RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 217 - Testo della
Trasmissione di martedì 5 agosto 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Nominati dal Papa il nunzio
apostolico in Guinea Equatoriale e un nuovo vescovo in Vietnam
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA
E SOCIETA’:
Appello dei Salesiani per aiuti al popolo dominicano,
duramente provato da fame e povertà
Saccheggiata dai banditi in
Brasile la Comunità Incontro fondata da don Pierino Gelmini
Una mostra ad Edimburgo con 90 opere di
Claude Monet, maestro dell’impressionismo
In Indonesia l’esplosione di una bomba ha causato,
stamani, la morte di almeno 10 persone
E’ stato annullato l’incontro, previsto domani,
tra il premier palestinese, Abu Mazen, e quello israeliano, Ariel Sharon
L’ingresso del primo contingente dell’Ecowas e la
dichiarazione dei ribelli a favore della pace: sono questi gli sviluppi più
significativi della situazione in Liberia.
5 agosto 2003
NOMINATI
DAL PAPA IL NUNZIO APOSTOLICO IN GUINEA EQUATORIALE
E UN
NUOVO VESCOVO IN VIETNAM
- A
cura di Paolo Salvo -
Il Papa
ha provveduto oggi a due nomine riguardanti rispettivamente l’attività
diplomatica della Santa Sede e la provvista di Chiesa in una diocesi del
Vietnam. Nel primo caso, il Santo Padre ha nominato nunzio apostolico in Guinea
Equatoriale il neo arcivescovo italiano Eliseo Antonio Ariotti, dallo scorso 17
luglio nunzio apostolico in Camerun. Il presule, che ha 54 anni, è al servizio
diplomatico della Santa Sede dal 1984 e ha prestato successivamente la propria
opera nelle rappresentanze pontificie in Uganda, Siria, Malta, Stati Uniti
d’America, nella Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato,
quindi in Spagna e in Francia.
Per quanto riguarda la Chiesa in Vietnam, Giovanni Paolo
II ha nominato vescovo della diocesi di Hung Hoà il sacerdote Antoine Vu Huy
Chuong, di 58 anni, attuale professore di Teologia Dogmatica nel Seminario
maggiore interdiocesano di Can Tho. La biografia del nuovo presule vietnamita
rivela che nel 1954, il piccolo Antoine, quando aveva appena dieci anni, al
momento della divisione del Paese in due parti, si rifugiò nel Sud insieme con
i milioni di cattolici del Nord. Nel 1956, a 12 anni, entrò nel Seminario
minore dell’arcidiocesi di Saigon, poi passò nel Pontificio Seminario San Pio X
di Dalat, per gli studi filosofici e teologici. Ordinato sacerdote nel 1971 a
Saigon, fu incardinato nella diocesi di Can Tho, dove si è occupato della direzione
spirituale dei seminaristi e dell’insegnamento teologico.
La diocesi di Hung Hoà, eretta nel 1960, era vacante da
ben 11 anni, ossia dal 9 maggio 1992, a seguito della morte del suo vescovo,
mons. Joseph Le Phung Hieu. Suffraganea dell’arcidiocesi di Hanoi, dal punto di
vista territoriale la diocesi di Hung Hoà è la più grande circoscrizione
ecclesiastica del Vietnam, con una superficie di oltre 54 mila kmq, nove
provincie civili, 7 milioni e 145 mila abitanti. I cattolici sono 192 mila,
distribuiti in 76 parrocchie e assistiti da 17 sacerdoti diocesani. Vi sono
inoltre 7 diaconi, 30 seminaristi maggiori, 102 preseminaristi. Nella stessa
diocesi vietnamita operano pure 97 religiose “Amanti della Croce”, 21 laiche
consacrate dell’Istituto secolare “Sacro Cuore” e una schiera di ben 1.762
catechisti.
Nell’ottobre dello scorso anno, una delegazione della
Santa Sede guidata dall’allora sottosegretario per i Rapporti con gli Stati,
mons. Celestino Migliore, aveva compiuto una visita in Vietnam, affrontando con
le autorità governative vari aspetti della presenza e della vita della Chiesa
cattolica nel Paese asiatico. Nel mese di novembre, inoltre, erano avvenute due
nomine vescovili, mentre il vice primo ministro della Repubblica socialista del
Vietnam, Wu Khoang, si era incontrato in Vaticano con il cardinale segretario
di Stato, Angelo Sodano, e con il segretario per i Rapporti con gli Stati,
l’arcivescovo Jean Louis Tauran. Nel luglio scorso a Roma, infine, si sono
riuniti i cattolici vietnamiti della diaspora.
CENTO ANNI FA PIO X SULLA CATTEDRA
DI PIETRO
-
Intervista con il prof. Francesco Malgeri -
La Chiesa ha ricordato ieri i 100 anni dall’elezione al
soglio pontificio di Papa Pio X, Giuseppe Sarto. Il successore di Leone XIII –
che Pio XII canonizzerà il 29 maggio 1954 – nacque nel 1835 a Riese, in
provincia di Treviso e resse la Chiesa sino al 20 agosto 1914, agli inizi della
prima Guerra Mondiale. Considerato un conservatore sotto molteplici aspetti,
Pio X si afferma come uno dei Papi più riformatori del secolo sul piano della
riorganizzazione interna della Chiesa romana. Ma qual era il contesto storico
in cui Pio X si trovava a guidare la Chiesa? Stefano Leszczynski lo ha chiesto
a Francesco Malgeri, docente di storia contemporanea presso l’Università La
Sapienza di Roma:
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R. – Vanno tenute presenti le sue riforme. La
ristrutturazione, ad esempio, delle diocesi nell’Italia meridionale anche con
l’instaurazione dei seminari regionali. Una
riforma che, tra l’altro, poi nel Mezzogiorno ha suscitato molte polemiche
perché la tendenza di Pio X era quella di mandare vescovi settentrionali nelle
diocesi meridionali e questo a volte non era troppo gradito all’interno delle
diocesi, ma era una preoccupazione legata soprattutto ad una formazione più
attenta del clero. Nello stesso tempo riordina le parrocchie romane,
istituendone molte nuove nelle periferie di Roma. C’è il tentativo di snellire
anche le funzioni della Curia Romana con una sorta di accentramento attorno
alla Segreteria di Stato. C’è la codificazione del Diritto canonico. Insomma
tutta una serie di iniziative certamente non trascurabili.
D. – Pio X è anche famoso per il suo catechismo e per la
preoccupazione di una scristianizzazione della società che riteneva dilagante
...
R. – Possiamo dire che il catechismo si caratterizzava per
la semplicità delle immagini, dei termini, con suggerimenti e concetti morali.
Certamente l’intenzione era anche quella di portare l’uomo a duna maggiore
aderenza ai valori cristiani perché tra la fine dell’Ottocento e i primi del
Novecento si assiste a un processo di scristianizzazione della società,
soprattutto all’interno del mondo del lavoro. La penetrazione, ad esempio,
delle idee socialiste nel mondo operaio in Paesi come la Francia e come
l’Italia provocava il rischio che gli antichi valori, su cui era fondata la società, venissero meno. L’obiettivo di
Pio X era di tentare questo recupero, di evitare che questo processo potesse
coinvolgere l’intera società.
D. – Infine, si arriva ad un altro episodio cruciale della
storia, ma anche della vita di questo Papa, cioè la prima guerra mondiale...
R. – Questo Papa tentò con tutte le sue forze di
scongiurare il conflitto. Si dice addirittura che proprio lo scoppio del
conflitto e il non essere riuscito ad
evitarlo sia stata anche una causa della sua morte. Certamente si muove sul
filo dell’azione diplomatica delle varie nunziature, ma si coglie
immediatamente, come poi lo coglierà anche il suo successore Benedetto XV, una
sorta di insensibilità da parte delle potenze ad accogliere questo invito alla
riconciliazione e alla pace tra i vari Stati europei.
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PROVARE
L’UTILITA’ E VERIFICARE I RISCHI PER LA SALUTE UMANA
NEL
RISPETTO DELL’AMBIENTE E DELL’ETICA ECONOMICA:
LA
CHIESA IN ATTEGGIAMENTO DI APERTURA VERSO LA SCIENZA
A
SERVIZIO DELL’UOMO ATTENDE RISPOSTE CERTE SUGLI ‘OGM’
-
Intervista con mons. Elio Sgreccia -
Si allarga e si approfondisce anche nel mondo cattolico il
dibattito sugli ‘Ogm’, gli organismi geneticamente modificati, usati in campo
agricolo: c’è bisogno di maggiori informazioni ‘pro e contro’ perché il
pubblico, i consumatori, i cittadini possano capire e decidere su un aspetto
tanto importante quale è quello del cibo per la salute umana, per l’ambiente,
per gli equilibri economici e per i risvolti etici. Luca Collodi, del nostro
programma “One-o-five live” ha
interpellato il vescovo Elio Sgreccia, vicepresidente della Pontificia
Accademia per la Vita e direttore del Centro di Bioetica dell’Università
Cattolica del “Sacro Cuore”:
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R. – Prima di tutto non ci deve essere chiusura per
l’intervento dell’uomo sulle piante e sugli animali anche nel campo genetico,
qualora questo risulti esente da danni e utile per l’uomo stesso. Il secondo
punto è che ci sia una verifica dei rischi, una verifica che deve essere
obiettiva, deve essere scientifica, che deve essere fatta sui prodotti naturali
ma anche sui farmaci e, per una ragione ancor più delicata, sugli organismi
geneticamente modificati. E’ la verifica del rischio, il cosiddetto principio
di precauzione. Finora non sono stati denunciati, se non come allarme,
gravissimi rischi. Mi sembra che si vada con le debite cautele, con una sorta
di sperimentazione prima di immettere sul mercato. Un’altra condizione è che si
rispetti anche l’equilibrio ecologico, cioè si rispetti la biodiversità. Le
specie nuove non debbono soppiantare quelle preesistenti. La biodiversità deve
essere custodita nel mondo perché è una ricchezza di tutti. Terzo, il cittadino deve essere informato,
cioè noi siamo per una etichettatura dei prodotti. Del prodotto che viene
immesso nel mercato si deve sapere se è ‘ingegnerizzato’, non ‘ingegnerizzato’
anche perché, vero o no il rischio, si dia tempo alla gente di persuadersi, ma
a quel punto ci sia la libertà e la consape-volezza di sapere se il prodotto è
‘ingegnerizzato’ o no. In ultimo, questa materia - ecco l’altra componente del problema – deve essere anche
rispet-tosa dell’etica economica a livello internazionale. Cioè, prodotti
‘ingegnerizzati’ non devono servire per esclusiva utilità delle grandi imprese,
delle grandi industrie. Tutte le industrie hanno il loro vantaggio, devono
avere il loro giusto vantaggio, ma non deve essere un monopolio che diventi
gravoso per chi fosse costretto a utilizzare questi prodotti. Il discorso sulle
biotecnologie non deve poi essere utilizzato a fini protezionistici. Di questa
istanza si è fatto portavoce il cardinale Ersilio Tonini, e cioè la paura che i
prodotti preesistenti possano venire in concorrenza con quelli nuovi a loro
svantaggio. Ci deve essere un equilibrio, un rispetto anche delle ragioni
etiche del mercato, non solo quelle etiche della salute.
D. – Quando parliamo di tematiche così delicate, c’è
sempre un impatto molto attento da parte della gente ...
R. – Su questo
problema, come su molti altri di grande importanza in questo scorcio di storia,
il segreto sta nel congiungere insieme la scienza, con le sue indubbie capacità
di avanzare, di verificare le verità oggettive, di carat-tere sperimentale, e l’etica che metta in confronto le risorse
della scienza con i valori umani e con la persona che deve stare al centro.
L’etica, inoltre, deve guardare anche ai processi economici a carattere
internazionale, globalizzati.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
La prima pagina si apre con la
situazione in Liberia: non tacciono le armi a Monrovia e a Buchanan.
Un articolo di Andrea Riccardi
dal titolo “Con il suo genio cristiano ha lavorato per una nuova primavera
della Chiesa”: venticinque anni fa la morte di Paolo VI.
All’interno, una pagina
dedicata alla solenne ricorrenza, con un contributo di Vicente Carcel Orti dal
titolo “Promotore del rinnovamento conciliare della Spagna”.
Sempre in prima, un articolo
dal titolo “Non deludere la speranza di pace del popolo sudanese”: occorre un
rinnovato impegno internazionale per superare lo stallo negoziale.
Nelle vaticane, una pagina
dedicata alla Trasfigurazione del Signore.
Nelle pagine estere, Indonesia:
attentato in un albergo di Jakarta.
Medio Oriente: annullato per
forti divergenze il vertice tra Sharon ed Abu Mazen.
Nella pagina culturale, un
elzeviro di Luigi Maria Personè dal titolo “Quelle amare vacanze passate sui
libri”.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il tema delle pensioni: accesa discussione politica e sindacale sulle
dichiarazioni di Maroni.
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5 agosto 2003
NEL SEGNO DELLA DEVOZIONE MARIANA, I FEDELI ROMANI
CELEBRANO IL “MIRACOLO
DELLA
NEVE” E LA DEDICAZIONE DELLA BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE
- A
cura di Alessandro Gisotti -
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(Magnificat
di F. Lizst)
Una tradizione secolare, ma sempre emozionante, segno di
una devozione che il tempo non intacca. Ricorre oggi la Memoria della
Dedicazione della Basilica romana di Santa Maria Maggiore, nell’anniversario
della storica nevicata sull’Esquilino del 5 agosto 335. Evento straordinario,
interpretato quale segno della volontà della Madonna di indicare il luogo su
cui elevare una cappella in suo onore. Quello che rappresenta il più antico
tempio dedicato alla divina Maternità di Maria, è anche noto come Basilica
Liberiana, dal nome di Papa Liberio (352-366), cui si deve l’edificazione della
chiesa primitiva. La ricorrenza mariana del “Miracolo della Neve”, riproposto
ogni anno in una festosa e suggestiva rappresentazione, viene amplificata in
questi giorni dalla concomitanza con l'Anno del Rosario indetto dal Papa. Ieri,
la “celebrazione della vigilia” ha visto la partecipazione di numerosi fedeli
alla preghiera del Rosario, alla celebrazione dei Primi Vespri Capitolari e,
infine, alla Santa Messa, presieduta da mons. Vincenzo Apicella, ausiliare di
Roma. Stamani, poi, il cardinale Carlo Furno, arciprete della Basilica, ha
presieduto la Santa Messa Pontificale, mentre nel pomeriggio l'Eucaristia verrà
officiata dall’arcivescovo Robert Sarah, segretario della Congregazione per
l'Evangelizzazione dei popoli. Sulle tradizioni di devozione popolare legate
alla figura di Maria, Debora Donnini ha raccolto una riflessione del mariologo
padre Stefano De Fiores:
“All’inizio proprio dell’VIII secolo, Papa Sergio ordinò
una solenne processione in occasione della Festa della ‘Dormizione’, che sarà
subito chiamata anche Assunzione, dalla chiesa di Sant’Adriano fino a Santa
Maria Maggiore. Quindi, abbiamo delle testimonianze del fatto che i fedeli si
sono posti questa domanda: “dov’è Maria, dov’è la Madre di Gesù”? A questo
interrogativo i fedeli rispondono con la preghiera. La tipica orazione, molto
antica del II-III secolo, è quella del Sub tuum praesidium, “sotto la
tua protezione ci rifugiamo, Madre di Dio, le nostre suppliche non respingere
nelle necessità, ma da ogni pericolo liberaci, tu sola pura, sola Benedetta”.
Vediamo qui che c’è la percezione della persona di Maria nell’ambito della
gloria di Dio in un’atmosfera di santità, di bontà, di misericordia e,
naturalmente, anche di potenza.
Dobbiamo rivolgerci alla Madre di Gesù, perché Maria ode
tutti i giorni le generazioni chiamarla Beata e quindi noi dobbiamo avere
fiducia in Lei, perché è la fonte della luce, è anche la Madre della salvezza
avendo dato a noi il Salvatore del mondo, Gesù Cristo. La Corona che brilla
sulla testa di Maria è stata interpretata in tanti modi nel corso dei tempi.
Ultimamente, queste 12 stelle hanno ispirato un artista cattolico a metterle
nella bandiera d’Europa.
Maria entra in Europa in qualche modo al posto di Suo Figlio,
prima di Suo Figlio, però essendo Maria totalmente relazionata al Cristo, che
deve partorire ogni giorno nella Chiesa e con la Chiesa, questo riferimento fa
sì che già nella bandiera ci siano le radici cristiane, e siano messi in
rilievo, proprio attraverso la figura di Maria, i valori cristiani che sono
veramente all’origine, hanno davvero costituito un punto di riferimento nella
storia dell’Europa”.
(musica)
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PRESENTATA
A ROMA DINANZI ALLA STAMPA INTERNAZIONALE
UNA
FORMALE DICHIARAZIONE DI PACE DEI VERTICI DEL LURD
-
Intervista con Sekou Damate Conneh -
Ritiro
immediato dei guerriglieri all’arrivo a Monrovia delle forze di pace, impegno
per una soluzione politica che coinvolga tutte le parti in causa in Liberia,
priorità all’arrivo dei soccorsi umanitari per la popolazione allo stremo.
Questo in sintesi il contenuto del documento letto ieri dai vertici del Lurd, i
“Liberiani uniti per la riconciliazione e la democrazia”, durante la conferenza
stampa svoltasi nella sede della Comunità di Sant’Egidio a Roma. Al microfono
di Dorotea Gambardella il leader delle forze ribelli, Sekou Damate Conneh, ci
illustra i punti più importanti della proposta politica.
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R. - THE IMPORTANT POINT IS THE PRESIDENCE …
Il
punto fondamentale è la presidenza. In Liberia tutti vogliono assumere il
comando. Noi stessi siamo stati accusati di combattere per la presidenza, ma
vogliamo sottolineare che non è così. Siamo convinti che la soluzione politica
debba includere le società civili, i partiti politici e le altre organizzazioni
liberiane, siamo anche convinti che la pace debba svilupparsi nel rispetto
delle norme del diritto internazionale.
D. –
Quale sarà il vostro ruolo nel futuro della Liberia?
R. – WE WILL BE VERY HAPPY WHEN ONE DAY PEACE …
Noi saremo
soddisfatti quando nel nostro Paese si instaurerà la pace e ciascuno potrà far
ritorno alle proprie abitazioni. Non siamo un partito politico, ma
un’organizzazione di resistenza, abbiamo imbracciato le armi per liberare la
Liberia. La nostra missione sarà conclusa quando il Paese sarà liberato, in tal
caso potremo cercare un lavoro, anche in ambito governativo. Ribadisco non
vogliamo trasformare il Lurd in un partito politico, alcuni nostri membri si
occupano di politica non è escluso che in futuro potranno ritornare a ricoprire
la loro carica.
D. –
Nel vostro Paese c’è una vera e propria emergenza umanitaria, che cosa state
facendo voi in tal senso?
R. - WE ARE
VERY VERY CONCERNED …
Siamo
molto preoccupati per l’emergenza umanitaria, al momento stiamo distribuendo
cibo, ma auspichiamo che le forze di pace arrivino al più presto, in modo da
permettere alle organizzazioni umanitarie di entrare in Liberia per portare il
loro contributo.
D. –
Qual è la vostra opinione in merito al fenomeno dei bambini soldato?
R. – WE ARE VERY CONCERNED …
Siamo
molto preoccupati per questo fenomeno, tanto da aver proibito ai nostri reparti
di arruolare bambini, per cui se contravvengono ai nostri ordini, sanno che
verranno puniti. Oltre a questo, la nostra organizzazione ha investito denaro
nell’apertura di diverse scuole, che abbiamo fornito di tutto il materiale
necessario per attrarre i bambini. Abbiamo compreso infatti che molti ragazzini
si arruolano per noia, perché non sanno cosa fare. La gente, soprattutto coloro
che vivono al Nord, ha bisogno di cibo e medicine. Dal canto nostro stiamo
facendo quanto più è possibile.
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5 agosto 2003
“LA POPOLAZIONE DOMINICANA HA BISOGNO DI
ASSISTENZA, SCUOLE E STRADE”.
I
PADRI SALESIANI LANCIANO UN APPELLO PER UN AIUTO AL PAESE CARAIBICO DURAMENTE
PROVATO DALLA POVERTÁ E DALLA FAME
SANTO
DOMINGO. = “Più che dei Giochi Panamericani la popolazione dominicana ha
bisogno di scuole, strade e assistenza. In alcuni quartieri della capitale non
c’è niente di tutto questo e la gente non riceve aiuti sufficienti dal
governo”. Sono le parole, rilasciate all’agenzia missionaria Misna, del
sacerdote salesiano dominicano padre Rogelio Cruz, impegnato ad esercitare il
proprio ministero nel quartiere periferico di Cristo Rey, nella zona nord di
Santo Domingo. A margine della XIV edizione dei Giochi Panamericani, in
programma fino al 17 agosto, padre Cruz ha lanciato in collaborazione con
diversi organismi popolari un’iniziativa, denominata “Fiamma contro la fame”,
per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale ed internazionale
sulla grave crisi economica che affligge il Paese caraibico. “Qui la gente vive
in uno stato di completo abbandono - spiega il religioso – la maggior parte
delle abitazioni non hanno neanche l’elettricità. La popolazione più sfortunata
si rende conto di questo paradosso e teme che i proventi di questo avvenimento
sportivo non vengano investiti per il bene del Paese ma finiscano solo nelle
tasche di un’elite”. L’iniziativa non è stata tuttavia accolta senza problemi.
Padre Cruz lamenta come all’inaugurazione della “Fiamma contro la fame”,
venerdì scorso, le forze dell’ordine siano intervenute cercando di impedire con
gas lacrimogeni lo svolgimento della manifestazione. Secondo fonti di stampa
dominicane l’operazione di polizia avrebbe causato un numero imprecisato di feriti.
(M.D.)
SACCHEGGIATA
DAI BANDITI LA COMUNITÁ INCONTRO “VITORIA REGIA” DI BURITY VERMELHO, IN
BRASILE. “CONTINUEREMO NEL NOSTRO IMPEGNO”,
AFFERMA
IL FONDATORE DEL CENTRO, DON PIERINO GELMINI
BURITY VERMELHO. = Ha suscitato sconcerto e vero e proprio terrore negli
adolescenti e nei giovani della Comunità Incontro “Vitoria regia” di Burity
Vermelho, a 70 chilometri da Brasilia, la razzia perpetrata venerdì 1° agosto
da sette banditi mascherati ai danni della struttura fondata nel 1995 dal
sacerdote italiano don Pierino Gelmini per raccogliere dalle strade i ragazzi
provenienti dalle favelas delle grandi città brasiliane. I rapinatori si sono
presentati alle otto di sera, e, con le pistole puntate, hanno chiuso i giovani
nelle celle frigorifere, obbligando poi il responsabile del centro ad
accompagnarli nel corso del vero e proprio saccheggio. Sono stati rubati
denaro, automezzi, televisori, telefoni, computer e mezzi meccanici. Solamente
verso la mezzanotte il responsabile ha potuto raggiungere un telefono esterno e
comunicare l’accaduto alla polizia. “Questo episodio – ha commentato,
profondamente scosso, don Gelmini -
lungi dallo scoraggiarci, ci conferma di quanto siano importanti opere
come la nostra in quel Paese. Certo, i giovani residenti e chi opera in mezzo a
loro, hanno bisogno di sentirsi vicino istituzioni pubbliche, enti sociali,
privati cittadini, in modo da ricevere calore, amicizia, e quegli aiuti
materiali e umani che possano confermarli nella validità del loro impegno e
aiutarli a portarlo avanti”. (M.D.)
IN
SVIZZERA CALANO LE VOCAZIONI ALLA VITA RELIGIOSA. LE CONGREGAZIONI CERCANO
SOLUZIONI AL PASSO CON I TEMPI PER RIPROPORRE
CON
MAGGIORE EFFICACIA I PROPRI CARISMI SPIRITUALI
FRIBURGO. = Il problema del calo
delle vocazioni alla vita consacrata in Svizzera si sta acutizzando e sta spingendo
diverse congregazioni operanti nel Paese ad affrontare questa vera e propria
emergenza. La questione, tra l’altro, è stata al centro dei lavori della
recente assemblea dell’Unione dei superiori maggiori della Svizzera, lo scorso
mese di giugno. Diverse le congregazioni colpite dalla crisi, fra le quali
figurano quelle dei Padri Bianchi e dei Cappuccini, la cui età media nella
Confederazione è molto elevata. I Padri Bianchi hanno compiuto la scelta di
rivolgere le proprie cure pastorali agli immigrati del Sud del mondo che vivono
in Svizzera, per cercare così di mantenere il proprio carisma “africano”. La
risposta dei Cappuccini al problema è, invece, la messa in comune delle proprie
case di formazione con gli altri paesi di lingua tedesca. Un altro istituto che ha molto risentito del calo
numerico è quello dei Missionari di Bethlehem, il cui numero, in quarant’anni
di attività, si è dimezzato. Qui la soluzione proposta, venuta dal Capitolo
generale di maggio, è quella di una maggiore apertura internazionale e al
laicato, per il quale è ora prevista una forma di associazione secondo propri
statuti. Se il calo delle vocazioni tra le congregazioni maschili suscita
preoccupazioni, diverso è invece l’atteggiamento degli istituti femminili, che
vedono una certa tenuta delle vocazioni, soprattutto contemplative. Nel Paese
le religiose sono oltre 4.200, contro 1.800 religiosi. Tuttavia anche le suore
stanno cercando di rinnovare i propri percorsi di formazione: la sfida riguarda
in particolare il linguaggio, il modo di comunicare e di condividere la propria
eredità spirituale. (M.D.)
COMPIE CENTO ANNI MADRE BERNADETTE SMEYERS,
ABBADESSA EMERITA
DEL
MONASTERO DI SANTA CECILIA SULL’ISOLA DI WIGHT.
UNA
SPECIALE BENEDIZIONE DEL PAPA PER UNA LUNGA VITA
DEDICATA
INTERAMENTE ALLA PREGHIERA E ALLA LODE DEL SIGNORE
ISOLA DI WIGHT. = Con una
speciale benedizione di Giovanni Paolo II madre Bernadette Smeyers, abbadessa
emerita del monastero benedettino di Santa Cecilia sull’Isola di Wight
festeggia il compimento dei 100 anni di età. Con il compleanno centenario, la
religiosa di origine belga festeggia anche i 75 anni di professione monastica e
il cinquantenario della sua prima elezione ad abbadessa. La Santa Messa di
ringraziamento, nella cappella del monastero, è stata concelebrata questa
mattina, dall’abate di Quarr, fra’ Cutberth Johnson, dall’abate di Saint
Wandrille in Normandia, fra’ Pierre Massein, da fra’ Cuthbert Brogan, priore
dell’abbazia di San Michele a Farnborough, e da fra’ Patrice Mahieu, rappresentante
dell’abbazia di Solesmes, dalla quale dipende la stessa abbazia di Santa
Cecilia. Dopo la Messa, l’ambasciatore belga in Gran Bretagna, ha portato i
saluti dei reali del Belgio. Tra i molti avvenimenti, che hanno segnato la
lunga vita di madre Smeyers, figurano la fondazione di una comunità di
benedettine in India, l’incontro con Columba Marmion, l’abate benedettino
irlandese beatificato da Giovanni Paolo II nel 2000, e la permanenza a Roma
durante i lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II. Allo zelo di madre
Smeyers, latinista di valore, si deve specialmente la grande opera di
valorizzazione del canto gregoriano nelle celebrazioni liturgiche monastiche.
(M.D.)
EDIMBURGO
OSPITA FINO AD OTTOBRE UNA MOSTRA DEDICATA A CLAUDE MONET.
90
OPERE NELLA RASSEGNA DEDICATA AD UNO DEI MAESTRI DELL’IMPRESSIONISMO
EDIMBURGO. =
La capitale scozzese ospita, da ieri e fino al 26 ottobre, una mostra dedicata
al grande pittore impressionista Claude Monet, intitolata “Monet: The Seine and
the Sea 1878-1883” (Monet: la Senna e il Mare 1878-1883). La rassegna raccoglie
90 opere del maestro francese prese in prestito dalle gallerie di tutto il
mondo. La mostra, allestita alla Royal Scottish Academy, include dipinti
appartenenti a due periodi stilisticamente distinti dell'artista. Nel 1878
Monet si era trasferito da Argenteuil, vicino a Parigi, a Vetheuil, un
tranquillo villaggio sulla Senna, e aveva cominciato a dipingere paesaggi
rurali costellati di prati e chiese. Nello stesso periodo il pittore aveva
anche iniziato e recarsi regolarmente in Normandia, regione che lo ispirò,
invece, a dipingere scenari più drammatici, con scogliere a picco sul mare e
onde impetuose. A margine della mostra dedicata a Monet, è esposta nel museo
anche una collezione di quadri dei pittori del paesaggio francese, come Corot e
Courbet, che hanno ispirato il lavoro dell'artista. (M.D.)
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5 agosto 2003
- A
cura di Amedeo Lomonaco -
Un grave episodio di violenza
si deve purtroppo registrare oggi in Indonesia, dove l’esplosione
di una bomba avvenuta nell’hotel ‘Marriot’ di Giakarta, l’albergo recentemente
scelto dall’ambasciata americana dello Stato asiatico per ospitare la festa del
4 luglio, ha causato, secondo quanto riferisce l’agenzia France Presse, almeno 13 morti e più di 140 feriti. Ma in Indonesia, il più popoloso Paese islamico
del mondo, era alto l’allarme attentati? Andrea Sarubbi lo ha chiesto a Guido
Olimpio, esperto di intelligence del Corriere della Sera:
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R. – Diciamo che i rischi in Indonesia erano possibili
come in altre aree periferiche. Nella zona indonesiana, in Malaysia,
Thailandia, i gruppi simpatizzanti di Al Qaeda sono molto forti e ben
organizzati. Per quanto riguarda l’operazione, riterrei che sia legata ad Al
Qaeda perché si sta svolgendo un processo per gli attentati di Bali e quindi è
possibile che sia un’azione di supporto a questi personaggi che vengono
giudicati in questo periodo.
D. – Gli Stati Uniti ritengono che molti dei terroristi
più pericolosi siano rifugiati proprio nel Sud-Est asiatico. E’ possibile?
R. – Sicuramente ci sono delle presenze di estremisti
islamici. Si è parlato poi di campi di addestramento nella giungla, si è
parlato di passaggi di personaggi legati ad Al Qaeda. Non dobbiamo dimenticare
che il ‘piano 11 settembre’ è stato messo a punto a Kuala Lumpur, uno dei
vertici decisivi del ‘piano 11 settembre’. Questo vuol dire che è un posto dove
gli operativi di Al Qaeda si possono muovere con relativa tranquillità.
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In
Liberia l’arrivo a Monrovia dei primi soldati della forza di interposizione
dell’Ecowas, potrebbe segnare una svolta nel drammatico conflitto che in 14
anni ha provocato la morte di oltre 200 mila persone. La popolazione civile ha
accolto con entusiasmo il primo contingente di pace ma la situazione del Paese
resta comunque critica a causa di nuovi, sanguinosi scontri tra i gruppi
ribelli e le forze fedeli al presidente liberiano, Charles Taylor, che si è
impegnato a lasciare la Liberia il prossimo 11 agosto. I particolari nel
servizio di Giulio Albanese:
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La giornata di ieri è stata emblematica per comprendere
quanto stia effettivamente accadendo in Liberia. Segnali contrastanti che
indicano davvero quanto sia arduo il cammino della pace e soprattutto della
riconciliazione. I combattimenti a Monrovia e dintorni, dopo la pausa del
week-end, sono ripresi per tutto il giorno, soprattutto nella zona portuale e anche
nel settore orientale della città tra i ribelli del Lurd, ‘i liberiani uniti
per la riconciliazione e la democrazia’, e le forze governative fedeli al
presidente Charles Taylor. Queste ultime pare che abbiano subito pesanti
perdite. Contemporaneamente la popolazione si è lasciata andare a scene di
giubilo mentre gli elicotteri dell’esercito nigeriano sorvolavano la città con
a bordo i primi soldati della forza di pace inviata dall’Ecowas, la Comunità
economica dei Paesi dell’Africa occidentale. Centinaia, forse migliaia di
persone si sono riversate lungo le strade della capitale per salutare i
peacekeeper, un segnale di speranza per gente davvero disperata.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
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Intanto
ieri, a Roma, in una conferenza stampa promossa dalla Comunità di Sant’Egidio,
il leader del gruppo ribelle dei ‘Liberiani uniti per la riconciliazione e la
democrazia’ (Lurd), Sekou Damate Conneh, ha letto un documento che intende
essere una dichiarazione formale di pace, neutralità e comprensione per il
dramma che sta vivendo il popolo liberiano.
La tregua in Medio Oriente,
recentemente infranta da nuovi, sanguinosi episodi di violenza, appare a
rischio anche sotto il profilo politico. E’ saltato, infatti, l’incontro
previsto domani fra il primo ministro israeliano, Ariel Sharon, e quello
palestinese, Abu Mazen. Le cause di questo mancato colloquio sembrano essere la
ripresa degli agguati in Israele, la costruzione del controverso muro tra lo
Stato ebraico e la Cisgiordania e lo scontro sulla liberazione dei detenuti palestinesi
nelle carceri israeliane. Sui nuovi ostacoli che sembrano frenare il processo
di pace, riavviato dopo la presentazione della “Road map”, ci riferisce
Graziano Motta:
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La liberazione dei prigionieri continua ad ostacolare il
dialogo politico. Arafat ha denunciato la ‘presa in giro’ ed Abu Mazen ha
deciso di annullare l’incontro in programma per domani con Sharon. Gli
israeliani non negano che nella lista ci siano delle persone che espieranno a
fine corso la loro pena e che altre siano state condannate per delitti comuni o
infrazioni amministrative, ma 183 sostengono sono state ritenute colpevoli di
reati contro la sicurezza e 59 di essi appartengono a gruppi fondamentalisti islamici.
Gruppi che stanno approfittando della tregua per organizzarsi ed accelerare la
costruzione di missili in grado di colpire il centro di Israele, come è stato
riferito ieri alla Commissione parlamentare esteri e difesa. Abu Mazen sta
cercando di calmare dei gruppi armati che intendono rompere la tregua e ieri si
è recato in proposito nella Striscia di Gaza. Questa mattina, con gradissimo
rilievo, i giornali riferiscono della scoperta di una cellula terroristica
palestinese che aveva programmato di attentare alla vita di Sharon e aveva
anche raccolto informazioni su personalità da rapire per servirsene come moneta
di scambio.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Prosegue
il dibattito sulla misteriosa forma di epidemia che, in Iraq, sta colpendo i
soldati americani e che ha già causato la morte di due militari. Il Pentagono
ha scartato l’eventualità che la malattia possa essere stata causata dall’uso
di armi batteriologiche. Sul terreno, intanto, gli agguati contro le truppe
americane, da parte della guerriglia irachena, hanno provocato, ieri, il
ferimento di alcuni soldati statunitensi a Nord di Baghdad. Ma nuovi episodi di
violenza si sono registrati anche in altre zone del Paese. Ce lo conferma Paolo
Mastrolilli:
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Incidenti sono avvenuti anche nella zona di Tikrit,
Falluja e Caldia, ma non hanno provocato vittime, mentre il comando Usa ha
lanciato diversi raid catturando dei sospetti collaboratori del rais. Allo
scopo di affrontare il problema della guerriglia, il governo britannico ha
segnalato la disponibilità a tornare all’Onu per chiedere al Consiglio di
sicurezza di approvare una nuova risoluzione riguardo l’occupazione del Paese.
Questo passo servirebbe a superare le riserve di molti Stati, come la Turchia o
l’India, che quindi potrebbero mandare truppe in Iraq come parte della
coalizione internazionale. L’allargamento della forza di occupazione, secondo
Londra, produrrebbe il risultato di dimostrare che tutta la Comunità mondiale è
impegnata nella costruzione del nuovo Iraq, limitando forse il risentimento
della popolazione locale indirizzato in particolare verso i soldati americani.
Questa potenziale svolta diplomatica viene discussa proprio mentre a Washington
è circolata la voce, poi smentita dall’interessato, che il segretario di Stato
Powell potrebbe lasciare il suo posto se Bush verrà rieletto nelle
presidenziali dell’anno prossimo. Lo ha scritto il giornale del Washington
Post, ma anche il portavoce della Casa Bianca lo ha negato.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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L’invio di forze arabe in Iraq,
in supporto alle forze anglo-americane, non può essere preso in considerazione.
E’ quanto si afferma in un documento presentato in una riunione in corso al
Cairo, alla quale partecipano diversi ministri arabi degli esteri. Nel testo si
sottolinea la necessità di formare al più presto un governo iracheno
“legittimo”, “senza alcuna distinzione di razza e di religione”, trattando con
“tutti i poteri iracheni, compresi i membri del consiglio di governo
provvisorio, per aiutarli a far recuperare all’Iraq la propria sovranità”.
Il presidente
sudanese, Hassan al-Bashir, ha chiesto aiuto ai governi di Egitto
e Libia per affrontare le emergenze umanitarie ed ambientali create dalle
grandi inondazioni del Nilo. Sia l'Egitto che la Libia hanno promesso aiuti immediati,
inviando mezzi e squadre di soccorso.
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