RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 216 - Testo della Trasmissione di lunedì 4 agosto 2003

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La salvaguardia del Creato, aspetto qualificante dell’impegno dei cristiani. Così Giovanni Paolo II, nel messaggio agli scout cattolici italiani, riuniti per il campo nazionale dell’Agesci. Con noi, il presidente dell’associazione, Lino Lacagnina.

 

Nominato dal Papa il nuovo nunzio in Croazia.

 

Il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace sulla controversa questione degli organismi geneticamente modificati e il dramma della fame nel mondo. Ai nostri microfoni, l’arcivescovo Renato Martino e il prof. Carlo Cannella.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

L’atto di clemenza verso i detenuti approvato venerdì scorso dal Parlamento italiano. Intervista con l’ispettore dei cappellani delle carceri, mons. Giorgio Caniato.

 

Il sesto Meeting internazionale dei Missionari Scalabriniani sulle migrazioni, appena concluso a Loreto. Un bilancio con il superiore generale, padre Isaia Birollo.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Cento anni fa l’elezione di Pio X al Pontificato. Celebrazioni a Riese, paese natale di Papa Giuseppe Sarto, proclamato santo da Pio XII nel 1954.

 

Concluso in Messico l’VIII Congresso nazionale della gioventù missionaria.

 

Quattromila delegati parteciperanno al primo congresso missionario della Chiesa peruviana.

 

Nelle Molucche ancora pochi i profughi che tornano a casa dopo la fine delle ostilità fra cristiani e musulmani.

 

Mostra di foto in Vaticano sul Papa e i sacri palazzi. Autore un artista sudcoreano.

 

24 ORE NEL MONDO:

 Cresce l’allarme attentati negli Stati Uniti: il numero due di Bin Laden ha dichiarato che la “vera battaglia” non è ancora cominciata.

 

In Medio Oriente la tregua israelo-palestinese è stata purtroppo infranta da due gravi episodi di violenza.

 

Nell’incontro organizzato, stamani, dalla Comunità di Sant’Egidio per promuovere la pace in Liberia, la leadership dei ribelli si è impegnata a rispettare il cessate-il-fuoco.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

4 agosto 2003

 

 

LA SALVAGUARDIA DEL CREATO, ASPETTO QUALIFICANTE DELL’IMPEGNO DEI CRISTIANI: COSI’, GIOVANNI PAOLO II

NEL MESSAGGIO AI GIOVANI DELL’AGESCI, RIUNITI NELL’ESPERIENZA COMUNITARIA DEL CAMPO NAZIONALE

 

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Valorizzare il rispetto e l’amore per la natura: è l’esortazione rivolta dal Papa alle migliaia di giovani dell’Agesci, impegnati - dal 28 luglio al 7 agosto - nel Campo nazionale, per la prima volta in contemporanea in quattro località nelle province di Avellino, Cagliari, Perugia e Torino. In un messaggio - letto ieri agli scout riuniti nella piana di Ruscio-Monteleone di Spoleto dal nunzio apostolico in Italia, mons. Paolo Romeo - il Santo Padre mette l’accento sul progetto formativo dell’Agesci, incentrato sul messaggio evangelico. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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La salvaguardia del Creato, è “un aspetto qualificante dell’impegno dei cristiani nel mondo”. Giovanni Paolo II tocca uno dei temi più cari ai giovani dell’Agesci: “il continuo approfondimento della fede”, valorizzando “l’amore e il rispetto per la natura”. Un compito, questo, che oggi “s’impone a tutti con urgenza”, ma che, riconosce, “gli scout vivono da sempre, spinti non da un vago ‘ecologismo’, ma dal senso di responsabilità che deriva dalla fede”. Il Papa si sofferma, così, sulla realtà del “campo” scout definendolo una “nuova grande esperienza comunitaria”. E’, infatti, più di una “vacanza avventurosa”, spiega, perché diventa “un incontro con Dio, con se stessi e gli altri”. Incontro, “favorito da una profonda revisione di vita alla luce della Parola di Dio”. Si tratta, prosegue, di “momenti forti in cui, favoriti dall’ambiente naturale” si vive una “significativa esperienza di Dio, di Gesù e della comunione fraterna”.

 

Tutto ciò, afferma ancora, “vi prepara alla vita, a fondare i vostri progetti più impegnativi sulla fede e a superare le crisi con la luce e la forza che vengono dall’Alto”. Il Papa ha parole di apprezzamento per il cammino scoutistico dell’Agesci, che, segnala, “mira a formare la personalità dei ragazzi” e degli adulti, “secondo il modello evangelico”. Ancora, evidenzia, è “una scuola di vita, nella quale si impara uno stile che, se ben assimilato, si mantiene per tutta la vita”. Stile, conclude, riassunto nella parola “servizio”, che vale per ogni giovane, indipendentemente dalla sua fede, e ancor più per chi vuole essere realmente cattolico.

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E per avere una testimonianza dei sentimenti e le emozioni con cui i giovani scout hanno accolto le parole del Santo Padre, Alessandro Gisotti ha raggiunto telefonicamente il presidente nazionale dell’Agesci, Lino Lacagnina:

 

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R. - Il messaggio è stato accolto con grande entusiasmo ed ha mitigato la delusione che c’era per il non arrivo del Papa. Il calore, l’affetto del messaggio hanno rotto anche questa delusione ed è stato accolto con grande entusiasmo che si è tramutato, poi, in preghiera, perché l’assistente generale ha voluto che concludessimo la celebrazione con una preghiera alla Madonna per il Santo Padre.

 

D. – Il Papa si è soffermato sul progetto formativo dell’Agesci. Quale spunti, quale esortazione avete tratto dalle parole del Pontefice?

 

R. – Abbiamo tratto gli spunti per continuare nel cammino che stiamo facendo: sostanzialmente l’attenzione alla crescita nella fede dei ragazzi e in una proposta che, certamente, è in controtendenza rispetto a quello che la società propone e che invece vede allineata molto bene l’Agesci con la Chiesa. Questo ci conforta e ci dà il coraggio a continuare, per cui la proposta di fede che noi facciamo e che i capi si impegnano a fare cercheremo di arricchirla sempre di più.

 

D. – Come sta procedendo quella grande, nuova esperienza comunitaria - come l’ha definita il Papa – del campo nazionale?

 

R. - Sta andando molto bene. Noi siamo ampiamente soddisfatti. I risultati sono superiori alle aspettative perché ci ritroviamo bellissimi ragazzi, molto bravi. Lo sapevamo già, ma ne abbiamo avuto conferma. Questo ci conforta perché non sono belli e bravi i ragazzi dell’Agesci, sono belli e bravi i ragazzi italiani. Voglio dire che abbiamo una fascia adolescenziale, che molto spesso viene demonizzata, mentre in realtà ha delle potenzialità da esprimere ma non trova gli adulti in grado di fargliele esprimere. Stiamo cercando di fare questo con grande impegno e il metodo scout ci aiuta. Tutto il lavoro che facciamo insieme all’interno delle parrocchie, delle realtà in cui viviamo, certamente ci permette di poterlo fare. 

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NOMINA: NUOVO NUNZIO IN CROAZIA

 

Il Papa ha accolto la rinuncia dall’incarico di nunzio apostolico in Croazia, presentata dall’arcivescovo Giulio Einaudi, per raggiunti limiti di età.

 

Il Santo Padre ha quindi nominato nunzio apostolico in Croazia l’arcivescovo spagnolo Francisco Javier Lozano, di 59 anni, finora nunzio apostolico in servizio presso la Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato.

 

 

 ‘SI’ O ‘NO’ AGLI OGM  NELL’AGRICOLTURA: DIBATTITO APERTO NELLA COMUNITA’ SCIENTIFICA E NELLA SOCIETA’:

LA CHIESA CATTOLICA FARA’ IL PUNTO IN UN CONVEGNO PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA GIUSTIZIA E LA PACE

AI NOSTRI MICROFONI L’ARCIVESCOVO RENATO RAFFAELE MARTINO E IL PROF. CARLO CANNELLA

 

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In merito alla nota questione degli Organismi Geneticamente Modificati, tornato in questi giorni all’attenzione dei media e dell’opinione pubblica, come presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace tengo a ribadire  che la posizione mia personale e del Dicastero è quella da me stesso espressa a nome della Santa Sede in occasione della Conferenza Ministeriale sulla Scienza e la Tecnologia in Agricoltura, tenutasi a Sacramento, nello Stato nordamericano della California, dal 23 al 25 giugno scorso.

 

Come allora ebbi a precisare, il problema della fame nel mondo interpella la coscienza di ogni uomo e in particolare dei cristiani. Per cui  la Chiesa Cattolica segue con particolare interesse e sollecitudine ogni sviluppo della scienza in aiuto alla soluzione di un dramma che affligge così larga parte dell’umanità.

 

Allo scopo di approfondire ogni aspetto del problema, sia dal punto di vista scientifico, che etico ed umanitario, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha in animo di convocare  in autunno una riunione di studio con esperti del settore e personalità interessate, riunione da cui il Dicastero trarrà le opportune conclusioni.

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Si discute dunque animatamente proprio in questi giorni in Italia, ma anche in Europa e nel mondo sugli organismi geneticamente modificati, i cosiddetti Ogm. Da oltre 10 anni - da quando nel ’92 sono state introdotte negli Stati Uniti e in Canada le coltivazione transgeniche se ne parla fra nutrizionisti, economisti, politici, ambientalisti, esperti in campo giuridico ed etico. Tanti sono infatti gli aspetti e le implicazioni che queste nuove tecnologie applicate in campo agricolo pongono alla comunità internazionale, agli Stati, ai cittadini.

 

Anzitutto è bene chiarire al pubblico - certamente ancora non ben informato - su che cosa sono gli Ogm. Roberta Gisotti ha interpellato il prof. Carlo Cannella, docente di Scienza dell’alimentazione all’Università di Roma “La Sapienza”

 

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R. - Da sempre l’uomo coltivando le piante le ha modificate geneticamente seguendo le leggi della genetica classica, quelle di Mendel. Incrociava le varie piante per ottenere nuove varietà e per ottenere anche prodotti migliori. Poi ha capito come funzionava il Dna e allora, questo intervento sul Dna delle piante si è fatto sempre più spinto fino a diventare transgene. Ma facciamo un esempio: il pomodoro che non smatura non è un transgene, è che l’uomo è riuscito a bloccare un gene che esprime un certo enzima, per cui il pomodoro arriva a maturazione ma non rammollisce. Non c’è nessun inserimento di nuovo materiale genetico all’interno della pianta e potrebbe essere una cosa utile per avere il pomodoro maturo ed utilizzarlo al meglio.

 

D. – Altra cosa, professore, invece è l’alimento transgenico …

 

R. – E’ successo questo, è stato trasferito un gene, per esempio responsabile di una caratteristica: qualcuno si ricorda la fragola con la lisca di pesce. Il pesce resiste bene alle basse temperature, la fragola, invece, soffre le basse temperature. Se noi inseriamo nella fragola, non la lisca del pesce ma quel gene che consente al pesce di adattarsi alle basse temperature, ecco che otteniamo una fragola che può crescere anche al di fuori della serra. Tutto questo però a livello di ricerca scientifica è un bel risultato ed io sono ricercatore e quindi voglio vedere la ricerca che va avanti. Però poi, quando la ricerca passa e diventa tecnologia applicata alla produzione, lì bisogna stare molto attenti. Bisogna vedere se veramente tutto ciò serve ed è compatibile con il sistema sia come ambiente, sia per l’uomo di per se stesso.

 

D. – Professore, c’è un altro aspetto che vorrei sollevare. Come si riproducono i semi geneticamente modificati?

 

R. – E’ un tasto estremamente importante. Il seme geneticamente modificato viene brevettato ed è patrimonio di una multinazionale. Di solito queste multinazionali sono sorte attraverso la fusione dell’industria sementiera con l’industria chimico-farmaceutica. Il ‘farmaco’ ha visto dimagrire le sue entrate nella strada convenzionale e si è molto rivolto al settore alimentare facendo anche grandi investimenti di ricerca, ma questi investimenti per la ricerca non li deve fare il privato, li deve fare il pubblico, li deve fare l’autorità governativa, e soltanto la ricerca pubblica, poi, può essere portata e divulgata e la società può decidere e il potere politico deve fare le leggi. Adesso siamo arrivati all’obbligo di scrivere sull’etichetta, però ancora il consumatore è nel dubbio “fanno male o non fanno male”. Non fanno male all’organismo umano, ma possono far male all’ambiente e poi non sono la soluzione del problema della fame. Credo che tanti scienziati, tanti ricercatori hanno dimostrato che il cibo per tutti ci sarà se sappiamo dividerlo tra tutti. Non è che dobbiamo produrre di più. Ci vuole una migliore ripartizione. Oggi c’è chi ha la pancia piena e butta via, e chi ha la pancia vuota perché non sa di cosa riempirla.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre, con forza, la prima pagina il titolo "L'Europa conservi il senso cristiano della Domenica": all'Angelus, Giovanni Paolo II richiama l'urgenza di un rinnovato impegno di fronte alle sfide della secolarizzazione. Sempre in prima, il testo dell'Angelus.

 

Nelle vaticane, nel Messaggio a Scout e Guide dell'Agesci - riuniti contemporaneamente nelle province di Avellino, Cagliari, Perugia e Torino per il Campo Nazionale - il Papa ha sottolineato che l'amore ed il rispetto per la natura sono un compito urgente ed un aspetto qualificante dell'impegno dei cristiani nel modo.

Un articolo di Mario Barbarisi sulle iniziative degli oltre seimila scout che, dal 28 luglio, sono presenti ai piani di Verteglia, in provincia di Avellino.

Un articolo sulle attività formative promosse dall'arcidiocesi di Milano durante il periodo estivo.

 

Nelle pagine estere, terrorismo: nuove minacce da parte di "Al Qaeda". Liberia: le forze dell'Ecowas avviano il dispiegamento a Monrovia. India-Pakistan: esplosioni accidentali provocano 67 morti; uniti nel lutto i due Paesi confinanti. 

 

Nella pagina culturale, un articolo di Timothy Verdon sul problema del rispetto per gli edifici di culto. Un contributo di Marco Impagliazzo sul volume di Ernesto Preziosi dal titolo "Educare il popolo. Azione Cattolica e cultura popolare tra '800 e '900".

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema delle pensioni.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

4 agosto 2003

 

 

PROSEGUE IN ITALIA IL DIBATTITO SULL’ “INDULTINO”, ATTO DI CLEMENZA

 APPROVATO DAL PARLAMENTO DOPO UN ITER ACCIDENTATO, CHE HA DATO VITA

 AD UN ACCESO CONFRONTO TRA LE FORZE POLITICHE E NELLA SOCIETA’ CIVILE

 

- Intervista con mons. Giorgio Caniato -

 

Sul cosiddetto “indultino”, provvedimento di clemenza approvato dal Parlamento italiano venerdì scorso, si è detto ieri, ancora una volta, contrario il ministro della Giustizia, Roberto Castelli. Ricordiamo che il provvedimento sconta due anni di carcere per chi ha già trascorso dietro le sbarre almeno metà della pena. Ieri, Castelli ha affermato che entro 12 mesi la popolazione carceraria sarà esattamente uguale a quella precedente gli effetti dell’“indultino”. Nonostante il parere contrario del Guardasigilli sono però molti i favorevoli a questo atto di clemenza verso i detenuti. Alessandro Guarasci ha sentito il parere di mons. Giorgio Caniato, ispettore dei cappellani delle carceri.

 

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R. - Non è una riduzione di pena è soltanto la sospensione della pena. La pena rimane a tal punto che anche se sono passati due anni, il detenuto che entro 5 anni commette dei reati, deve fare anche i due anni, quindi non è un provvedimento che toglie gli anni di pena. Li sospende con delle condizioni abbastanza pesanti e questo è fatto per garantire la società. Questo è il significato. Il provvedimento è dato ad personam, quindi oggi il detenuto che vuole usufruire di questa legge deve fare domanda al magistrato di sorveglianza, il quale poi dovrà istruire una pratica per vedere se il detenuto rientra in quelle condizioni determinate dalla legge o poter usufruire di questa sospensione della pena.

 

D. – Un indulto però sarebbe stato più difficile da far approvare …

 

R. – Lei sa bene che il Papa non ha mai chiesto né indulto né amnistia. Ha chiesto un segno, un segno di clemenza. E’ questo il testo del messaggio Pontificio e quello che il Papa ha sempre ripetuto per 5-6 volte durante l’anno Giubilare e che ha ripetuto al Parlamento, in novembre. Quindi il Papa non ha mai chiesto né amnistia né condono, perché sapeva bene, tra l’altro, che in Italia non l’avrebbero mai concesso. Abbiamo visto che l’indulto e l’amnistia non l’hanno concesso. Quindi, con questa richiesta, che non era specifica, ha stimolato i parlamenti a trovare un altro strumento giuridico che non fosse l’amnistia e il condono. In Italia hanno trovato la sospensione pena, per cui hanno accolto il messaggio del Papa. Il Papa ha vinto in questa sua richiesta. Ha trovato il modo giusto per ottenere per i detenuti un segno. E come è avvenuto in Italia, è avvenuto in quasi 20 Paesi del mondo. Non è mai successo che per il Giubileo si fossero mossi così tanti Stati ad accontentare il Papa con un segno. L’amnistia e il condono hanno delle condizioni, devono rispettare certe norme, certe situazioni per cui neanche il Parlamento li può applicare come gli pare e piace. Invece, in questo modo il Papa ha stimolato il legislatore a trovare un altro strumento tale da poter accontentare quello che era il suo desiderio a favore dell’uomo detenuto. Un segno che per il Papa aveva un valore non tanto di soluzione dei problemi delle carceri, ma è un segno di apertura, di clemenza, un segno di speranza.

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ALLA LUCE DEL VI MEETING INTERNAZIONALE DI LORETO SULLE MIGRAZIONI, ORGANIZZATO DAI PADRI SCALABRINIANI,

UNA RIFLESSIONE SUI FLUSSI MIGRATORI CON IL SUPERIORE GENERALE PADRE ISAIA BIROLLO

 

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

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I missionari di San Carlo, noti come Scalabriniani, sono sorti 116 anni fa. Il fondatore, il Beato Giovanni Battista Scalabrini, era preoccupato, come pastore e vescovo a Piacenza, per tutti gli emigranti che partivano. Fondò la congregazione proprio per accompagnare questi emigranti italiani, che erano vittime di tanti abusi. La Congregazione si sviluppò all’inizio in Brasile e negli Stati Uniti. Per tutta la prima metà del secolo scorso continuò a lavorare con gli emigranti italiani non solo nelle Americhe, ma anche in Europa, continuando l’opera dei missionari di Geremia Bonomelli, un vescovo amico di Scalabrini. Si sviluppò anche in Canada e in Australia, sempre per gli italiani. Con il diminuire dell’emigrazione  italiana, avvenuta specialmente nella seconda metà, anzi verso gli anni Settanta del secolo scorso, e con l’aumentare  dei flussi migratori, con l’arrivo di immigrati qui in Europa e in altri  Paesi, negli Stati Uniti e in Australia, la Congregazione, dopo il Concilio Vaticano II, si è aperta a tutti gli emigranti. Come preferenza, gli Scalabriniani lavorano a favore dei migranti più bisognosi. E’ questa la priorità  della Congregazione. Attualmente sono presenti in 28 Paesi meta di flussi migratori, in merito ai quali ora ci parla il superiore generale degli Scalabriniani, padre Isaia Birollo:

 

R. – Attualmente c’è un flusso migratorio molto forte che viene dall’Africa. Naturalmente questo continuerà perché l’Africa si trova in una condizione di sottosviluppo. C’è povertà e miseria. Quelli  che possono partire sono i più fortunati, sono quelli che hanno un po’ di mezzi per poter partire, per trovare il modo di emigrare. Ci sono anche molti immigrati che arrivano dall’Asia, dalle Filippine, dallo Sri Lanka, che vengono qui in Europa. Se parliamo dei flussi migratori che stanno entrando negli Stati Uniti, nell’America del nord, questi provengono dal sud delle Americhe, dall’America Latina. E’ un flusso continuo che passa per l’America centrale e cerca di penetrare quella barriera che gli Stati Uniti hanno fatto e dove sono già morte, da quando è stata avviata la cosiddetta operazione “guardiano della frontiera”, circa 2.300 persone, al confine tra il Messico e gli Stati Uniti. Quel flusso continuerà sempre, perché con la povertà che c’è nell’America del sud e in quella centrale ci sarà sempre gente disperata che cercherà di emigrare. Quindi, dall’Asia vengono verso l’Europa e il Nordamerica, oppure vanno verso l’Australia; dall’Africa vengono verso l’Europa: questi sono i flussi principali. Al 1 luglio, secondo i dati forniti dall’Organizzazione internazionale dei migranti, un’organizzazione dell’Onu, ci sono circa 175 milioni di persone che vivono fuori dal loro Paese di nascita, emigranti o rifugiati, obbligati ad abbandonare il proprio Paese perché la loro vita è in pericolo.

 

D. – Padre, una sua esperienza personale ...

 

R. – Adesso mi trovo a Roma come superiore generale, però per tanti anni ho lavorato come missionario specialmente nelle Americhe. Alcuni ricordi mi sono rimasti impressi come, ad esempio, quando ho trascorso un anno in Haiti e nella Repubblica Dominicana. Gli haitiani, che sono poverissimi - Haiti è considerata la nazione più povera dell’emisfero occidentale - cercano di uscire da quella situazione di miseria e i più poveri non fanno altro che attraversare il confine che c’è tra Haiti e la Repubblica Dominicana per tagliare la canna da zucchero in quest’ultimo Paese. Passano il confine senza documenti. Arrivano nella Repubblica Dominicana, si immergono in queste piantagioni di canna da zucchero, rimangono lì anche per tutta la loro vita, senza documenti. I loro figli nascono lì e siccome i genitori non hanno documenti non hanno neanche il coraggio di andarli a registrare. C’è tutta una generazione che per l’anagrafe non esiste e che sono conosciuti più che altro dalla Chiesa, dai missionari, da quelli che si interessano di loro, mentre avrebbero paura di entrare in contatto con le autorità locali. Però, con la Chiesa, si sentono bene. Questo è un esempio, per me molto bello di come  la missione della Chiesa a favore degli emigranti dia coraggio a queste persone. Anche se non sono riconosciuti dalla società civile, di fronte alla Chiesa sono cittadini di prima categoria come tutti gli altri.

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CHIESA E SOCIETA’

4 agosto 2003
 

 

RICORRE OGGI IL CENTESIMO ANNIVERSARIO DELL’ ELEZIONE AL SOGLIO PONTIFICIO

DI PIO X, GIUSEPPE SARTO. NUMEROSE CELEBRAZIONI A RIESE,

PAESE NATALE DEL PONTEFICE, E A ROMA, PER RICORDARE L’ULTIMO PAPA

AD ESSERE PROCLAMATO SANTO

 

RIESE. = Con una Messa celebrata dal vescovo di Treviso, mons. Paolo Magnani, ha avuto inizio sabato il ciclo di celebrazioni promosse dal Comune di Riese - Pio X per ricordare il centenario dell'elezione a Papa del suo  concittadino più illustre, Giuseppe Sarto, Sommo Pontefice dal 4 agosto 1903 al 20 agosto 1914 e canonizzato il 29 maggio 1954 da Papa Pio XII. Per stasera è prevista la partecipazione del cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione dei vescovi, alla Messa a Riese, cui seguirà la rievocazione  storica dell' elezione di Papa Sarto con uno spettacolo intitolato ''Uno di noi''. Dal 5 al 9 di agosto, poi, le celebrazioni si sposteranno a Roma per il pellegrinaggio organizzato in occasione dell'anniversario. Mercoledì è prevista l'udienza con Giovanni Paolo  II a Castel Gandolfo, mentre il giorno seguente il gruppo si ritroverà in San Pietro per una Messa presso l' altare ove riposa il santo Pontefice. Tra gli altri appuntamenti in programma si segnalano, il 16 agosto, la presentazione di un volume sulla storia di Riese - Pio X, il 20 agosto la seconda edizione del Festival internazionale di musica  presso la casa natale di Pio X ed infine, il 21 agosto, la festa liturgica di San Pio X, con la Messa a Riese presieduta dal cardinale arcivescovo di Torino, Severino Poletto. (M.D.)

 

 

CONCLUSO IN MESSICO L’OTTAVO CONGRESSO NAZIONALE DELLA GIOVENTÚ MISSIONARIA.

IL MESSAGGIO DEL CARDINALE SEPE ALL’ASSEMBLEA:

“LA MISSIONE, MOMENTO DI GRAZIA PER LA CHIESA AMERICANA”

 

QUERETARO. = “Giovane del nuovo millennio, senza paura porta al mondo il Vangelo”: questo è stato lo slogan dell’ottavo Congresso nazionale della Gioventù missionaria messicana, che si è concluso ieri a Queretaro, in Messico. Il Congresso è stato promosso dalla Commissione episcopale delle missioni della conferenza episcopale messicana, dalle Pontificie opere missionarie e dalla diocesi di Queretaro, in preparazione al Congresso Missionario Americano (CAM2), che si svolgerà a Città del Guatemala nel prossimo novembre. Il Congresso nazionale messicano, che ha riunito migliaia di giovani tra i 15 ed i 30 anni provenienti da tutto il Paese, ha voluto studiare e riflettere sul contributo missionario della Lettera apostolica “Novo millennio ineunte” di Giovanni Paolo II. Durante i quattro giorni di incontro, i congressisti hanno esaminato sei temi che toccano diversi aspetti della problematica missionaria, come la spiritualità della missione, il ruolo dei giovani e quello della comunità parrocchiale e diocesana. Alla sessione di apertura di giovedì pomeriggio, è stato letto il messaggio che il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha rivolto all’assise giovanile missionaria. Il cardinale ha ricordato ai giovani messicani che l’appuntamento di Queretaro “costituisce un momento di grazia speciale per la Chiesa in Messico, che, consapevole della chiamata profetica che Giovanni Paolo II ha rivolto alle Chiese particolari del continente ad estendere il loro slancio evangelizzatore oltre le frontiere continentali, desidera prendere il largo, con speranza, mediante la realizzazione di un intenso programma di animazione missionaria, per portare il Vangelo a tutti gli uomini, specie a coloro che non lo conoscono”. (M.D.)

 

 

AL VIA LA PRIMA ASSEMBLEA MISSIONARIA DELLA CHIESA PERUVIANA.

QUATTRO MILA DELEGATI PER PREPARARE AL MEGLIO IL GRANDE CONGRESSO MISSIONARIO CONTINENTALE DI NOVEMBRE IN GUATEMALA

 

CHICLAYO. = La Chiesa peruviana si appresta a vivere una grande evento: il primo Congresso nazionale missionario che da mercoledì 6 agosto riunirà circa 4 mila persone tra vescovi, vicari episcopali, sacerdoti, religiosi e laici impegnati nel campo della missione. Il Congresso peruviano si inserisce nel cammino preparatorio delle Chiese particolari dell’America al secondo Congresso missionario americano (CAM 2) che si celebrerà a Città del Guatemala nel prossimo mese di novembre. Obiettivo fondamentale dell’assemblea è quello di esprimere e celebrare la vita e le iniziative missionarie di tutte le diocesi e di tutte le comunità che operano nella Chiesa peruviana, oltre a ravvivare la coscienza missionaria delle diocesi, affinché agli inizi del nuovo millennio, possano rispondere con maggiore generosità ed efficacia alle sfide pastorali che il mondo d’oggi e il mandato di Cristo richiedono. Il Congresso aprirà i suoi lavori mercoledì 6 agosto, con una solenne Concelebrazione Eucaristica nel duomo della diocesi di Chiclayo, presieduta dal cardinale Juan Luis Cipriani, arcivescovo di Lima. L’assemblea potrà contare sul contributo di noti missionologi che operano nel continente latinoamericano, i quali affronteranno alcuni temi tra quelli proposti dal Testo Base del CAM 2: “Coscienza e atteggiamenti missionari di Gesù” (mons. Norbert Strotmann, vescovo di Chosica), “Attività Missionarie della Chiesa Primitiva” (padre Tomàs Kraft di Lima), “Urgenza dell’Annuncio Missionario oggi” (mons. Luis Castro Quiroga, Arcivescovo di Tunja, in Colombia), “Pastorale Diocesana, Pastorale Missionaria” (mons. Miguel Irízar Campos, vescovo di Callao), “Spiritualità Missionaria (mons. Daniel Turley, vescovo di Chulucanas), “Missione ad gentes” (mons. Vittorino Girardi, Vescovo di Tilarán, in Costa Rica). Ai lavori del congresso sarà inoltre presente padre Massimo Cenci, sottosegretario della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. (M.D.)

 

 

NELLE MOLUCCHE PACIFICATE ANCORA POCHI  I PROFUGHI CHE RITORNANO A CASA.

APPELLO DEI RELIGIOSI DELLA DIOCESI DI AMBON PER GLI SFOLLATI

 

AMBON. = Sono solo meno della metà i profughi che hanno fatto ritorno a casa nell’arcipelago indonesiano delle Molucche, dopo la conclusione del sanguinoso conflitto che ha opposto per tre anni cristiani e musulmani. Lo hanno riferito alla agenzia missionaria Misna i religiosi del Centro di crisi della diocesi cattolica di Ambon i quali precisano, in un comunicato, che su un totale di 352.578 sfollati, solo 149.795 hanno fatto ritorno alle loro abitazioni o hanno provveduto a notificare il cambio di residenza fuori dall’arcipelago. Al momento sono dunque ancora 202.783 le persone che hanno preferito dilazionare il ritorno nelle Molucche dopo l’interruzione delle ostilità nella primavera del 2002. Il governo di Giakarta ha intanto fatto sapere che con il mese di agosto non sarà più possibile accedere ai fondi stanziati per il sostentamento dei profughi. Pare che la decisione sia stata adottata al fine di incentivare il ritorno dei civili, molti dei quali sono ancora psicologicamente provati dalle violenze degli scorsi anni. Inoltre, sono stati segnalati nei villaggi di Kusai e Bula alcuni casi di intolleranza da parte di coloro che, nonostante la guerra, avevano deciso di rimanere. Non è da escludere che si tratti di questioni legate alla restituzione dei beni un tempo in possesso dei profughi. (M.D.)

 

 

IN VATICANO MOSTRA DI FOTO SUL PAPA E I SACRI PALAZZI.

GLI SCATTI SONO STATI REALIZZATI DALL’ARTISTA SUDCOREANO NAM-SILK BALK

 

CITTÁ DEL VATICANO. = Una mostra di foto sul Papa e sui sacri palazzi, sarà ospitata fino al 31 agosto all'ombra di San Pietro, più precisamente nel cosiddetto braccio di Carlo Magno, accanto alla Basilica Vaticana. Le foto sono realizzate dall’artista sudcoreano Nam-Sik Balk e vengono sponsorizzate dall' arcidiocesi di Seul, dal ministro del turismo e della cultura della Corea del Sud e dal Catholic Lay Apostolic Council di Corea. La serie delle gigantografie fissa alcuni momenti dei pellegrinaggi  del papa in Sud Corea nel 1984, in Polonia nel 1995, sul lago di Galilea nella primavera del 2000 e a maggio del  medesimo anno nell’isola di Malta. Non mancano anche foto ambientate in Vaticano, come quelle in occasione della Messa, nell'autunno 1996, per il cinquantesimo di ordinazione sacerdotale del Pontefice o in altre circostanze in Piazza San Pietro. Tra le foto forse più suggestive, spiccano l'immagine di Giovanni Paolo II in piedi che si appoggia al pastorale, un fascio di raggi solari che illumina l'interno completamente deserto della Basilica di San Pietro e uno scorcio di Piazza San Pietro nella notte di Natale, con in primo piano il trittico dell' obelisco, del presepe e dell'albero natalizio, tutti e tre illuminati, e sullo sfondo la cupola della Basilica Vaticana. (M.D.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

4 agosto 2003

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Negli Stati Uniti cresce l’allarme per la minaccia di nuovi attentati. Il numero due della rete terroristica di Al Qaeda, l’egiziano al Zawahri, ha infatti annunciato, in un messaggio trasmesso ieri dalla rete televisiva Al Arabiya, che gli Stati Uniti “pagheranno un prezzo elevato” se non sarà garantita l’incolumità dei prigionieri musulmani detenuti nella base americana di Guantanamo, a Cuba. Al Zawahri ha inoltre ammonito Washington che la “vera battaglia” ancora non è cominciata. Ma per i particolari ascoltiamo il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Il vice di Osama Bin Laden cita i prigionieri rinchiusi nella base cubana di Guantanamo, sei dei quali sono stati scelti dal governo di Washington per sottoporli ai primi processi militari, e dice che gli americani pagheranno duramente se faranno del male ai detenuti musulmani. Quindi allarga le sue minacce avvertendo che tutti gli agenti degli Stati Uniti saranno colpiti. Proprio la settimana scorsa l’amministrazione di Washington aveva lanciato l’allarme per possibili nuovi attentati da parte di Al Qaeda, dirottando aerei negli Stati Uniti e in Paesi alleati come l’Italia. Ieri, il ministro della giustizia Ashcroft e quello della sicurezza nazionale Ridge, hanno confermato il pericolo, dicendo di aspettarsi un nuovo attacco, mentre gli esperti di Intelligence stanno analizzando la voce contenuta nel messaggio per verificare se appartiene davvero al vice di Osama. Vincent Cannistraro, ex capo dell’antiterrorismo della Cia,  ha detto che i servizi segreti temono nuovi attentati entro il 2004, stavolta forse usando agenti chimici o biologici.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Nell’ampio e complesso capitolo della lotta al terrorismo, il ministro della Giustizia americano, John Ashcroft, ha confermato in un’intervista televisiva l’intenzione dell’amministrazione del presidente George Bush di interrogare il saudita Omar al Bayoumi, dipendente dell’ente dell’aviazione civile saudita, sui suoi rapporti con due dei dirottatori dell’11 settembre 2001. Al Bayoumi ha attirato l’attenzione degli investigatori americani in quanto sospettato di aver dato “una considerevole assistenza” ai due dirottatori kamikaze.

 

Un’altra fonte di preoccupazione per gli Stati Uniti rimane l’Iraq, dove continua, purtroppo, l’ondata di violenze. Oggi due civili iracheni sono rimasti uccisi rispettivamente ad un posto di blocco dei militari statunitensi presso Falluja e nei pressi dell’aeroporto di Baghdad, dove l'esplosione di una mina avrebbe dovuto colpire soldati americani.

 

Il comando centrale delle forze statunitensi, in Iraq, ha reso noto che un centinaio di soldati americani, dispiegati in diverse aree del Paese arabo, si sarebbero ammalati di una misteriosa polmonite che ha già causato la morte di due militari. In Iraq è stata inviata una squadra di specialisti per indagare possibili fattori ambientali o fonti d’infezione alla radice di questa malattia. Nello scorso mese di giugno lo stesso comando centrale aveva vietato agli esperti dell'Agenzia internazionale per l’energia atomica di svolgere esami medici sulla popolazione irachena colpita dalla polluzione nucleare attorno al sito di Tuweitha.

 

Il processo di pace in Medio Oriente è stato minato, oggi, da un grave episodio di violenza. Un palestinese, infatti, è stato ucciso dai soldati israeliani, mentre stava tentando di collocare un ordigno lungo la strada che porta a Tulkarem, nel Nord della Cisgiordania. Il ministro della Difesa israeliano, Shaul Mofaz, ha intanto dichiarato che il suo governo non intende trasferire sotto il controllo delle autorità palestinesi altre città occupate dalle truppe dello Stato ebraico, fin quando la sicurezza palestinese non adotterà provvedimenti nei confronti dei responsabili dell’attacco avvenuto ieri sera tra Betlemme e Gerusalemme. Su questo grave episodio, il servizio di Graziano Motta:

 

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Attacco grave perché rivendicato dalle Brigate dei martiri di Al Aqsa - rompe quindi, di fatto, la tregua - e perché compiuto da suoi membri della vicina Betlemme, cioè della città da cui, nel contesto del piano di pace, i soldati israeliani sono stati ritirati per primi. Sul terreno altre violenze. Un palestinese ucciso, questa mattina, presso Tulkarem, da un ordigno che tentava di far esplodere al passaggio di soldati israeliani e ieri, presso Ramallah, un altro palestinese. Ma ci sono anche notizie positive. I ministri degli esteri israeliano e palestinese, incontratisi ieri a Gerusalemme, hanno istituito una commissione per sviluppare la cooperazione. Quello palestinese ha illustrato l’idea di una lunga tregua di due anni, che consentirebbe il disarmo delle organizzazioni della rivolta. Per convincere i loro capi ad accettarla il primo ministro Abu Mazen va oggi nella Striscia di Gaza e il governo israeliano ha deciso la scarcerazione – che avverrà dopodomani – di altri 442 prigionieri palestinesi in aggiunta ai 540 precedentemente approvata.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Non sembra purtroppo arrestarsi la catena di violenze nella zona di Bunia, il martoriato capoluogo della provincia nord-orientale dell’Ituri, regione della Repubblica Democratica del Congo. Fonti dell’Agenzia missionaria Misna riferiscono oggi di nuove incursioni, ad opera dei ribelli, avvenute nella notte tra sabato e domenica scorsi a Fataki, circa 80 chilometri a nord di Bunia. I miliziani hanno assaltato l’orfanotrofio, l’ospedale, il mercato, il convento delle suore e la parrocchia.

 

‘Pace in Liberia’. E’ questo il titolo dell’incontro, conclusosi stamani a Roma, nella sede della Comunità di Sant’Egidio, al quale ha partecipato anche il leader del gruppo ribelle dei ‘Liberiani uniti per la riconciliazione e la democrazia’, Sekou Damate Conneh. A seguito degli incontri con i responsabili della Comunità, già protagonista di altri importanti interventi di mediazione, come quello che ha portato alla pace in Mozambico nel 1992, la leadership del gruppo ribelle si è nuovamente impegnata al rispetto del cessate-il-fuoco. Sulla conferenza stampa, organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio, ci riferisce di Dorotea Gambardella:

 

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“Noi non amiamo la guerra e vogliamo per il nostro paese un futuro di pace, di libertà e di prosperità”. Così nella dichiarazione dei delegati del Lurd, diffusa nella conferenza stampa tenutasi questa mattina presso la sede della Comunità di Sant’Egidio a Roma. Un documento fondamentale, letto dal presidente delle forze ribelli liberiane Sekou Damate Connech, in cui viene riaffermato l’impegno ad aderire all’iniziativa dell’Ecowas (la comunità degli Stati dell’Africa occidentale) per giungere a una rapida soluzione politica del conflitto che dia al paese nuove istituzioni. A tal fine i vertici del Lurd hanno prodotto una dichiarazione politica per risolvere le questioni che potrebbero rappresentare un ostacolo per una pace stabile. In merito alla presidenza e alla vicepresidenza, i Liberiani uniti per la riconciliazione e la democrazia concordano con la proposta dei capi di Stato dell’Ecowas, quindi nessun leader delle tre fazioni in lotta occuperà la posizione di presidente o vicepresidente del Governo transitorio della Liberia; sul potere legislativo viene accettato quanto espresso negli accordi di pace e infine, si legge nel documento, tutte le cariche governative dovranno essere elette dai membri dell’assemblea transitoria per via consensuale. Oggi, intanto, i primi soldati nigeriani della Forza di pace dell’Ecowas sono arrivati a Monrovia.

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È salito purtroppo a 43 morti e 35 feriti, il bilancio della tragedia avvenuta ieri nel Gujarat, nel Nord-ovest dell’India, per il crollo di 3 edifici. Alla base della sciagura, l’esplosione di una bombola di gas in un laboratorio per la lavorazione delle pietre preziose. Alcune persone risultano ancora disperse.

 

Tragedia anche in Vietnam. Almeno 14 persone sono morte nella collisione stamani tra un treno e un minibus nella provincia di Cam Lo. Ad annunciarlo la polizia, specificando che le vittime erano veterani della guerra del Vietnam.

 

I colloqui a sei sul programma nucleare nordcoreano si apriranno a Pechino nel giro di qualche settimana. E' quanto ha fatto sapere oggi il regime di Pyongyang. Ai colloqui - ai quali la Corea del Nord ha dato il suo assenso giovedì scorso - partecipano Cina, Stati Uniti, Corea del Sud, Russia e Giappone. Secondo fonti sudcoreane, i negoziati dovrebbero iniziare ai primi di settembre.

 

 

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