RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 222 - Testo della
Trasmissione di domenica 10 agosto 2003
Il PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Annunciati per fine agosto i colloqui multilaterali sul
programma nucleare nordcoreano
In un videomessaggio alla tv Arabiya, l’appello della
resistenza irachena fedele a Saddam
10
agosto 2003
OCCORE RIDARE SPERANZA AI POVERI DELL’EUROPA: COSI’,
IL PAPA
ALL’ANGELUS
A CASTEL GANDOLFO, DURANTE IL QUALE HA INVITATO I FEDELI
A PREGARE AFFINCHE’ LA PIOGGIA DIA REFRIGERIO ALLA
TERRA ASSETATA
- Servizio di Alessandro Gisotti -
Ridare
speranza ai poveri dell’Europa: all’Angelus domenicale, nel cortile del Palazzo
pontificio di Castel Gandolfo, Giovanni Paolo II ha esortato i credenti del
Vecchio Continente a promuovere la cultura della solidarietà. Circondato
dall’affetto dei fedeli, dopo la recita dell’Angelus, il Papa si è soffermato
sull’emergenza incendi, che sta mettendo a dura prova tante aree dell’Europa ed
ha invitato i fedeli a pregare affinché la terra assetata trovi il refrigerio
della pioggia. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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Servire il Vangelo della speranza: all’Angelus, il
Papa ha indicato la missione della Chiesa in Europa, ricordando come questa
venga svolta “accompagnando l’annuncio della speranza con iniziative concrete
di carità”. Nel corso del secoli, ha detto, il “compito dell’evangelizzazione è
stato confortato da un’efficace azione di promozione umana”. Ponendosi al
servizio della carità, ha aggiunto, la Chiesa “ha alimentato ed alimenta la
cultura della solidarietà, cooperando a ridare vita ai valori universali
dell’umana convivenza”. Un messaggio particolarmente attuale per i
fedeli del Vecchio Continente:
Occorre anche oggi “ridare speranza ai poveri”,
perché accogliendoli e servendoli è Cristo stesso che si accoglie e si serve.
Le sfide che in questo ambito interpellano i credenti in Europa sono molte.
Povere sono oggi tante categorie di persone, tra le quali i disoccupati, i
malati, gli anziani soli o abbandonati, i senza tetto, i giovani emarginati,
gli immigrati e i profughi.
Ma “servizio di amore”, ha proseguito è anche
“riproporre con fedeltà la verità del matrimonio e della famiglia”, educando i
giovani, i fidanzati e le famiglie stesse “a vivere e diffondere il Vangelo
della vita, lottando contro la cultura della morte”. Una profonda riflessione,
che Giovanni Paolo II ha corredato con una viva esortazione:
Solo grazie all’apporto di tutti è possibile
costruire in Europa e nel mondo una “città degna dell’uomo" e un ordine
internazionale più giusto e solidale.
Il Papa ha quindi invocato Maria e Santa Benedetta
della Croce, compatrona d’Europa, ad aiutare la Chiesa ad essere nel continente
europeo “testimone di quella carità operosa”, che è sintesi felice di “un
autentico servizio al Vangelo della Speranza”. Dopo l’Angelus, il Papa ha rivolto
un pensiero speciale alle popolazioni di quei Paesi d’Europa, specie il
Portogallo, afflitti in questi giorni da vasti incendi, che stanno provocando
morti e danni ingenti all’ambiente:
Si tratta di una preoccupante emergenza che,
alimentata da persistente siccità nonché da responsabilità umane, mette a
repentaglio il patrimonio ambientale, bene prezioso per l'intera umanità.
Quindi, ha invitato i fedeli a unirsi in preghiera
per le vittime di questa calamità, esortando tutti ad elevare fervide suppliche
al Signore, affinché “doni alla terra assetata il refrigerio della pioggia”.
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10
agosto 2003
IN LIBERIA, PAESE
MARTORIATATO DALLA GUERRA CIVILE, IL DRAMMA DELLA
FAME SI AGGIUNGE ALLE SOFFERENZE PATITE DALLA
POPOLAZIONE STREMATA
-Intervista con Massimo Alberizzi -
E’ la fame ora la principale
minaccia per la popolazione civile della Liberia. Il contingente nigeriano
della forza di pace ha preso posizione a Monrovia, ma i ribelli del Lurd - i
‘Liberiani uniti per la riconciliazione e la democrazia’ - non vogliono
sbloccare il porto della capitale e permettere lo sbarco di aiuti alimentari.
Domani, potrebbe essere una giornata cruciale per il futuro del Paese in
ragione delle annunciate dimissioni del presidente liberiano, Charles Taylor.
E’ un annuncio credibile oppure è possibile che il presidente imponga nuove
condizioni per il suo esilio? Elena Biggiogero lo ha chiesto all’inviato
speciale a Monrovia per “Il Corriere della Sera”, Massimo Alberizzi:
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R. - Ognuno pone delle
condizioni, quindi tutti ci aspettiamo che in realtà sia una falsa partenza,
nel senso che le dimissioni probabilmente le darà, ma il vero problema è che,
presumibilmente, non lascerà il Paese, soprattutto perché non sa bene dove
andare. Tra le possibili destinazioni si parla di Libia, Burkina Faso, Nigeria
ma in realtà, oramai, nessuno vuole avere a che fare con Taylor, perché
politicamente è un uomo pericoloso. Gli americani sono in ottimi rapporti con
il Burkina Faso e direi ora anche con la Libia di Gheddafi. Quindi, la scelta
di accoglierlo come ospite sarebbe assolutamente impensabile, in questo momento,
da parte di questi due Paesi. I ribelli, intanto, sostengono che le annunciate
dimissioni di Taylor ed il trasferimento del potere al vicepresidente non
cambiano molto la situazione perché il vicepresidente appartiene al gruppo di
Taylor, anche se di un’altra tribù. Anche il capo del secondo gruppo di
ribelli, il Model, ha dichiarato di voler continuare a combattere.
D. - L’Onu ha invocato
l’apertura di processi per i responsabili di atroci crimini commessi contro la
popolazione civile in Liberia. Qual è oggi la situazione umanitaria in questo
Paese?
R. - La situazione umanitaria è
drammatica perché il porto è chiuso ed è in mano ai ribelli del Lurd. Non c’è
più niente qui, non c’è un’agricoltura che potrebbe in qualche modo soddisfare
le richieste della popolazione ed ogni genere alimentare arriva da fuori. La
gente per strada dice “ho fame”, fa segno di mangiare con la mano o si tocca la
pancia ed il fatto che tutti sembrino ‘giocare’ con la fame e la mancanza di
cibo secondo me dimostra che la popolazione è veramente atterrita. Gli Stati
Uniti, da due mesi, discutono su come aiutare questo Paese e poi decidono di
mandare 7 marine... E’ inoltre una cosa inimmaginabile che non possano arrivare
gli aiuti umanitari. C’è una nave dell’Onu del World Food Program che non può
scaricare gli aiuti. I miliziani controllano anche l’altro porto, quello di
Buchanan, dove c’è un’altra nave che è sospetta di avere a bordo mercenari,
munizioni e armi dirette alle forze fedeli a Taylor. La situazione della
Liberia è veramente drammatica ma la responsabilità ricade su tutti e non solo
su una delle parti. Anche sulle organizzazioni internazionali, ad esclusione
dell’Onu, perché ha sempre lanciato appelli per l’intervento di una forza di
pace nel Paese.
D. - Quindi non si prevede un
intervento più concreto, più forte da parte del contingente americano in questo
momento?
R. - In realtà il contingente
americano sono sette persone e gli altri duecento sono dentro l’ambasciata;
quindi ci sono questi sette marine, che dovrebbero arrivare a venti, nei
prossimi giorni, i quali non hanno nessuna intenzione di mettersi a combattere.
Ma le domanda che bisogna porsi è: cosa farà la Comunità degli Stati
dell’Africa occidentale (Ecowas) e ci sarà un incontro con i ribelli? L’altro
giorno è arrivato un aereo carico di armi che è stato bloccato, perché tentava
di approvvigionarsi non di cibo ma, purtroppo, di armamenti e di mercenari e
questo, ovviamente, i ribelli non lo vogliono.
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LA DRAMMATICA
REALTA’ DEI BAMBINI-SOLDATO, UNA TRAGEDIA CHE COINVOLGE
MIGLIAIA DI MINORI NELLE TANTE GUERRE
DIMENTICATE DEL SUD DEL MONDO
- Con noi, Carlotta Sami -
Le immagini della guerra civile
in Liberia hanno riproposto all’opinione pubblica mondiale, in tutta la sua
tragicità, l’aberrante realtà dei bambini-soldato. Una piaga, purtroppo, molto
diffusa in quei Paesi dell’Africa e dell’Asia, dove guerre, spesso dimenticate,
seminano morte e distruzione. Secondo l’Unicef - nell’ultimo decennio - oltre 2 milioni di
bambini sono stati uccisi durante conflitti armati; oltre 6 milioni sono
rimasti invalidi o gravemente feriti. Sul coinvolgimento dei bambini nelle
guerre, Alessandro Gisotti ha intervistato Carlotta Sami, portavoce in
Italia di Save The Children:
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R. - L’entità del fenomeno è molto
ampia in tutto il mondo. In questo momento si parla particolarmente della
Liberia, ma purtroppo è una piaga che abbraccia moltissimi Paesi, 35
esattamente. Si stima che siano più di 300 mila i bambini che prendono parte ai
combattimenti in questi Paesi. Generalmente, hanno un’età che va dai 15 ai 17
anni ma molto spesso sono coinvolti anche bambini più piccoli, bambini di 7, 8
anni. In questo momento in Liberia le stime ci dicono che il 70 per cento delle
persone, che prendono parte ai combattimenti, sono minori.
D. - Una volta terminata una
guerra, inizia la fase più difficile: la reintegrazione dei bambini-soldato nella società civile.
Quali sono gli ostacoli più ardui da superare?
R. - Gli ostacoli sono molti,
perché i bambini, che vengono coinvolti nei combattimenti, subiscono degli
abusi fisici e psicologici molto pesanti. I bambini coinvolti non sono soltanto
bambini di sesso maschile, ma molto più frequentemente sono ragazzine che
vengono sia coinvolte nei combattimenti, ma che subiscono anche violenze e
abusi sessuali. I problemi, quindi, riguardano in particolare il recupero
psicologico di questi bambini, perché molto spesso vengono obbligati ad
assumere droghe. C’è poi la questione dei ricongiungimenti con le famiglie di
origine che, divengono sempre più difficili. Quindi, gli interventi che
riguardano la reintegrazione devono svolgersi su tanti livelli differenti e
chiaramente devono anche coinvolgere i governi locali.
D. -Il protocollo addizionale alla Convenzione sui
diritti dell’infanzia, che proibisce l’impiego dei minori di 18 anni nei
conflitti, è entrato in vigore nel febbraio dell’anno scorso. Che cosa è stato
fatto da allora per dare attuazione a questo fondamentale documento?
R. - Mentre la Convenzione Internazionale sui
diritti dell’infanzia pone il limite di 16 anni all’arruolamento dei minori,
questo protocollo ha innalzato il limite ai 18 ed è stato firmato da 94 Stati
ma, in realtà, è stato ratificato soltanto da 14 Paesi. La Coalizione che viene
chiamata “Stop all’uso dei bambini- soldato”, richiama i Governi - in
particolare del nord del mondo - ad un impegno sempre più forte per
l’applicazione di questo Protocollo opzionale. E’ necessario che vi sia un
controllo e una collaborazione forte da parte delle autorità governative per
far sì che nei Paesi in cui questi conflitti hanno luogo non vi sia
arruolamento dei bambini. Ancora poco è stato fatto, c’è, perciò, bisogno di un
impegno decisamente più forte da parte di tutti i Governi che hanno firmato e
ratificato il Protocollo opzionale.
D. - Il fenomeno dei
bambini-soldato si lega a quello del traffico illegale delle armi, specie
leggere, più facilmente maneggiabili dai ragazzi. Che cosa si sta facendo su
questo fronte?
R. - Anche su questo fronte si
sta facendo poco, perché le armi leggere hanno favorito moltissimo il
coinvolgimento dei bambini nei conflitti. Queste armi sono facilmente
manovrabili e possono essere usate dai bambini chiaramente con enormi rischi
per loro. Comunque, le legislazioni a livello nazionale e anche a livello
europeo sono ancora poco restrittive. Tutti sappiamo che queste armi vengono
per lo più prodotte nel Nord del mondo e, poi, vendute in maniera, spesso
illegale ai Paesi nei quali si sviluppano questi conflitti. Sono conflitti che,
spesso, soprattutto in Africa e in Asia, sono piccoli e dimenticati e vengono
alimentati proprio dal traffico illegale di armi.
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UNA RIFLESSIONE SUL BINOMIO GIOVANI E MIGRAZIONI
ALLA LUCE DEL
RECENTE
MEETING DI LORETO, PROMOSSO DAI PADRI SCALABRINIANI
- Servizio di Giovanni Peduto -
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Una settimana fa, si concludeva
a Loreto il Meeting internazionale sulle migrazioni, promosso dai padri
scalabriniani, il cui carisma è quello della pastorale dei migranti. Fra le
tematiche trattate quella dei migranti giovani. E’ con noi Silvio Vallecoccia,
romano, anni 28, che si prepara a diventare sacerdote tra le file degli
Scalabriniani:
D. – Come si presenta il
problema?
R. – Quella dei ‘Giovani’ è una
categoria un po’ particolare dell’emigrazione. Vengono chiamati giovani
migranti anche coloro che non lo sono, per esempio figli di migranti nati in
uno Stato dove non si sentono in patria, oppure sono coloro che emigrano alla
ricerca di lavoro per l’assistenza, per mantenere la propria famiglia nel Paese
di origine. Quindi, lo spettro della situazione da analizzare, per quanto
riguarda il rapporto giovani ed emigrazione, è molto ampio, va da una
emigrazione lavorativa a delle persone che non sono mai state migranti, ma si
sentono migranti. Attualmente il flusso migratorio a livello mondiale si
orienta intorno a 170 milioni di persone. Di questi 170, 100 milioni si muovono
all’interno del proprio Continente, mentre 70 milioni fanno una emigrazione
extra-continentale. Di solito, di questa percentuale, la gran parte sono
giovani in quanto non tutti se la sentono di affrontare un viaggio. Non abbiamo
considerato in questo numero i rifugiati. Qui stiamo parlando di persone, che
per motivi di lavoro o per altri motivi, decidono di partire, di andare in un
altro posto e di solito chi parte? Partono le persone più forti, più abili. C’è
un investimento, un progetto dietro, ci sono delle persone che aspettano
qualcosa da questi ragazzi. Ci sono ragazzi di 20 anni che mantengono i
genitori nella loro patria.
D. – Per quanto ti risulta, qual
è l’attenzione della Chiesa verso i giovani migranti e cosa si potrebbe fare di
più?
R. – Secondo me, attualmente, la
Chiesa ha una visione pastoralmente ‘statica’ del problema, della questione
giovanile. Anche durante le giornate mondiali della gioventù e durante altri
eventi giovanili, si ha sempre l’impressione di avere a che fare con dei
giovani che siano locali, che siano autoctoni, che non abbiano problemi di
comunicazione, non abbiano problemi di lingua, non abbiano problemi di adattamento,
non abbiano questioni che riguardano la loro identità. La grossa novità credo
che sia qui, nel senso che dovremmo cercare insieme di volgerci alla scoperta,
al mistero, a quello che si sta realizzando già in questi giovani che si
incontrano, perché di norma capita che quando un gruppo di giovani emigra in un
posto c’è subito il primo entusiasmo. C’è un certo interesse soprattutto della
gioventù locale verso questi nuovi giovani “chi sono, chi non sono”, si creano
anche delle famiglie ‘miste’, ma poi, nel momento in cui il giovane è costretto
a rivedere il suo progetto migratorio, nel senso che chi emigra, emigra molte
volte per forza e pensa di farlo solo per 2-3 anni, poi deve rivedere il suo
progetto migratorio, perché si comincia a stabilizzare, instaura dei rapporti,
instaura dei legami, affettivi, di amicizia, legami che vanno anche nel vissuto
della fede. Sta nascendo una nuova identità di fede: in questo momento nasce un
po’ di senso di ripulsa. Il giovane migrante tende a chiudersi in se stesso,
perché ha paura della nuova identità che deve abbracciare. Il giovane locale
sta bene con se stesso, perché dirsi le stesse cose e capirsi va sempre bene,
ma nel momento in cui bisogna fare lo sforzo di capire l’altro, di cercare di
comprendere come l’altro vive la sua realtà, allora lì inizia l’avventura della
scoperta, il fascino di venirsi incontro, di capirsi nel linguaggio, di capirsi
nell’espressione, di capirsi nei gesti.
D. – Tu, cosa vuoi fare per
loro, per questi giovani migranti, per questo mondo complesso e variegato
dell’emigrazione?
R. – Vorrei che accadesse quello
che Scalabrini diceva, che ‘per ogni straniero, per ogni migrante, è patria la
terra che gli dà il pane’. Vorrei che la gente sentisse patria il posto dove si
trova. Vorrei condividere con loro questo cammino, perché sono convinto di una
cosa, che attraverso questi giovani che emigrano, c’è il piano di Dio che si va
rivelando. Questo volto che non riusciamo a comprendere è il volto misterioso
di Dio che si va delineando nella storia e si va svelando, si va manifestando,
ed è un volto che ha le caratteristiche dell’amore, perché le espressioni
dell’amore possono essere le più varie, le più belle e stando a contatto con
questi ragazzi ne scopro di belle e di varie.
D. – Quindi tu vuoi essere il
loro buon samaritano?
R. – Voglio essere il loro
compagno di viaggio e magari trovare il vero buon samaritano che è Gesù, che si
rivela nel volto di ognuno.
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NELLA NOTTE DI SAN LORENZO, TRA SOGNI ED EMOZIONI,
GUARDANDO IL
CIELO STELLATO
- Con noi, padre Sabino Maffeo -
Uno
spettacolo completamente gratuito eppure eccezionale come solo la natura può
offrire. Stanotte, la notte di San Lorenzo, saranno in tanti e senza
distinzioni d’età ad alzare gli occhi al cielo per rimirare le stelle cadenti.
Un fenomeno astrale capace di destare emozione e stupore. Un evento, che, nel
corso dei secoli, ha ispirato poeti e scrittori e che, anche quest’anno, non
mancherà di suscitare nuove sensazioni tra i fortunati spettatori. Tuttavia, la
luce lunare, particolarmente intensa in questi giorni, non permetterà una
visione ottimale del fenomeno siderale, come spiega il padre gesuita Sabino
Maffeo, vicedirettore della Specola Vaticana, al microfono di Luca Collodi:
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R. – Quest’anno, purtroppo,
molti saranno delusi perché intanto c’è la luce della luna, la luna è quasi
piena e questo disturberà moltissimo, perché le stelle cadenti si vedono bene
nei luoghi oscuri, quando è veramente buio; in città si vedono ancora meno,
meno ancora quando c’è la luna!
D. – Padre Maffeo, che cosa sono
le stelle cadenti? Sono delle piccole meteore?
R. – Sì, le stelle cadenti sono
frammenti di comete che le comete hanno distribuito lungo la loro orbita. Ora,
Schiaparelli, grande astronomo dell’Osservatorio di Milano, nel 1870, scoprì
che le stelle cadenti non sono altro che i rimasugli di una grande cometa che
apparve nel 1862, il cui nucleo si era completamente sgretolato e perciò tutti
i frammenti di questo nucleo che si era distrutto erano distribuiti lungo la
sua orbita. Ora, l’orbita di questa cometa incrocia l’orbita della terra.
Allora, che cosa succede? Che la terra attraversa questo sciame di frammenti di
roccia, che sono il nucleo distrutto della cometa, e questi frammenti, sotto
l’attrazione della gravità terrestre, ricadono sopra. Cadono a grande velocità
e quando arrivano nell’atmosfera si bruciano. Se ci fosse un pezzo più grande
che non fa a tempo a consumarsi tutto, arriverebbe a terra e allora non sarebbe
una meteora, sarebbe un meteorite.
D. – C’è un orario dove si può
tentare di vedere qualcosa in maniera più precisa?
R. – In genere, si dice che
queste meteore, queste stelle cadenti si vedono meglio dopo la mezzanotte,
guardando in direzione della costellazione di Perseo. Si chiamano di fatto le
Perseidi, perché si vedono sparse in tutte le direzioni del cielo ma se uno
segue le tracce vede che tutte quante hanno origine in un punto che sta nella
costellazione di Perseo.
D. – La notte di San Lorenzo è
in qualche modo legata ad una tradizione cristiana: le nostre nonne ci
parlavano delle stelle cadenti come delle lacrime di San Lorenzo ...
R. – Quello diciamo che è un
caso: il fatto che la terra si trovi in quel punto della sua orbita in cui
incrocia l’altra e che capita proprio il giorno in cui, fin dal quarto secolo,
si venerava il santo martire, San Lorenzo. Questa coincidenza ha fatto sì che
si chiamino, queste stelle cadenti, ‘lacrime di San Lorenzo’, lacrime perché
San Lorenzo fu martirizzato, fu praticamente bruciato vivo sopra una graticola:
fu condannato a morte dall’imperatore Valeriano per il fatto che non voleva
assolutamente consegnare il denaro che era destinato ai poveri, denaro della
Chiesa che lui – essendo diacono – conservava e distribuiva ai poveri.
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IL PIACERE DELLA LETTURA
PROTAGONISTA IN FRIULI
CON LA MANIFESTAZIONE CULTURALE “LIBRI E AUTORI A
GRADO”
- Con noi, Paolo Scandaletti -
Predrag Matvejevic, Carlo Castellaneta, Gian Antonio
Stella: sono soltanto alcuni degli scrittori presenti quest’anno a “Libri e
autori a Grado”. La manifestazione, promossa dal Comune con il sostegno della
Banca Antonveneta, come è ormai di consuetudine da dodici anni, allieta le
serate dei vacanzieri della nota località friulana per tutta l’estate (fino al
31 agosto). Tante le novità dell’edizione 2003. Tra esse, la proiezione della
nuova serie tv “La Squadra” e della
pellicola “Vestito per uccidere” di Bryan De Palma. Il servizio di Dorotea
Gambardella:
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(musica)
Libri e autori a Grado. Un’iniziativa che nella
rinomata cittadina friulana si ripete da ben 12 anni. Scrittori italiani e
stranieri per tutta l’estate si raccontano e parlano dei loro libri in un clima
colloquiale, dialogando con il pubblico che ogni sera accorre numeroso. Ma qual
è il segreto di tanto successo? Ci risponde Paolo Scandaletti, organizzatore
della manifestazione …
R. - E’ una spiaggia di
tradizioni asburgica, con un pubblico di livello medio-alto, dunque persone che
hanno una qualche abitudine con la lettura. Secondo, è una spiaggia dove non
c’è rumore e allora si vede molta gente che legge. Terzo, abbiamo una rassegna
di autori di qualità alta con poche propensioni populistiche, o di appeal
semplice. La formula dell’incontro con l’autore è il coinvolgimento del
pubblico dei lettori. Credo che questo, tutto insieme, spieghi il successo e la
durata della manifestazione.
D. – Letture impegnative e
vacanze, quindi voglia di divertimento e di spensieratezza. Non le sembra un
accostamento un po’ azzardato?
R. – No. Credo che la giornata si
possa spendere con un mare blu invitante, il sole, la nuotata, un buon pranzo
ed un buon libro che ci sta benissimo in una vacanza di questo tipo.
D. – Purtroppo però in Italia
gli indici di lettura sono bassi. Secondo lei perché?
R. – Perché la scuola non ci
abitua a leggere. Coinvolge ancora poco lo studente. Tradizionalmente la
pedagogia didattica era ‘tu ascolta che ti insegno’. Un po’ alla volta si fa
vivo e matura un circuito di andata e ritorno coinvolgente. Credo che la prima
ragione sia questa. La seconda, che l’immagine complessiva dei leader sociali è
quella dell’apparire più che dell’essere. Quindi il conto lo paga anche il
libro.
(musica)
Ma l’evento non prevede solo
presentazioni di libri. Tra le novità di quest’anno, infatti, anche le proiezioni
di varie pellicole. In anteprima la nuova serie tv ‘La squadra’, ad esempio, o
‘Vestito per uccidere’ di Bryan De Palma a testimonianza che Grado si propone
come strumento di diffusione e di cultura in senso ampio. Sentiamo ancora
Scandaletti …
R. – Mi consenta di citare,
proprio in chiave di cultura, lo storico inglese McSmith, che ha fatto il
pienone di ragazzi venuti dalle Università del Nord-Est, perché insegna storia
e quindi anche per le loro tesi poteva essere utile. Il giorno 18 avremo Predrag
Matvejevic, uno dei dissidenti del mondo jugoslavo, fuggito a Parigi, che
adesso insegna a Roma a La Sapienza. Presenta il libro ‘L’altra Venezia’, però
il discorso che si farà, sono sicuro, lo orienteremo in termini di cultura, di
civiltà, come l’Europa che si sta allargando e possa ulteriormente allargarsi.
D. – Quale messaggio vorrebbe
emergesse da questa iniziativa?
R. – Fra i tanti libri, che si
leggono d’estate, libri dei comici, libri dei fumetti, far spazio anche a
qualche bel libro, sia esso un romanzo, sia esso un’opera di saggistica.
(musica)
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10 agosto
2003
“ISRAELE CONTINUERÀ A COSTRUIRE IL MURO CHE SEPARA
LO STATO EBRAICO DALLA CISGIORDANIA”. LO HA DICHIARATO IL MINISTRO DEGLI
ESTERI, SYLVAN SHALOM,
AGGIUNGENDO CHE L’OBIETTIVO DELLA BARRIERA È DI FAVORIRE LA ROAD MAP
TEL AVIV. = Gli Hezbollah
libanesi hanno sparato sulla Galilea per il terzo giorno consecutivo. E’ stata
colpita la cittadina di Shlomi e almeno un israeliano è rimasto ucciso quando è
stato colpito un centro commerciale. Ma la tregua, recentemente minacciata anche da
un’incursione israeliana in un campo profughi presso Nablus, non sembra
comunque essere a rischio. Il dirigente di Hamas, Abdulaziz Rantisi, ha
dichiarato, infatti, che l’organizzazione terrà fede alla tregua di tre
mesi anche se l’ala militare del movimento, le Brigate Ezzedine al Qassam,
si dichiara intenzionata a vendicare l’azione militare compiuta dalle truppe
israeliane a Nablus. Ma l’ostacolo più grave per il dialogo
israelo-palestinese rimane il muro che divide non solo Israele dalla
Cisgiordania ma anche la comunità internazionale. L’esecutivo
di Tel Aviv continua, comunque, a sostenere questo progetto nonostante le
pressioni americane. Questa posizione è stata ulteriormente ribadita nel corso
dell’intervista concessa dal ministro degli esteri israeliano, Sylvan Shalom,
alla radio dello Stato ebraico. Alle recenti dichiarazioni del presidente
americano, George Bush, nelle quali il Capo della Casa Bianca ha sottolineato
come il muro sarebbe stato più opportuno nel periodo in cui c’era un clima di
terrore, il ministro israeliano ha risposto affermando che “la barriera sarà
uno strumento efficace per impedire alle organizzazioni estremiste di condurre
operazioni terroristiche”. Shalom ha poi sdrammatizzato i contrasti sulla
costruzione del muro, definito un “problema” dall’amministrazione americana,
che ha anche minacciato di ridurre le garanzie sui prestiti ad Israele.
“Obiettivo della barriera - ha concluso - è di realizzare l’itinerario di pace
indicato dalla ‘road map’ e non di pregiudicarlo come invece sostengono
i palestinesi”. (A.L.)
IL PROGETTO DI ESPROPRIO
DI UNA PARTE ALL’APERTO DEL MONASTERO DI
SANT’ANNA E
DI SAN GIOACCHINO DI CORDOBA È STATO ANNULLATO
GRAZIE ALLA RACCOLTA DI NUMEROSE FIRME DI PROTESTA
CORDOBA. = Le proteste da tutta
la Spagna e dall’America Latina hanno salvato dall’esproprio una parte
all’aperto del monastero carmelitano di Sant’Anna e di San Gioacchino fondato
nel 1589 da San Giovanni della Croce. Il Consiglio comunale di Cordoba ha,
infatti, annunciato di aver ritirato il progetto di esproprio votato dai
consiglieri di maggioranza del Partito socialista spagnolo (Psoe) e della
Sinistra Unita comunista. Il progetto prevedeva l’esproprio di 200 metri
quadrati di terreno per erigervi una terrazza da cui ammirare un sito archeologico
romano. Il terreno è l’unico pezzo di terra che permette alle suore di clausura
di passeggiarvi o di coltivarvi qualcosa. Santa Teresa di Gesù chiamò quella
proprietà il “Palomarcito de la Virgen”.
Contro l’esproprio sono state raccolte migliaia di firme. D’altro canto, i
consiglieri comunali di Cordoba del Partito Popolare (Pp) si sono opposti fino
all’ultimo convincendo, alla fine, i colleghi socialisti a bocciare il
progetto. (A.M.)
SI SVOLGERANNO NELLA SECONDA METÀ DI AGOSTO I
COLLOQUI MULTILATERALI
SUI PROGRAMMI NUCLEARI NORDCOREANI: E’ QUANTO
ANNUNCIATO
DAL VICE-MINISTRO DEGLI ESTERI CINESE
PECHINO. = Si terranno
nella seconda metà di agosto, a Pechino, i colloqui multilaterali ‘a sei’ (Nord
e Sud Corea, Cina, Giappone, Russia e Stati Uniti) sulla crisi nucleare della
Corea del Nord. Lo ha dichiarato il vice-ministro degli esteri della Cina, Wang
Yi, al rientro da una visita a Pyongyang. Secondo Wang Yi non è ancora stata
fissata una data, attualmente oggetto di discussioni fra le delegazioni che
parteciperanno alla trattativa. Secondo due agenzie di stampa giapponesi, che
citano fonti governative di Tokyo, Wang Yi avrebbe proposto alle autorità di
Pyongyang le date del 26 e 27 agosto. Il Giappone aveva indicato, la scorsa
settimana, che il negoziato si sarebbe svolto tra la fine di agosto e l’inizio
di settembre. Sembra che gli Stati Uniti preferiscano la prima opzione, che
precede l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, in programma all’inizio del
mese prossimo a New York. Alcune fonti riportano che il regime di Pyongyang
vorrebbe l’incontro multilaterale intorno al 9 settembre, in concomitanza con
il 55.mo anniversario della nascita della Corea del Nord. (A.L.)
IN UN VIDEO MESSAGGIO, TRASMESSO IERI DALLA RETE
ARABA AL ARABIYA, CINQUE UOMINI DELLA RESISTENZA IRACHENA HANNO CONDANNATO IL
RECENTE ATTENTATO ALL’AMBASCIATA GIORDANA DI BAGHDAD DEFINENDOLO UN ATTO DI
SABOTAGGIO
DUBAI.
= L’emittente televisiva, Al Arabiya, ha trasmesso ieri un videomessaggio nel
quale cinque uomini mascherati, fedeli al deposto presidente iracheno Saddam
Hussein, chiedono alla comunità internazionale di non inviare
soldati in Iraq e sollecitano gli iracheni alla guerriglia contro le forze
straniere di occupazione presenti nel Paese arabo. E’ interessante notare
che i cinque abbiano condannato senza equivoci l’attentato all’Ambasciata
giordana di Baghdad. “Si è trattato di un atto di sabotaggio perpetrato
da spie o da traditori, i quali hanno voluto screditare la
resistenza”, ha dichiarato uno di loro. Ma le costanti minacce di attacchi
contro le truppe americane non sono, purtroppo, gli unici pericoli per le forze
statunitensi presenti nel Golfo Persico. Oggi, infatti, il gran caldo ha
causato la morte di un soldato americano che si trovava a Sud di
Baghdad, in una zona dove la temperatura supera anche i 50 gradi. Sul fronte politico proseguono
gli sforzi della comunità internazionale per guidare il Paese verso la
democrazia. L’inviato dell’Onu per l'Iraq, Vieira de Mello, dopo un incontro
con il ministro degli esteri egiziano, Ahmed Maher, ha dichiarato che “l’Onu ha
già una squadra di specialisti per preparare elezioni libere, giuste e
verosimilmente democratiche nel Paese entro il 2004”. L’amministrazione civile
americana ha intanto offerto all’ex amministratore delegato di Montedison, Lino
Cardarelli, il posto di superadvisor presso il ministero per
l’Irrigazione e le risorse idriche in Iraq, secondo per rilevanza, solo
al ministero del Petrolio. La scelta ha incontrato critiche da parte
irachena, perché escluderebbe il Consiglio del governo transitorio iracheno
dalle decisioni relative alla gestione delle risorse d’acqua e dal
processo di privatizzazione delle fonti idriche del Paese. (A.L.)
SECONDO L’AGENZIA INDONESIANA ANTARA, IL
RESPONSABILE DELL’ATTENTATO
CHE
HA DEVASTATO L’HOTEL MARRIOT DI GIAKARTA ERA LEGATO
AL
CAPO DELLA RETE TERRORISTICA JEMAAH ISLAMIYA.
GIAKARTA.
= Il presunto kamikaze, Asmar Latin Sani, autore dell’attentato all’hotel
Marriott di Giakarta aveva frequentato la scuola coranica estremista di Solo,
nell’isola di Giava, diretta da Abu Bakar Bashir, considerato il leader
spirituale della rete terroristica Jemaah Islamiyah, attiva nell’Asia
meridionale e ritenuta collegata al gruppo terroristico Al Qaeda. Lo ha detto
oggi l’agenzia ufficiale indonesiana Antara. Asmar Latin Sani, 28 anni, era a
bordo del veicolo imbottito di esplosivo che è esploso martedì scorso davanti
all’albergo di lusso di proprietà americana, causando 11 morti e 147 feriti.
Secondo la polizia, Latin Sani, faceva parte del gruppo che ha organizzato e
portato a termine l’attentato. Senza citare le fonti, l’agenzia Antara ha
scritto oggi che Latin Sani si era diplomato alla scuola islamica di Ngruki a
Solo il cui direttore, Bashir, è accusato dalla polizia di essere il capo della
Jemaah. Il religioso ha sempre respinto questa accusa. Bashir è detenuto dalle
autorità indonesiane con l’accusa di aver partecipato ad un presunto complotto
per uccidere il presidente indonesiano, Megawati Sukarnoputri, quando era
ancora vicepresidente. (A.L.)
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