la fiammata e se c’è il terreno fertile si innesca un incendio.

 

D. – Chi ha interesse perché i boschi o un terreno coltivato prendano fuoco?

 

R. – Per i boschi, nessuno dovrebbe avere interesse, anche perché i boschi sono protetti per cui non c’è l’opportunità che, una volta distrutto il bosco, vi si possa edificare. Tra l’altro, poi, le aree verdi sono rimaste così poche e sono dei polmoni per l’umanità, per cui andrebbero maggiormente protette e tutelate. Per le colture: a volte si fa molto prima a bruciare le stoppe che sono rimaste in un campo e che poi magari con la prima acqua diventano erba da pascolo e quindi possono essere utilizzate per pascolare il bestiame ...

 

D. – Tenente, qual è il ruolo dell’Associazione Nazionale Carabinieri della Protezione civile?

 

R. – Il ruolo dell’Associazione è sempre stato quello di essere, nell’ambito del volontariato, a disposizione della comunità. Noi siamo tutti volontari, spesso e volentieri rinunciamo alle ferie per andare a spegnere gli incendi, quindi per essere presenti e poter portare soccorso.

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SVILUPPARE STRATEGIE CAPACI DI OFFRIRE A TUTTI I GIOVANI LE OPPORTUNITA’

DI UN LAVORO DIGNITOSO: COSI’, IL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU, KOFI ANNAN,

NEL MESSAGGIO PER L’ODIERNA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA GIOVENTU’

 

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

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 “I giovani non dovrebbero mai essere visti come un peso sulla società, ma come la sua più preziosa risorsa”. Nel messaggio per l’odierna Giornata Internazionale della Gioventù, il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, mette l’accento sul contributo che i giovani possono offrire allo sviluppo e al progresso della società. Sottolinea, così, che specie in un periodo caratterizzato dall’incertezza dell’economia globale, è necessario “sviluppare strategie che diano a giovani, in qualunque luogo, una reale opportunità di trovare un lavoro dignitoso e produttivo”. Si sofferma quindi sulla disoccupazione giovanile, problema che riguarda tutti i Paesi. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro, infatti, stima che circa 74 milioni di giovani sono attualmente disoccupati. D’altro canto, nei prossimi dieci anni, più di un miliardo di giovani raggiungerà l’età lavorativa. Nel messaggio, Kofi Annan ricorda che le Nazioni Unite hanno promosso un Network - nell’ambito della cooperazione globale per lo sviluppo - che sosterrà piani d’azione nazionale per l’occupazione giovanile.

 

Sul tema della Giornata è intervenuto anche il presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, che, in un messaggio, sottolinea come l’occupazione sia “una condizione fondamentale di stabilità e progresso”. Il lavoro, afferma Ciampi, “è un “valore universale che unisce i giovani” e “contribuisce al dialogo tra civiltà, incoraggia gli scambi e favorisce la cooperazione internazionale”. Sulle sfide che il mondo del lavoro presenta ai giovani di oggi, ascoltiamo la riflessione del vescovo di Locri-Gerace Giancarlo Maria Bregantini, presidente della Commissione della Cei per i problemi sociali e del lavoro:

 

R. – I giovani non vanno visti come un peso ma come una risorsa. Il nodo centrale è dare loro certezza, sicurezza, forza, fiducia in se stessi. Il problema del lavoro è un problema prevalentemente ed inizialmente di natura culturale. Tutte le realtà formative – la famiglia in primo luogo, poi la scuola, la Chiesa, le realtà religiose – devono credere nei giovani, dare loro coraggio, aiutarli, accompagnarli, sostenerli. Credo che sia questa la grande potenzialità che la società ha di guardare ai giovani con gli occhi del pastore che crede in loro.

 

D. – La disoccupazione giovanile spesso è legata all’assenza di un’istruzione adeguata ad affrontare le sfide del mondo del lavoro. Come affrontare questo nodo centrale del problema?

 

R. – L’immagine che noi usiamo nel Sud – ma vale per tutto il mondo – è l’immagine del volare. Con la forza e la sicurezza in te stesso, tu ti lanci. Poi occorrono le ali, e le ali sono l’istruzione, altrimenti cadi. Qui occorre un’istruzione di base, innanzitutto, che sia flessibile, moderna, aggiornata. Poi, la capacità di ascoltare, aiutarsi ... La società deve dare scuole di qualità; la società, la politica, l’istruzione devono intuire come cammina il mondo, devono intuire i nuovi mestieri. E’ molto importante, ad esempio, l’istruzione accompagnata dall’operatività: recuperare il vecchio apprendistato con forme nuove.

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NUOVA FASE PER LO STATO MESSICANO DEL CHIAPAS

DOPO L’APERTURA DEGLI ZAPATISTI ALLE RIFORME

 

- Intervista con il vescovo Felipe Arizmendi Esquivel -

 

5 giunte di ‘buongoverno’, una per ogni Regione del Chiapas, per trasformare in chiave politico-amministrativa la lotta dell’Esercito zapatista di liberazione nazionale. E’ l’obiettivo degli zapatisti che sabato scorso, con grandi celebrazioni, hanno dato il via ad una nuova fase della rivolta in questo Stato messicano. La creazione dei Consigli di autogestione mette fine ai posti di blocco dell’Esercito zapatista e alla loro riscossione delle tasse che, d’ora in poi, sarà incarico di questi nuovi Consigli, che governeranno in forma cooperativa i trenta Comuni sotto il potere dell’Esercito zapatista. Un primo passo quindi verso l’autodeterminazione del Chiapas, controllato dalla guerriglia sin dal 1994. La Costituzione messicana non prevede alcun tipo di autodeterminazione, ed è dal 1996 che il governo centrale ha sospeso il dialogo con l’Ezln. Questa scelta è un buon inizio, secondo mons. Felipe Arizmendi Esquivel, vescovo di San Cristobal de Las Casas, capitale dello Stato del Chiapas. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato.

 

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R. – ES UNA REORGANIZACION INTERNA DE LOS ZAPATISTAS …

E’ una riorganizzazione interna, un modo per decentralizzare il potere dell’Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln). La creazione di queste 5 giunte di ‘buongoverno’ potrebbe risolvere gli attuali problemi; eventuali tensioni potrebbero però nascere da parte di chi non accetta le regole degli zapatisti. Speriamo che tutto si risolva perché l’Ezln ha dato prova di lavorare per la pace e non per la guerra.

 

D. - Se ho capito bene, mons. Arizmendi, il pericolo potrebbe essere quello che si possano creare conflitti all’interno delle varie comunità indios?

 

R. – SI, PORQUE COMO HAY DOS LEYES PARALELAS …

Sì, a causa di due leggi parallele, quella zapatista e quella del governo centrale, potrebbero esserci momenti di contrasto. Un solo esempio: al momento di giudicare un crimine, una cosa potrebbe essere farlo in base alla Legge zapatista, un’altra in base alla Legge ufficiale: questo potrebbe creare conflitti, cosa del resto già accaduta.

 

D. - Ma secondo lei è importante arrivare a forme di autonomia che mettano d’accordo tutti ?

 

R. – LAS COMUNIDADES INDIGENAS SIEMPRE HAN TENIDO …

Le comunità indigene hanno sempre avuto usi e costumi loro e una certa forma di autonomia, sebbene sotto certi aspetti limitata. Ora si sta allargando e questo è il pericolo, ripeto, che diventando troppo ampia possa dare vita a conflitti tra l’Ezln e chi non è d’accordo con gli zapatisti.

 

D. - E’ possibile pensare, in questo momento, che ci siano le condizioni per la riapertura di un dialogo tra gli zapatisti ed il potere centrale?

 

R. – ES LO QUE TODOS DESEAMOS …

Questo è quello che tutti noi ci auguriamo che accada, ma in questo momento non si vedono aperture da parte degli zapatisti. Il governo centrale sta insistendo affinché il dialogo si riapra, ma sono loro ad essere sfiduciati, non credono più alle promesse del governo. Vorrebbero una loro forma di governo autonoma, senza dover essere autorizzati dal governo centrale. Questo è il problema. Stiamo tutti lavorando affinché si arrivi al momento in cui nella legge si contemplino forme di autonomia che siano legittime, ma per arrivare a questo, gli zapatisti devono dimostrare di volere il dialogo.

 

D. - In questa occasione, ma non è la prima, Marcos ha voluto mettersi da parte. Non è stato il protagonista, è stato presente solo con un messaggio. Perché questo cambiamento di strategia, se così possiamo definirla?

 

R. – EL ES MUY LISTO Y TIENE SU ESTRATEGIA BIEN DEFINIDA …

Marcos è molto intelligente, il suo scopo è preciso. Sa che quando stampa e riflettori sono puntati su di lui, mettono da parte gli indigeni, e questo fa del male al movimento. Già un anno fa quando gli indios sono arrivati a Città del Messico e sono stati al Congresso, ha lasciato parlare loro. Sa che se parla troppo potrebbe danneggiare gli indios, perché si potrebbe pensare che li stia strumentalizzando. Lui ora è come se non esistesse, i protagonisti sono gli indios, ed è una tattica molto ben pensata.

 

D. - In sostanza, mons. Arizmendi, lei è ottimista circa questo cammino che l’Ezln sta percorrendo?

 

R. – SOY OPTIMISTA EN CUANTO …

Sono ottimista perché l’Ezln ha deciso di non intraprendere alcuna azione bellica o militare, alcuna azione di guerra o terroristica, di non procedere con i sequestri, come invece fanno altre guerriglie. L’Ezln vuole essere come un qualsiasi movimento politico in trasformazione politica, sociale ed economica. In questo senso mi sento ottimista, d’altra parte vedo con preoccupazione il fatto che ancora non accettino un dialogo con il governo o con i legislatori, ma questo prima o poi dovrà avvenire. Se non accadesse non si potrebbero evitare problemi all’interno delle comunità. Ma resto ottimista, anche se vedo difficile un dialogo, perché l’Ezln non è un gruppo guerrigliero ma un movimento politico come altri.

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CHIESA E SOCIETA’

12 agosto 2003

 

 

 

LA CROCE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÚ È GIUNTA IN CROAZIA. PROSEGUIRÁ IL SUO PELLEGRINAGGIO SULLE ORME DEL RECENTE VIAGGIO APOSTOLICO DI GIOVANNI PAOLO II

NEI PIÚ IMPORTANTI SANTUARI MARIANI DEL PAESE.

IL 19 AGOSTO VERRÁ CONSEGNATA ALLE DIOCESI DELLA BOSNIA-ERZEGOVINA

 

- A cura di Aldo Sinkovic -

 

VARAZDIN. = La Croce della Giornata Mondiale della Gioventù, consegnata domenica delle Palme sulla Piazza di San Pietro dai giovani canadesi ai loro coetanei tedeschi e che quest'anno si trova in pellegrinaggio come simbolo di unità e di fede nei Paesi europei, è arrivata oggi dall’Ungheria in Croazia. I giovani ungheresi, accompagnati da alcuni vescovi, l’hanno consegnata, insieme ad un’icona della Madonna, ai giovani delle vicine diocesi croate di Zagabria e Varazdin al confine di Gorician e l’hanno insieme accompagnata nella cattedrale di Varazdin, dove è stata venerata con canti e preghiere. Sotto il motto “Con la Croce sulla via della riconciliazione” da qui la Croce della Gmg proseguirà il suo pellegrinaggio sulle orme del recente viaggio apostolico di Giovanni Paolo II nei più importanti santuari mariani croati, come quello di Trsat, per proseguire poi in quello di Sinj, Krasno, Marija Bistrica, la parrocchia di San Michele Arcangelo a Murter e al Campo dei giovani croati di Modrave. 18 agosto la Croce della Gmg sarà presente al Congresso europeo della gioventù francescana a Samobor. I gruppi di giovani che si riuniranno attorno alla figura e al messaggio di San Francesco, cercando di imitare il poverello di Assisi nella contemplazione del Crocefisso, sono numerosissimi e provengono non soltanto dalla Croazia, ma da quasi tutti i Paesi europei. Particolarmente numerosi saranno i giovani della Bosnia-Erzegovina. La Croce della Gmg sarà infatti consegnata il 19 agosto dai giovani delle diocesi croate di Djakovo-Srijem e da quella vicina di Pozega ai giovani di Banja Luka in Bosnia-Erzegovina, i quali la porteranno attraverso vari santuari a Sarajevo e a Mostar. La Croazia e la Bosnia-Erzegovina si stanno preparando con impegno alla Giornata conclusiva dei cattolici della Mitteleuropa, il 24 maggio 2004 nel santuario Mariano di Maria Zell, in Austria, e alla Gmg che avrà luogo a Colonia verso la fine di luglio 2005. Gli organizzatori vogliono infatti unire questo pellegrinaggio della Croce alla preghiera per l’unità, riconciliazione e la pace in Europa, come pure tenere vivo lo spirito della Gmg, appuntamento molto sentito trai i giovani di questi due Paesi.

 

 

L’ARGENTINA RATIFICA LA CONVENZIONE ONU SULL’IMPRESCRITTIBILITÁ DEI CRIMINI

DI GUERRA E DI LESA UMANITÁ. UN ALTRO PASSO VERSO L’ANNULLAMENTO DELL’IMPUNITÁ PER I REATI RISALENTI AL PERIODO DELL’ ULTIMO REGIME

 

BUENOS AIRES. = Il governo argentino ha ratificato la Convenzione internazionale sull’imprescrittibilità dei crimini di guerra e lesa umanità delle Nazioni Unite. Il ministro della giustizia Gustavo Bèkiz ha annunciato ieri la firma del Protocollo, risalente al 1968, da parte del presidente Néstor Kirchner. Il provvedimento, ha spiegato il ministro, vuole impedire l’impunità per episodi del passato recente argentino, come le violazioni dei diritti umani durante l’ultimo regime (1976-1983). Béliz ha inoltre fatto esplicito riferimento agli attentati terroristici contro la comunità ebrea: quello del 17 marzo 1992 contro l’ambasciata di Israele a Buenos Aires, che provocò 29 morti e un centinaio di feriti, e quello del 18 luglio 1994 all’Associazione israelo-argentina, sempre nella capitale, costato la vita a 86 persone e il ferimento di oltre cento. Intanto per oggi è in programma una sessione straordinaria su questo tema della Camera dei deputati, fissata su richiesta dei partiti Socialista e della Sinistra unita, entrambi decisi a limitare le leggi di amnistia. (M.D.)

 

 

 

IL GOVERNO COLOMBIANO DÁ IL VIA ALLA SECONDA FASE DEL PROGRAMMA

DI CONTROLLO TERRITORIALE. OLTRE 3 MILA NUOVI POLIZIOTTI

PER RIPORTARE LA SICUREZZA IN MOLTI COMUNI DEL PAESE,

TEATRO DELLE OFFENSIVE DEI GRUPPI ARMATI RIVOLUZIONARI

 

BOGOTÁ. = Con il dispiegamento di oltre 3mila neo-poliziotti in 62 località, comincia oggi la seconda fase del programma di controllo territoriale varato dal governo del presidente Alvaro Uribe per tentare di riportare la sicurezza in 1.089 Comuni colombiani. Alcune città avranno per la prima volta un presidio delle Forze dell’ordine, mentre altre potranno riaprire le stazioni di Polizia abbandonate in seguito alle pesanti offensive da parte dei gruppi armati rivoluzionari. Guidati da un’ottantina di ufficiali, 3.300 giovani agenti, tutti di età compresa tra i 18 e i 21 anni, saranno trasferiti nelle prossime ore via aerea nei centri interessati. Si tratta di giovani selezionati lo scorso aprile in diverse zone del Paese tra circa 6mila ragazzi desiderosi di prestare servizio nel Corpo di polizia. Il capo della Polizia nazionale, il generale Teodoro Campo, stima che entro il prossimo gennaio il piano di sicurezza sarà completo. “In ognuno dei Municipi presi in esame ci sarà come minimo un ufficiale”, ha spiegato Campo. Da parte sua, il direttore della Scuola di formazione della polizia, generale Hector García, ha assicurato che i suoi uomini sono preparati per respingere efficacemente qualsiasi tipo di attacco contro la popolazione. (M.D.)

 

 

AL RAPPRESENTANTE DELL’ONU IN IRAQ, SERGIO VIEIRA DE MELLO, IL PREMIO INTERNAZIONALE DELLA PACE PROMOSSO DALL’ISTITUZIONE PERDONANZA DELL’AQUILA. UN RICONOSCIMENTO PER UN IMPORTANTE IMPEGNO

 A FAVORE DEI DIRITTI UMANI

 

L’AQUILA. = Andrà al rappresentante dell'Onu in Iraq, Sergio Vieira De Mello, il premio internazionale della Pace promosso dall'Istituzione Perdonanza dell'Aquila, nell'ambito della ricorrenza dell'omonima concessione giubilare di Papa Celestino V. Nelle precedenti edizioni il premio era stato assegnato a Giovanni Paolo II e al cardinale Vinko Pulijc, arcivescovo di Sarajevo. Brasiliano, 54 anni, De Mello, che ricopre anche l’incarico di Alto Commissario Onu per i diritti umani, prima di coordinare le attività umanitarie e di ricostruzione patrocinate dalle Nazioni Unite nel dopo guerra iracheno, ha svolto importanti missioni in zone calde del pianeta, quali Kosovo, Mozambico, Bosnia, le regioni dei grandi laghi africani e soprattutto a Timor Est, dove è stato capo dell'amministrazione provvisoria dopo la secessione dall'Indonesia. La decisione dell'Istituzione Perdonanza di assegnare il premio della pace a De Mello è dovuta “allo straordinario impegno che l'Alto commissario Onu per i diritti umani profonde da anni nelle zone più a rischio della Terra”. Per l’occasione il Sindaco de L’Aquila, Biagio Tempesta sarà oggi a Baghdad. L'incontro con De Mello rientra anche nel quadro di un evento speciale riguardante Iraq che fa parte del cartellone della 709/a Perdonanza. La sera del 25 agosto, infatti, ci sarà un concerto in contemporanea dei Solisti della Filarmonica di Baghdad, dalla capitale irachena - la prima esibizione di questa orchestra dopo la fine della guerra - e dei Solisti Aquilani, dal piazzale di Collemaggio dell'Aquila. (M.D.)

 

 

IN SETTEMBRE CELEBRAZIONI IN ROMANIA PER I VENTICINQUE ANNI DI PONTIFICATO

DI GIOVANNI PAOLO II. VI PRENDERANNO PARTE ANCHE IL PRESIDENTE

DELLA REPUBBLICA ROMENA E IL PATRIARCA ORTODOSSO TEOCTIST

 

BUCAREST. = Bucarest e la Romania celebreranno il 2 settembre prossimo il 25.mo anniversario del pontificato di Giovanni Paolo II con una conferenza dal titolo “Unire l'Oriente all'Occidente. L'ecumenismo nel pontificato di Giovanni Paolo II”. L'evento sarà organizzato intorno al concerto straordinario dell'orchestra filarmonica “George Enescu”, che si esibirà sul palcoscenico dell'Ateneo Romeno, appena restaurato, con pezzi famosi di Giuseppe Verdi, George Enescu e Johannes Brahms. Il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, il suo vice Mario Baccini, il direttore dell'Istituto italiano di cultura Vito Grasso e il cardinale Luigi Poggi sono tra gli invitati speciali all'evento di settembre. Da parte romena parteciperanno il presidente Ion Iliescu, il Patriarca della Chiesa ortodossa romena, Teoctist e l'arcivescovo cattolico di Bucarest, Ioan Robu. Lo spettacolo di Bucarest rientra in una iniziativa italiana più ampia, dal titolo “La mia seconda patria”, per celebrare il pontificato di Giovanni Paolo II con eventi simili anche a Roma, Cracovia, Buenos Aires, Strasburgo e New York. (M.D.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

12 agosto 2003

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

L’itinerario di pace della “road map” ha subito oggi un brusco rallentamento in Israele e in Cisgiordania. Questa mattina si sono verificati 2 gravi episodi di violenza: un kamikaze è saltato in aria in un centro commerciale a Nord di Tel Aviv uccidendo un israeliano e ferendone 12; un altro si è fatto esplodere vicino all’insediamento ebraico di Ariel, in Cisgiordania, causando la morte di una persona. Hamas ha intanto rivendicato l’attentato di Ariel che insieme all’agguato avvenuto nei pressi di Tel Aviv sembra purtroppo rompere definitivamente il cessate-il-fuoco tra israeliani e palestinesi. Ce lo conferma Graziano Motta:

 

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E’ la rottura di fatto della tregua proclamata a fine giugno e coincide con il ritorno, nel Medio Oriente, del sottosegretario di Stato americano William Burns. Ieri al Cairo, oggi a Gerusalemme, poi ad Amman, proprio per consolidare la tregua e riattivare il dialogo politico in crisi da parecchi giorni, da quando cioè il governo Sharon ha liberato più di 300 prigionieri palestinesi. Un provvedimento considerato insufficiente e definito quasi una farsa per il governo di Abu Mazen. Si è detto per inciso che proprio per gli attentati odierni, Israele ha sospeso la scarcerazione di una settantina di altri prigionieri, accusati di reati di diritto comune. Ma nel frattempo le forze di sicurezza dello Stato ebraico hanno continuato ad arrestare altri attivisti palestinesi e questi da parte loro hanno proseguito, specie nella Striscia di Gaza, le operazioni di guerriglia contro i soldati, sperimentando anche, e con successo, un missile della gittata di 3 chilometri. Gli attentati di oggi potrebbero essere una risposta dei fondamentalisti di Hamas per l’uccisione, la settimana scorsa, nel campo profughi di Ascar, presso Nablus, di due loro esponenti, in un laboratorio di esplosivi.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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In Liberia le dimissioni del presidente Taylor, che ha passato le consegne al vicepresidente Moses Blah, sembrano rafforzare la speranza che la storia del Paese africano possa essere segnata da una marcata linea di confine tra il dramma di oltre 13 anni di guerra civile e l’inizio di uno stabile scenario di pace. Al destino di Taylor, arrivato stamani a Calabar, città della Nigeria dove è stata messa a sua disposizione una lussuosa villa che si affaccia sull’Oceano, si contrappone, purtroppo, la tragedia della popolazione liberiana sconvolta dai continui combattimenti e dall’emergenza fame. Ci riferisce in proposito Andrea Sarubbi:

 

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Sarà un esilio dorato, ma comunque un esilio. Taylor è giunto stamattina a Calabar, città sudorientale della Nigeria, accompagnato da una corte di almeno cinquanta persone.

 

“GOD WILLING, I WILL BE BACK…”

“Se Dio vuole, tornerò”, aveva detto ieri. Nel frattempo, deve accontentarsi dell’impunità dalle accuse del Tribunale speciale della Sierra Leone che Obasanjo gli ha promesso. Ma la società civile sembra intenzionata a dargli filo da torcere: varie organizzazioni non governative hanno già chiesto l’arresto dell’ormai ex presidente liberiano, e molti intellettuali hanno protestato per la sua presenza in Nigeria.

 

“I HEREBY DECLARE YOU THE 22ND PRESIDENT OF THE REPUBLIC OF LIBERIA…”.

 

Al posto di Taylor c’è, da ieri, il vice di sempre, Moses Blah, che ha invocato collaborazione dai ribelli:

 

“LET US WORK TOGETHER…”

“Lavoriamo insieme per la pace, la stabilità e l’unità”, ha detto: “In questo modo, riconquisteremo il rispetto della comunità internazionale”.

 

Nel frattempo, il 22.esimo presidente liberiano si trova ad affrontare una crisi umanitaria enorme. Lo aiuteranno i militari americani, da giorni fermi al largo delle coste: oggi sbarcherà a Monrovia il loro comandante, mentre in aereo arriveranno i delegati di alcune agenzie dell’Onu, per verificare la situazione sul terreno. L’altra urgenza da qui al 14 ottobre – data delle prossime elezioni, quando il nuovo presidente lascerà la carica – è quella di far cessare le violenze: secondo l’inviato speciale dell’Onu, Jacques Paul Klein, servirà un contingente internazionale di almeno 12-15 mila soldati.

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La situazione della Liberia, continua, dunque, a destare preoccupazione da parte della comunità internazionale. E proprio per coordinare gli aiuti umanitari sbarcherà nelle prossime ore nella capitale Monrovia il comandante delle forze navali statunitensi, da giorni ferme al largo delle coste liberiane. È atteso anche l’arrivo di una delegazione di agenzie dell’Onu, per verificare la gravità della situazione umanitaria, i cui tratti erano drammatici già prima della crisi.

 

Anche il Sudan, come la Liberia, sta cercando una via per la pace. Proseguono infatti a porte chiuse i negoziati tra i delegati del governo e dell’Esercito di liberazione del popolo sudanese (Spla) a Nanyuki, nel Kenya centrale. Intanto nel Paese cresce l’allarme alluvioni e si moltiplicano dalla capitale Khartoum gli appelli delle agenzie umanitarie per le vittime delle inondazioni che hanno lasciato nell’Est del Paese centinaia di migliaia di persone senza casa ed in condizioni sanitarie gravissime.

 

In Iraq non si ferma l’ondata di violenze e ieri si è ulteriormente allungata la lista delle vittime statunitensi. L’ultimo di una serie infinita di attacchi contro le truppe americane si è verificato a Baquba, città a Nord-Est di Baghdad, dove l’esplosione di una bomba ha causato la morte di un soldato statunitense. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Una bomba è stata lanciata contro i militari americani che facevano la guardia ad una stazione della polizia, uccidendone uno e ferendone due. Tre altri soldati sono stati feriti vicino Tikrit, mentre due bombe a mano sono state lanciate anche vicino l’Ambasciata britannica di Baghdad. Due poliziotti iracheni, invece, sono stati uccisi per errore dagli americani. In questo clima di guerriglia la quarta divisione di fanteria ha lanciato un’operazione nell’entroterra di Tikrit con l’obiettivo di scovare un capo della guerriglia, arrestare membri della resistenza, sequestrare armi e munizioni e stringere ancora di più il cerchio intorno a Saddam, che secondo molti esperti di Intelligence, si nasconde proprio in questa area. Gli Stati Uniti, comunque, guardano a come ridurre il livello delle violenze coinvolgendo anche il Palazzo di Vetro. Fonti dell’Onu sostengono che Washington è pronta a presentare una nuova risoluzione per chiedere di riconoscere il Consiglio governativo iracheno insediato a luglio. Proprio ieri questo organismo ha scelto una Commissione di 25 tecnici che avrà il compito di decidere le modalità per scrivere la nuova Costituzione.

 

Da New York per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Rimane alta la tensione in Afghanistan, dove proseguono le operazioni militari americane contro le sacche di resistenza dei talebani. E proprio in un raid avvenuto ieri alla frontiera con il Pakistan sono stati uccisi, per errore, due soldati dell’esercito di Islamabad. A Kabul, intanto, la Forza di pace multinazionale è passata sotto il controllo della Nato ed il governo afghano vorrebbe che i suoi compiti si estendessero ulteriormente.

 

Spostiamoci in Estremo Oriente. Un tragico incidente si è verificato, ieri, in una miniera di carbone nel Nord della Cina, nella provincia dello Shanxi. 28 minatori sono morti in seguito ad un’esplosione e di altri 14 si ignora al momento la sorte. Questo episodio fa ulteriormente salire in Cina il numero delle vittime per incidenti nelle miniere - molte delle quali illegali - che solo nel 2002 aveva raggiunto il numero di 5000.

 

 

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