RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 216 - Testo della
Trasmissione di lunedì 4 agosto 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Nominato dal Papa il nuovo
nunzio in Croazia.
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Concluso
in Messico l’VIII Congresso nazionale della gioventù missionaria.
Quattromila delegati parteciperanno al
primo congresso missionario della Chiesa peruviana.
Mostra di foto in Vaticano sul Papa e i
sacri palazzi. Autore un artista sudcoreano.
Cresce
l’allarme attentati negli Stati Uniti: il numero due di Bin Laden ha dichiarato
che la “vera battaglia” non è ancora cominciata.
In Medio Oriente la tregua israelo-palestinese è
stata purtroppo infranta da due gravi episodi di violenza.
Nell’incontro organizzato, stamani, dalla Comunità
di Sant’Egidio per promuovere la pace in Liberia, la leadership dei ribelli si
è impegnata a rispettare il cessate-il-fuoco.
4 agosto 2003
LA SALVAGUARDIA DEL
CREATO, ASPETTO QUALIFICANTE DELL’IMPEGNO DEI CRISTIANI: COSI’, GIOVANNI PAOLO
II
NEL MESSAGGIO AI GIOVANI DELL’AGESCI, RIUNITI
NELL’ESPERIENZA COMUNITARIA DEL CAMPO NAZIONALE
- Servizio di Alessandro Gisotti -
Valorizzare
il rispetto e l’amore per la natura: è l’esortazione rivolta dal Papa alle
migliaia di giovani dell’Agesci, impegnati - dal 28 luglio al 7 agosto - nel
Campo nazionale, per la prima volta in contemporanea in quattro località nelle
province di Avellino, Cagliari, Perugia e Torino. In un messaggio - letto ieri
agli scout riuniti nella piana di Ruscio-Monteleone di Spoleto dal nunzio
apostolico in Italia, mons. Paolo Romeo - il Santo Padre mette l’accento sul
progetto formativo dell’Agesci, incentrato sul messaggio evangelico. Il servizio
di Alessandro Gisotti:
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La
salvaguardia del Creato, è “un aspetto qualificante dell’impegno dei cristiani
nel mondo”. Giovanni Paolo II tocca uno dei temi più cari ai giovani
dell’Agesci: “il continuo approfondimento della fede”, valorizzando “l’amore e
il rispetto per la natura”. Un compito, questo, che oggi “s’impone a tutti con
urgenza”, ma che, riconosce, “gli scout vivono da sempre, spinti non da un vago
‘ecologismo’, ma dal senso di responsabilità che deriva dalla fede”. Il Papa si
sofferma, così, sulla realtà del “campo” scout definendolo una “nuova grande
esperienza comunitaria”. E’, infatti, più di una “vacanza avventurosa”, spiega,
perché diventa “un incontro con Dio, con se stessi e gli altri”. Incontro,
“favorito da una profonda revisione di vita alla luce della Parola di Dio”. Si
tratta, prosegue, di “momenti forti in cui, favoriti dall’ambiente naturale” si
vive una “significativa esperienza di Dio, di Gesù e della comunione fraterna”.
Tutto
ciò, afferma ancora, “vi prepara alla vita, a fondare i vostri progetti più
impegnativi sulla fede e a superare le crisi con la luce e la forza che vengono
dall’Alto”. Il Papa ha parole di apprezzamento per il cammino scoutistico
dell’Agesci, che, segnala, “mira a formare la personalità dei ragazzi” e degli
adulti, “secondo il modello evangelico”. Ancora, evidenzia, è “una scuola di
vita, nella quale si impara uno stile che, se ben assimilato, si mantiene per
tutta la vita”. Stile, conclude, riassunto nella parola “servizio”, che vale
per ogni giovane, indipendentemente dalla sua fede, e ancor più per chi vuole
essere realmente cattolico.
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E per
avere una testimonianza dei sentimenti e le emozioni con cui i giovani scout
hanno accolto le parole del Santo Padre, Alessandro Gisotti ha raggiunto
telefonicamente il presidente nazionale dell’Agesci, Lino Lacagnina:
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R. - Il messaggio è stato accolto
con grande entusiasmo ed ha mitigato la delusione che c’era per il non arrivo
del Papa. Il calore, l’affetto del messaggio hanno rotto anche questa delusione
ed è stato accolto con grande entusiasmo che si è tramutato, poi, in preghiera,
perché l’assistente generale ha voluto che concludessimo la celebrazione con
una preghiera alla Madonna per il Santo Padre.
D. – Il Papa si è soffermato sul progetto formativo
dell’Agesci. Quale spunti, quale esortazione avete tratto dalle parole del
Pontefice?
R. – Abbiamo tratto gli spunti per continuare nel cammino
che stiamo facendo: sostanzialmente l’attenzione alla crescita nella fede dei
ragazzi e in una proposta che, certamente, è in controtendenza rispetto a
quello che la società propone e che invece vede allineata molto bene l’Agesci
con la Chiesa. Questo ci conforta e ci dà il coraggio a continuare, per cui la proposta
di fede che noi facciamo e che i capi si impegnano a fare cercheremo di
arricchirla sempre di più.
D. – Come sta procedendo quella grande, nuova esperienza
comunitaria - come l’ha definita il Papa – del campo nazionale?
R. - Sta andando molto bene. Noi siamo ampiamente
soddisfatti. I risultati sono superiori alle aspettative perché ci ritroviamo
bellissimi ragazzi, molto bravi. Lo sapevamo già, ma ne abbiamo avuto conferma.
Questo ci conforta perché non sono belli e bravi i ragazzi dell’Agesci, sono
belli e bravi i ragazzi italiani. Voglio dire che abbiamo una fascia adolescenziale,
che molto spesso viene demonizzata, mentre in realtà ha delle potenzialità da
esprimere ma non trova gli adulti in grado di fargliele esprimere. Stiamo
cercando di fare questo con grande impegno e il metodo scout ci aiuta. Tutto il
lavoro che facciamo insieme all’interno delle parrocchie, delle realtà in cui viviamo,
certamente ci permette di poterlo fare.
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Il Papa
ha accolto la rinuncia dall’incarico di nunzio apostolico in Croazia,
presentata dall’arcivescovo Giulio Einaudi, per raggiunti limiti di età.
Il Santo Padre ha quindi nominato nunzio apostolico in
Croazia l’arcivescovo spagnolo Francisco Javier Lozano, di 59 anni, finora
nunzio apostolico in servizio presso la Sezione per gli Affari Generali della
Segreteria di Stato.
‘SI’ O ‘NO’ AGLI OGM NELL’AGRICOLTURA: DIBATTITO APERTO NELLA
COMUNITA’ SCIENTIFICA E NELLA SOCIETA’:
LA CHIESA CATTOLICA FARA’ IL PUNTO IN UN CONVEGNO PROMOSSO DAL
PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA GIUSTIZIA E LA PACE
AI NOSTRI MICROFONI L’ARCIVESCOVO RENATO RAFFAELE MARTINO E IL PROF.
CARLO CANNELLA
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In merito alla nota questione
degli Organismi Geneticamente Modificati, tornato in questi giorni
all’attenzione dei media e dell’opinione pubblica, come presidente del
Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace tengo a ribadire che la posizione mia personale e del
Dicastero è quella da me stesso espressa a nome della Santa Sede in occasione
della Conferenza Ministeriale sulla Scienza e la Tecnologia in Agricoltura,
tenutasi a Sacramento, nello Stato nordamericano della California, dal 23 al 25
giugno scorso.
Come allora ebbi a precisare, il
problema della fame nel mondo interpella la coscienza di ogni uomo e in
particolare dei cristiani. Per cui la
Chiesa Cattolica segue con particolare interesse e sollecitudine ogni sviluppo
della scienza in aiuto alla soluzione di un dramma che affligge così larga
parte dell’umanità.
Allo scopo di approfondire ogni
aspetto del problema, sia dal punto di vista scientifico, che etico ed
umanitario, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha in animo di
convocare in autunno una riunione di studio
con esperti del settore e personalità interessate, riunione da cui il Dicastero
trarrà le opportune conclusioni.
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Si discute dunque animatamente proprio in questi giorni in
Italia, ma anche in Europa e nel mondo sugli organismi geneticamente
modificati, i cosiddetti Ogm. Da oltre 10 anni - da quando nel ’92 sono state
introdotte negli Stati Uniti e in Canada le coltivazione transgeniche se ne
parla fra nutrizionisti, economisti, politici, ambientalisti, esperti in campo
giuridico ed etico. Tanti sono infatti gli aspetti e le implicazioni che queste
nuove tecnologie applicate in campo agricolo pongono alla comunità
internazionale, agli Stati, ai cittadini.
Anzitutto è bene chiarire al pubblico - certamente ancora
non ben informato - su che cosa sono gli Ogm. Roberta Gisotti ha interpellato
il prof. Carlo Cannella, docente di Scienza dell’alimentazione all’Università
di Roma “La Sapienza”
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R. - Da sempre l’uomo coltivando le piante le ha
modificate geneticamente seguendo le leggi della genetica classica, quelle di
Mendel. Incrociava le varie piante per ottenere nuove varietà e per ottenere
anche prodotti migliori. Poi ha capito come funzionava il Dna e allora, questo
intervento sul Dna delle piante si è fatto sempre più spinto fino a diventare
transgene. Ma facciamo un esempio: il pomodoro che non smatura non è un
transgene, è che l’uomo è riuscito a bloccare un gene che esprime un certo
enzima, per cui il pomodoro arriva a maturazione ma non rammollisce. Non c’è
nessun inserimento di nuovo materiale genetico all’interno della pianta e
potrebbe essere una cosa utile per avere il pomodoro maturo ed utilizzarlo al
meglio.
D. – Altra cosa, professore, invece è l’alimento
transgenico …
R. – E’ successo questo, è stato trasferito un gene, per
esempio responsabile di una caratteristica: qualcuno si ricorda la fragola con
la lisca di pesce. Il pesce resiste bene alle basse temperature, la fragola,
invece, soffre le basse temperature. Se noi inseriamo nella fragola, non la
lisca del pesce ma quel gene che consente al pesce di adattarsi alle basse
temperature, ecco che otteniamo una fragola che può crescere anche al di fuori
della serra. Tutto questo però a livello di ricerca scientifica è un bel
risultato ed io sono ricercatore e quindi voglio vedere la ricerca che va
avanti. Però poi, quando la ricerca passa e diventa tecnologia applicata alla
produzione, lì bisogna stare molto attenti. Bisogna vedere se veramente tutto
ciò serve ed è compatibile con il sistema sia come ambiente, sia per l’uomo di
per se stesso.
D. – Professore, c’è un altro aspetto che vorrei
sollevare. Come si riproducono i semi geneticamente modificati?
R. – E’ un tasto estremamente importante. Il seme
geneticamente modificato viene brevettato ed è patrimonio di una
multinazionale. Di solito queste multinazionali sono sorte attraverso la
fusione dell’industria sementiera con l’industria chimico-farmaceutica. Il
‘farmaco’ ha visto dimagrire le sue entrate nella strada convenzionale e si è
molto rivolto al settore alimentare facendo anche grandi investimenti di ricerca,
ma questi investimenti per la ricerca non li deve fare il privato, li deve fare
il pubblico, li deve fare l’autorità governativa, e soltanto la ricerca
pubblica, poi, può essere portata e divulgata e la società può decidere e il
potere politico deve fare le leggi. Adesso siamo arrivati all’obbligo di
scrivere sull’etichetta, però ancora il consumatore è nel dubbio “fanno male o
non fanno male”. Non fanno male all’organismo umano, ma possono far male
all’ambiente e poi non sono la soluzione del problema della fame. Credo che
tanti scienziati, tanti ricercatori hanno dimostrato che il cibo per tutti ci
sarà se sappiamo dividerlo tra tutti. Non è che dobbiamo produrre di più. Ci
vuole una migliore ripartizione. Oggi c’è chi ha la pancia piena e butta via, e
chi ha la pancia vuota perché non sa di cosa riempirla.
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Apre, con forza, la prima pagina il titolo
"L'Europa conservi il senso cristiano della Domenica": all'Angelus,
Giovanni Paolo II richiama l'urgenza di un rinnovato impegno di fronte alle
sfide della secolarizzazione. Sempre in prima, il testo dell'Angelus.
Nelle vaticane, nel Messaggio a Scout e Guide
dell'Agesci - riuniti contemporaneamente nelle province di Avellino, Cagliari,
Perugia e Torino per il Campo Nazionale - il Papa ha sottolineato che l'amore
ed il rispetto per la natura sono un compito urgente ed un aspetto qualificante
dell'impegno dei cristiani nel modo.
Un articolo di Mario Barbarisi
sulle iniziative degli oltre seimila scout che, dal 28 luglio, sono presenti ai
piani di Verteglia, in provincia di Avellino.
Un articolo sulle attività
formative promosse dall'arcidiocesi di Milano durante il periodo estivo.
Nelle pagine estere,
terrorismo: nuove minacce da parte di "Al Qaeda". Liberia: le forze
dell'Ecowas avviano il dispiegamento a Monrovia. India-Pakistan: esplosioni
accidentali provocano 67 morti; uniti nel lutto i due Paesi confinanti.
Nella pagina culturale, un articolo di Timothy
Verdon sul problema del rispetto per gli edifici di culto. Un contributo di
Marco Impagliazzo sul volume di Ernesto Preziosi dal titolo "Educare il
popolo. Azione Cattolica e cultura popolare tra '800 e '900".
Nelle pagine italiane, in primo
piano il tema delle pensioni.
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4 agosto 2003
PROSEGUE IN ITALIA IL DIBATTITO SULL’ “INDULTINO”, ATTO DI
CLEMENZA
APPROVATO DAL PARLAMENTO DOPO UN ITER
ACCIDENTATO, CHE HA DATO VITA
AD UN ACCESO CONFRONTO TRA LE FORZE POLITICHE
E NELLA SOCIETA’ CIVILE
-
Intervista con mons. Giorgio Caniato -
Sul cosiddetto “indultino”, provvedimento di clemenza
approvato dal Parlamento italiano venerdì scorso, si è detto ieri, ancora una
volta, contrario il ministro della Giustizia, Roberto Castelli. Ricordiamo che
il provvedimento sconta due anni di carcere per chi ha già trascorso dietro le
sbarre almeno metà della pena. Ieri, Castelli ha affermato che entro 12 mesi la
popolazione carceraria sarà esattamente uguale a quella precedente gli effetti
dell’“indultino”. Nonostante il parere contrario del Guardasigilli sono però
molti i favorevoli a questo atto di clemenza verso i detenuti. Alessandro
Guarasci ha sentito il parere di mons. Giorgio Caniato, ispettore dei
cappellani delle carceri.
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R. - Non è una riduzione di pena è soltanto la sospensione
della pena. La pena rimane a tal punto che anche se sono passati due anni, il
detenuto che entro 5 anni commette dei reati, deve fare anche i due anni,
quindi non è un provvedimento che toglie gli anni di pena. Li sospende con
delle condizioni abbastanza pesanti e questo è fatto per garantire la società.
Questo è il significato. Il provvedimento è dato ad personam, quindi oggi il
detenuto che vuole usufruire di questa legge deve fare domanda al magistrato di
sorveglianza, il quale poi dovrà istruire una pratica per vedere se il detenuto
rientra in quelle condizioni determinate dalla legge o poter usufruire di
questa sospensione della pena.
D. – Un indulto però sarebbe stato più difficile da far
approvare …
R. – Lei sa bene che il Papa non ha mai chiesto né indulto
né amnistia. Ha chiesto un segno, un segno di clemenza. E’ questo il testo del
messaggio Pontificio e quello che il Papa ha sempre ripetuto per 5-6 volte
durante l’anno Giubilare e che ha ripetuto al Parlamento, in novembre. Quindi
il Papa non ha mai chiesto né amnistia né condono, perché sapeva bene, tra
l’altro, che in Italia non l’avrebbero mai concesso. Abbiamo visto che
l’indulto e l’amnistia non l’hanno concesso. Quindi, con questa richiesta, che
non era specifica, ha stimolato i parlamenti a trovare un altro strumento
giuridico che non fosse l’amnistia e il condono. In Italia hanno trovato la
sospensione pena, per cui hanno accolto il messaggio del Papa. Il Papa ha vinto
in questa sua richiesta. Ha trovato il modo giusto per ottenere per i detenuti
un segno. E come è avvenuto in Italia, è avvenuto in quasi 20 Paesi del mondo.
Non è mai successo che per il Giubileo si fossero mossi così tanti Stati ad
accontentare il Papa con un segno. L’amnistia e il condono hanno delle
condizioni, devono rispettare certe norme, certe situazioni per cui neanche il
Parlamento li può applicare come gli pare e piace. Invece, in questo modo il
Papa ha stimolato il legislatore a trovare un altro strumento tale da poter
accontentare quello che era il suo desiderio a favore dell’uomo detenuto. Un
segno che per il Papa aveva un valore non tanto di soluzione dei problemi delle
carceri, ma è un segno di apertura, di clemenza, un segno di speranza.
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ALLA LUCE DEL VI MEETING INTERNAZIONALE DI LORETO SULLE
MIGRAZIONI, ORGANIZZATO DAI PADRI SCALABRINIANI,
UNA
RIFLESSIONE SUI FLUSSI MIGRATORI CON IL SUPERIORE GENERALE PADRE ISAIA BIROLLO
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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I missionari di
San Carlo, noti come Scalabriniani, sono sorti 116 anni fa. Il fondatore, il
Beato Giovanni Battista Scalabrini, era preoccupato, come pastore e vescovo a
Piacenza, per tutti gli emigranti che partivano. Fondò la congregazione proprio
per accompagnare questi emigranti italiani, che erano vittime di tanti abusi.
La Congregazione si sviluppò all’inizio in Brasile e negli Stati Uniti. Per
tutta la prima metà del secolo scorso continuò a lavorare con gli emigranti
italiani non solo nelle Americhe, ma anche in Europa, continuando l’opera dei
missionari di Geremia Bonomelli, un vescovo amico di Scalabrini. Si sviluppò
anche in Canada e in Australia, sempre per gli italiani. Con il diminuire
dell’emigrazione italiana, avvenuta
specialmente nella seconda metà, anzi verso gli anni Settanta del secolo
scorso, e con l’aumentare dei flussi
migratori, con l’arrivo di immigrati qui in Europa e in altri Paesi, negli Stati Uniti e in Australia, la
Congregazione, dopo il Concilio Vaticano II, si è aperta a tutti gli emigranti.
Come preferenza, gli Scalabriniani lavorano a favore dei migranti più
bisognosi. E’ questa la priorità della
Congregazione. Attualmente sono presenti in 28 Paesi meta di flussi migratori,
in merito ai quali ora ci parla il superiore generale degli Scalabriniani,
padre Isaia Birollo:
R. – Attualmente
c’è un flusso migratorio molto forte che viene dall’Africa. Naturalmente questo
continuerà perché l’Africa si trova in una condizione di sottosviluppo. C’è
povertà e miseria. Quelli che possono
partire sono i più fortunati, sono quelli che hanno un po’ di mezzi per poter
partire, per trovare il modo di emigrare. Ci sono anche molti immigrati che
arrivano dall’Asia, dalle Filippine, dallo Sri Lanka, che vengono qui in
Europa. Se parliamo dei flussi migratori che stanno entrando negli Stati Uniti,
nell’America del nord, questi provengono dal sud delle Americhe, dall’America
Latina. E’ un flusso continuo che passa per l’America centrale e cerca di
penetrare quella barriera che gli Stati Uniti hanno fatto e dove sono già
morte, da quando è stata avviata la cosiddetta operazione “guardiano della
frontiera”, circa 2.300 persone, al confine tra il Messico e gli Stati Uniti.
Quel flusso continuerà sempre, perché con la povertà che c’è nell’America del
sud e in quella centrale ci sarà sempre gente disperata che cercherà di
emigrare. Quindi, dall’Asia vengono verso l’Europa e il Nordamerica, oppure
vanno verso l’Australia; dall’Africa vengono verso l’Europa: questi sono i
flussi principali. Al 1 luglio, secondo i dati forniti dall’Organizzazione
internazionale dei migranti, un’organizzazione dell’Onu, ci sono circa 175
milioni di persone che vivono fuori dal loro Paese di nascita, emigranti o
rifugiati, obbligati ad abbandonare il proprio Paese perché la loro vita è in
pericolo.
D. – Padre, una sua esperienza personale ...
R. – Adesso mi
trovo a Roma come superiore generale, però per tanti anni ho lavorato come
missionario specialmente nelle Americhe. Alcuni ricordi mi sono rimasti
impressi come, ad esempio, quando ho trascorso un anno in Haiti e nella
Repubblica Dominicana. Gli haitiani, che sono poverissimi - Haiti è considerata
la nazione più povera dell’emisfero occidentale - cercano di uscire da quella
situazione di miseria e i più poveri non fanno altro che attraversare il
confine che c’è tra Haiti e la Repubblica Dominicana per tagliare la canna da
zucchero in quest’ultimo Paese. Passano il confine senza documenti. Arrivano
nella Repubblica Dominicana, si immergono in queste piantagioni di canna da
zucchero, rimangono lì anche per tutta la loro vita, senza documenti. I loro
figli nascono lì e siccome i genitori non hanno documenti non hanno neanche il
coraggio di andarli a registrare. C’è tutta una generazione che per l’anagrafe
non esiste e che sono conosciuti più che altro dalla Chiesa, dai missionari, da
quelli che si interessano di loro, mentre avrebbero paura di entrare in
contatto con le autorità locali. Però, con la Chiesa, si sentono bene. Questo è
un esempio, per me molto bello di come
la missione della Chiesa a favore degli emigranti dia coraggio a queste
persone. Anche se non sono riconosciuti dalla società civile, di fronte alla
Chiesa sono cittadini di prima categoria come tutti gli altri.
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4 agosto 2003
RICORRE
OGGI IL CENTESIMO ANNIVERSARIO DELL’ ELEZIONE AL SOGLIO PONTIFICIO
DI PIO X, GIUSEPPE SARTO. NUMEROSE CELEBRAZIONI A
RIESE,
PAESE NATALE DEL PONTEFICE, E A ROMA, PER RICORDARE
L’ULTIMO PAPA
AD ESSERE PROCLAMATO SANTO
RIESE. = Con una Messa celebrata
dal vescovo di Treviso, mons. Paolo Magnani, ha avuto inizio sabato il ciclo di
celebrazioni promosse dal Comune di Riese - Pio X per ricordare il centenario
dell'elezione a Papa del suo concittadino
più illustre, Giuseppe Sarto, Sommo Pontefice dal 4 agosto 1903 al 20 agosto
1914 e canonizzato il 29 maggio 1954 da Papa Pio XII. Per stasera è prevista la
partecipazione del cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione
dei vescovi, alla Messa a Riese, cui seguirà la rievocazione storica dell' elezione di Papa Sarto con uno
spettacolo intitolato ''Uno di noi''. Dal 5 al 9 di agosto, poi, le celebrazioni
si sposteranno a Roma per il pellegrinaggio organizzato in occasione
dell'anniversario. Mercoledì è prevista l'udienza con Giovanni Paolo II a Castel Gandolfo, mentre il giorno
seguente il gruppo si ritroverà in San Pietro per una Messa presso l' altare
ove riposa il santo Pontefice. Tra gli altri appuntamenti in programma si
segnalano, il 16 agosto, la presentazione di un volume sulla storia di Riese -
Pio X, il 20 agosto la seconda edizione del Festival internazionale di
musica presso la casa natale di Pio X
ed infine, il 21 agosto, la festa liturgica di San Pio X, con la Messa a Riese
presieduta dal cardinale arcivescovo di Torino, Severino Poletto. (M.D.)
CONCLUSO
IN MESSICO L’OTTAVO CONGRESSO NAZIONALE DELLA GIOVENTÚ MISSIONARIA.
IL MESSAGGIO DEL CARDINALE SEPE ALL’ASSEMBLEA:
“LA MISSIONE, MOMENTO DI GRAZIA PER LA CHIESA
AMERICANA”
QUERETARO. = “Giovane del nuovo millennio, senza
paura porta al mondo il Vangelo”: questo è stato lo slogan dell’ottavo
Congresso nazionale della Gioventù missionaria messicana, che si è concluso
ieri a Queretaro, in Messico. Il Congresso è stato promosso dalla Commissione
episcopale delle missioni della conferenza episcopale messicana, dalle
Pontificie opere missionarie e dalla diocesi di Queretaro, in preparazione al
Congresso Missionario Americano (CAM2), che si svolgerà a Città del Guatemala
nel prossimo novembre. Il Congresso nazionale messicano, che ha riunito migliaia
di giovani tra i 15 ed i 30 anni provenienti da tutto il Paese, ha voluto
studiare e riflettere sul contributo missionario della Lettera apostolica “Novo
millennio ineunte” di Giovanni Paolo II. Durante i quattro giorni di incontro,
i congressisti hanno esaminato sei temi che toccano diversi aspetti della
problematica missionaria, come la spiritualità della missione, il ruolo dei
giovani e quello della comunità parrocchiale e diocesana. Alla sessione di
apertura di giovedì pomeriggio, è stato letto il messaggio che il cardinale
Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei
Popoli, ha rivolto all’assise giovanile missionaria. Il cardinale ha ricordato
ai giovani messicani che l’appuntamento di Queretaro “costituisce un momento di
grazia speciale per la Chiesa in Messico, che, consapevole della chiamata
profetica che Giovanni Paolo II ha rivolto alle Chiese particolari del
continente ad estendere il loro slancio evangelizzatore oltre le frontiere continentali,
desidera prendere il largo, con speranza, mediante la realizzazione di un
intenso programma di animazione missionaria, per portare il Vangelo a tutti gli
uomini, specie a coloro che non lo conoscono”. (M.D.)
AL VIA
LA PRIMA ASSEMBLEA MISSIONARIA DELLA CHIESA PERUVIANA.
QUATTRO MILA DELEGATI PER PREPARARE AL MEGLIO IL
GRANDE CONGRESSO MISSIONARIO CONTINENTALE DI NOVEMBRE IN GUATEMALA
CHICLAYO. = La Chiesa peruviana si appresta a vivere
una grande evento: il primo Congresso nazionale missionario che da mercoledì 6
agosto riunirà circa 4 mila persone tra vescovi, vicari episcopali, sacerdoti,
religiosi e laici impegnati nel campo della missione. Il Congresso peruviano si
inserisce nel cammino preparatorio delle Chiese particolari dell’America al secondo
Congresso missionario americano (CAM 2) che si celebrerà a Città del Guatemala
nel prossimo mese di novembre. Obiettivo fondamentale dell’assemblea è quello
di esprimere e celebrare la vita e le iniziative missionarie di tutte le
diocesi e di tutte le comunità che operano nella Chiesa peruviana, oltre a
ravvivare la coscienza missionaria delle diocesi, affinché agli inizi del nuovo
millennio, possano rispondere con maggiore generosità ed efficacia alle sfide
pastorali che il mondo d’oggi e il mandato di Cristo richiedono. Il Congresso
aprirà i suoi lavori mercoledì 6 agosto, con una solenne Concelebrazione
Eucaristica nel duomo della diocesi di Chiclayo, presieduta dal cardinale Juan
Luis Cipriani, arcivescovo di Lima. L’assemblea potrà contare sul contributo di
noti missionologi che operano nel continente latinoamericano, i quali affronteranno
alcuni temi tra quelli proposti dal Testo Base del CAM 2: “Coscienza e
atteggiamenti missionari di Gesù” (mons. Norbert Strotmann, vescovo di
Chosica), “Attività Missionarie della Chiesa Primitiva” (padre Tomàs Kraft di
Lima), “Urgenza dell’Annuncio Missionario oggi” (mons. Luis Castro Quiroga,
Arcivescovo di Tunja, in Colombia), “Pastorale Diocesana, Pastorale Missionaria”
(mons. Miguel Irízar Campos, vescovo di Callao), “Spiritualità Missionaria
(mons. Daniel Turley, vescovo di Chulucanas), “Missione ad gentes” (mons. Vittorino
Girardi, Vescovo di Tilarán, in Costa Rica). Ai lavori del congresso sarà inoltre
presente padre Massimo Cenci, sottosegretario della Congregazione per
l’evangelizzazione dei popoli. (M.D.)
NELLE MOLUCCHE
PACIFICATE ANCORA POCHI I PROFUGHI CHE
RITORNANO A CASA.
APPELLO DEI RELIGIOSI DELLA DIOCESI DI AMBON PER GLI
SFOLLATI
AMBON. = Sono solo meno
della metà i profughi che hanno fatto ritorno a casa nell’arcipelago
indonesiano delle Molucche, dopo la conclusione del sanguinoso conflitto che ha
opposto per tre anni cristiani e musulmani. Lo hanno riferito alla agenzia
missionaria Misna i religiosi del Centro di crisi della diocesi cattolica di
Ambon i quali precisano, in un comunicato, che su un totale di 352.578
sfollati, solo 149.795 hanno fatto ritorno
alle loro abitazioni o hanno provveduto a notificare il cambio di residenza
fuori dall’arcipelago. Al momento sono dunque ancora 202.783 le persone che
hanno preferito dilazionare il ritorno nelle Molucche dopo l’interruzione delle
ostilità nella primavera del 2002. Il governo di Giakarta ha intanto fatto
sapere che con il mese di agosto non sarà più possibile accedere ai fondi
stanziati per il sostentamento dei profughi. Pare che la decisione sia stata
adottata al fine di incentivare il ritorno dei civili, molti dei quali sono
ancora psicologicamente provati dalle violenze degli scorsi anni. Inoltre, sono
stati segnalati nei villaggi di Kusai e Bula alcuni casi di intolleranza da
parte di coloro che, nonostante la guerra, avevano deciso di rimanere. Non è da
escludere che si tratti di questioni legate alla restituzione dei beni un tempo
in possesso dei profughi. (M.D.)
IN
VATICANO MOSTRA DI FOTO SUL PAPA E I SACRI PALAZZI.
GLI SCATTI SONO STATI REALIZZATI DALL’ARTISTA
SUDCOREANO NAM-SILK BALK
CITTÁ DEL VATICANO. = Una mostra
di foto sul Papa e sui sacri palazzi, sarà ospitata fino al 31 agosto all'ombra
di San Pietro, più precisamente nel cosiddetto braccio di Carlo Magno, accanto
alla Basilica Vaticana. Le foto sono realizzate dall’artista sudcoreano Nam-Sik
Balk e vengono sponsorizzate dall' arcidiocesi di Seul, dal ministro del
turismo e della cultura della Corea del Sud e dal Catholic Lay Apostolic
Council di Corea. La serie delle gigantografie fissa alcuni momenti dei
pellegrinaggi del papa in Sud Corea nel
1984, in Polonia nel 1995, sul lago di Galilea nella primavera del 2000 e a
maggio del medesimo anno nell’isola di
Malta. Non mancano anche foto ambientate in Vaticano, come quelle in occasione
della Messa, nell'autunno 1996, per il cinquantesimo di ordinazione sacerdotale
del Pontefice o in altre circostanze in Piazza San Pietro. Tra le foto forse
più suggestive, spiccano l'immagine di Giovanni Paolo II in piedi che si
appoggia al pastorale, un fascio di raggi solari che illumina l'interno
completamente deserto della Basilica di San Pietro e uno scorcio di Piazza San
Pietro nella notte di Natale, con in primo piano il trittico dell' obelisco,
del presepe e dell'albero natalizio, tutti e tre illuminati, e sullo sfondo la
cupola della Basilica Vaticana. (M.D.)
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4 agosto 2003
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Negli Stati Uniti cresce l’allarme per la minaccia di
nuovi attentati. Il numero due della rete terroristica di Al Qaeda, l’egiziano al Zawahri, ha
infatti annunciato, in un messaggio trasmesso ieri dalla rete televisiva Al
Arabiya, che gli Stati Uniti “pagheranno un prezzo elevato” se non sarà
garantita l’incolumità dei prigionieri musulmani detenuti nella base americana
di Guantanamo, a Cuba. Al Zawahri ha inoltre ammonito Washington che la “vera
battaglia” ancora non è cominciata. Ma per i particolari ascoltiamo il servizio
di Paolo Mastrolilli:
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Il vice di Osama Bin Laden cita i prigionieri rinchiusi
nella base cubana di Guantanamo, sei dei quali sono stati scelti dal governo di
Washington per sottoporli ai primi processi militari, e dice che gli americani
pagheranno duramente se faranno del male ai detenuti musulmani. Quindi allarga
le sue minacce avvertendo che tutti gli agenti degli Stati Uniti saranno
colpiti. Proprio la settimana scorsa l’amministrazione di Washington aveva
lanciato l’allarme per possibili nuovi attentati da parte di Al Qaeda,
dirottando aerei negli Stati Uniti e in Paesi alleati come l’Italia. Ieri, il
ministro della giustizia Ashcroft e quello della sicurezza nazionale Ridge,
hanno confermato il pericolo, dicendo di aspettarsi un nuovo attacco, mentre
gli esperti di Intelligence stanno analizzando la voce contenuta nel messaggio
per verificare se appartiene davvero al vice di Osama. Vincent Cannistraro, ex
capo dell’antiterrorismo della Cia, ha
detto che i servizi segreti temono nuovi attentati entro il 2004, stavolta
forse usando agenti chimici o biologici.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Nell’ampio e complesso capitolo della lotta al terrorismo,
il ministro della Giustizia americano, John Ashcroft, ha confermato in
un’intervista televisiva l’intenzione dell’amministrazione del presidente
George Bush di interrogare il saudita Omar al Bayoumi, dipendente dell’ente
dell’aviazione civile saudita, sui suoi rapporti con due dei dirottatori
dell’11 settembre 2001. Al Bayoumi ha attirato l’attenzione degli investigatori
americani in quanto sospettato di aver dato “una considerevole assistenza” ai
due dirottatori kamikaze.
Un’altra fonte di preoccupazione per gli Stati Uniti
rimane l’Iraq, dove continua, purtroppo, l’ondata di violenze. Oggi due civili
iracheni sono rimasti uccisi rispettivamente ad un posto di blocco dei militari
statunitensi presso Falluja e nei pressi dell’aeroporto di Baghdad, dove
l'esplosione di una mina avrebbe dovuto colpire soldati americani.
Il
comando centrale delle forze statunitensi, in Iraq, ha reso noto che un
centinaio di soldati americani, dispiegati in diverse aree del Paese arabo, si
sarebbero ammalati di una misteriosa polmonite che ha già causato la morte
di due militari. In Iraq è stata inviata una squadra di specialisti per
indagare possibili fattori ambientali o fonti d’infezione alla radice di questa
malattia. Nello scorso mese di giugno lo stesso comando centrale aveva vietato
agli esperti dell'Agenzia internazionale per l’energia atomica di svolgere
esami medici sulla popolazione irachena colpita dalla polluzione nucleare
attorno al sito di Tuweitha.
Il
processo di pace in Medio Oriente è stato minato, oggi, da un grave episodio di
violenza. Un palestinese, infatti, è stato ucciso dai soldati israeliani,
mentre stava tentando di collocare un ordigno lungo la strada che porta a
Tulkarem, nel Nord della Cisgiordania. Il ministro della Difesa israeliano,
Shaul Mofaz, ha intanto dichiarato che il suo governo non intende
trasferire sotto il controllo delle autorità palestinesi altre città occupate
dalle truppe dello Stato ebraico, fin quando la sicurezza palestinese non
adotterà provvedimenti nei confronti dei responsabili dell’attacco avvenuto
ieri sera tra Betlemme e Gerusalemme. Su questo grave episodio, il servizio di
Graziano Motta:
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Attacco grave perché rivendicato dalle Brigate dei martiri di Al Aqsa -
rompe quindi, di fatto, la tregua - e perché compiuto da suoi membri della
vicina Betlemme, cioè della città da cui, nel contesto del piano di pace, i
soldati israeliani sono stati ritirati per primi. Sul terreno altre violenze.
Un palestinese ucciso, questa mattina, presso Tulkarem, da un ordigno che
tentava di far esplodere al passaggio di soldati israeliani e ieri, presso
Ramallah, un altro palestinese. Ma ci sono anche notizie positive. I ministri
degli esteri israeliano e palestinese, incontratisi ieri a Gerusalemme, hanno
istituito una commissione per sviluppare la cooperazione. Quello palestinese ha
illustrato l’idea di una lunga tregua di due anni, che consentirebbe il disarmo
delle organizzazioni della rivolta. Per convincere i loro capi ad accettarla il
primo ministro Abu Mazen va oggi nella Striscia di Gaza e il governo israeliano
ha deciso la scarcerazione – che avverrà dopodomani – di altri 442 prigionieri
palestinesi in aggiunta ai 540 precedentemente approvata.
Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Non sembra purtroppo arrestarsi
la catena di violenze nella zona di Bunia, il martoriato capoluogo della
provincia nord-orientale dell’Ituri, regione della Repubblica Democratica del Congo. Fonti
dell’Agenzia missionaria Misna riferiscono oggi di nuove incursioni, ad opera
dei ribelli, avvenute nella notte tra sabato e domenica scorsi a Fataki, circa
80 chilometri a nord di Bunia. I miliziani hanno assaltato l’orfanotrofio,
l’ospedale, il mercato, il convento delle suore e la parrocchia.
‘Pace in Liberia’. E’ questo il
titolo dell’incontro, conclusosi stamani a Roma, nella sede della Comunità di
Sant’Egidio, al quale ha partecipato anche il leader del gruppo ribelle dei
‘Liberiani uniti per la riconciliazione e la democrazia’, Sekou Damate Conneh.
A seguito degli incontri con i responsabili della Comunità, già protagonista di
altri importanti interventi di mediazione, come quello che ha portato alla pace
in Mozambico nel 1992, la leadership del gruppo ribelle si è nuovamente
impegnata al rispetto del cessate-il-fuoco. Sulla conferenza stampa,
organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio, ci riferisce di Dorotea Gambardella:
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“Noi non amiamo la guerra e vogliamo per il nostro paese
un futuro di pace, di libertà e di prosperità”. Così nella dichiarazione dei
delegati del Lurd, diffusa nella conferenza stampa tenutasi questa mattina
presso la sede della Comunità di Sant’Egidio a Roma. Un documento fondamentale,
letto dal presidente delle forze ribelli liberiane Sekou Damate Connech, in cui
viene riaffermato l’impegno ad aderire all’iniziativa dell’Ecowas (la comunità
degli Stati dell’Africa occidentale) per giungere a una rapida soluzione
politica del conflitto che dia al paese nuove istituzioni. A tal fine i vertici
del Lurd hanno prodotto una dichiarazione politica per risolvere le questioni
che potrebbero rappresentare un ostacolo per una pace stabile. In merito alla
presidenza e alla vicepresidenza, i Liberiani uniti per la riconciliazione e la
democrazia concordano con la proposta dei capi di Stato dell’Ecowas, quindi
nessun leader delle tre fazioni in lotta occuperà la posizione di presidente o
vicepresidente del Governo transitorio della Liberia; sul potere legislativo
viene accettato quanto espresso negli accordi di pace e infine, si legge nel
documento, tutte le cariche governative dovranno essere elette dai membri
dell’assemblea transitoria per via consensuale. Oggi, intanto, i primi soldati
nigeriani della Forza di pace dell’Ecowas sono arrivati a Monrovia.
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È salito purtroppo a 43 morti e 35 feriti, il
bilancio della tragedia avvenuta ieri nel Gujarat, nel Nord-ovest dell’India,
per il crollo di 3 edifici. Alla base della sciagura, l’esplosione di una
bombola di gas in un laboratorio per la lavorazione delle pietre preziose.
Alcune persone risultano ancora disperse.
Tragedia anche in Vietnam. Almeno 14 persone sono
morte nella collisione stamani tra un treno e un minibus nella provincia di Cam
Lo. Ad annunciarlo la polizia, specificando che le vittime erano veterani della
guerra del Vietnam.
I colloqui a sei sul programma nucleare
nordcoreano si apriranno a Pechino nel giro di qualche settimana. E' quanto ha
fatto sapere oggi il regime di Pyongyang. Ai colloqui - ai quali la Corea del
Nord ha dato il suo assenso giovedì scorso - partecipano Cina, Stati Uniti,
Corea del Sud, Russia e Giappone. Secondo fonti sudcoreane, i negoziati
dovrebbero iniziare ai primi di settembre.
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