RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 215 - Testo della Trasmissione di domenica 3 agosto 2003

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

I cristiani salvaguardino in Europa il valore della Domenica, Giorno del Signore. Così il Papa all’Angelus domenicale, nella residenza di Castel Gandolfo.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Concluso a Loreto il sesto Meeting internazionale sulle migrazioni, promosso dai Missionari Scalabriniani. Con noi, i padri Beniamino Rossi e Giulio Albanese

 

Migliaia di giovani in marcia verso Assisi. Un’esperienza di comunione, povertà e abbandono fiducioso alla Provvidenza. Intervista con padre Paolo Maiello

 

Un telefono amico per chi vive in solitudine, grazie alle comunità di “Mondo X”, volute dal francescano padre Eligio e impegnate anche nel recupero dei tossicodipendenti

 

Un’istituzione unica nel panorama culturale e scientifico mondiale: l’Accademia dei Lincei, che festeggia i suoi 400 anni di vita. Intervista con il presidente, prof. Edoardo Vesentini

 

La vita tormentata del Caravaggio, tra ombre e luci, in un libro sul geniale pittore seicentesco. Ai nostri microfoni, l’autore Giuliano Capecelatro.

 

CHIESA E SOCIETA’:

I Salesiani celebrano in India il Giubileo d’oro del loro Istituto a Damra, dedicato a San Giovanni Bosco

 

L’organizzazione terroristica di Bin Laden, Al Qaeda, torna a minacciare gli Stati Uniti – A Gilgit, in Pakistan, 45 persone perdono la vita in un’esplosione

 

Negli Stati Uniti dal 6 al 9 agosto, l’assemblea della Conferenza dei superiori maggiori americani

 

Istituiti in tutte le diocesi dell’Indonesia osservatori incaricati di verificare che le scuole cattoliche continuino ad accettare studenti di altre religioni senza rinunciare al proprio carattere cattolico

 

Nasce a Milano, da un’idea del cardinale Martini, la Fondazione “Casa della Carità”.

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

3 agosto 2003

 

L’EUROPA SALVAGUARDI IL VALORE CRISTIANO DELLA DOMENICA,

GIORNO DEL SIGNORE: COSI’ IL PAPA ALL’ANGELUS DOMENICALE

NELLA RESIDENZA DI CASTEL GANDOLFO

- A cura di Paolo Salvo –

 

Il senso cristiano della Domenica, un valore da salvaguardare per l’Europa, segnata da due millenni di cristianesimo, attraverso un rinnovato impegno dei credenti “di fronte alle sfide della secolarizzazione”. E’ l’appello che Giovanni Paolo II ha lanciato prima della recita dell’Angelus domenicale con i fedeli e i pellegrini, nel cortile del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo.

 

E’ il Giorno del Signore, Dies Domini, come fece con la Lettera apostolica del 1998 sulla santificazione della Domenica, che il Papa ripropone ai credenti del vecchio continente, più di ogni altro segnato dal cristianesimo nei due trascorsi millenni.

 

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Dalle sue terre – nelle abbazie, nelle cattedrali, nelle chiese – si è levata incessante la lode a Cristo, Signore del tempo e della storia.

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“Il Battesimo e gli altri Sacramenti – ha ricordato ancora Giovanni Paolo II – hanno consacrato le stagioni della vita di innumerevoli credenti. L’Eucaristia, specialmente nel Giorno del Signore, ha nutrito la loro fede  ed il loro amore. La Liturgia delle Ore e molte forme  popolari di preghiera ne hanno scandito il ritmo giornaliero”.

 

“Anche se tutto ciò non è venuto meno in questo nostro tempo, è però indispensabile – ha aggiunto citando  l’Esortazione apostolica Ecclesia in Europa – un rinnovato impegno di fronte alle sfide della secolarizzazione, perché l’intera esistenza dei credenti sia  un vero culto spirituale  gradito a Dio”.

 

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Particolare attenzione va riservata alla salvaguardia della Domenica, Dies Domini. Questo giorno è simbolo per eccellenza di ciò che il cristianesimo ha rappresentato e rappresenta per l’Europa e per il mondo.

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“La perenne proclamazione – ha precisato – della buona notizia della risurrezione  di Gesù, la celebrazione della sua vittoria sul peccato e sulla morte, l’impegno per la piena liberazione dell’uomo”.

 

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Custodendo il senso cristiano della Domenica, si offre all’Europa un contributo notevole per la tutela di una parte essenziale del proprio patrimonio spirituale e culturale.

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Su tutte le popolazioni del Continente, il Papa ha quindi invocato la protezione della Vergine, alla quale sono dedicate tante chiese e cappelle nelle varie contrade d’Europa.

 

Al termine della preghiera mariana, c’è stato un breve incontro del Papa con Francesco Rutelli, quando il leader della Margherita, accompagnato dalla moglie, si è avvicinato al Santo Padre per il cosiddetto “baciamano”. Tra i fedeli ammessi a salutare il Papa, c’erano anche le mamme ed i bambini di una casa di accoglienza per madri nubili della diocesi di Albano, accompagnati dal vescovo mons. Agostino Vallini. Giovanni Paolo II non ha mancato di dedicare alcune parole ai suoi connazionali polacchi, presenti a Castel Gandolfo o collegati attraverso la radio e la televisione.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

3 agosto 2003

 

 

SI E’ CONCLUSO OGGI IL 6° MEETING INTERNAZIONALE DI LORETO SULLE MIGRAZIONI

- Intervista con padre Beniamino Rossi e con padre Giulio Albanese -

 

 

Con una celebrazione eucaristica, officiata nella Basilica della Santa Casa di Loreto dal responsabile dei missionari Scalabriniani in Europa, padre Beniamino Rossi, si sono chiusi  nella tarda mattinata di oggi i lavori del 6° meeting internazionale  sulle migrazioni, promosso dalla nota Congregazione che ha come specifico carisma proprio la cura pastorale dei migranti. Tema al centro dei lavori iniziati lo scorso 28 luglio: “Globalizzazione e migrazioni in Europa”. In serata ai partecipanti sarà offerta la possibilità di assistere all’esibizione del Coro di S. Giovanni Crisostomo dell’Eparchia Ortodossa di Sabac, in Serbia. La settimana appena conclusa è stata caratterizzata da conferenze, tavole rotonde e laboratori svolti nella sala consiliare del Comune, in cui politici e studiosi di ambito europeo hanno analizzato il fenomeno della globalizzazione nella sua incidenza sui flussi migratori diretti verso il continente europeo; ma si è discusso anche dei problemi, delle prospettive della mobilità umana nell’Europa dei 25 e delle possibili reazioni del mercato del lavoro di fronte all’allargamento.

 

Ampi spazi di dibattito sono stati riservati anche all’Africa, con particolare riferimento alla situazione demografica, politica, sociale e culturale della fascia sub-sahariana , al rinnovamento dell’impegno per il dialogo interreligioso e alla questione dell’immagine dell’immigrazione su tv e carta stampata in Italia e all’estero. Altro argomento di primo piano è stato quello della tratta delle persone e la riduzione in schiavitù e servitù: un crimine che secondo l’Unicef colpisce ogni anno oltre un milione di bambini vittime dello sfruttamento sessuale o del prelievo di organi. A questo riguardo Stefano Leszczynski ha sentito il parere di padre Beniamino Rossi.

 

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R. – Si dice sempre che i giovani siano il futuro, quindi si spera che i giovani, se sensibilizzati, possano rendersi responsabili del futuro delle problematiche che abbiamo dibattuto in questi giorni.

 

D. – Al di là del lato teorico, vi dedicate anche a questioni concrete sul campo, ad esempio c’è un progetto che si chiama Cape Town, di cosa si tratta?

 

R. – Il progetto Cape Town prevede la formazione al lavoro allo di sviluppo di impresa per la comunità dei rifugiati a Cape Town, che ormai raggiunge 30 mila persone provenienti dall’Africa del Sud, ma anche dal Congo e da altri Paesi del Centro dell’Africa.

 

D. – Quello di Loreto è un Meeting che cade in una stagione un po’ particolare per quanto riguarda l’immigrazione in Italia. Ci sono state delle nuove leggi approvate con grandi difficoltà. Se ne è parlato?

 

R. – E’ stata approvata la legge sulla tratta degli schiavi, la tratta umana in particolare per quanto concerne la prostituzione, la vendita degli organi, l’accattonaggio, ecc. Questo fenomeno è uno dei più tristi e nello stesso tempo dei più lucrosi. Economicamente oggi supera in dollari quello che era una volta il commercio della droga. Questo dato mi fa ricordare che Scalabrini nel 1887 chiamava le genti di immigrazione di allora ‘sensali di carne umana’. Ora ci troviamo a che fare con vere e proprie organizzazioni criminali molto ben strutturate. L’inasprimento delle pene è molto importante, ma soprattutto sarà importante trovare i mezzi per riuscire a contrastare il fenomeno.

 

D. – Un altro grosso problema è quello dei minori che migrano …

 

R. – In effetti molti di questi minori sono affidati a persone che fanno un po’ da “passatori” di questi bambini. Sia chiaro che i minori emigrano non per loro volontà. Essi divengono vittime di questo enorme traffico.

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Nel corso dei lavori del 6° Meeting  di Loreto sulle migrazioni, nel pomeriggio di venerdì scorso, 1° agosto, è stato conferito all’Agenzia missionaria di stampa Misna, nella persona del suo direttore padre Giulio Albanese, il “Premio Meeting”. Si tratta di una scultura sanguigna, opera dell’artista Floriano Ippoliti, realizzata su travertino e raffigurante il volto della Vergine Maria. “Padre Albanese si e' distinto – si legge in una nota del comitato organizzativo della premiazione - nell'opera di promozione dei valori e della cultura di pace e convivenza tra i popoli, nonché della  comunicazione sociale.

 

Ha dato voce, infatti, alle Chiese del Sud del mondo e a tutte quelle  realtà socio-politico-economiche ai margini del mondo del  villaggio globale”. Tra i meriti riconosciuti al padre comboniano c’è sicuramente quello di aver portato alla ribalta internazionale le guerre  dimenticate della Guinea Bissau, della Sierra Leone e dell' ex  Zaire, oltre alle innumerevoli vessazioni di regimi totalitari, come quello di Khartoum contro i cristiani sudanesi o al dramma  di Safya, la donna condannata a morte per adulterio. Ascoltiamolo nell’intervista di Stefano Leszczynski.

 

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R. – In effetti il fenomeno migratorio va considerato soprattutto come l’effetto del sottosviluppo, della povertà, della instabilità economica dell’Africa in generale. Anziché continuare ad escludere questi Paesi bisognerebbe innanzitutto chiedersi quali siano le ragioni che determinano i flussi migratori. La convinzione del mondo missionario è che occorre soprattutto rilanciare la cooperazione internazionale se vogliamo dare una chance, a questi nostri fratelli e sorelle, di poter davvero sperimentare una vita decente.

 

D. – Perché l’Africa è un Continente che dispone di grandi risorse e quindi ha potenzialità sufficienti per uno sviluppo futuro, quindi tutti questi flussi migratori, diciamo, sono un po’ obbligati …

 

R. – Sì, perché non dimentichiamo che vi sono dei Paesi, come la Repubblica Democratica del Congo, che sono delle vere e proprie miniere a cielo aperto. C’è tanta ricchezza soprattutto di risorse naturali, ma paradossalmente vi è mancanza di infrastrutture, vi è mancanza di mezzi, vi è mancanza, direi, soprattutto di una classe politica capace di amministrare il bene comune, la res publica. Ma tornando al discorso proprio migratorio c’è da considerare che si tratta della punta dell’iceberg, nel senso che il fenomeno della povertà è molto, molto più complesso e per certi versi molto più grave. Quelli che sbarcano sulle nostre coste sono una piccolissima percentuale delle persone che soffrono in questi Paesi e la verità poi è che purtroppo anche la malavita organizzata, pensiamo all’Italia, ma anche ad altri Paesi europei, in una maniera o nell’altra specula sulla sofferenza altrui ed ecco che allora molte volte questi flussi determinano nuove schiavitù. Si pensi al fenomeno della prostituzione che riguarda moltissime ragazze che provengono da Paesi, per esempio come la Nigeria, ma credo che la risposta debba essere innanzitutto data sul piano della cooperazione internazionale. Il rischio grande, molte volte, è quello di fermarsi all’assistenza.

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MIGLIAIA DI GIOVANI IN MARCIA VERSO ASSISI. UN’ESPERIENZA DI COMUNIONE, POVERTA’ E ABBANDONO FIDUCIOSO ALLA PROVVIDENZA:

CON NOI, PADRE  PAOLO MAIELLO

- Servizio di Paolo Ondarza -

 

 

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(musica)

 

Giovani in cammino con San Francesco. Dallo scorso 26 luglio a domani  4 agosto è in corso la 23.ma Marcia francescana dei giovani di tutta Italia verso Assisi. Slogan di quest’anno è “Amare oltre”. Ieri il momento saliente dell’intero pellegrinaggio: l’arrivo alla chiesetta della Porziuncola nella Basilica di Santa Maria degli Angeli per la festa del Perdono di Assisi. Ma in cosa consiste questa marcia francescana? Ci risponde padre Paolo Maiello, rappresentante del coordinamento dei marcianti del Lazio. 

 

R. – Consiste nel mettersi in cammino dalle varie regioni d’Italia dove sono presenti le province religiose dei Frati Minori; si arriva ad Assisi il 2 agosto  per il Giorno del Perdono. Nel corso del pellegrinaggio i giovani sono accompagnati da spunti di riflessione che li accompagnano fino all’incontro con la Misericordia di Dio alla Porziuncola.

 

D. – Come è strutturata questa marcia?

 

R. – Come abbiamo detto, c’è un tema portante: il tema di quest’anno è ‘Amare oltre’. Ci si alza la mattina presto, si cerca di partire verso le sei e mezza. Il fresco della mattina aiuta a percorrere un maggior numero di chilometri; dopo due ore di marcia ci si ferma per le lodi mattutine. Poi ci sono momenti di silenzio per lasciare maturare ciò che si è nel corso della preghiera; nel pomeriggio, una volta giunti nel posto in cui si passerà anche la notte, ci sono dei lavori di gruppo. La sera si partecipa tutti insieme all’eucaristia dopodiché si cena. La notte in genere si nei conventi e in quelle strutture che ci offrono un rifugio.

 

D. – Quanti sono i partecipanti quest’anno?

 

R. – Saranno migliaia. Pensi che sono 19 le province religiose dei Frati Minori in Italia, ogni gruppo di marcianti dalle varie province è costituito da circa 100-150 ragazzi ...

 

D. – Chi sono questi giovani che partecipano alla Marcia francescana?

 

R. – Per lo più, sono giovani che fanno parte della Gioventù francescana, della Gifra, o comunque simpatizzanti di San Francesco. Con questa marcia si vuole recuperare il senso del pellegrinaggio come cammino di conversione verso Dio.

 

D. – Dopo la marcia, i giovani sono chiamati a qualche impegno?

 

R. – Di solito seguono un cammino nei gruppi di appartenenza: non è quindi un appuntamento fine a se stesso perché il cammino, quello interiore,  continua poi durante l’anno.

 

D. – Padre Paolo, nella sua partecipazione a queste marce francescane, ci sono degli episodi – o un episodio in particolare – che lei ricorda in modo particolare?

 

R. – Io credo che la bellezza di queste marce sia vedere come i giovani riescono ad essere veramente radicali, come si mettono in discussione, ponendo in gioco la loro vita. Ci sono anche momenti in cui il ragazzo trova lo spazio e il luogo per sentire se è chiamato a qualcosa di più ... Nella mia esperienza personale, la marcia è stata determinante nel darmi la spinta finale per dire: ‘Sì, sono chiamato a una vita di consacrazione’.

 

(musica)

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UN TELEFONO AMICO PER CHI VIVE IN SOLITUDINE,

GRAZIE ALLE COMUNITA’ “MONDO X” VOLUTE DAL FRANCESCANO

PADRE ELIGIO E IMPEGNATE NEL RECUPERO DEI TOSSICODIPENDENTI

- Servizio di Fausta Speranza -

 

 

La cronaca ci ha portato nei giorni scorsi a parlare della solitudine vissuta in estate da molti anziani. La solitudine, però, ha molte facce e oggi  cerchiamo di saperne di più dei bisogni di quanti si rivolgono a un  telefono amico. Abbiamo scelto quello delle comunità di  Mondo X, sorte a partire dal 1960 per volontà del francescano padre Eligio in varie zone d’Italia, come centri di accoglienza per chi è in difficoltà o per chi vuole vivere un momento di raccoglimento. Ma cosa caratterizza l’estate? Fausta Speranza l’ha chiesto ad una dei coordinatori del  telefono amico di Milano. Si offre come una voce anonima per chi chiede aiuto anonimamente e come tale la presentiamo anche noi.

 

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R. – Può darsi che persone che chiamano abitualmente durante l’anno in estate si allontanino e si facciano sentire meno, mentre ci sono più richieste di aiuto concreto per il mangiare, per la spesa. Qualcuno in questo periodo, l’anzia-no abbandonato, chi non ha l’infermiera o un punto di riferimento. Poi c’è un’altra tipologia di chiamate, di quelle persone che dicono: “Io non avrei mai chiamato, non chiamerei mai un telefono amico”. Però, succede qualcosa di diverso nella loro vita. Succede che sono soli, che un familiare non c’è, e vivono un momento di crisi, un senso di abbandono.

 

D. – Quali sono i problemi che stanno alla base di questa spinta a telefonare?

 

R. – E’ difficile generalizzarli. Ci sforziamo sempre di non identificare i problemi delle persone, ma di accettare e ascoltare lo sfogo di ogni singola persona. Però, se vogliamo indicare denominatori comuni possiamo dire solitudine, certi tipi di malattie come la depressione, difficoltà di comunicare, difficoltà, in un mondo come quello di oggi, di essere accettati, ascoltati per quello che si è, fuori di tanti cliché. Questo spinge a cercare  l’interlocutore anonimo e l’interlocutore che per definizione  - chiamandosi Telefono Amico – si propone come un uomo che ascolta un altro uomo.

 

D. – Cosa pensate di offrire con la voce del Telefono Amico?

 

R. – Noi pensiamo di offrirci come un compagno di strada, un amico momentaneo. La funzione dell’amico è quella non solo di ascoltarti, di darti una pacca sulla spalla, ma di farti da specchio. Di fronte alle persone che ci manifestano dei problemi, noi non interveniamo con caselle di risposte. Se ci fanno delle richieste di soluzione noi cerchiamo di proporne tante di soluzioni, di discuterle tutte. Se io ad una persona do la mia soluzione, questa persona non la segue. Se ne discutiamo insieme, forse trova anche le sue soluzioni.

 

D. – Dunque, l’ascolto sembra essere una parola magica per chi è in solitudine?

 

R. – Lo è non solo per chi è in solitudine. Credo che l’ascolto sia una parola magica per qualsiasi uomo. Chiunque di noi, quando ha avuto un problema, dal più banale al più arrovellante e ha cercato un amico in realtà ha continuato a ripetere all’amico magari le stesse cose, ma aveva voglia dell’amico non dell’esperto.

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UN’ISTITUZIONE UNICA NEL PANORAMA CULTURALE

E SCIENTIFICO MONDIALE:  L’ACCADEMIA DEI LINCEI

FESTEGGIA I SUOI QUATTROCENTO ANNI DALLA NASCITA

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

 

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(musica)

 

Da quattro secoli al servizio dell’uomo attraverso la diffusione delle conoscenze scientifiche. L’Accademia nazionale dei Lincei celebra, tra progresso e tradizione, il suo quarto centenario della nascita. Sodalizio pensato e voluto con forza, nel 1603, dal diciottenne Federico Cesi, marchese di Monticelli. Fin dalla sua fondazione, l’Accademia ebbe come simbolo la lince, in ragione della straordinaria capacità visiva del felino. L’istituzione, che lega il suo nome a quello di Galileo Galilei - uno dei suoi primi soci - rappresenta un’esperienza unica nel panorama culturale italiano e mondiale. Ma quale è stata l’idea fondante dell’Accademia e quale il suo contributo innovativo al mondo del sapere? Ascoltiamo il presidente dell’Accademia dei Lincei, il prof. Edoardo Vesentini:

 

R. – La grande idea era probabilmente già nell’aria: è difficile che le idee nascano in un unico cervello a questo mondo. E l’idea era quella che Federico Cesi scrive: ‘Guardare nel gran libro della natura’. In un certo senso, il fatto che poi lui l’abbia usata, questa metafora, guardando con il microscopio che gli aveva dato Galileo, è proprio una realizzazione di questa idea.

 

D. – A quattro secoli dalla nascita, cosa resta oggi nell’attività dell’Accademia dello spirito che ha animato Federico Cesi?

 

R. – Devo dire che questa visione, che in un certo senso poi l’Accademia ha esportato – nei primi 50 soci dell’Accademia c’era un’alta percentuale di soci che venivano da tutte le parti d’Europa – noi la ritroviamo esattamente nel lavoro quotidiano, che segue il mandato di Federico Cesi. Allora era un mandato per i soci lincei, oggi è un mandato al quale adempiono tutte le società scientifiche di questo mondo.

 

D. – Nel Linceografo, il manoscritto dove sono tracciate le finalità del sodalizio si mette l’accento sull’opportunità di diffondere il sapere tra gli uomini in modo pacifico. Che lezione ne possiamo trarre oggi, in un periodo in cui si parla sempre più insistentemente di scontro tra civiltà, di contrapposizione tra le culture?

 

R. – Secondo me, questa è un’altra delle ‘visioni profetiche’ che avevano avuto i fondatori dell’Accademia: ritenere che ci sia un livello in cui tutti gli uomini sono fratelli, sono uguali, tutti gli uomini hanno uguali diritti ed uguali doveri. Diffondere la scienza in questo modo era proprio una visione di fronte alla quale si resta sbalorditi se si pensa che è stata vista con tale chiarezza quattro secoli fa!

 

D. – In un’epoca segnata dalla rapidità della propagazione dei saperi, qual è il ruolo che oggi può svolgere un’istituzione come l’Accademia dei Lincei?

 

R. – E’ un ruolo complesso, perché, in gran parte dei Paesi sviluppati, i vari saperi trovano le loro realizzazioni in società scientifiche specializzate: la società dei fisici, la società dei matematici… Compito di un’istituzione come l’Accademia è ricondurre questi diversi saperi, queste diverse conquiste dell’intelletto umano alle radici culturali, ritrovare la radice culturale comune al lavoro scientifico fatto nei settori più svariati.

 

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LA VITA TORMENTATA DEL CARAVAGGIO TRA OMBRE E LUCI

IN UN LIBRO SUL GENIALE PITTORE SEICENTESCO

- Intervista con l’autore, Giuliano Capecelatro -

 

 

La vita e l’arte di Michelangelo Merisi da Caravaggio narrate in un libro a metà strada tra la biografia romanzata e il saggio storico. Si tratta di “Tutti i miei peccati sono mortali. Vita e amori di Caravaggio”, scritto dal giornalista Giuliano Capecelatro per Il Saggiatore. Il volume, che offre uno spaccato accurato e realistico dell’Italia del tempo, avvicina il lettore al mondo del Caravaggio, l’artista che più di ogni altro ha saputo coniugare nelle sue opere arte ed umanità, stile e realismo. Il servizio è di Maria Di Maggio.

 

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Quella di Michelangelo Merisi da Caravaggio è stata un’esistenza costantemente in bilico tra genio artistico e ansia di rassicurazione, tra rabbia e orgoglio, tra ambizione sfrenata e fede profonda. Un’esistenza al limite e senza limiti che ha avuto come sfondo gli splendori e le contraddizioni della Roma barocca a cavallo tra ‘500 e ‘600. “Tutti i miei peccati sono mortali. Vita e amori di Caravaggio” è il ritratto che Giuliano Capecelatro dedica al pittore ed al suo tempo, un libro-inchiesta che parte da una prospettiva inconsueta, come ci racconta lo stesso autore:

 

R. – Di nuovo, in questo scritto su Caravaggio, c’è il modo in cui è affrontata la figura di Caravaggio e la prospettiva. Io, più che scrivere la biografia, in realtà ho scritto una storia della morte di Caravaggio. Il libro si apre con la scena dell’agguato a Napoli, dove in pratica Caravaggio incomincia a morire e termina ovviamente con quella che è poi la sua morte ufficiale a Porto Ercole, sull’Argentario e quindi tutta la vita è vista nell’ottica della morte che poi, tra l’altro, è un segno molto forte, immanente nella storia e nella vita di Caravaggio, è anche molto presente nelle sue opere, quindi c’è un legame, diciamo, molto forte del pittore con la morte, con l’idea di morte e con le rappresentazioni della morte.

 

D. – Caravaggio condusse una vita tormentata, sempre in bilico tra genio e sregolatezza; eppure il culmine della sua produzione artistica è proprio legata alle opere a soggetto religioso …

 

R. – Innanzitutto perché il 99 per cento dei quadri che ha fatto sono a soggetto religioso, perché questa era la committenza dell’epoca, ma anche perché lui aveva una religiosità fortissima. Lui era un cattolico praticante, ferventissimo, molto ortodosso, tra l’altro, e questa sua fede, questa sua religiosità molto intensa la trasponeva poi nei suoi quadri, tentando anche di rappresentare alcune delle verità di fede e lo ha fatto in più di un occasione.

 

D. – E qual era la spiritualità di Caravaggio?

 

R. – La spiritualità di Caravaggio è quella che si vede nei suoi quadri, ma anche quella che lui ha vissuto fortemente nella sua persona, perché questa sua vita, così dissipata, gli creava indubbiamente dei conflitti interiori notevolissimi, per cui lui si sentiva e si professava un grandissimo peccatore. Infatti, la frase che dà il titolo al libro “Tutti i miei peccati sono mortali” è una frase che lui avrebbe pronunciato un giorno all’uscita di una Chiesa. Lui si sentiva profondamente peccatore, tentava di redimersi, però, per il suo carattere, per i suoi istinti era poi portato invece a trascendere.

 

D. – E in questo senso qual è l’opera più significativa di Caravaggio?

 

R. – E’ il David alla Galleria Borghese, il David con la testa di Golia e, secondo le tradizioni, la testa sarebbe un autoritratto dello stesso Caravaggio. Lì, appunto, c’è il suo riaffermarsi come peccatore, il suo esporsi in pubblico come peccatore con il desiderio di pentimento, di espiazione, che pure è una cosa che lui si è portato dietro per tutta la vita.

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CHIESA E SOCIETA’

3 agosto 2003

 

I SALESIANI CELEBRANO IN INDIA IL GIUBILEO D’ORO DEL LORO ISTITUTO A DAMRA

DEDICATO A SAN GIOVANNI BOSCO

 

DAMRA. = Cinquant’anni di attività dell’Istituto Don Bosco di Damra (Assam). Fondato nel 1953 da don Umberto Colzani, don Willy Schools, don Domenico Curto e don Martino Caligaris, il centro è uno dei più importanti punti di riferimento  per le famiglie della regione ed oggi si ripropone quale polo formativo altamente qualificato per i giovani indiani. La svolta nel 1973, anno in cui il governo di Assam riconobbe la struttura. Le celebrazioni per il giubileo d’oro sono iniziate lo scorso 12 marzo, alla presenza di Archana Varma, deputato della Commissione del Distretto di Goalpara e dell’arcivescovo di Shillong, mons. Dominic Jala. Ha fatto seguito il grande evento del 31 maggio durante il quale hanno preso parte oltre tremila ex allievi. Ci si avvia dunque verso la fine del programma dei festeggiamento, previsto per settembre. “Sin dai primi anni - ha sottolineato il direttore dell’Istituto don Johnson Parackal -  abbiamo voluto formare giovani professionisti in grado di lavorare bene, motivati e determinati ad aiutare i fratelli più bisognosi e meno fortunati di loro”.(D.D/P.O.)

 

 

L’ORGANIZZAZIONE TERRORISTICA DI BIN LADEN, AL QAEDA,

TORNA A MINACCIARE GLI STATI UNITI.

IN UN NASTRO DIFFUSO DALLA TV AL ARABIYA,

IL NUMERO 2 DELLO SCEICCO DEL TERRORE, AL ZAWAHRI MINACCIA:

“LA VERA BATTAGLIA CONTRO GLI USA DEVE ANCORA INIZIARE”

 

LONDRA. = “La vera battaglia contro gli Stati Uniti non è ancora cominciata”. Questa la minaccia, diffusa in una registrazione audio dalla tv di Dubau Al Arabiya,dell'egiziano Ayman al Zawahri il 'numero 2' di Al Qaida, l’organizzazione terroristica di Bin Laden. “L’America dei crociati  la pagherà cara – ha continuato al Zawahri – se non sarà garantita l'incolumità dei  detenuti nella base militare di Guantanamo a Cuba. Noi diciamo  all'America una sola cosa: quello che avete sofferto finora è stata solo una scaramuccia iniziale. La vera battaglia non è ancora cominciata...”.  Un altro messaggio audio di Al Zawahri era stato trasmesso  dalla tv del Qatar Al Jazira il 21 maggio scorso. In esso si esortavano i musulmani a  compiere nuovi attentati contro Usa,  Israele ed altri Paesi occidentali e arabi, emulando i  terroristi responsabili degli Attacchi dell'11 settembre 2001 contro New York e il Pentagono. Attualmente nel carcere di Guantanamo sono tenuti prigionieri oltre 600 persone di una quarantina di paesi. (P.O.)

 

 

 

 

TRAGEDIA A GILGIT, IN PAKISTAN. IN UN’ESPLOSIONE PERDONO LA VITA

ALMENO 45 PERSONE. SI INDAGA SULLE CAUSE DELLA DEFLAGRAZIONE

 

GILGIT. = Almeno 45 persone hanno perso la vita questa mattina nell'esplosione di prodotti la cui  natura non è stata ancora accertata, abbandonati in un  villaggio del nord del Pakistan. Ad annunciarlo è stato la polizia di locale secondo cui l’esplosione è avvenuta dopo che la popolazione della cittadina di Gayal, situata a circa 170 chilometri da Gilgit si è precipitata ad estinguere un incendio sviluppatosi in una casa,  noncurante del fatto che all'interno dell'edificio erano immagazzinati prodotti infiammabili. Secondo le forze dell’ordine il bilancio delle vittime potrebbe aggravarsi. (P.O.)

 

 

DAL 6 AL 9 AGOSTO NEGLI STATI UNITI SI SVOLGE L’ASSEMBLEA DELLE CONFERENZA

DEI SUPERIORI MAGGIORI AMERICANI: ALL’ORDINE DEL GIORNO IL RINNOVAMENTO DELLA VITA CONSACRATA, IL PROBLEMA DEGLI ABUSI SESSUALI

NELLA CHIESA E L’IMPEGNO DI QUEST’ULTIMA DOPO LA GUERRA IN IRAQ

 

WASHINGTON. = Il rinnovamento della vita consacrata, la questione degli abusi sessuali da parte di elementi del clero, la verifica sull’impegno di quest’ultimo anno, soprattutto dopo la guerra in Iraq. Saranno questi i punti principali in agenda all’assemblea della Conferenza dei Superiori Maggiori degli Stati Uniti (Cmsm) che si svolge la settimana prossima a Louisville, in Kentucky. I lavori, che occuperanno le giornate dal 6 al 9 agosto, avranno luogo in parte in assemblea e in parte in gruppi di lavoro. Le relazioni di apertura saranno tenute dal padre Timothy Radcliffe, già maestro generale dell’Ordine dei Predicatori e da fratel Sean Sammon, superiore generale dei Fratelli Maristi delle Scuole, psicologo, autore tra l’altro di un libro sul rinnovamento della vita religiosa. All’assemblea della Cmsm seguirà a fine agosto quella della Conferenza delle Superiore Maggiori (Lcwr) che riunisce 1100 superiore generali in rappresentan-za di 76mila consacrate negli Stati Uniti.  Essa si svolgerà dal 21 al 25 agosto, a Detroit, in Michigan, e dovrà tra l’altro rinnovare le cariche di vice-presidente e di segretaria generale. (P.O./L.Z.)

 

 

ISTITUITI IN TUTTE LE DIOCESI DELL’INDONESIA OSSERVATORI INCARICATI

DI VERIFICARE CHE LE SCUOLE CATTOLICHE CONTINUINO AD ACCETTARE STUDENTI

DI ALTRE RELIGIONI SENZA RINUNCIARE AL PROPRIO CARATTERE CATTOLICA.

L’INIZIATIVA E’ DELLA CONFERENZA EPISCOPALE INDONESIANA

 

GIAKARTA. =  Le scuole cattoliche in Indonesia continueranno ad accettare studenti di altre religioni come facevano prima dell’entrata in vigore della controversa riforma scolastica approvata l’11 giugno scorso, senza rinunciare al proprio carattere cattolico. Lo hanno stabilito la Commissione per l’educazione della Conferenza episcopale indonesiana e il Consiglio nazionale per l’educazione cattolica che hanno istituito osservatori in tutte le diocesi per monitorare l’applicazione della nuova legge. Il provvedimento, non è stato bene accolto dalla comunità cristiana in Indonesia che teme per l’autonomia e la specificità delle scuole confessionali. A suscitare le maggiori perplessità è, in particolare, l’articolo 13 relativo all’insegnamento della religione che prevede che tutti gli istituti, compresi quelli confessionali, debbano garantire la formazione religiosa anche agli alunni che professano altre fedi. Questo attraverso l’assunzione di docenti di altre religioni, un’imposizione giudicata inaccettabile dalle scuole confessionali cristiane. Una circolare della Commissione episcopale per l’educazione cattolica precisa che: “I diritti (degli studenti) devono essere intesi come la loro possibilità di scegliere”, ma che questi non possono tradursi in obblighi per gli istituti scolastici cui deve essere garantita la libertà di insegnamento. La circolare ricorda, in proposito, come la nuova legge riconosca il diritto di gestire gli istituti educativi “in sintonia con il proprio carattere religioso, sociale, ambientale e culturale”. La direttiva stabilisce quindi che le scuole cattoliche debbano continuare ad accettare studenti di altre confessioni secondo le condizioni fissate dalla precedente legislazione. (L. Z./P.O.)

 

 

UN SOGNO CHE DIVIENE REALTA’. A MILANO DA UN’IDEA

DEL CARDINALE MARTINI COME CONGEDO DALLA SUA CITTA’,

NASCE LA FONDAZIONE “CASA DELLA CARITA’.

UN VALIDO SOSTEGNO PER I PIU’ BISOGNOSI

 

MILANO. = “Un punto di riferimento per coloro che si trovano nel disagio” così don Virginio Colmegna, direttore della Caritas Ambrosiana, in un’intervista al settimanale cattolico italiano “Famiglia Cristiana”, spiega il significato della Fondazione “Casa della Carità Angelo Abriani” di Milano. Nato a Milano, da un’idea del cardinale Martini e con il sostegno del Comune di Milano e dell’Istituto Unicredit, il progetto prende il via dal desiderio dell’arcivescovo di lasciare, al momento del suo congedo dalla città, un luogo dove ci si prendesse cura dei più bisognosi; il sogno diventa realtà nel maggio 2002 grazie al lascito dell’ingegnere Angelo Abriani. La Fondazione, che sorgerà a Crescenzago in una vecchia palazzina concessa dal Comune, sarà un valido aiuto per i più poveri provvedendo ad offrire loro  cibo, vestiti e un letto per dormire. Ma non solo: “il nostro intento – prosegue don Colmegna -  è di aiutare l’emarginato a reinserirsi nel tessuto sociale, a ricostruire una rete di rapporti che gli permetta di trovare uno spazio in cui vivere e lavorare». Sarà una vecchia palazzina concessa dal Comune ad ospitare la Fondazione: resterà aperta per l’ospitalità notturna ed avrà disponibilità per l’accoglienza di emergenza e per interventi più lunghi. L’edificio ospiterà un centro diurno per i senza dimora, la redazione della rivista di strada Scarp de tennis, l’ambulatorio medico, e una piccola comunità per persone con disagio psichico. Inoltre si prevede anche la promozione  di attività di formazione di operatori professionali e volontari e la creazione di spazi in cui coltivare il dialogo interreligioso e approfondire i temi del disagio sociale e del vivere metropolitano. Per tutta la cittadinanza sarà l’occasione per vivere un’importante e significativa esperienza di condivisione. (P.O.)

 

 

 

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