RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 220 - Testo della
Trasmissione di venerdì 8 agosto
2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA
E SOCIETA’:
Giovani in missione nella riviera romagnola.
Iniziativa delle parrocchie di Riccione e Cattolica.
In seguito a gravi episodi di violenza, avvenuti
oggi presso Tulkarem, il movimento islamico palestinese, Hamas, ha minacciato
la rottura della tregua nei Territori.
Condannato a morte uno degli autori dell’attentato
di Bali che lo scorso ottobre provocò 200 morti.
Il presidente della Liberia, Charles Taylor, ha
annunciato, ieri, che lascerà il Paese.
8 agosto 2003
CON
L’INTERVENTO DEL PAPA NELLA RESIDENZA PONTIFICIA DI CASTEL GANDOLFO,
IL
12.MO SEMINARIO SU “SCIENZA, RELIGIONE, STORIA”.
CON
NOI, MONS. JOZEF ZYCINSKI
- A
cura di padre Giuseppe Polak e Paolo Salvo -
Il
rapporto tra la Chiesa e la scienza è particolarmente importante nell’epoca
attuale, caratterizzata da grandi trasformazioni culturali. Lo ha sottolineato
Giovanni Paolo II, salutando ieri sera una ventina di studiosi polacchi, intervenuti
dal 5 agosto su invito e con la partecipazione del Papa, nel Palazzo Pontificio
di Castel Gandolfo, ad un seminario di tre giorni sul tema “Tempo e infinità”.
Una iniziativa voluta da Giovanni Paolo II e giunta alla 12.ma edizione
nell’ambito del ciclo: “Scienza, religione, storia”.Questa mattina, nella
cappella privata della sua residenza estiva, il Pontefice ha celebrato la Santa
Messa in suffragio degli studiosi scomparsi che avevano partecipato ai
precedenti seminari.
“Nella cultura contemporanea – ha osservato il Papa
salutando i suoi connazionali – non possono mancare le domande fondamentali sul
senso e sulla verità, sulla bellezza e sulla sofferenza , sull’infinità e sulla
contingenza”. Il Santo Padre si è detto grato al gruppo di studiosi polacchi
per aver potuto trattare questi argomenti in una prospettiva che vede
“complementari le nuove scoperte della scienza e la riflessione filosofica
classica”.
“Affinché i testimoni contemporanei della verità non si
sentano soli, abbiamo bisogno – ha aggiunto – di una grande solidarietà di
spirito nella cerchia di tutti coloro
che svolgono il servizio del pensiero. Alla Chiesa – ha detto ancora Giovanni
Paolo II – non possono essere indifferenti le conquiste della scienza, che è
sorta e si è sviluppata nell’ambito delle influenze culturali della
cristianità”. E ha pure ricordato che “la verità e la libertà sono
inseparabilmente unite nella grande opera di edificazione della cultura al
servizio del pieno sviluppo della persona umana”.
Parlando del binomio verità e libertà, non poteva mancare
un richiamo alle parole di Cristo “La verità vi farà liberi”. “Vogliamo
costruire – ha detto al riguardo – una cultura evangelica, libera dalle
illusioni e utopie che hanno portato tante sofferenze nel secolo passato”. Il
pensiero del Papa è andato quindi agli accademici defunti, sicuro che nella
luce del Signore “vedono già più chiaramente le verità che noi dobbiamo
scoprire nella penombra di ricerche e discussioni”.
Per un’impressione su queste tre giornate, il responsabile
del nostro Programma Polacco, padre Giuseppe Polak, ha sentito l’arcivescovo di
Lublino, mons. Jòzef Zycinski, che ha partecipato al seminario.
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R. - Durante l’incontro finale tutti hanno espresso la
loro solidarietà per il Papa nel suo sostegno per il dialogo interdisciplinare
tra la scienza e la fede. Dialogo importante per questo tempo dove il problema
della globalizzazione, della clonazione e delle nuove sfide bioetiche, portano
problemi interessanti, non solo per i cattolici, ma per tutti gli uomini che
cercano cosa significhi la verità oggi.
D. – Eccellenza,
anche il Papa ha partecipato regolarmente ai vostri incontri?
R. – Sì, durante i 3 giorni il Papa ha partecipato non
solo agli intereventi e alle conferenze, ma anche alle discussioni e, ieri
sera, dopo 3 interventi, il Papa ha presentato la sua visione di cooperazione
tra scienza e fede.
D. – Come ha trovato, lei, personalmente questo incontro?
R. – Ispirante, come sempre, e per noi che riconosciamo
l’importanza di questo pontificato per il dialogo interdisciplinare, questo è
un appoggio per lo sviluppo teoretico, dove la Chiesa si apre alle teorie
dell’evoluzione nella cosmologia, nella biologia, e questo elimina la
possibilità di interpretazione propagata per i fondamentalisti americani, per
esempio.
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LA
SANTA SEDE RIBADISCE CON FORZA IL SUO NO ALLA CLONAZIONE UMANA:
CON
NOI, IL VESCOVO ELIO SGRECCIA, VICEPRESIDENTE
DELLA
PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA
Con l’apertura dei lavori della
58.ma Assemblea generale delle Nazioni Unite, a settembre, tornerà in primo
piano al Palazzo di Vetro il dibattito sulla clonazione umana. In tale
occasione, saranno discusse le conclusioni raggiunte da un gruppo di lavoro
incaricato di preparare una Convenzione internazionale sulla proibizione della
clonazione umana. Si deciderà, dunque, se elaborare una bozza che proibisca
solo la cosiddetta “clonazione riproduttiva”, oppure che metta al bando anche
la cosiddetta “clonazione terapeutica”. Una distinzione, questa, che
rappresenta un pericoloso equivoco da eliminare con fermezza, come spiega il vicepresidente
della Pontificia Accademia della Vita, mons. Elio Sgreccia, intervistato da
Alessandro Gisotti:
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R. – La prima precisazione che va fatta sul piano
scientifico è che esiste una sola clonazione, che è sempre riproduttiva. E’
riproduttiva sia quando si riproduce un embrione per poi ucciderlo, sia quando
lo si riproducesse per poi farlo nascere e camminare in mezzo agli altri.
Quindi, c’è un equivoco in questa stessa duplicità di denominazione: in realtà,
si tratta sempre di riprodurre un individuo umano e, per quanto riguarda quella
che è stata chiamata ‘terapeutica’, si tratta di una forma ancor più grave, nel
senso che si produce un embrione con la tecnica della clonazione, quindi a
partire da cellule riproduttive umane, con l’intenzione poi di sopprimerlo.
Questa è la prima precisazione che va fatta su questo punto, per ottenere un
divieto totale.
D. – Cosa raccomanda la Santa Sede ai governi di quei
Paesi occidentali dove più avanti si è spinta la ricerca scientifica sul tema
della clonazione?
R. – La Santa Sede richiama da tempo la possibilità di
sviluppare in senso terapeutico l’utilizzazione delle cosiddette ‘cellule
staminali adulte’: ci sono delle cellule staminali che si possono prelevare,
senza danno per nessuno, dall’organismo adulto o dal sangue del cordone
ombelicale, in grande quantità, per potere essere poi elaborate, moltiplicate
ed utilizzate per le terapie. Quelle stesse terapie che si ipotizza possano
essere fatte attraverso l’utilizzazione delle cellule embrionali di embrioni
clonati, si possono raggiungere con le cellule staminali adulte. Quelle stesse
malattie – tipo Parkinson, Alzheimer – sono ormai in modo documentato
aggredibili attraverso l’uso di queste cellule staminali prelevate
dall’organismo adulto o dal sangue fetale. L’utilizzazione della cosiddetta
clonazione terapeutica, perciò, oltre che essere delittuosa diventa anche
inutile. Oltre tutto che queste cellule staminali provenienti da embrioni
clonati possano essere così miracolose come si ventila, non è stato provato,
mentre sull’utilizzazione delle cellule staminali adulte è stato provato ormai
da centinaia di articoli scientifici che portano i primi risultati. Non si
capisce, allora, perché si voglia perseguire questa strada soppressiva
dell’individuo umano embrione per raggiungere scopi terapeutici, sopprimendolo
e strumentalizzandolo in questa maniera. La raccomandazione è di arrestare
questa forma di soppressione e di utilizzazione degli embrioni umani, arrestare
anche il congelamento degli embrioni, arrestare questa forma di
strumentalizzazione dell’essere umano, della sua utilizzazione come se fosse un
oggetto, perché sono imprevedibili le conseguenze. Per questo, è giusto che se
ne interessi la più alta sede giuridica del mondo, quella delle Nazioni Unite.
D. – Eccellenza, lo sottolineava: sulla produzione di
cellule staminali adulte, la Santa Sede non è contraria, ma a condizioni ben
precise. Quali?
R. – Le condizioni sono che, come in ogni terapia, sia già
stata fatta una sperimentazione sull’animale; che non ci sia danno per chi dona
queste cellule, non ci sia danno per chi le riceve e che ci sia una speranza di
conseguire l’effetto.
D. – Secondo lei, c’è sufficiente consapevolezza della
gravità, delle questioni profonde che solleva il tema della clonazione umana
nei governi e nell’opinione pubblica?
R. – Purtroppo, credo di no. Si propone all’opinione
pubblica una sorta di scelta: usare gli embrioni per poter guarire tutte le
malattie oppure lasciar morire la gente di queste malattie. Questo è un falso
dilemma che disorienta la gente, perché si tratta non solo di un delitto –
l’utilizzazione di un essere umano per farne una medicina per altri eventuali
esseri umani – ma si tratta anche di una cosa del tutto inutile, oltre che
assurda. Si può raggiungere lo stesso scopo attraverso altre vie. Quindi, ci
vuole una grandissima informazione, soprattutto dare il senso dei valori in
gioco. Se si stabilisce il principio che per guarire una malattia si può
uccidere un altro individuo umano, questo principio che riduce l’essere umano a
mezzo, strumento, farmaco, diventa di una delittuosità che non è stata
raggiunta, direi, nemmeno dalle forme più crudeli cui abbiamo assistito nel
secolo scorso nei campi di concentramento.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina la
situazione in Iraq: militari Usa uccidono civili nel mercato di Tikrit. Si
sottolinea che viene a riproporsi, anche dopo l'attacco all'Ambasciata giordana
a Baghdad, il costante problema della sicurezza.
Nelle vaticane, nel discorso ai
partecipanti al XII Seminario su "Scienza, Religione, Storia", il
Papa ha richiamato il valore della responsabilità cristiana per il futuro della
cultura.
Due pagine dedicate
all'intervento del cardinale Alfonso Lopez Trujillo sul tema "Clonazione:
scomparsa della genitorialità e negazione della famiglia".
Nelle pagine estere, Repubblica
Democratica del Congo: nell'Ituri ore drammatiche per trentuno bambini di un
orfanotrofio.
Arabia Saudita: sventato un
attentato dinamitardo nella provincia di Qassim.
Nella pagina culturale, un
contributo di Marco Testi dal titolo "Per un'estetica che superi le
mode": tradotto in italiano, dopo 74 anni dall'edizione francese, il
"Processo all'arte" di Stanislas Fumet.
Nelle pagine italiane, in
rilievo i temi dell'economia e della giustizia.
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8 agosto 2003
PERMANE
SU GRAN PARTE DELL’EUROPA L’ONDATA DI CALURA ECCEZIONALE:
GLI
ESPERTI DI METEOROLOGIA NON OFFRONO RISPOSTE RASSICURANTI
MENTRE
LA GENTE CERCA RIPARO DAL SOLE COCENTE
- A cura di Roberta Gisotti ed Eliana Astorri
-
Caldo torrido, afa soffocante, siccità diffusa: persiste
in Italia, sul Mediterraneo e su gran parte d’Europa la ‘cappa’ di aria
bollente, che fa boccheggiare perfino i villeggianti in riva al mare e nelle
località alpine. Si contano intanto già decine e decine di vittime per le alte
temperature e per le fiamme che hanno devastato migliaia e migliaia di ettari
di boschi e aree di pascolo. Fortemente preoccupati gli ambientalisti per i
danni provocati dagli incendi e per i rischi di inquinamento atmosferico,
mentre è emergenza nel settore agricolo. Stato di allerta sociale in Italia,
Francia, Portogallo, Spagna, Germania, Gran Bretagna, Belgio, Serbia e
Montenegro. Un’estate che rimarrà negli annali di meteorologia per le alte
temperature, la scarsità di piogge e le violente e repentine alluvioni. Eliana
Astorri ha intervistato il prof. Giampiero Maracchi, direttore dell’Istituto di
Biometeorologia del Centro nazionale ricerche (Cnr) di Firenze.
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R. - Diciamo più che altro quello che è già successo a
partire dall’inizio di maggio. Osserviamo un fenomeno che si è già parzialmente
verificato anche negli altri anni, cioè una sorta di estensione dell’area
dell’alta pressione, che generalmente è sul Sahara, verso Nord, verso il Mediterraneo.
Questo si va a saldare con le alte pressioni che arrivano più tardi, cioè agli
inizi di luglio sull’Atlantico centrale e determina tutta una situazione di
blocco che poi dà luogo a temperature molto alte e mancanza di pioggia. Allo
stesso tempo, cosa sta succedendo, sempre per lo stesso fenomeno, invece, la
zona del Monsone africano, che arriva a Sud del Sahara, si è intensificata e
quindi piove più del normale nella fascia che va dalla Mauritania fino al Ciad,
passando per il Mali e per il Niger.
D. – Lei parla di blocco. Che cosa significa? Che non
possono entrare le perturbazioni che arrivano dall’America, ad esempio?
R. – Non possono entrare, come giustamente dice lei, le
perturbazioni che normalmente arrivano dall’Atlantico, quindi quelle che
arrivano dal Canada e attraverso l’Atlantico, che sono quelle che portano la
pioggia sull’Europa, fin sul Mediterraneo. Bisogna anche dire che questa è una
situazione abbastanza estrema ed ovviamente non è detto che tutti gli anni si
ripeta, anzi, vorrei sottolineare che l’anno scorso abbiamo avuto l’opposto
esatto, per tutta l’estate, a partire dalla metà di luglio fino addirittura a
fine novembre, che ha determinato una fine di luglio ed agosto con temperature
molte basse e precipitazioni continue su tutta l’Europa, ma anche sull’Italia.
Questi sono i due estremi di una distribuzione statistica di una climatologia
che si sta modificando.
Uno degli aspetti che preoccupa la gente è la
ripercussione che questo caldo così intenso e prolungato può avere sul nostro
fisico. Chiediamo consiglio al prof. Antonio Gasbarrini, associato di Medicina
Interna presso l’Università Cattolica Policlinico Agostino Gemelli di Roma.
D. -
Professor Gasbarrini, tutti si lamentano e non sopportano questo caldo. Cosa
succede nel nostro corpo quando per lungo tempo si è sottoposti a temperature a
cui non siamo abituati?
R. – Innanzitutto dobbiamo tener presente che cambia la
circolazione, cioè il sangue del nostro organismo si sposta in periferia, si
sposta sulla cute, questo per permettere un migliore scambio con l’esterno, in
particolare per permettere una buona sudorazione che è il meccanismo che il
nostro organismo mette in pratica per tenere costante la temperatura corporea.
Quindi, fondamentalmente il meccanismo è quello di cambiare la circolazione.
Che cosa bisogna tener presente? Che se questo avviene normalmente, ed
ovviamente più aumenta la temperatura più l’organismo ha bisogno di sudare per
abbassare e tenere costante la temperatura attorno ai 37 gradi, questo si paga
in qualche maniera con uno scotto, con lo scotto che è quello della perdita di
liquidi, per cui diciamo che una delle prime cose che bisogna tener presente è
che questo grande caldo determina sudorazione, la sudorazione determina la
cosiddetta disidratazione, perdita dei liquidi, e il primo suggerimento è
quello di essere molto idratati, e quindi quello di bere molto quando la
temperatura è così alta fuori.
D. – Per quanto riguarda i cibi?
R. – Sicuramente bisogna evitare i cibi particolarmente
grassi, perché sono cibi che richiedono una digestione lunga e laboriosa e la
digestione richiama sangue. Se abbiamo detto che nel periodo estivo il sangue
sta soprattutto in periferia, sulla cute, richiamandolo a livello dell’apparato
digerente, diciamo che è un processo che per l’organismo non è ben accetto e la
digestione è molto più faticosa che nel periodo invernale. Per cui, evitare
cibi particolarmente grassi, evitare condimenti pesanti, prediligere invece
frutta e verdura fresca che diciamo sono facili a digerire e contengono tanta
di quell’acqua di cui, come ho detto prima, abbiamo bisogno.
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UNA
MANO SEMPRE TESA VERSO CHI HA BISOGNO.
E’
QUANTO SI PREFIGGE LA COMUNITA’ IMPEGNO SERVIZIO VOLONTARIATO,
DA
ANNI OPERATIVA CON I SUOI PROGETTI
IN
AFRICA E AMERICA LATINA
-
Intervista con Simona Guida -
Realizzare programmi di
promozione umana; selezionare e formare gruppi di volontari e studiare le cause
delle ingiustizie in atto a livello nazionale e internazionale. Questi sono
solo alcuni degli obiettivi che si prefigge la Cisv, “Comunità Impegno Servizio
Volontariato”. Nato nel 1961, per rispondere alle esigenze dei quartieri a
rischio di Torino, questo organismo ha allargato sempre più il proprio spettro
di azione, tendendo le braccia anche verso le popolazioni dell’Africa e
dell’America Latina. Per capire come opera in concreto la “Comunità Impegno
Servizio Volontariato”, Barbara Castelli ha raggiunto telefonicamente in
Senegal Simona Guida, volontaria Cisv.
**********
R. - Io lavoro per metà del
tempo per l’ufficio ‘progetti’ e per l’altra metà per il settore ‘educazione
alla mondialità’. Per il settore ‘progetti’ seguo un progetto di sviluppo
locale. E’ un progetto che ha due ambiti principali: uno è il settore di micro
finanza, per cui abbiamo appoggiato la popolazione perché creasse
un’istituzione di micro finanza per fare crediti necessari alla gente; l’altro
settore, invece, è il vero e proprio fondo di sviluppo locale, che finanzierà
le infrastrutture ad utilizzo comunitario e poi altre attività di sostegno alle
organizzazioni di base. Per il settore ‘educazione alla mondialità’, invece, mi
occupo di seguire il turismo responsabile. A Louga, per esempio, abbiamo creato
un coordinamento con l’associazione del quartiere e il Festival del folklore e
delle percussioni di Louga.
D. - Qual è la realtà che ha
trovato in Senegal?
R. - La mia prima esperienza è
stata in Mali, nel nord del Mali, con il Cisv, dove c’è una situazione di
precarietà profonda. Arrivando qui in Senegal, invece, ho trovato le strade
asfaltate. Ho trovato sicuramente più ricchezza ma nei villaggi manca ancora
davvero molto. La situazione igienica, soprattutto nei centri urbani e non
tanto nei villaggi, è sicuramente problematica. Le infrastrutture ospedaliere
sono assolutamente terribili e ci sono pochissimi centri sanitari di base.
D. - Cosa lascerà questa
esperienza a Simona Guida?
R. - Lascerà sicuramente una
gran voglia di ritornare e poi mi lascerà tanti volti, tante lettere… Ho
migliorato le mie competenze lavorative, ma sicuramente ho ricevuto tanto dal
punto di vista umano.
D. - Se dovesse convincere un
giovane occidentale che ha tanto a tendere la mano ad un altro che, invece, ha
poco, cosa direbbe?
R. - Penso che per quanto si
possa cercare di spiegare, nessuna parola può essere tanto efficace del poter
conoscere e vedere di persona.
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8 agosto 2003
LE AUTORITÁ DEL RWANDA CHIEDONO ALL’ONU DI
TRASFERIRE NEL PAESE IL TRIBUNALE INTERNAZIONALE PER I CRIMINI DEL 1994,
ATTUALMENTE INSEDIATO IN TANZANIA.
KIGALI
PROPONE ANCHE UN MAGGIORE COINVOLGIMENTO
DELLA
MAGISTRATURA RUANDESE NEI PROCESSI
KIGALI. = Il Rwanda ha invitato
ieri il Consiglio di sicurezza dell’Onu a prendere in considerazione un
trasferimento del tribunale penale internazionale per i crimini commessi
durante il genocidio del 1994, dall’attuale sede di Arusha, in Tanzania.
“Abbiamo chiesto alle Nazioni Unite di trasferire la Corte più vicino ai
ruandesi, in modo che i processi divengano più significativi per i cittadini e
soprattutto per le vittime” ha dichiarato alla agenzia Reuters il procuratore
generale del Rwanda Gerald Gahima. Nel 1995, a pochi mesi dai massacri che
provocarono la morte di circa 800 mila tutsi e hutu in cento giorni, l’Onu creò
un apposito tribunale per individuare e punire i responsabili del genocidio. Le
autorità di Kigali non chiedono solo il trasferimento della Corte, ma anche di
valutare se non sia giunto il momento per modificare il mandato del tribunale.
Le autorità ruandesi propongono un’eventuale revisione sul modello della Corte
speciale per i crimini della guerra civile in Sierra Leone, considerata il
modello più avanzato di giurisdizione internazionale in materia. Quest’ultimo è
un tribunale nato dall’accordo tra le
autorità di Freetown e le Nazioni Unite e prevede il coinvolgimento della magistratura
locale. Kigali, in altre parole, vorrebbe essere coinvolta nel lavoro di ricostruzione
di responsabilità del genocidio e avere la possibilità di effettuare direttamente
i processi attraverso appositi collegi giudicanti locali. Il mandato del
tribunale internazionale scadrà nel 2008, quando i procedimenti ancora eventualmente
pendenti verranno trasferiti al sistema giudiziario del Rwanda. In questi
stessi giorni, fra l’altro, il Consiglio di sicurezza deve valutare se
rinnovare o no il mandato al procuratore generale Carla Del Ponte, che guida
anche la procura dell’altro Tribunale speciale dell’Onu, quello sui crimini
nell’ex Jugoslavia. (M.D.)
IL
KENYA RICORDA I CINQUE ANNI DALLA STRAGE
DELL’AMBASCIATA
AMERICANA A NAIROBI. COMMEMORAZIONE
NELLA CAPITALE CON
L’ARCIVESCOVO NDINGI MWANA NZEKI
NAIROBI. = La
popolazione del Kenya ha ricordato ieri il quinto anniversario dell’attacco
terroristico all’ambasciata americana a Nairobi, avvenuto appunto il 7 agosto
del 1998 ad opera di un organizzazione collegata con Al Qaeda, la rete di Osama
Bin Laden. La disastrosa esplosione provocò 250 morti e più di 5 mila feriti.
Anche l’arcivescovo, mons. Raphael Ndingi Mwana Nzeki, ha commemorato il
drammatico evento al Memorial Park di Nairobi, invitando tutte le nazioni ad
uno sforzo comune contro il terrorismo, nemico di ogni popolo. Mons. Ndingi ha
inoltre affermato che la punizione dei terroristi non deve avere conseguenze
sulle loro famiglie e non può in alcun modo essere presentata come una forma di
vendetta. L’arcivescovo ha concluso il proprio intervento invitando tutti i
fedeli del Kenya a pregare per la conversione dei terroristi stessi. (M.D.)
NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO, SCONVOLTA
DALLA GUERRA CIVILE,
LA
POPOLAZIONE CONTINUA A SOFFRIRE. IL PARROCO DI FATAKI
LANCIA
UN APPELLO ALLA FORZA MULTINAZIONALE DELL’ONU
FATAKI. = Un disperato appello
per salvare una trentina di orfani in tenera età, costretti a stare nascosti
insieme ad alcune suore in una struttura religiosa di Fataki, in Ituri, nel
nord-est della Repubblica democratica del Congo, a causa dei continui attacchi
delle milizie tribali. A lanciarlo è don Protect Dhena, parroco di Fataki,
circa 80 chilometri a nord di Bunia, che ha fatto pervenire oggi il suo
messaggio alla agenzia missionaria Misna. “Quattro giorni fa – ha riferito don
Dhena - le milizie Lendu hanno assaltato l’orfanotrofio: due suore, insieme a
quattro infermiere, hanno preso tutti i 31 bambini e sono fuggite. Ora si
trovano barricati nel convento delle suore del Carmelo, dove ormai non c’è più
cibo. I bimbi sono molto piccoli: il più grande ha solo 3 anni”. Il parroco di
Fataki ha chiesto aiuto alla forza multinazionale inviata dall’Onu a Bunia, ma
senza esito poiché la strada da Bunia a Ituri sarebbe ancora troppo pericolosa.
Il parroco si trova asserragliato nel “Piccolo seminario” di Fataki insieme ad
altri tre sacerdoti. L’ultimo attacco dei miliziani Lendu risale alla notte tra
sabato e domenica scorsi. Uomini armati hanno tentato un’incursione anche nel
seminario ma la struttura dell’edificio - chiuso ai quattro lati con un cortile
interno – ha garantito la salvezza dei sacerdoti e degli sfollati che hanno
trovato riparo in questa struttura religiosa. Secondo le testimonianze raccolte
dalla Misna, i combattenti hanno saccheggiato e devastato anche una parte
dell’ospedale locale. Al momento non si hanno notizie di un gruppo di ammalati,
che si trovavano nell’ala del presidio ospedaliero presa d’assalto dalle bande
armate. Il villaggio di Fataki è stato teatro di un massacro intorno al 20
luglio scorso, quando un’ottantina di persone sono state uccise dai miliziani
Lendu. Fataki si trova in una zona abitata in maggioranza dagli Hema del nord
Ituri, contro cui si scagliano gli attacchi dei rivali Lendu. Tutta la zona,
nonostante la presenza della forza multinazionale guidata dai francesi,
intervenuti a rinforzare il contingente di caschi blu dell’Onu, continua ad essere
segnata dagli scontri tra queste due formazioni avversarie che si contendono a
spese dei civili un territorio particolarmente ricco di risorse minerarie.
(M.D.)
GIOVANI
DA TUTTA L’ITALIA PER DUE SETTIMANE IN MISSIONE SULLA RIVIERA
ROMAGNOLA. UN’
INIZIATIVA DELLE COMUNITÁ PARROCCHIALI
DI RICCIONE E
CATTOLICA, CON PREZIOSE COLLABORAZIONI
IN ALTRE DIOCESI DEL PAESE
RICCIONE. = Lungo
la riviera adriatica italiana, tra Riccione e Cattolica, giovani provenienti da
tutta l'Italia avvicineranno i loro coetanei per annunciare Gesù Cristo.
L'iniziativa è denominata "Evangelizzazione di strada" ed occuperà le
giornate dall'8 al 17 di agosto. Sono state le stesse comunità parrocchiali di
Riccione e di Cattolica a promuovere quest’opera pastorale che non ha
precedenti sulla Riviera adriatica, data la vastità del territorio in cui essa
si svolgerà, il numero degli evangelizzatori e la varietà delle proposte. Sono
previsti, infatti, incontri di catechesi, celebrazioni liturgiche ed
eucaristiche, confessioni, veglie notturne, spettacoli ed animazioni in strada
e in spiaggia. L’iniziativa è nata dall’esigenza delle comunità parrocchiali
romagnole di accogliere i giovani turisti attraverso l’annuncio esplicito del
Vangelo e di dare un segno di presenza viva dei cristiani sul territorio nel
periodo estivo. Di notevole interesse è poi la partecipazione allargata alla
missione. Ad essa collaboreranno infatti non solamente i giovani romagnoli, che
hanno seguito per mesi un apposito corso di preparazione, bensì anche giovani
della diocesi di Verona, anch’essi adeguatamente formati all’evangelizzazione
di strada, nonché giovani della diocesi di Firenze, della comunità
“Beatitudini” di padre Pierre Aguila, della comunità “Nuovi Orizzonti” di
Chiara Amirante, e di “Jeunesse Lumière” di padre Daniel Ange dalla Francia. La
missione non sarà parrocchiale in senso stretto, bensì mirerà a lanciare un messaggio
verso tutti quei giovani che gravitano nel territorio, anche se provengono da
città e nazioni diverse. (M.D.)
MORTO
IN UN INCIDENTE STRADALE IL CARMELITANO PADRE REDENTO VALABEK, PER 15 ANNI
VALIDO E STIMATO COLLABORATORE DELLA NOSTRA EMITTENTE. I FUNERALI SI
SVOLGERANNO DOMANI A MIDDLETOWN, NELLO STATO DI NEW YORK
CITTÁ DEL VATICANO.
= Un incidente stradale avvenuto il 5 agosto nella città di Middletown, nello
Stato americano di New York, è purtroppo costato la vita a padre Redento Maria
Valabek, sacerdote carmelitano di 69 anni, conosciuto per le sue grandi doti
umane e virtù cristiane, da 15 anni prezioso e stimato collaboratore anche
della nostra emittente. Padre Valabek era penitenziere nella Patriarcale
Basilica Vaticana, docente a Roma in diverse universitarie pontificie ed ex postulatore
generale. Era una voce familiare del nostro programma inglese, per il quale
curava trasmissioni di carattere catechetico su questioni di fede. I funerali
avranno luogo domani alle ore 11, presso il Santuario nazionale della Madonna
del Carmine a Middletown. (M.D.)
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8 agosto 2003
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Medio Oriente il percorso di pace della “Road
map” sta attraversando una fase critica. Due palestinesi ed un soldato
israeliano sono rimasti uccisi, oggi, durante un’incursione israeliana nel
campo profughi di Askar, nei pressi di Tulkarem. In seguito a questo grave
episodio di violenza, l’organizzazione fodamentalista, Hamas, ha minacciato di
rompere la tregua proclamata lo scorso 29 giugno. Un’altra grave minaccia per
il dialogo israelo-palestinese è costituita dalla costruzione del muro tra lo
Stato ebraico e la Cisgiordania. Affrontando questo delicato tema in un
incontro con la stampa estera di Washington il segretario di Stato americano,
Collin Powell, ha affermato, ieri, che l’amministrazione statunitense sta
considerando l’eventualità di detrarre il costo per la costruzione della
barriera dalle garanzie bancarie promesse ad Israele.
A cento giorni dalla fine delle “operazioni
belliche” in Iraq, il Paese arabo continua, purtroppo, ad essere macchiato da
sanguinosi episodi di violenza. Questa mattina due iracheni, che stavano
vendendo armi nel mercato di Tikrit, città natale del deposto presidente Saddam
Hussein e roccaforte dei sostenitori del vecchio regime, sono stati uccisi dai
soldati americani. Sempre oggi tre militari
statunitensi sono rimasti feriti in un agguato vicino a al-Amariya, 60
chilometri ad Ovest di Baghdad. La lunga catena di attentati e
attacchi ha fatto registrare, ieri, la giornata con il più alto bilancio di
vittime: l’esplosione dell’autobomba avvenuta davanti alla sede diplomatica
giordana, costata la vita ad almeno 17 persone, e l’uccisione, a Baghdad, di
due soldati americani testimoniano la difficile situazione del dopoguerra nel
Golfo Persico. Ce lo conferma Paolo Mastrolilli:
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L’autobomba esplosa davanti alla
rappresentanza di Amman ha ricordato scene viste in passato a Beirut. I
fedelissimi di Saddam rimproverano alla Giordania di aver collaborato con gli
Stati Uniti durante la guerra e di aver dato asilo alle due figlie del rais.
Poco prima dell’attentato, la guerriglia era tornata a prendere di mira i
soldati americani a Baghdad uccidendo due uomini durante uno scontro. Il
generale comandante dei reparti che operano a nord della capitale ha detto che
ormai Saddam è braccato. Commentando le ultime violenze, il segretario di Stato
Powell ha detto che forse a questo punto gli americani devono cambiare tattica,
dando più spazio alle truppe straniere e alle forze di polizia che gli iracheni
stanno ricostituendo per garantire la sicurezza.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Nelle Isole Salomone sono morti
i sei missionari anglicani presi in ostaggio dai ribelli guidati da Harold
Keke. Lo ha detto oggi il diplomatico australiano, Nick Warner, che guida la
forza di pace multinazionale inviata nel Paese del Pacifico meridionale, teatro di sanguinosi scontri interetnici dal
1998.
In Indonesia si continua ad
indagare sul sanguinoso attentato all’hotel Marriot di Giakarta, che martedì
scorso ha causato 16 morti e circa 150 feriti. La polizia indonesiana ha
identificato oggi il kamikaze che si è lanciato con un’autobomba contro
l’albergo della capitale indonesiana: si tratta di Asmar Latin Sani, militante
della Jemaah Islamyia. I magistrati indonesiani hanno intanto condannato a
morte Amrozi Bin Nurhasyim, considerato uno dei responsabili dell’attentato di
Bali, che l’ottobre scorso ha causato la morte di circa 200 persone. Sulle
contrastanti reazioni alla sentenza, il servizio di Maurizio Pascucci:
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Non tutti se la sono sentita di
sottoscrivere la logica della vendetta: questo è Brian Deagan, un magistrato
australiano che ha perso il figlio nella strage:
“JUST
THE THOUGHT THAT ...
Solo il pensiero che qualcuno, che
il suo corpo sia violentemente trucidato da proiettili o altro, il tutto in
nome di mio figlio, mi fa stare fisicamente male”.
Intanto, i parenti delle 26
vittime britanniche riunite in un gruppo chiamato “UK Bali Bombing Victims
Group”, hanno criticato la sentenza sostenendo che la pena capitale eleverà
Amrozi allo status di martire. Susanne Miller è la sorella di una delle vittime
di Bali:
“WE
WANTED LIFE JAILING ...
Volevamo la condanna a vita, gli
hanno dato la condanna a morte; adesso siamo noi quelli che hanno ricevuto la
condanna a vita, perché è qualcosa con cui dovremo vivere per il resto dei
nostri giorni”.
Maurizio Pascucci per la Radio
Vaticana.
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Sul delicato tema del programma
nucleare nordcoreano, il 13 ed il 14 agosto si riuniranno, a Washington,
diplomatici statunitensi, giapponesi e sudcoreani. L’incontro avverrà per
coordinare la loro politica in vista dei colloqui a sei a cui parteciperanno,
probabilmente all’inizio di settembre, anche Russia e Cina.
Nonostante la situazione della
Liberia continui ad essere drammatica, il futuro del Paese sembra aver preso la
strada della pace. Questa speranza è supportata dalla presenza, nel Paese, dei soldati
nigeriani dell’Ecowas e dall’annuncio del presidente, Charles Taylor, di
dimettersi lunedì prossimo. Ma le dimissioni di Taylor non sono purtroppo prive
di ombre e perplessità. Il servizio di Giulio Albanese:
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Il fatto che Taylor si dimetta non
significa affatto che faccia le valigie, avendo posto come condizione alla sua
partenza la cancellazione dei capi di imputazione per i crimini di guerra e
contro l’umanità da parte del Tribunale speciale per la Sierra Leone,
supportato dalle Nazioni Unite, che lo accusa di aver sostenuto i ribelli del
Ruf, il Fronte unito rivoluzionario, nel corso del conflitto del decennio
1991-2001. Intanto, da Washington il segretario di Stato Colin Powell ha detto
chiaro e tondo che la decisione di Taylor di lasciare la Liberia non farà
cadere le accuse nei suoi confronti. In soldoni, significa che il leader
liberiano potrebbe davvero tornare nella foresta e fare il guerrigliero anziché
andarsene in esilio in Nigeria. E questo preoccupa non poco tutti.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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Sei soldati russi sono morti ed altri sette sono rimasti
gravemente feriti, ieri pomeriggio, durante un’imboscata al veicolo blindato
sul quale viaggiavano in Inguscezia, una regione di confine con la repubblica
separatista della Cecenia. Sembra si tratti di un ennesimo attacco ad un
reparto militare russo nell’area, da parte dei ribelli indipendentisti ceceni.
Dalla Cambogia arriva la
conferma ufficiale della vittoria alle elezioni legislative del primo ministro
Hum Ten, del Partito del popolo cambogiano. A fornire la notizia il Comitato
Nazionale elettivo.
La leader del movimento democratico birmano, Aun San Suu
Kyi, potrebbe essere liberata entro due settimane. Secondo fonti militari la
giunta birmana potrebbe far coincidere la liberazione del Premio Nobel per la
pace con la riunione tra i comitati di frontiera della regione prevista per il
prossimo 22 agosto. Suu Kyi è in carcere dal 30 maggio scorso, quando venne
arrestata durante i violenti scontri tra i sostenitori della Lega Nazionale per
la Democrazia e la Giunta Militare del Nord.
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