RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 218 - Testo della Trasmissione di mercoledì 6 agosto 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Nella festa della Trasfigurazione del Signore, all’udienza generale a Castel Gandolfo il commosso ricordo del Papa per due suoi grandi predecessori: San Pio X, a cento anni dall’elezione, e Paolo VI, a 25 anni dalla morte

 

La straordinaria figura di Papa Montini ed i tratti del suo Pontificato, in un libro intitolato “Paolo VI, il timoniere del Concilio”. Intervista con l’autore, Andrea Tornielli

 

Il profondo cordoglio di Giovanni Paolo II per le vittime del sanguinoso attentato in Indonesia.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Giovani di tutto il mondo riuniti in Spagna per un Convegno su Sant’Agostino. Un’esperienza entusiasmante di vera comunità cristiana. Le testimonianze di un sacerdote e di due ragazzi

 

Concluso in Italia il campo nazionale scout dell’Agesci. La proposta educativa dell’associazione, illustrata ai nostri microfoni dal presidente Lino Lacagnina

 

CHIESA E SOCIETA’:

Aiuti per cinque miliardi di dollari, necessari secondo l’Onu dai Paesi donatori per sostenere la ripresa economica in Iraq

 

Sempre più drammatica la situazione in Uganda, dove i ribelli continuano a sequestrare i civili

 

La Chiesa saprà tenere nella più alta considerazione le esigenze dei popoli poveri. Così sugli Ogm il direttore della Misna, padre Giulio Albanese

 

Numerose iniziative negli osservatori astronomici europei per le “Notti delle stelle”

 

24 ORE NEL MONDO:

Il gruppo terroristico Jemaah Islamiya, legato ad Al Qaeda, ha rivendicato l’attentato avvenuto ieri in Indonesia e costato la vita ad almeno 15 persone

 

In Liberia continuano gli scontri a fuoco nonostante il progressivo dispiegamento della forza di pace dell’Ecowas

 

Israele ha liberato oggi 342 detenuti palestinesi ma secondo il premier Abu Mazen il provvedimento adottato dallo Stato ebraico è insufficiente.

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

6 agosto 2003

 

 

NELLA FESTA LITURGICA DELLA TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE,

ALL’UDIENZA GENERALE DI CASTELGANDOLFO, GIOVANNI PAOLO II HA RICORDATO

 CON EMOZIONE LE STRAORDINARIE FIGURE DI PAOLO VI, A 25 ANNI DALLA MORTE,

 E SAN PIO X, A CENTO ANNI DALL’ELEZIONE A PAPA

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

 

Un testimone di Cristo, innamorato della Chiesa, attento ai segni dei tempi: così, all’udienza generale di stamani a Castel Gandolfo, Giovanni Paolo II ha tratteggiato la figura del servo di Dio Papa Paolo VI, nel venticinquesimo anniversario della morte. Il Pontefice ha anche ricordato san Pio X, che proprio cento anni fa veniva eletto alla Cattedra di Pietro. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Nel giorno in cui la Chiesa celebra il mistero luminoso della Trasfigurazione, Giovanni Paolo II ha ricordato con parole emozionate il suo predecessore Paolo VI, a venticinque anni da quel 6 agosto del 1978, quando Papa Montini si spegneva nella residenza di Castel Gandolfo. E andando a ritroso con la memoria, ha sottolineato come nell’ultima udienza generale, a quattro giorni dalla morte, Paolo VI aveva parlato della “fede quale forza e luce della Chiesa”. Nel testo preparato per l’Angelus del 6 agosto, che non poté pronunciare, ha aggiunto, aveva scritto volgendo lo sguardo al Cristo trasfigurato: “quella luce che lo inonda è e sarà anche la nostra parte di eredità e splendore”, una gloria che siamo chiamati a condividere perché “partecipi della natura divina”. Paolo VI, ha rilevato ancora, “avvertiva l’importanza di commisurare i gesti e le scelte di ogni giorno al ‘grande passaggio’ al quale si andava via via preparando” come testimonia quanto scriveva nel Pensiero alla morte. E qui il Santo Padre ha corredato questo ricordo con una profonda riflessione per tutti i fedeli:

 

“Per i credenti la morte è come l’“amen” finale della loro esistenza terrena. Così è stato certamente per il servo di Dio Paolo VI, che nel “grande passaggio” rese manifesta la sua più alta professione di fede”.

 

 Egli che, alla chiusura dell’Anno della Fede, aveva proclamato con solennità il ‘Credo del Popolo di Dio’, ha aggiunto, “lo sigillò con l’ultimo personalissimo ‘amen’, quale coronamento di un impegno per Cristo che aveva dato senso a tutta la sua vita”. Con devota riconoscenza, ha proseguito, vogliamo ricordare Paolo VI come “autentico testimone di Cristo Signore, innamorato della Chiesa e sempre attento a scrutare i segni dei tempi nella cultura contemporanea”:

 

“A distanza di venticinque anni dalla sua dipartita, sempre più fulgida ci appare la sua alta statura di maestro e difensore della fede in un’ora drammatica della storia della Chiesa e del mondo”.

 

All’udienza, circondato dall’affetto di oltre tremila fedeli, Giovanni Paolo II ha ricordato anche un altro suo predecessore: san Pio X, che il 4 agosto di cento anni fa veniva eletto al soglio pontificio. Salutando con affetto un gruppo di pellegrini di Treviso, conterranei di Papa Sarto, ha ricordato il “ruolo importante” che questo Pontefice ha avuto nella storia della Chiesa e dell’umanità all’inizio del XX secolo. San Pio X, ha detto, ci “ha lasciato un esempio di “totale fedeltà a Cristo e di amore appassionato per la sua Chiesa”.

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         Prima dell’udienza generale, Giovanni Paolo II ha celebrato, stamani a Castel Gandolfo, una Messa in memoria di Paolo VI. Il Santo Padre ha ricordato la memorabile Enciclica, Mysterium fidei, che Papa Montini dedicò all’Eucaristia, nel terzo anno del suo pontificato. “Devotissimo maestro della dottrina e del culto dell’Eucaristia – ha detto – egli definiva la presenza sacramentale di Cristo nel Sacrificio eucaristico come presenza ‘veramente sublime’ che ‘costituisce nel suo genere il più grande dei miracoli’. Giovanni Paolo II ha così messo l’accento sulla “fede e sollecitudine” con cui Paolo VI “istruì il Popolo di Dio su questo mistero centrale della fede cattolica”. Alla messa di stamani, era presente anche il segretario privato di Paolo VI, mons. Pasquale Macchi, che - al microfono di Antonella Palermo - ricorda la straordinaria umanità, tratto caratterizzante della personalità di Papa Montini:

 

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Paolo VI aveva un rapporto con le persone di estrema umanità e questa si manifestava in modo particolare proprio attraverso lo sguardo. Uno sguardo che non era inquisitorio, non era di rimprovero, era solo uno sguardo di amore che voleva penetrare nell’anima per dare vera comunicazione e per arrivare ad un rapporto sincero, profondo, intimo. Il sorriso più bello, più straordinario, che io ricordo di Paolo VI, è quello che ho visto sul suo volto quando ha subito l’attentato. Dopo che io ho preso per il collo l’attentatore e lo ho allontanato buttandolo tra le braccia della polizia, mi sono voltato a vedere Paolo VI e nel suo sguardo dapprima ho visto una punta di rimprovero per la violenza con cui avevo reagito, ma poi, soprattutto ho visto un sorriso che non dimenticherò mai. Un sorriso che mi sembrava l’espressione della gioia di chi poteva offrire qualcosa a Cristo, il suo sangue a Cristo.

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         In occasione del 25.mo anniversario della morte di Paolo VI - oggi pomeriggio alle ore 17 - il cardinale Virgilio Noé celebrerà una Messa nella Basilica Vaticana in ricordo di Papa Montini.

        

 

A 25 ANNI DALLA MORTE, UN PROFILO DI PAOLO VI NELLA RIEVOCAZIONE

DEL GIORNALISTA ANDREA TORNIELLI CHE HA RACCOLTO I TRATTI SALIENTI

DEL SUO PONTIFICATO IN UN VOLUME EDITO IN QUESTI GIORNI DALLA PIEMME,

DAL TITOLO “PAOLO VI IL TIMONIERE DEL CONCILIO”

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

 

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Amato e avversato, lodato e criticato, Paolo VI raccolse l’eredità del Concilio Vaticano II trovando il coraggio di scelte difficili. Terminava il corso della sua vita terrena 25 anni or sono, come oggi, a Castel Gandolfo. Era la sera di domenica 6 agosto, Festa della Trasfigurazione del Signore. Invano i fedeli lo avevano atteso alla recita dell’Angelus: venne divulgato il testo dell’allocuzione che aveva preparato. Chi è stato Paolo VI? Impossibile in poche battute delinearne esaurientemente la figura. Ne abbozziamo un tentativo con il giornalista Andrea Tornielli di Milano, vaticanista del quotidiano ‘Il Giornale’, che vanta già numerose pubblicazioni.

 

D. – Si può tracciare una linea dominante del pontificato di Paolo VI?

 

R. – Certamente. Direi che Paolo VI ha avvertito più che mai la grande distanza, il grande fossato che si era verificato tra il mondo moderno, la società contemporanea, il Vangelo e la Chiesa, per cui, in tutto il suo pontificato, egli ha cercato i modi per colmare questa distanza. Nella sua prima grande Enciclica programmatica del Pontificato l’Ecclesiam Suam, spiega che i cristiani devono vivere nel mondo ma non essere del mondo, ma che questa distinzione non è mai distanza e che la Chiesa ha il dovere di rendere ed annunciare a tutti il patrimonio che ha ricevuto. In questo senso è stato un grande Papa moderno che ha insistito molto sul dialogo, ma questo dialogo lo intendeva sempre come l’offerta che la Chiesa fa delle verità di grazia di cui Cristo l’ha resa depositaria.

 

D. – Quali reazioni suscitava Paolo VI nei suoi contemporanei?

 

R. – Bisogna dire che Paolo VI, fin dall’inizio del suo Pontificato, è sempre intervenuto ogni qual volta ha visto o ha creduto di vedere messe in gioco le verità della fede: penso all’Enciclica sull’Eucaristia Mysterium Fidei o ad altri pronunciamenti, dall’Humanae vitae all’Enciclica che ribadisce il celibato sacerdotale o agli interventi puntuali e precisi fatti durante il Concilio. Ecco, tutto questo ha fatto sì che il Papa alla fine sia stato un po’ avversato sia da destra, mi si perdoni la semplificazione, che da sinistra all’interno della Chiesa. Da destra, dalla galassia tradizionalista, perché lo si vede come il Papa che durante la fase del post-Concilio, in qualche modo non ha saputo gestire la crisi della Chiesa, da sinistra, dalla parte più progressista, perché gli si imputa il fatto di non aver portato a compimento le grandi riforme iniziate con il Concilio da Giovanni XXIII. Credo che questa divisione sia del tutto ingenerosa ed anti-storica, perché Paolo VI è stato a un tempo un Papa profondamente moderno ma fedele alla tradizione.

 

D. – Quale eredità ha lasciato questo Pontefice alla Chiesa e al mondo?

 

R. – Credo che la grande eredità di Paolo VI sia stata raccolta in pieno da Giovanni Paolo II. Ricordiamo che fu Paolo VI ad iniziare i viaggi internazionali in giro per il mondo: ne fece ben 9 visitando tutti i Continenti. E’ stato Paolo VI ad iniziare l’ecumenismo, un ecumenismo della carità, come lo chiamava, un ecumenismo fatto di gesti e di incontri più che di discorsi e di proclamazioni dottrinali. E credo che questi due elementi, insieme all’ansia dell’annuncio evangelico - in questo senso, lo ribadisco, lui intendeva il dialogo - siano l’eredità che Giovanni Paolo II ha raccolto e sviluppato, fedele alle indicazioni del Concilio.

 

D. – Qualche ricordo della morte …

 

R. – 25 anni fa il Papa moriva nella solitudine di Castel Gandolfo così come aveva voluto, cioè lavorando fino all’ultimo, perché in fondo saltò soltanto quell’Angelus. Tre giorni prima aveva incontrato il presidente della Repubblica, Sandro Pertini, nascondendogli il fatto che già era sofferente e aveva la febbre. Un episodio, un aneddoto che mi ha sempre molto colpito e commosso, è il fatto che nel momento in cui il Papa muore, alle 9.40 della sera, la sveglia che teneva sul tavolo si mette a trillare. E’ una sveglia che gli aveva regalato la madre negli anni ’20 e che lui aveva portato con sé in Polonia e che da allora, per tutta la sua vita, lo aveva svegliato ogni mattina all’alba. Il giorno della morte del Papa, il segretario inavvertitamente, caricandola, la puntò all’ora in cui poi il Papa sarebbe morto.

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PROVVISTE DI CHIESE IN COLOMBIA, BRASILE E CANADA

 

 

Il Papa ha istituito in Colombia tre nuove diocesi, con territorio distaccato dall’arcidiocesi di Bogotà, rendendole suffraganee della stessa Chiesa metropolitana. La prima è la nuova diocesi di Engativà, con più di un milione e 300 mila abitanti. Vi sono 48 parrocchie ed un santuario, 71 sacerdoti, di cui 49 diocesani e 22 religiosi, 14 seminaristi maggiori, 68 comunità religiose maschili e femminili. Come primo vescovo di Engativà, il Santo Padre ha nominato mons. Héctor Luis Gutiérrez Pabòn, finora vescovo di Chiquinquirà.

 

La seconda nuova diocesi è quella di Fontibòn, con un milione e 232 mila abitanti. I fedeli sono distribuiti in 41 parrocchie e assistiti da 63 sacerdoti, di cui 40 diocesani e 23 religiosi, più 8 diaconi permanenti. Vi sono 24 seminaristi maggiori, mentre le comunità religiose sono 7 maschili e 27 femminili. Il Pontefice ha nominato primo vescovo di Fontibòn mons. Enrique Sarmiento Angulo, finora ausiliare di Bogotà.

 

La terza diocesi istituita dal Papa in Colombia è quella di Soacha, con poco più di un milione di abitanti. Vi sono 28 parrocchie e 42 sacerdoti, di cui 39 diocesani e 3 religiosi, più un diacono permanente e 7 seminaristi maggiori. Da aggiungere poi una comunità di religiosi e 14 di religiose. Come primo vescovo di Soacha, il Santo Padre ha nominato mons. Daniel Caro Borda, finora ausiliare di Bogotà.

 

In Brasile, il Pontefice ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di San Paolo il presule mons. José Maria Pinheiro, finora ausiliare della diocesi di Guajarà-Mirim.

 

In Canada, il Papa ha nominato vescovo di Saint-George’s il presule mons. Douglas Crosby, dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, che continua a reggere anche la diocesi di Labrador City-Schefferville.

 

 

IL CORDOGLIO DEL PAPA PER LE VITTIME

DELLA SANGUINOSA ESPLOSIONE A GIAKARTA

 

 

Profonda tristezza per le vittime della tragica esplosione avvenuta ieri in Indonesia è espressa da Giovanni Paolo II in un telegramma di cordoglio, inviato a suo nome dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, al cardinale Julius Riyadi Darmaatmadja, arcivescovo di Giakarta.

 

“Profondamente rattristato dalla notizia della tragica esplosione nell’hotel Marriott in Giakarta, Sua Santità Papa Giovanni Paolo II – si legge nel messaggio in inglese – offre ferventi preghiere per le vittime, i loro familiari e tutti coloro che sono rimasti feriti. Sulla scia di questa insensata perdita di vite, il Santo Padre fa appello a tutte le persone affinché si adoperino per la pace e l’armonia. Egli prega per quanti sono stati colpiti da questa tragedia e implora da Dio Onnipotente il dono della forza e del conforto per tutti coloro che sono nel lutto”.

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

La prima pagina si apre sottolineando che nel giorno in cui la Chiesa celebra il mistero luminoso della Trasfigurazione di Cristo sul Tabor, Giovanni Paolo II ricorda all’udienza generale il “Papa dell'Eucaristia” e il “Papa del Concilio”.

Pio X: esempio di totale fedeltà a Cristo e di amore appassionato alla Chiesa.

Paolo VI: testimone del Signore, sempre attento a scrutare i segni dei tempi.

Sempre in prima, un articolo dal titolo “L’Onu e la clonazione umana”.

 

Nelle vaticane, per il cammino della Chiesa in Africa, un articolo sull’azione pastorale delle Suore “Notre Dame de l’Eglise” al servizio dei non vedenti.

 

Nelle pagine estere, Indonesia: sospettati terroristi islamici alleati di “Al Qaeda” per l’attentato all’hotel Marriott di Jakarta.

Uganda: catechisti rapiti a Kitgum dai ribelli dell’Lra.

Liberia: l’arrivo delle forze dell'Ecowas non ferma gli scontri armati.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Domenico Volpi su un volume dedicato a Silvio Spaventa Filippi, fondatore del “Corriere dei Piccoli”.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema delle pensioni: altri attriti tra sindacati e membri del Governo.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

6 agosto 2003

 

UN INCONTRO INTERNAZIONALE DI GIOVANI IN SPAGNA SUGLI INSEGNAMENTI

DI SANT’AGOSTINO, PER VIVERE UN’ESPERIENZA DI COMUNITA’ CRISTIANA

 

 

Si è concluso ieri a Guadarrama, in Spagna, il settimo incontro internazionale giovanile agostiniano, un campo di sei giornate voluto dai religiosi agostiniani per fare incontrare i giovani che percorrono un cammino ispirato agli insegnamenti di Sant’Agostino. Lo scopo è di proporre un’esperienza di vera comunità cristiana basata su fede, amicizia e fraternità. Il servizio è di Tiziana Campisi:

 

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Sono 350 i giovani che da 25 diverse Nazioni si sono radunati a Guadarrama, in Spagna, per il VII incontro internazionale giovanile agostiniano. Un Meeting che l’ordine di Sant’Agostino organizza ogni 3 anni per proporre giornate di riflessione sui diritti umani, conferenze su problematiche attuali, momenti di preghiera, festival e spettacoli, uniti per fare di questi tempi, tempi migliori. Questo il tema conduttore delle giornate che vogliono suggerire ai giovani di cercare nel loro cuore secondo la spiritualità di Sant’Agostino, la speranza di un mondo migliore. Padre Alfonso Turieso, responsabile della pastorale giovanile di una parrocchia di Madrid:

 

“Accompagniamo i giovani nel mondo dell’educazione tentando di indicare loro un cammino di vita cristiana. La nostra missione è cercare di condurre i giovani a Dio attraverso l’amicizia ed un cammino di gruppo in cui si condividono esperienze di vita. L’obiettivo di questo incontro, per noi religiosi agostiniani, è di convivere con i giovani per conoscere quello che pensano ed aiutarli nelle loro necessità”.

 

Barbara ed Edward, due giovani che hanno partecipato all’incontro ci raccontano le loro esperienze:

 

“Questo incontro internazionale mi dà molta soddisfazione. E’ meraviglioso che possa parlare con tanta gente proveniente da tutto il mondo e che siamo uniti nell’amicizia agostiniana. Mi sembra di essere in una grande comunità che supera le barriere delle Nazioni”.

 

D. – Edward, tu sei di Panama, cosa ti ha insegnato la spiritualità agostiniana?

 

R. – A condividere esperienze, vivere in comunità, cercare la verità e coltivare l’amicizia.

 

Da Guadarrama i giovani porteranno con loro uno statuto, cercheranno di vivere gli insegnamenti di Agostino affrontando i problemi della loro vita, la vita di ogni giorno.

 

Da Guadarrama, in Spagna, per la Radio Vaticana, Tiziana Campisi.

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A CHIUSURA DEL CAMPO NAZIONALE, UN IDENTIKIT DEGLI SCOUT DELL’AGESCI,

ASSOCIAZIONE EDUCATIVA CON UNA PROPOSTA DI FEDE FORTE

- Intervista con Lino Lacagnina -

 

 

Si conclude il campo nazionale scout dell’Agesci che ha coinvolto, in quattro province italiane, oltre 20 mila giovani e 3 mila volontari. In un messaggio inviato ai vertici dell’Associazione, il Papa ha ribadito l'importanza della proposta educativa scout che mira a formare il senso di responsabilità dei giovani per costruire buoni cittadini di domani. Il campo nazionale ha ricevuto la visita di mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, e quella di rappresentanti delle Istituzioni nazionali e locali. Luca Collodi ha chiesto a Lino Lacagnina, presidente del Comitato centrale Agesci, quali sono le caratteristiche dell’Associazione:

 

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R. – La possiamo definire come un’Associazione educativa aperta a tutti, con un’offerta educativa però specifica, cioè quella dello scoutismo. Una proposta di fede forte, quella di fare un’esperienza personale di Gesù; è un’appartenenza territoriale capillare interattiva con il contesto dove opera, quindi con tutte le agenzie educative, quartiere, società civile e parrocchia: questo è in sintesi l’Agesci. Ma la vocazione fondamentale è quella educativa attraverso il metodo scout.

 

D. – Questo campo nazionale dell’Agesci suddiviso in quattro regioni ha ricevuto il messaggio di Giovanni Paolo II e poi la visita di mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Conferenza episcopale italiana; quindi nella Chiesa c’è un grande interesse, sia quello del Papa sia quello della Conferenza episcopale italiana. Sicuramente ciò vi ha dato modo di ripensare l’importanza di questa esperienza, in particolare per qualificare i giovani. Andiamo a parlare del problema educativo dei giovani di oggi: l’Agesci si sente coinvolta da questa problematica?

 

R. – Noi ci sentiamo particolarmente grati al Santo Padre per aver ribadito la stima e la fiducia della Chiesa verso l’Agesci e soprattutto verso la sua azione educatrice ed evangelizzatrice. Questo ci ricarica molto, ci dà anche la responsabilità di non deludere il Santo Padre. Ci sono poi anche le parole di mons. Betori, che sono state di stima ma soprattutto di invito a continuare questo impegno evangelizzatore in una situazione certo non facile, in controtendenza, ma dove sta risultando sempre di più che i nostri adolescenti - perfettamente inseriti nel contesto ma non diversi dagli altri - stanno risultando una realtà splendida. Forse noi adulti dovremmo riflettere un po’ su questo.

 

D. – In cosa si differenzia la vostra proposta educativa per i giovani rispetto ad altre realtà italiane?

 

R. – Il messaggio del Papa centrava molto bene alcune caratteristiche dell’Agesci. Per esempio, il discorso della vita nella natura che non è un mero ecologismo; questa capacità di intervenire sempre di più sugli aspetti delle autonomie, del senso di responsabilità da parte dei ragazzi. Baden Powell aveva intuito alcuni elementi pedagogici che sono validissimi ancora oggi. Ad esempio, proprio il discorso, dell’autoeducazione, dell’autonomia, del senso di responsabilità: noi abbiamo voluto mettere al centro dei nostri campi la ‘squadriglia’, che è stata la grande intuizione pedagogica di Baden Powell,  perché è proprio dentro questo piccola ‘squadriglia’ che si evidenziano tutti gli elementi principali del metodo scout: la formazione del carattere, il servizio al prossimo, le abilità manuali; quindi, le capacità che si acquisiscono, possono esprimersi al meglio perché in questo gioco di squadra ciascuno dev’essere in grado e capace di fare la sua parte. Il gruppo diventa vincente, diventa un luogo di crescita, se tutti giocano fino in fondo la loro parte.

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CHIESA E SOCIETA’

6 agosto 2003

 

L’ONU STIMA IN 5 MILIARDI DI DOLLARI IL FABBISOGNO MINIMO DI AIUTI

DA PARTE DEI PAESI DONATORI A SOSTEGNO DELLA RIPRESA ECONOMICA IN IRAQ

NEL 2004. ALTRI 15 MILIARDI DOVREBBERO ENTRARE NELLE TASCHE DEGLI IRACHENI

ATTRAVERSO LA VENDITA DEL PETROLIO, LA REMISSIONE DEL DEBITO ESTERO

E IL RIMPATRIO DI FONDI CONGELATI O SEQUESTRATI

 

BAGHDAD = L'Iraq avrà bisogno per il 2004 di cinque miliardi di dollari dai Paesi donatori per mantenere le proprie 'pericolanti' infrastrutture e non arrivare ad un blocco totale dei servizi di base. Lo ha dichiarato Ramiro Lopez da Silva, il coordinatore delle Nazioni Unite per le operazioni umanitarie in Iraq, precisando che funzionari del ministero delle Finanze iracheno hanno stimato che i costi per mantenere attivi le istituzioni del Paese ed i servizi per il 2004 si aggirano intorno a 20 miliardi di  dollari. Da Silva ha aggiunto che l'Iraq, come entrate, può aspettarsi molto poco oltre a ciò che potrebbe provenire dall'industria  petrolifera, dalla cancellazione del debito estero e dal rimpatrio dei fondi congelati o sequestrati. Dati i gravi problemi iracheni nella ripresa delle esportazioni del petrolio, le stime previste per le entrate totali nel 2004 sarebbero di 15 miliardi di dollari, o anche meno, e lascerebbero un buco di 5 miliardi di dollari. I Paesi donatori, che si riuniranno nell'ottobre prossimo, potrebbero essere riluttanti a fornire tale somma, data la mancanza di sicurezza nel Paese ed inoltre, ha sottolineato da Silva, anche se si impegnassero non vorrebbe dire che il denaro arriverebbe a destinazione: la maggior parte dei soldi promessi all'Afghanistan deve ancora arrivare Prima della guerra, molti funzionari americani affermavano che l'Iraq sarebbe stato in grado in breve tempo di pagare autonomamente la propria ricostruzione, grazie alle entrate petrolifere. Ma  funzionari dell'Onu hanno riferito che Washington è rimasta sorpresa  per l'estensione dei danni provocati dalla guerra e per gli alti costi della ricostruzione. Da Silva ha detto che la situazione della sicurezza è la  principale preoccupazione dei donatori. La mancanza di sicurezza ha un ''impatto molto serio'' sugli sforzi umanitari in Iraq: ''Ci sono  aree dove i nostri operatori - ha detto da Silva - non possono recarsi, come nel cosiddetto triangolo sunnita, ad ovest e nord di  Baghdad'', dove i fedelissimi di Saddam sono ancora molto forti e le truppe statunitensi sono bersaglio di numerosi attacchi. (R.G.)

 

 

NON SI FERMANO IN UGANDA I SEQUESTRI COMPIUTI DAI RIBELLI

DEL SEDICENTE “ESERCITO DI RESISTENZA DEL SIGNORE”.

L’EMERGENZA UMANITARIA SI FA SEMPRE PIÚ DRAMMATICA

 

LIRA. = Rimane sempre drammatica la situazione in Uganda, sconvolta da un conflitto interno che sta seminando ovunque distruzione e costringe la popolazione civile a continui spostamenti nel Paese. In particolare, “la cittadina di Lira, di questo passo, si trasformerà in un immenso campo profughi”, afferma all’agenzia missionaria Misna padre Sebhatleab Ayele, responsabile dei programmi di “Radio Wa” (La Nostra Radio), emittente della diocesi di Lira, nel nord Uganda. “Qui è emergenza umanitaria a tutti gli effetti: servono cibo, coperte, medicine… La gente vorrebbe tornare a lavorare nei campi. Ma il terrore di finire nelle mani dei ribelli è troppo grande”, afferma il sacerdote comboniano. In questa precaria situazione, infatti, i bambini sono quelli che soffrono maggiormente, costretti spesso a trascorrere le notti all’addiaccio in mancanza di un tetto. La stagione delle piogge ha poi moltiplicato i casi di malaria, tifo e altre malattie infettive. Intanto non si fermano i sequestri, nel nord del Paese, compiuti dai ribelli del sedicente “Esercito di resistenza del signore”. Altri venti civili sono stati catturati, tra cui figura Francis Tolit, un  catechista cattolico della missione di Kitgum, nell’arcidiocesi di  Gulu. Il sequestro sarebbe avvenuto già venerdì scorso presso Lelamur (otto chilometri ad ovest di Kitgum). Solamente nel fine settimana, attorno a Kitgum, sono state rapite  una decina di persone, mentre proprio ieri un convoglio di macchine è stato assalito dai ribelli, in una località a sette  chilometri dalla missione cattolica di Namokora: un automezzo con a bordo alcune infermiere impegnate  in una campagna di vaccinazioni è stato dato alle fiamme, fortunatamente senza vittime. (M.D.)

 

 

“LA CHIESA APPROFONDISCA TUTTI GLI ASPETTI DEL PROBLEMA OGM”.

PADRE GIULIO ALBANESE, DIRETTORE DELL’AGENZIA MISSIONARIA MISNA, SOTTOLINEA LA NECESSITÁ DI CONSIDERARE LE REALI ESIGENZE

DEI PAESI DEL SUD DEL MONDO

 

ROMA. = Recentemente è tornato alla ribalta sulla stampa internazionale il dibattito sui cosiddetti organismi geneticamente modificati, meglio noti come Ogm. La Chiesa stessa desidera valutare seriamente, dopo i dovuti studi, gli eventuali aspetti positivi e negativi delle nuove tecnologie applicate all’agricoltura. Una voce significativa nella discussione è quella del mondo missionario, direttamente interessato al drammatico problema della fame nel Sud del mondo, per il quale gli Ogm potrebbero rappresentare, secondo alcuni, una soluzione. Padre Giulio Albanese, direttore responsabile dell'agenzia missionaria Misna, sottolinea l’importanza di ricercare un punto di vista comune nella Chiesa, allo scopo di approfondire ogni aspetto del problema, sia dal punto di vista scientifico che etico ed umanitario. La riunione di studio prevista per il prossimo autunno, patrocinata dal Pontificio consiglio di Giustizia e Pace, potrà, secondo padre Albanese, portare ad indicazioni autorevoli in merito. Le preoccupazioni di numerose componenti del mondo missionario, delle quali la Misna si vuole fare portavoce, riguardano, però, il meccanismo economico che soggiacerebbe all’utilizzo degli Ogm. “Al di là del pur lecito principio cautelativo – afferma Giulio Albanese -  ben radicato nella cultura europea, vi è la questione del “business”, e più precisamente del diritto di proprietà sulle sementi Ogm, che indiscutibilmente, anche alla luce della etica sociale della Chiesa cattolica, non farebbe che acuire, a nostro avviso, la dipendenza dei Paesi poveri dai Paesi ricchi”. Il mondo missionario, per bocca del direttore della Misna, si proclama certo che la Chiesa saprà tenere in alta considerazione le esigenze dei popoli e delle comunità del Sud del mondo. (M.D.)

 

 

DAL 10 AL 12 AGOSTO PER LE ‘NOTTI DELLE STELLE’ NUMEROSI GLI APPUNTAMENTI

NEGLI OSSERVATORI ASTRONOMICI EUROPEI, APERTI PER L’OCCASIONE AL PUBBLICO. SERATE PER SCRUTARE IL CIELO STELLATO ANCHE NELLE LOCALITA’ DI VACANZA 

 

BRUXELLES. = Gli astrofili di tutt'Europa si  preparano a festeggiare l'Astronomia nelle notti tra il 10 ed il 12 agosto prossimi. A partecipare sono le Associazioni di Astronomia in Francia, Italia, Belgio, Olanda, Gran Bretagna, Germania e Spagna. “Questa manifestazione - spiega una nota dell'Unione Astrofili Italiani (Uai), guidata da Emilio Sassone Corsi - è cresciuta anno dopo anno ed oggi si può ben dire che è l'unico grande appuntamento europeo per condividere l'Astronomia in tutte le sue mille sfaccettature”. “In Italia - riferisce ancora l'Uai - molti Osservatori astronomici saranno aperti e svolgeranno attività per il pubblico. Molte associazioni di astrofili locali, inoltre, organizzeranno serate di per osservare le stelle nelle località di vacanza, al mare o in montagna, richiedendo alle Amministrazioni comunali lo spegnimento o l'abbassamento dell'illuminazione pubblica. “Sarà un modo semplice - conclude l'associazione - per far avvicinare grandi masse di cittadini in Europa all'Astronomia ed alle problematiche dell'inquinamento luminoso”. (R.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

6 agosto 2003

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

Potrebbe esservi la ‘Jemaah Islamiya’, il gruppo terroristico legato ad Al Qaeda, dietro il sanguinoso attentato che ieri ha devastato, in Indonesia, l’hotel ‘Marriott’ di Giakarta causando almeno 15 morti e circa 150 feriti. Il drammatico episodio di violenza, avvenuto due giorni prima della conclusione del processo contro alcuni integralisti islamici imputati per la strage di Bali del 12 ottobre 2002, sembra dunque collocarsi nel complesso scenario legato al terrorismo. La ‘Marriott’ è infatti una delle maggiori catene alberghiere americane e l’hotel della capitale indonesiana era uno tra i potenziali obiettivi indicati in appunti sequestrati a sospetti membri della rete islamica. Secondo la polizia indonesiana è anche molto probabile un collegamento con la strage avvenuta, lo scorso ottobre, nell’isola di Bali. I particolari nel servizio di Maurizio Pascucci:

 

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La presidente Megawati Sukarnoputri ha visitato ieri il luogo dell’attentato. Nessun gruppo ha per ora rivendicato la responsabilità dell’attentato, ma i sospetti cadono sull’organizzazione Jemaah Islamiya, legata ad Al Qaeda, e a cui si attribuisce anche l’attentato di Bali dello scorso ottobre che costò la vita a 202 persone. Domani, infatti, sarà pronunciata la condanna contro Amrozi, il principale imputato del processo per l’attentato di Bali. Intanto, un portavoce del ministro degli esteri, ha detto che la priorità al momento è quella di salvare i feriti, molti dei quali verserebbero in gravi condizioni:

 

“WE ARE NOT GOING TO LIMIT SUSPECT TO ANY PARTICULAR GROUP, ...

Ufficialmente, non circoscriveremo le indagini ad un gruppo specifico; al momento, però, a poche ore dall’attentato, capirete che la nostra maggiore preoccupazione è quella di salvare vite e curare i feriti, di proteggere l’area così che nessuno possa manomettere eventuali prove. E speriamo che presto sapremo chi è il responsabile di questo vile atto”.

 

Le autorità locali e quelle internazionali avevano precedentemente indicato che ulteriori attentati sarebbero stati probabili in Indonesia.

 

Maurizio Pascucci, per la Radio Vaticana.

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La crisi liberiana ha vissuto ieri un’altra giornata caratterizzata da segnali contrastanti. Accanto al progressivo dispiegamento del contingente nigeriano dell’Ecowas ed ai propositi di pace lanciati dai ribelli del Lurd, nella recente conferenza stampa promossa a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio, si deve infatti registrare la drammatica situazione del Paese africano, martoriato anche ieri da sanguinosi combattimenti. Ce lo conferma Giulio Albanese:

 

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Scontri tra ribelli e forze governative sono avvenuti ieri soprattutto nella capitale liberiana Monrovia, nella zona del porto di cui le forze del presidente Charles Taylor vogliono riprendere il controllo, e Buchanan, seconda città del Paese, dove invece le forze governative affrontano i ribelli dell’altro gruppo attivo nel Paese, il Model. Intanto, i contrasti che si vivono sul campo di battaglia si ritrovano anche sul versante diplomatico. Secondo un portavoce del governo nigeriano, infatti, ieri il presidente Taylor avrebbe posto nuove condizioni alla proposta di asilo presentatagli dalla Nigeria. Taylor avrebbe sì confermato la sua intenzione di lasciare il potere lunedì 11 agosto, come promesso, d’altronde, ma avrebbe precisato che non lascerà la Liberia, finché il tribunale speciale per la Sierra Leone non avrà ritirato le accuse di crimini di guerra e contro l’umanità mosse nei suoi confronti.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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In Medio Oriente è il giorno della liberazione di 342 detenuti palestinesi: un provvedimento che Israele ha definito un segno di buona volontà nella direzione della pace. Ma secondo il premier palestinese, Abu Mazen, che attendeva il rilascio di circa 6 mila prigionieri, il gesto è insufficiente e rischia di far salire ulteriormente la tensione nei Territori. Il servizio di Graziano Motta:

 

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263 dei 339 palestinesi liberati hanno lasciato il grande campo di detenzione di Ketsiot nel Negeb, 58 la prigione di Megiddo, gli altri quella centrale della polizia. Hanno dovuto tutti sottoscrivere un impegno a rinunciare a violenze e terrorismo. Nei prossimi giorni Israele rilascerà altri 99 palestinesi, molti dei quali condannati per delitti comuni o perché in posizioni irregolari. Intanto, chiedono di essere scarcerati nel contesto del processo di pace due prigionieri eccellenti nella prigione di Gerico sotto sorveglianza americana: il segretario generale del Fronte popolare Ahmed Saada e Fuad Shubaki, mandatario del trasporto illegale di armi scoperto sulla nave Kalinaa. A Jenin stamane un reparto delle forze di sicurezza israeliane ha compiuto un’incursione volta alla cattura di otto ricercati, membri della polizia palestinese o della guardia presidenziale di Arafat.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Nel giorno del 58.mo anniversario del primo olocausto atomico della storia, il sindaco di Hiroshima ha lanciato, alla presenza del primo ministro giapponese, Junichiro Koizumi, un appello al presidente americano, George Bush, ed al leader nordcoreano, Kim Jong Il, perchè visitino la città nipponica.

 

Nel pieno delle polemiche sui dossier relativi alle armi irachene, che hanno investito il governo britannico di Tony Blair, si celebrano oggi, a Longworth, i funerali del consulente delle autorità di Londra in materia di armi chimiche, David Kelly. Il consigliere di Downing Street si era suicidato il 17 luglio scorso, dopo che il suo nome era entrato nello scandalo sui rapporti dell'intelligence presumibilmente gonfiati per attaccare Saddam Hussein. Nelle prossime settimane, nel quadro dell’inchiesta sulla morte dell’esperto, verranno ascoltati tra gli altri lo stesso Blair e il ministro della Difesa Hoon. Ma quanto pesa la morte di Kelly sul futuro del governo laburista di Londra? Giada Aquilino lo ha chiesto al corrispondente Rai dalla capitale britannica, Antonio Caprarica:

 

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R. – E’ difficile naturalmente dirlo con precisione, ma certo è un’ombra assai grave che staglia su questo governo che pure ha battuto il record di durata di tutti i governi laburisti. C’è un sondaggio che dovrebbe risultare particolarmente preoccupante per Blair, dal quale risulta che ormai due terzi degli inglesi non hanno fiducia nel primo ministro. E’ piuttosto impressionante che proprio pochi giorni prima del funerale, il portavoce ufficiale di Downing Street sia andato a dire ai giornalisti che tutto sommato questo Kelly vantava un ruolo che di fatto non giocava. Naturalmente, questo ha prodotto una ovvia indignazione dell’opinione pubblica e l’ennesima presentazione di scuse da parte del governo.

 

D. – La vicenda Kelly, le armi di distruzione di massa irachene che non si trovano, i dossier dell’Intelligence addomesticati … Cosa rimane oggi della guerra in Iraq?

 

R. – Il comitato ristretto della Commissione affari esteri del Parlamento ha risposto in modo preoccupante facendo un bilancio molto negativo della guerra, soprattutto dal punto di vista della battaglia permanente contro il terrorismo. Di fatto la guerra all’Iraq ha in qualche modo distolto impegno e forze dalla guerra al terrorismo.

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Proseguono le indagini, da parte del Pentagono, per una misteriosa forma di polmonite che nelle ultime settimane ha provocato, in Iraq, la morte di almeno due soldati statunitensi. Un’ipotesi sulle cause della malattia riguarda i possibili effetti collaterali del vaccino contro l’antrace somministrato ai militari americani inviati nel Golfo Persico. Le maggiori autorità religiose musulmano-sciite delle città di Najaf e Kerbala, a Sud di Baghdad, hanno intanto raggiunto un accordo con l’amministrazione civile statunitense in base al quale si assumono l’incarico di garantire ordine e rispetto della legge a patto che le forze americane si ritirino ai limiti dei due centri abitati. L’urgenza di una maggiore sicurezza nelle città irachene è purtroppo confermata dall’esplosione, a Baghdad, di un camion che - secondo alcuni testimoni - avrebbe causato, oggi, la morte di almeno 4 persone. 

 

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