RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 219 - Testo della Trasmissione di giovedì 7 agosto 2003

 

Sommario

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

 

Il Papa in un messaggio alle Guide e agli Scout d’Europa, riuniti in Polonia per il sesto Eurojamboree: siete un dono prezioso per la Chiesa e per la nuova Europa

 

 Santa Messa in memoria di Paolo VI nella Basilica Vaticana, a 25 anni dalla morte. La straordinaria figura di Papa Montini, nel ricordo del cardinale Virgilio Noè, che ha presieduto il rito.

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

 

L’emigrazione destinata ad intensificarsi in tutta l’Europa nei prossimi decenni, secondo il Meeting internazionale di Loreto. Con noi, il vescovo Amedeo Grab

 

La pace deve prevalere: appello congiunto dei vescovi cattolici e anglicani del Sudan, in favore dei negoziati tra Nord e Sud del Paese africano, sconvolto da una guerra civile. Intervista con il vescovo di Rumbek, Cesare Mazzolari

 

 Migliaia di bimbi di Bielorussia e Ucraina ogni estate in Italia, ospiti di famiglie e istituzioni, per guarire da Chernobyl e trovare calore umano.

 

 

CHIESA E SOCIETA’:

 

In corso in Romania la nona edizione dell’incontro nazionale dei Giovani cattolici.

 

I vescovi argentini incontrano per la prima volta il neopresidente Kirchner.

 

Concluso il Sinodo della Chiesa ucraina, nel segno della cooperazione con la vicina Polonia.

 

Inizieranno in autunno i corsi all’università “Mar Elias” di Ibillin, il primo ateneo cattolico arabo in Israele.

Inaugurato ieri il cinquantaseiesimo Festival del film di Locarno.

 

24 ORE NEL MONDO:

Almeno 7 persone sono morte, stamani, a causa di un’esplosione avvenuta a Baghdad di fronte all’ambasciata giordana.

 

Il presidente americano, George Bush, ha definito “un problema” il muro tra lo Stato ebraico e la Cisgiordania.

 

L’odierno discorso del presidente Taylor al Parlamento potrebbe segnare una svolta per il futuro della Liberia.

 

                                                                                    

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

7 agosto 2003

 

 

 

UN DONO PREZIOSO PER LA CHIESA E PER LA NUOVA EUROPA:

COSI’ IL PAPA IN UN MESSAGGIO ALLE GUIDE E AGLI SCOUT D’EUROPA,

RIUNITI IN POLONIA PER IL SESTO “EUROJAMBOREE”

- A cura di Paolo Salvo -

 

“Rispondete con generosità all’appello di Cristo che vi invita a prendere il largo e a diventare suoi testimoni, scoprendo la fiducia che egli ripone in voi per inventare un futuro insieme con Lui”. E’ l’invito che Giovanni Paolo II rivolge, in un messaggio reso noto oggi, agli 8 mila giovani d’una ventina di nazioni europee convenuti in Polonia, dal 1° al 12 agosto, per il sesto raduno Eurojamboree dell’Unione internazionale delle Guide e degli Scout d’Europa. Oggi, il pellegrinaggio delle guide e degli scout cattolici a Czestochowa, per la celebrazione della Messa presieduta dal cardinale Jozef Glemp davanti all’immagine della Madre di Dio, nel celebre santuario di Jasna Gora, e il rinnovo dell’atto di affidamento alla Vergine.

 

“Itinerario privilegiato di crescita spirituale, l’esperienza scoutistica  è un cammino di grande valore per permettere l’educazione integrale della persona”. Così si esprime il Papa nel suo messaggio, in cui rivolge agli scout “un cordiale saluto” e assicura la sua “profonda unione nella preghiera”. Un’esperienza, quella degli scout, che “aiuta a superare la tentazione dell’indifferenza e dell’egoismo – sottolinea il Santo Padre – per aprirsi al prossimo e alla società”. Un’esperienza – aggiunge – che “può efficacemente favorire  l’accoglienza delle esigenze della vocazione cristiana: essere ‘sale della terra e luce del mondo’”.

 

Il Papa invita quindi i giovani esploratori ad “essere fedeli alla ricca tradizione del movimento scout, impegnata nella formazione al dialogo, al senso della giustizia, alla lealtà, alla fraternità nei rapporti sociali”. “Un tale stile di vita – osserva Giovanni Paolo II – può essere il vostro originale contributo alla realizzazione di una più grande e più autentica fraternità tra i popoli europei, un contributo prezioso alla vita delle società nelle quali vivete”.  In questo senso, il Papa considera guide e scout “un dono prezioso non solo per la Chiesa, ma anche per la nuova Europa”, quella “Europa dei popoli” alla cui costruzione sono chiamati a partecipare “con tutto l’ardore della giovinezza”.

 

Proprio perché possano compiere questa missione che la Chiesa affida loro, Giovanni Paolo II incoraggia gli scout a coltivare “un’autentica vita di preghiera, alimentata dai sacramenti, specialmente dall’Eucaristia e dalla Confessione”, per “trarre la necessaria forza”. Così pure ricorda, di conseguenza, l’importanza della Santa Messa, come “il centro e il culmine” di questo come di ogni altro incontro, e in particolare di ogni settimana, celebrando “il Giorno del Signore”.

 

 

LITURGIA DI SUFFRAGIO, IERI POMERIGGIO IN SAN PIETRO,

 A 25 ANNI DALLA MORTE  DI PAOLO VI. LA GRANDE FIGURA DI PAPA MONTINI,

NEL RICORDO DEL CARDINALE VIRGILIO NOE’ CHE HA PRESIEDUTO IL RITO

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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“La Chiesa perdeva un Pontefice amato e santo… L’umanità era privata di una guida saggia”: la morte di Paolo VI ricordata con parole commosse dal cardinale Virgilio Noè:

 

“Il cuore rivive volentieri quei momenti di dolore e si edifica all’esempio che quella morte offre a tutti: ‘ecco come muore il giusto’”.

 

Un ritratto ricco di suggestioni, che ha ripercorso i tratti salienti di questa grande personalità, e che trova mirabile sintesi nelle parole del padre gesuita Giacomo Martina, storico della Chiesa, che il cardinale Noè ha riproposto in questo 25.mo anniversario dalla scomparsa di Giovanni Battista Montini.

 

“Paolo VI ha davanti alla storia il merito di aver condotto in parte il Concilio, nello stesso spirito espresso da Giovanni XXIII, di averne avviate le prime numerose applicazioni e insieme l’altro merito, forse più arduo, di avere evitato irreparabili scismi, con una paziente opera di persuasione e di attesa, frenando intemperanze e rinunziando a decisioni drastiche e controproducenti”.

 

“Servo della Parola”, “non si è mai sottratto all’annunzio di essa” – ha aggiunto il porporato – “confessava con umiltà di ‘avvertire il peso schiacciante fra il messaggio che annunciava  e la capacità di esporlo e anche di viverlo’”.

 

Significativo il pensiero di Paolo VI rivelato fin dall’inizio del suo pontificato:

 

“‘…la Chiesa guarda al mondo con profonda comprensione, con sincera ammirazione, e con schietto proposito non di conquistarlo, ma di valorizzarlo; non di  condannarlo, ma di confortarlo e di salvarlo.’”

 

Infine, il cardinale Noè ha rievocato il bilancio che Papa Montini fece del suo ministero petrino, nella solennità di San Pietro, “la grande festa della fede”, il 29 giugno di quell’anno in cui concluse il suo itinerario terreno il 6 agosto del 1978:

 

“‘Ecco l’intento instancabile, vigile, assillante che ci ha mossi in questi 15 anni di pontificato: Ho conservato la fede (2 Cor.4,7)! Possiamo dire oggi, con umile e ferma coscienza, di non aver mai tradito ‘il Santo vero’”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

La prima pagina si apre con la notizia del sanguinoso attentato contro l'Ambasciata di Giordania a Baghdad.

 

Nelle vaticane, il Messaggio del Papa alle Guide e Scout d'Europa riuniti per il sesto jamboree europeo.

Un articolo di Gianfranco Grieco sul LX di ordinazione sacerdotale e sul XXV di episcopato di mons. Luigi Diligenza, arcivescovo emerito di Capua.

Un articolo di Graziella Merlatti su un volume di mons. Giulio Venturini, ricco "vademecum" per orientarsi nel cammino ecumenico.

 

Nelle pagine estere, Medio Oriente: le autorità israeliane scarcerano 339 detenuti palestinesi.

Per la rubrica dell'Atlante geopolitico, un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo "Africa: l'Ue sollecitata a compiti di pacificazione.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Claudio Toscani in ricordo dello scrittore livornese Carlo Coccioli, morto il 5 agosto, all'età di 82 anni.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema del lavoro.

 

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

7 agosto 2003

 

 

 

ANCORA ALLA LUCE DEL CONVEGNO DI LORETO SULLE MIGRAZIONI

UNA RIFLESSIONE CON IL VESCOVO AMEDEO GRAB, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

DELLE CONFERENZE EPISCOPALI D’EUROPA

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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La migrazione è un fattore permanente della storia umana, come è stato molto ben evidenziato al VI Meeting internazionale promosso dai missionari scalabriniani a Loreto. E’ importante capirne il significato e non illudersi, come a volte capita anche in politica, pensando che si tratti di un fenomeno provvisorio che verrà poi regolato da opportuni provvedimenti giuridici. In realtà – è stato affermato al Meeting - la migrazione si intensificherà nei prossimi decenni e toccherà tutta l’Europa, anche se certi movimenti sono meno rilevanti di quanto si fosse pensato 15 anni fa. Dopo la caduta del muro di Berlino nell’89, infatti, si pensò che milioni e milioni di ex cittadini della Russia sovietica sarebbero arrivati nei nostri Paesi, ma questo non si è verificato. Nella misura in cui si riuscirà, attraverso l’entrata di diversi Paesi nell’Unione Europea, a stabilire un certo livello se non omogeneo, almeno proporzionato alle economie nazionali, si può pensare che questo flusso si allenterà.

 

Ma come vedere il problema migratorio dal punto di vista della Chiesa? Lo abbiamo chiesto al vescovo di Coira in Svizzera, mons. Amedeo Grab, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, che era a Loreto:

 

R. - Per la Chiesa la dimensione essenziale è quella della dignità umana, quella del rispetto di tutte le esigenze legate a questa dignità, fra le quali il Santo Padre sempre ricorda che la libertà religiosa è una componente essenziale e che senza di essa non ci può essere nessun’altra libertà. Quindi la Chiesa, che ha il compito di organizzare la pastorale in modo da integrarvi quanti giungono da altri Paesi, ha anche il dovere di mantenere vivo il colloquio tra appartenenti a diverse religioni.

 

D. – Eccellenza, le Chiese europee, o meglio gli agenti pastorali sono preparati, e  fino a che punto, all’accoglienza di questi flussi migratori e all’opportuna assistenza pastorale?

 

 

R. – Da decenni, almeno dalla seconda guerra mondiale in poi, la Santa Sede ha emanato vari documenti circa la pastorale dei migranti, adattandoli alle necessità risultanti dalle evoluzioni inerenti alle stesse migrazioni. Attualmente il discorso che si fa è quello della comunione della diversità nella quale nessuno è perdente e nella quale nessuno cerca di assimilare forzatamente chi arriva da più o meno lontano. La pluriculturalità è un dato di fatto in diversi Paesi e deve diventare anche un principio attivo dell’incremento della convivenza umana e questo vale anche per gli ambienti della Chiesa. Ritengo che in molti Paesi si sia fatto uno sforzo notevolissimo per una vera accoglienza ed una vera condivisione e direi questo in modo particolare pensando alla Chiesa italiana. Le diocesi di fronte all’afflusso anche di migranti illegali hanno sempre difeso la dignità della persona e sempre promosso una presa di coscienza della popolazione che preservasse dal ritenere un vero pericolo l’arrivo di migranti da altri Paesi.

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LA PACE DEVE PREVALERE: APPELLO CONGIUNTO DEI VESCOVI CATTOLICI

E ANGLICANI DEL SUDAN IN FAVORE DEI NEGOZIATI TRA NORD

E SUD DEL PAESE AFRICANO, SCONVOLTO DA UNA GUERRA CIVILE

CHE HA SEMINATO MORTE E DISTRUZIONE

- Con noi, mons. Cesare Mazzolari -

 

Dopo le speranze di pacificazione, alimentate dagli Accordi del Machakos - siglati nel luglio dell’anno scorso - in Sudan sembrano tornare ad inasprirsi le tensioni tra Nord e Sud del Paese. Sconvolto da una guerra civile ventennale, il popolo del Sudan affronta questo difficile frangente con la paura che le armi possano tornare ad affliggere una terra già così provata. Proprio in questi giorni, cogliendo la drammaticità del momento, i vescovi cattolici e anglicani si sono riuniti in Uganda per esprimere congiuntamente il proprio sostegno agli accordi di pace e per chiedere sicurezza e rispetto dei diritti umani per il popolo del Sudan. Per una testimonianza sulla crisi sudanese, Alessandro Gisotti ha raggiunto telefonicamente mons. Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek, nel sud del Sudan. Il presule si trova in questi giorni a Kampala, capitale ugandese, per l’assemblea plenaria dei vescovi cattolici sudanesi:

 

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R. – Purtroppo, è vero che gli accordi del Machakos danno segni chiari di un rinvio indefinito da parte di Khartoum su quando potrebbero riaprirsi i discorsi di pace. La nostra sensazione è che invece ci sia una preparazione militare per la guerra santa, per la Jiahd, di armi ed anche di personale militare al Nord, a cui, in questo momento, sta corrispondendo una grande campagna di arruolamenti di soldati nel Sud. In questo momento, purtroppo, a Rumbek si sono radunati i più grandi capi del movimento Spla per preparare la difesa ad un eventuale attacco militare.

 

 

 

 

 

D. – Come sta vivendo la popolazione del Sudan, questo momento difficile, dalle sue parole purtroppo tragico, se davvero si avverasse questo assembra-mento di forze militari?

 

R. – Molti dei nostri sudanesi, che erano al Nord per ragioni di sicurezza e per sopravvivere, stanno ritornando nel Sud con l’illusione di trovare la pace e la riabilitazione, mentre invece non esiste né la pace, né cibo, né scuole o acqua potabile. Quindi, è uno scoraggiamento assoluto, specialmente per i giovani che speravano di trovare un ambiente più accogliente. A livello sociale, il loro arrivo è disastroso ed è causa di una crisi sociale perché non si trovano più a casa loro, come pensavano di trovarsi ritornando al Sud. Quanto poi alla situazione di guerra, non è ancora pronunciata, però c’è già una penetrazione da parte dei musulmani nel Sud, con lo scopo di convincere la popolazione ad allearsi con loro, a restare uniti e non pensare più alla autodeterminazione.

 

D. – Eccellenza, in Liberia tra mille difficoltà sta muovendo i primi passi una forza di pace multinazionale. Cosa può fare la Comunità internazionale per il Sudan?

 

R. – Penso che la cosa migliore sia convincere di nuovo i partecipanti agli Igad talks del Machakos a ritornare al tavolo della discussione diplomatica e politica. E’ l’unica via che ci può dare speranza, il ritorno alla discussione del Machakos per il Nord e il Sud del Sudan, con l’assistenza e la consulenza della Norvegia, dell’Italia, dell’Inghilterra, e gli Stati Uniti. Un processo che abbia la forza di portare pace al Nord e Sud, assieme, senza violenza, ma con determinazione.

 

D. – Cosa stanno facendo la Chiesa ed i vescovi del Sudan per favorire la via della pacificazione?

 

R. – Tutti i vescovi del Sudan della Comunione anglicana e i vescovi cattolici, si sono trovati a Kampala dal 27 luglio al 2 agosto per discutere principalmente di pace, affinché continui il discorso diplomatico del Machakos. Deve prevalere la pace a tutti i costi. La guerra non è un’opzione. Noi chiediamo la pace a livello politico e diplomatico e la Chiesa farà di tutto per partecipare, per condurre il popolo alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace. In due decreti approvati si indica che la Chiesa ad alta voce vuole difendere il popolo del Sudan, chiedere alla Comunità internazionale a Nord e Sud di pacificarsi. Da oggi al 16 di agosto, i 12 vescovi cattolici del Sudan si radunano per la loro assemblea plenaria, ed uno dei grandi intenti sarà di discutere anche tra di noi come nelle nostre zone possiamo creare l’ambiente di pace e suggerire ai governi, soprattutto a quello del Sudan, dell’Uganda e dei Paesi limitrofi, come continuare il discorso di pace nel Paese.

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I BAMBINI DI BIELORUSSIA E UCRAINA OSPITI IN ITALIA,

PER GUARIRE DA CHERNOBYL E RICOMINCIARE A VIVERE

 

 

Sono più di 30mila i bambini della Bielorussia e dell’Ucraina che in dieci anni, ogni estate, sono stati ospitati da oltre 280 centri di accoglienza e da moltissime famiglie italiane. L’obiettivo è permettere a questi ragazzini, detti figli di Chernobyl, di decontaminarsi dalle radiazioni di una catastrofe nucleare ormai dimenticata, ma che ha segnato per sempre la loro vita tanto da essere spesso soggetti a malformazioni e tumori. Il servizio è di Dorotea Gambardella.

 

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(musica)

 

Quattromilatrecento: tanti sono i bambini provenienti dall’Ucraina e dalla Bielorussia, che ogni estate in Italia vengono ospitati da famiglie e istituzioni. Piccoli che la notte della tragedia nucleare di Chernobyl non erano neppure nati, ma che portano nel loro sangue tassi di radioattività tre volte più alti rispetto ai coetanei di qualsiasi altro paese e che spesso, per questo motivo, sono spesso a rischio di malformazioni, leucemie, cancri. Ragazzini, per la maggior parte orfani, che sono riusciti a ridurre la possibilità di contrarre malattie mortali grazie alle numerosissime famiglie che ogni anno si occupano di loro. E per cento di questi bambini, l’ospitalità estiva si è trasformata in adozione. È il caso dei coniugi Mosca di Roma, che dal 1996 al 2000 hanno accolto Sasha, oggi 15enne, decidendo poi di adottarla. Sentiamo la testimonianza di Lucia Mosca.

 

R. – La ragazza che accoglievo adesso sta sempre in Italia, l’ho adottata perché io non ho figli, ma quando abbiamo cominciato non avevamo nessuna intenzione di adottare nessuno. Poi si è creato un feeling talmente forte, come una figlia, che abbiamo deciso di farla rimanere. L’esperienza è stata sicuramente positiva, ma non è stata neanche semplice all’inizio, perché i bambini arrivano in famiglie che non conoscono, quindi abbiamo cominciato un po’ a gesti a comprenderci, poi pian piano si è creato questo rapporto, cercando di conoscerci, di comprenderci. Ogni volta che andava via era un problema dal punto di vista affettivo, perché c’era tutta l’emotività dovuta al distacco, però poi non sapevamo che sarebbe tornata. Lei contava i giorni per il ritorno.

 

D. – Non crede che l’essere sballottati tra due realtà tanto diverse possa destabilizzare l’equilibrio di questi bambini?

 

R. – No, l’esperienza che ho fatto è assolutamente il contrario. I ragazzi che stanno negli istituti non hanno stimoli e soprattutto non hanno prospettive, oltre al fatto che non hanno quell’affetto che può dargli una famiglia o delle persone che gli vogliono bene. Per cui, tutto questo loro lo ottengono anche se devono andare avanti e indietro, cioè, quando loro stanno qui hanno una famiglia alle spalle ecc, quando stanno lì, loro sanno che la famiglia c’è sempre, che la famiglia gli telefona, che la famiglia è vicino a loro e comunque che torneranno e quindi questo è, per loro, un incentivo a fare anche meglio a scuola, quando stanno lì, ad essere più vivi e soprattutto ad avere una prospettiva per il futuro che può essere un aiuto. Poi sono stati fatti degli studi anche dai bielorussi stessi, che stabiliscono che i ragazzini che vengono nelle famiglie, acquisiscono quei modelli positivi che poi possono riproporre anche nella loro vita futura. Modelli positivi riguardanti la creazione di una famiglia, mentre invece, normalmente, questi ragazzi ripeterebbero i modelli negativi, purtroppo, delle famiglie di origine, perché la maggioranza dei ragazzini che sono negli istituti, non sono tutti orfani, in molti casi sono situazione disastrate, per cui le famiglie di origine non si possono occupare di loro. Quindi è sicuramente positivo anche se c’è il problema del distacco, ma è un distacco, non un abbandono.

 

 (musica)

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CHIESA E SOCIETA’

7 agosto 2003

 

 

 

LA CROCE DELLE GIORNATE MONDIALI DELLA GIOVENTÚ E L’ICONA DELLA MADRE DI DIO SONO ARRIVATE IN ROMANIA. DAL 6 AL 10 AGOSTO, A ORADEA,

SI SVOLGE LA NONA EDIZIONE DELL’INCONTRO NAZIONALE DEI GIOVANI CATTOLICI

 

- A cura di p. Anton Lucaci e Massimo Donaddio -

 

ORADEA. = “I giovani sono il sole o la tempesta di domani”. Con questo motto fortemente suggestivo, ispirato dagli scritti del beato don Luigi Orione, si sta svolgendo a Oradea, nella parte occidentale della Romania, l’Incontro nazionale dei Giovani cattolici. Partecipano all’evento circa 2.300 giovani, di tradizione sia romano-cattolica che greco-cattolica, di diverse lingue, romena, ungherese e tedesca. Si tratta della nona edizione di questi raduni, che si svolgono ogni due anni a livello nazionale. Nel messaggio di accoglienza inviato a tutte le diocesi di Romania, il vescovo Virgil Bercea, dell’eparchia greco-cattolica di Oradea, ha invitato i giovani a questa esperienza comunitaria, quasi un seme gettato nella terra per portare molto frutto per il bene della Chiesa e della società romena. Ieri, giornata di apertura ufficiale della manifestazione, i giovani hanno accolto all’ingresso della città la Croce pellegrina delle Giornate mondiali della gioventù e l’Icona della Madre di Dio, potate dall’Ungheria da un gruppo di scout francesi. La Croce e l’Icona hanno percorso le strade della città fino alla chiesa di Santa Maria e al convento dei francescani, dove sono state accolte dal vescovo e dai sacerdoti, così come da numerosi fedeli. “Sul monte Tabor Gesù ha preparato i discepoli a sostenere lo scandalo della croce, così oggi la sua croce è in mezzo a noi per confermare la fede nella nostra trasfigurazione insieme al Signore, vincitore del peccato e della morte”, ha affermato il vescovo Bercea, invitando i giovani ad avvicinarsi a Gesù in croce per dirgli tutte le loro ansie, i loro dolori, le loro gioie”. Mons. Bercea ha poi esortato i fedeli ad avere fiducia nei giovani, che sono “i germogli che fioriranno sul legno della Croce”. Il programma della manifestazione, che si chiuderà domenica, è ricco di appuntamenti: catechesi, Messe in rito latino e bizantino, meditazioni, tavole rotonde su temi spirituali, liturgici, culturali, recite del Rosario, adorazioni eucaristiche. Il tutto si svolge nel campus universitario della città. “Non le leggi cambieranno le mentalità, non le leggi diffonderanno la solidarietà e la civiltà dell’amore, ma il Vangelo di Cristo accolto e vissuto nella ferialità”, concludeva la sua esortazione il vescovo di Oradea.    

 

 

 

 

I VESCOVI ARGENTINI INCONTRANO PER LA PRIMA VOLTA IL NEOPRESIDENTE KIRCHNER. PER I MILITARI COMPROMESSI CON L’ ULTIMA DITTATURA, L’EPISCOPATO CHIEDE

DI EVITARE GLI ESTREMI DELL’IMPUNITÁ E DELLA VENDETTA

 

 

BUENOS AIRES. = Il presidente argentino Nestor Kirchner ha incontrato per la prima volta dal suo insediamento i rappresentanti dell’episcopato del Paese sudamericano. Nel corso dei colloqui i vescovi sono intervenuti sul delicato tema relativo alla possibile estradizione, richiesta dal giudice spagnolo Baltazar Garzón, di alcune decine di militari, accusati di avere compiuto pesanti violazioni dei diritti umani nel periodo dell’ultima dittatura. La posizione della Chiesa argentina sulla questione sottolinea l’auspicio che si possano evitare gli estremi dell'impunità e della vendetta nella valutazione dei reati commessi. (M.D.) 

 

 

 

LA COOPERAZIONE CON LA CHIESA POLACCA E IL SUPERAMENTO DEGLI ATTRITI STORICI FRA I DUE POPOLI AL CENTRO DEL SINODO DELLA CHIESA UCRAINA

APPENA CONCLUSO A LEOPOLI

 

 

LEOPOLI. = Con l’obiettivo principale di promuovere iniziative di cooperazione con la Chiesa polacca per favorire il superamento dei residui attriti storici tra il popolo ucraino e quello polacco si è svolto in questi giorni il Sinodo della Chiesa cattolica ucraina di rito orientale. Nel corso dell’assemblea, che si è tenuta a Sambir, vicino a Leopoli, al confine con la Polonia, i presuli hanno deciso di promuovere scambi religiosi e culturali tra i giovani delle due nazioni e di organizzare corsi nelle università e nei seminari dei due Paesi per promuovere una migliore comprensione reciproca tra le tradizioni orientale e occidentale nella Chiesa. L’iniziativa si rende necessaria, secondo i vescovi, a causa di importanti motivazioni storiche. Il territorio di confine tra la Polonia e l’Ucraina, infatti, è stato conteso per secoli tra i due Paesi, passando ripetutamente dall’uno all’altro, con il risultato che tuttora sono in ambedue presenti forti minoranze delle due etnie, la cui convivenza è stata spesso difficile. (M.D.)

 

 

 

INIZIERANNO IN AUTUNNO I CORSI ALL’ UNIVERSITÁ “MAR ELIAS” DI IBILLIN,

IL PRIMO ATENEO CATTOLICO ARABO IN ISRAELE

 

 

IBILLIN. = Conto alla rovescia per l’inizio delle lezioni della “Mar Elias”, la prima università cattolica araba in Israele. L’ateneo sorge ad Ibillin, fra Haifa e Nazareth, in Galilea, ed è intitolato al profeta Elia. L’università, che vuole rispondere ai bisogni di studi superiori dei cristiani, ma anche dei musulmani e dei drusi in Israele, ha ricevuto l’adeguato riconoscimento dal ministero dell’educazione ed è accreditata come filiale dell'Università di Indianapolis, negli Stati Uniti. Verranno attivati corsi di scienze informatiche, di comunicazione, di chimica e biologia. Il corpo insegnante iniziale conta 7 professori ordinari e 64 aggiunti. (M.D.)

 

 

 

INAUGURATO IERI SERA, CON LA PROIEZIONE DI “SPETTACOLO DI VARIETÁ”,

IL CINQUANTASEISIMO FESTIVAL DEL FILM DI LOCARNO.

UN’EDIZIONE NEL SEGNO DEL MUSICAL E DEL JAZZ

 

- A cura di Nicola Falcinella -

 

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LOCARNO. = Piazza Grande gremita, ieri sera a Locarno, per l’inaugurazione del 56.mo Festival del Film: una pellicola di 50 anni fa, “Spettacolo di varietà” di Vincent Minelli con Fred Astaire, ha richiamato il pubblico delle grandi occasioni. Apertura nel segno del musical e della musica per questa edizione – la terza – diretta da Irene Mignardi. Musica protagonista anche nell’importante retrospettiva su cinema e jazz, aperta quest’oggi da “Halleluja”, capolavoro di King Widor datato 1929, il primo con un cast di persone di colore. Ha invece un passato da musicista il regista belga Tom Barman, il cui “Anyway The Wind Blows” sarà presentato in piazza questa sera. L’azione si svolge nella città di Anversa, dove si incontrano otto persone che desiderano cambiare vita, sulle note di un’energica colonna sonora. Apprezzato, ieri sera, “Spettacolo di varietà”, per quanti non l’avevano mai visto o non lo vedevano da anni, per la freschezza dei suoi numeri musicali. Protagonisti, un maturo Fred Astaire e un allora emergente Fitz Sharif. Un film classico, un po’ il canto del cigno del musical anni ’30 e ’40, basato sulla vicenda semplice e sempre attuale di un ballerino che deve salvare uno spettacolo. Oggi si apre il concorso con il film inglese “16 Years of Alcohol”, nuova storia di un’adolescenza violenta segnata da un padre alcolista. Segue il curioso film svizzero “Au Sud des Nuages”, con un gruppo di anziani allevatori che lascia le Alpi per trovarsi in Cina, terra molto diversa ma alla fine meno di quanto si aspettassero.

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24 ORE NEL MONDO

7 agosto 2003

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

L’esplosione di una bomba, avvenuta questa mattina a Baghdad, davanti all’ambasciata giordana, ha causato la morte di almeno 7 persone. Nel delineare le possibili cause di questo attentato alla sede diplomatica, che è stata successivamente saccheggiata, è da rimarcare che in Giordania hanno trovato rifugio numerosi familiari del deposto presidente iracheno Saddam Hussein, tra i quali due sue figlie. Un’altra esplosione è avvenuta, la scorsa notte, nei pressi della prefettura di Khalidiya, città ad Ovest di Baghdad. A questi gravi episodi di violenza bisogna aggiungere, purtroppo, anche la morte di due soldati americani, uccisi ieri sera durante un attacco avvenuto nel quartiere Al Rachid di Baghdad. Lo hanno riferito oggi fonti dell’esercito americano. Sul fronte politico, intanto, Hoshyar Zebari, del Partito democratico del Kurdistan, ha affermato che il nuovo esecutivo transitorio iracheno ha deciso la creazione di 25 ministeri: tra i 6 dicasteri in più rispetto al governo di Saddam Hussein, dovrebbero nascere quelli per l’Ambiente e per l’Energia elettrica. 

 

Gli episodi di violenza continuano ad essere drammaticamente in primo piano anche in Afghanistan dove sei soldati afghani e un autista dell’organiz-zazione umanitaria americana ‘Mercy Corps’ sono stati uccisi, oggi, nella provincia meridionale di Helmand, vicino al confine con il Pakistan.

 

In Indonesia Amrozi, uno degli imputati per l’attentato di Bali che lo scorso 12 ottobre ha provocato la morte di 202 persone, è stato condannato a morte. Il verdetto è arrivato due giorni dopo la drammatica esplosione che ha devastato l’hotel ‘Marriot’ di Giakarta, causando almeno 10 morti e 150 feriti. Sul significato di questa sentenza, il servizio di Stefano Leszczynski:

 

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È una condanna a morte già annunciata, che rischia di provocare una altrettanto annunciata spirale di violenza. Dopo l’attentato di martedì all’hotel Marriot di Giakarta, infatti, la Jemaah Islamiya aveva promesso nuovi atti terroristici, in caso di pena capitale per gli autori della strage di Bali. Ma il governo indonesiano non vuole sentir parlare di paura. “Non ci faremo intimidire dalle minacce”, aveva dichiarato il ministro degli Esteri prima che i giudici pronunciassero la sentenza. Ed i procuratori dello Stato hanno confermato la linea dura, andando a colpire i vertici dell’organizza-zione legata ad Al Qaida: è di questa mattina, infatti, la notizia dell’in-criminazione di Abu Bakar Baashir, leader del movimento, accusato di avere organizzato diversi attentati contro chiese ed un fallito golpe ai danni della presidente Megawati Sukarnoputri. Proseguono, intanto, le indagini per la strage del Marriot: dalla polizia australiana, che sta collaborando con gli investigatori, è giunto l’invito a tenere sotto controllo le scuole islamiche, da cui sarebbero pronti ad uscire futuri kamikaze. L’unica notizia positiva è il ridimensionamento del bilancio delle vittime: i morti sono 10, e non 14 o 17 come affermato in precedenza dalla Croce Rossa.

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In Medio Oriente il controverso muro tra lo Stato ebraico e la Cisgiordania divide anche il panorama politico internazionale. Alla ferma volontà del premier israeliano, Ariel Sharon, di assicurare al proprio popolo una efficace barriera di sicurezza, si contrappone, infatti, la netta posizione del presidente americano, George Bush, contrario al muro. “La barriera è un problema – ha dichiarato ieri il capo della Casa Bianca dal suo ranch di Crawford, in Texas – ma se israeliani e palestinesi rispettano gli impegni previsti dall’itinerario di pace della “Road Map”, si potrà realizzare un autentico clima di fiducia e di sicurezza”. Continua intanto a far discutere il rilascio dei detenuti palestinesi, definito un “inganno” dal presidente palestinese, Yasser Arafat. Per i particolari il servizio di Graziano Motta:

 

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336 prigionieri palestinesi ieri sono stati rimessi in libertà dagli israeliani, accolti con gioia da parenti ed amici, in alcuni casi anche con manifestazioni nazionaliste, ma 3 detenuti sono rimasti in carcere in attesa che l’Alta Corte si pronunci sull’opposizione di familiari degli israeliani vittime del terrorismo. Per l’autorità palestinese è stata una presa in giro, una farsa, per l’esiguo numero dei rilasciati rispetto ai circa 6 mila di cui continua a chiedere l’immediata scarcerazione. Il governo Sharon ha reagito sottolineando che la liberazione dei prigionieri non figura come tappa obbligatoria della ‘Road Map’, ma è un gesto di Israele volto a ristabilire fiducia nelle relazioni reciproche. Il presidente Bush, intanto, è tornato a definire un problema, per il processo di pace, la costruzione della barriera di sicurezza, ovvero del muro di separazione dei territori, precisando che in proposito sono in corso discussioni con Israele. L’Agenzia per lo sviluppo dell’Onu sta, da parte sua, cercando di raccogliere 18 milioni di dollari di aiuto per i palestinesi proprietari dei terreni danneggiati dalla costruzione.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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L’Ecuador è da ieri senza governo. Dalla coalizione che sosteneva il presidente, Lucio Gutiérrez, sono infatti usciti gli indios Pachakutik, determinanti nella sua vittoria elettorale dello scorso gennaio. Al capo dello Stato, partito con un programma di sinistra, rimproverano di avere abbracciato una politica economica conservatrice e legata alle strategie degli organismi finanziari internazionali. Il servizio di Maurizio Salvi:

 

 

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Le insanabili divergenze si sono materializzate ieri quando i deputati del movimento indio Pachakutik hanno votato contro una legge di riforma dello statuto dei lavoratori degli statali proposta dal governo su invito del fondo monetario. Battuto in Parlamento, Gutierrez ha chiesto ai ministri del Pachakutik, esteri, agricoltura e turismo di dare le dimissioni. Ripetutamente i movimenti degli indios ecuadoriani avevano chiesto al presidente di abbandonare una politica non condivisa dalla maggioranza della popolazione e troppo vicina agli interessi del fondo monetario internazionale. Il presidente della Confederazione delle nazionalità indie dell’Ecuador, Leónidas Isa, ha sostenuto che il capo dello Stato si è allontanato dai patti, ha disconosciuto le promesse fatte durante la campagna elettorale ed ha emarginato gli indios dalle decisioni più importanti.

 

Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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Potrebbe essere una giornata decisiva, quella di oggi, per il futuro della Liberia. È infatti il giorno del discorso al Parlamento del presidente Taylor, che già lunedì potrebbe lasciare il Paese e rifugiarsi in Nigeria. Il presidente liberiano chiede, in cambio, che vengano ritirate le accuse di crimini di guerra mosse contro di lui dal Tribunale della Sierra Leone.

 

In Burundi sono stati compiuti importanti passi in avanti per la pace nel corso del negoziato di queste settimane tra l’esercito governativo e i ribelli delle Forze di difesa della democrazia. Lo riferisce un comunicato diffuso ieri dopo i colloqui condotti dal mediatore Jacob Zuma, vicepresidente del Sudafrica, al tavolo del negoziato di Dar es Salaam, in Tanzania. Il comunicato precisa inoltre che entro la metà di agosto dovrebbe svolgersi un summit con la partecipazione dei leader della regione dei Grandi Laghi.

 

Il parlamento della Costa d’Avorio ha approvato oggi una legge di amnistia per i reati contro la sicurezza dello Stato compiuti prima della guerra civile esplosa il 19 settembre 2002 con una sollevazione armata contro il governo del presidente ivoriano, Laurent Gbagbo. Lo riferiscono fonti locali, precisando che il nuovo provvedimento non garantisce l’immunità per le infrazioni economiche e le gravi violazioni dei diritti dell’uomo o del diritto internazionale umanitario commesse durante i nove mesi del conflitto.

 

Un’azione di forza delle unità speciali antiterrorismo algerine potrebbe portare nelle prossime ore alla liberazione dei 14 turisti europei rapiti nei mesi scorsi da un gruppo fondamentalista islamico. Lo scrive oggi il principale quotidiano di Algeri, ‘El Watan’, precisando che le autorità algerine hanno inviato truppe scelte al confine con il Mali, dove sarebbero tenuti prigionieri i 14 turisti.

 

In Sudafrica, si è conclusa, ieri, la conferenza nazionale sull’Aids a Durban. Nei 4 giorni di lavori, i partecipanti hanno affrontato la questione della Nevirapina, un farmaco che riduce la  possibilità di trasmissione dell’Aids dalla madre ai figli. Le autorità sanitarie hanno, infatti, annunciato che il nullaosta per usare il farmaco potrebbe essere ritirato se non saranno fornite prove della sua efficacia.

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