RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 214 - Testo della
Trasmissione di sabato 2 agosto 2003
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Grave la crisi umanitaria in Sudan. 13 morti e
migliaia di senza tetto per le inondazioni.
Conclusa
oggi la visita di riconciliazione nel Nord della delegazione dei vescovi
coreani.
Il “Don Bosco House” celebra i cento anni di presenza
salesiana in Austria.
Oggi, nel corso di una cerimonia controllata dai
soldati statunitensi, i figli di Saddam Hussein sono stati sepolti a Tikrit.
Nel Caucaso russo, l’esplosione di una bomba ha
provocato, ieri, la morte di 35 persone.
L’Onu ha finalmente acconsentito all’invio di una
forza di pace in Liberia.
2 agosto 2003
IL CORDOGLIO DEL PAPA PER LA SCOMPARSA DI DON
STEFANO GORZEGNO
IN UN
TELEGRAMMA INVIATO ALL’ARCIVESCOVO DI CAMPOBASSO,
MONS.
ARMANDO DINI.
PROFONDA
COMMOZIONE AI FUNERALI DEL SACERDOTE MORTO
DOPO AVER
SALVATO ALCUNI RAGAZZI DELLA SUA PARROCCHIA DALL’ANNEGAMENTO
- A
cura di Massimo Donaddio -
Giovanni
Paolo II ha fatto giungere un telegramma di cordoglio, a firma del cardinale
segretario di Stato, Angelo Sodano, all’arcivescovo di Cambobasso, mons.
Armando Dini per la scomparsa del sacerdote don Stefano Gorzegno, morto mercoledì
mattina dopo avere salvato dall’annegamento diversi ragazzi della sua parrocchia,
nel corso di una gita al mare, a Termoli. Informato della tragica scomparsa di
don Stefano Gorzegno, si legge nel telegramma, il Pontefice esprime “vivo
cordoglio e assicura una sincera partecipazione al grave lutto che ha colpito
la comunità parrocchiale dei Santi Erasmo e Martino di Bojano”. Il Santo Padre,
prosegue il telegramma, ricorda “con animo grato la generosità e il coraggio
dello zelante sacerdote” ed “innalza fervide preghiere di suffragio per la sua
anima eletta”, inviando di cuore ai familiari e agli amici del compianto don
Stefano la “confortatrice benedizione apostolica estendendola con particolare
affetto ai ragazzi e alle famiglie scampati alla luttuosa sciagura”.
Sono
stati davvero tanti gli abitanti di Bojano, in Molise, che non hanno voluto
mancare all’ultimo saluto a don Stefano Gorzegno, l’eroico sacerdote di 44
anni, sacrificatosi per salvare i suoi ragazzi che rischiavano di annegare.
Migliaia di persone hanno partecipato ieri alla cerimonia funebre nella
cattedrale romanica di Bojano per rendere omaggio ad un prete divenuto un
simbolo di generosità e di abnegazione. “Don Stefano prete eroe – recitava lo
striscione messo in testa al corteo che ha accompagnato la salma nella cattedrale
– a noi resta il compito di mantenere vivo il tuo ricordo”. Lunghi applausi e
scene di commozione hanno costellato tutta la durata della Messa, celebrata
dall’arcivescovo di Campobasso, mons. Armando Dini, insieme a decine di parroci
di tutta la diocesi.
Con la
bara cosparsa di petali e sorretta dai parrocchiani, il corteo è passato
davanti al municipio con le bandiere a mezz’asta. Ieri è stata giornata di lutto
nell’intero Molise. “Don Stefano ha seguito la via di Gesù. Il buon pastore – ha detto nell'omelia
l’arcivescovo – dà la vita per le pecorelle e don Stefano ha fatto così. Ha amato i suoi fratelli fino a
regalare la sua vita per loro”. Mons. Dini
ha inoltre sottolineato, riferendosi anche a quanto accertato dalla capitaneria
di porto di Termoli, che le onde e la corrente che stavano per fare annegare i
ragazzi di Bojano erano un evento imprevedibile. “In quell'evento - ha aggiunto - don Stefano ha fatto di tutto, riuscendoci, per salvare la vita di tutti i
suoi ragazzi. La tensione terribile per la paura che qualcuno di loro potesse
morire e lo sforzo enorme per portarli a riva ad uno ad uno sono stati la causa
del suo infarto. Il suo cuore ha cessato di battere subito dopo essersi
assicurato che tutti fossero salvi”.
In fondo alla chiesa, dietro all’altare, i
giovani del coro, che mercoledì erano a Termoli con il sacerdote, hanno animato
tutta la cerimonia con la musica e i canti. La salma è stata poi portata presso
il cimitero del paese, ma sarà successivamente trasferita a Verona, città
natale di don Stefano, per volontà dei genitori, che hanno partecipato al funerale
raccolti in una composta sofferenza.
NOMINATI
DAL PAPA IL NUOVO ARCIVESCOVO DI FOGGIA
E IL
NUOVO SEGRETARIO DELLA CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO.
ALTRE
NOMINE VESCOVILI IN ITALIA, POLONIA E MONGOLIA
- A
cura di Paolo Salvo -
Il Papa
ha provveduto ad una importante provvista di Chiesa in Italia, nominando arcivescovo
metropolita di Foggia-Bovino il presule
benedettino mons. Francesco Pio Tamburrino, finora segretario della
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
Mons. Tamburrino, che ha 64 anni, subentra come
arcivescovo di Foggia-Bovino a mons. Domenico Umberto D’Ambrosio, nominato l’8
marzo scorso arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo al posto di
mons. Vincenzo D’Addario, chiamato a sua volta dal Papa alla guida della
diocesi di Teramo nell’agosto del 2002.
Entrato giovanissimo nell’Ordine dei Benedettini
Confederati, il nuovo arcivescovo di Foggia-Bovino, mons. Francesco Pio
Tamburrino, è stato abate ordinario di Montevergine e delegato pontificio per
la Badia greca di Grottaferrata, oltre che professore nella Facoltà Teologica
di Sant’Anselmo in Roma. In seno alla Conferenza episcopale italiana, è stato
segretario della Commissione per la Liturgia. Inoltre dal 1997, mons.
Tamburrino ha seguito come rappresentante della Santa Sede il dialogo ufficiale
tra i vescovi greco cattolici ed i vescovi ortodossi di Romania. Eletto vescovo di Teggiano-Policastro, in
Campania, nel febbraio 1998, mons. Tamburrino ha ricevuto la consacrazione
episcopale il 25 marzo dello stesso anno.
Come nuovo segretario della Congregazione per il Culto
Divino e la Disciplina dei Sacramenti, al posto di mons. Tamburrino, il Santo
Padre ha nominato l’arcivescovo Domenico Sorrentino, prelato di Pompei e
delegato pontificio per il Santuario della Beata Maria Vergine del Santo
Rosario. Il Papa ha pure affidato allo stesso mons. Sorrentino l’incarico di
continuare, per ora, nel governo pastorale della prelatura di Pompei in qualità
di amministratore apostolico, come anche nell’ufficio di delegato pontificio
per il medesimo Santuario mariano.
Sempre in Italia, Giovanni Paolo II ha accettato la
rinuncia al governo pastorale della diocesi di Caltanissetta, presentata dal
vescovo mons. Alfredo Maria Garsia, per raggiunti limiti di età. Il presule ha
infatti compiuto 75 anni lo scorso 14 gennaio. Il Papa ha quindi nominato
vescovo di Caltanissetta il prelato 46enne mons. Mario Russotto, del clero
diocesano di Ragusa, attuale direttore del Centro regionale per la formazione
permanente del clero in Sicilia, “Madre del Buon Pastore”, e segretario
aggiunto della Conferenza episcopale siciliana.
In Polonia, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di
Elblag, presentata dal vescovo mons. Andrzej Jòzef Sliwinski, di 64 anni, in
conformità alla norma canonica relativa ad “infermità o altra grave causa”. Il
Santo Padre ha quindi nominato vescovo di Elblag il presule mons. Jan Styrna,
finora ausiliare della diocesi di
Tarnòw.
In Mongolia, il Papa ha elevato alla dignità episcopale il
sacerdote padre Wenceslao Padilla, dei Missionari di Scheut, primo prefetto
apostolico di Ulaanbaatar, da quando ha ricevuto questa nomina, il 30 aprile
2002.
TRA I GHIACCI ANTARTICI UNA MONTAGNA
DEDICATA A GIOVANNI PAOLO II,
IN OMAGGIO AL SUO APOSTOLATO CHE HA RAGGIUNTO I CONFINI DEL MONDO.
STAMANE LA PARTENZA DA COURMAYEUR, IN VAL D’AOSTA, DI UNA SPEDIZIONE
CHE PORTERA’ SUL MONTE BIANCO ‘LA CROCE DEI POLI’, BENEDETTA DAL PAPA
- A cura di Roberta Gisotti ed Eliana Astorri -
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“Mons Ioannis Pauli II” :
il nome della vetta intitolata al Papa, in omaggio al suo 25 mo anno di
pontificato. Al confine sud del mondo, alta 1110 metri, si trova in Antartide.
L’annuncio ufficiale ieri a Courmayeur, da dove stamane è partita la spedizione,
organizzata dall’Opera Romana Pellegrinaggi, verso un'altra
cima, la più alta d’Europa, il Monte Bianco.
Tutto è cominciato - ha
ricordato mons. Liberio Andreatta, amministratore delegato dell’Opera - dalle parole rivolte dal Santo Padre in
chiusura del Giubileo: ‘Andate e annunciate il Cristo fino agli estremi confini
della Terra’. Un invito profetico raccolto da mons. Andreatta e dal generale
degli Alpini di Aosta, Antonio Rizzi, che hanno ideato il progetto “La Croce
dei Poli sul Monte Bianco”. E così nella Pasqua del 2001 hanno portato la Croce
benedetta dal Papa al Polo Nord e nella Pasqua del 2003 l’hanno portata al Polo
Sud ed ora ultima meta il Monte Bianco.
La spedizione è partita
quest’oggi di buon mattino: una quindicina gli alpinisti e le guide che si
cimentano nell’impresa resa difficoltosa a causa dei numerosi crepacci apertisi
per il gran caldo in questa torrida estate. Prima tappa prevista in serata il
Rifugio Gonella, quindi domani o lunedì - secondo le condizioni ambientali - la
ripresa del cammino, tutto a piedi, verso il ‘Tetto d’Europa’, dove sarà
deposta la Croce e celebrata la Santa Messa. “Un gesto simbolico dell’unità
dell’Europa attorno alle sue radici cristiane”, ha commentato mons. Liberio Andreatta, intervistato prima della partenza da Eliana Astorri, nel nostro programma
“One-o-five live”:
R. – Noi vogliamo
rispondere ad un impegno preciso che il Santo Padre ha consegnato a tutti i
cristiani di questo Vecchio continente: riscoprire le nostre
radici ricordando anche le parole del grande Goethe il quale, pur essendo laico,
affermava e riconosceva che l’Europa è nata in pellegrinaggio e la sua lingua
materna è il Cristianesimo. Equivale a dire che il percorso dei Romei, dei pellegrini lungo le strade, i
sentieri dell’Europa ha fatto nascere quella ricchezza stupenda, meravigliosa
che è il bene culturale. Sappiamo che il 94 per cento dei beni culturali
dell’Europa sono religiosi: le cattedrali, i monasteri, i conventi, i santuari
… In questa ispirazione poi è nato tutto quel dialogo, quell’incontro, quel
rispetto e quella capacità di costruire questa grande Europa e noi non lo
possiamo e non lo dobbiamo dimenticare.
D. – Quindi un gesto per
invitare tutti i popoli a trovare la concordia e rispettare le proprie
diversità?
R. – Questa è la cosa più bella:
rispettare le proprie diversità. Questa è la grande ricchezza del
Cristianesimo: di rendere uno il diverso. E questa è l’espressione più bella
della Trinità. Queste tre Persone diverse rese una dall’amore infinito nel reciproco
rapporto. Questo è l’emblema, questa è l’icona che vogliamo consegnare dal
Monte Bianco a tutti i popoli, a tutte le culture, a tutte le razze, a tutte le
religioni di questo continente, affinché nella diversità scoprano
quell’unico, infinito, grande Creatore che è il Signore del Cielo e della Terra.
D. – Ci vuole parlare della Messa del 6 agosto e della
cerimonia di intitolazione di una vetta da parte delle autorità locali a chi,
mons. Andreatta?
R. – Innanzitutto voglio
ricordare che domenica celebreremo la messa sul rifugio Gonella per tutti gli
alpinisti presenti, mentre lunedì o martedì – dipende quando riusciremo ad
arrivare sul Monte Bianco - celebreremo
la Messa sul Monte Bianco, depositeremo la Croce, poi scenderemo perché il
giorno 6, con il vescovo Giuseppe
Anfossi e tutte le autorità della
Valle d’Aosta e di Courmayeur saliremo sul Monte Chetif, che è il monte di
fronte al Monte Bianco, dove il Santo Padre ha recitato l’Angelus in
diretta televisiva e lì, proprio da
questo altare naturale, di fronte al Monte Bianco, noi col vescovo celebreremo la Messa e la comunità locale
dedicherà quel monte ai Papi, cioè a quei due grandi Pontefici che in questo
territorio hanno saputo amare ed
hanno saputo anche vivere con intensità il mistero della montagna. Uno è il
grande alpinista, Achille Ratti, divenuto poi Pio XI, l’altro è l’attuale Pontefice,
Giovanni Paolo II, che su queste montagne ha passato diversi giorni del suo
riposo estivo. Quindi da ora in poi questo monte si chiamerà Monte dei Papi, dedicato a
Pio XI e a Giovanni Paolo II, in occasione del suo 25.mo anno di
pontificato.
D. – Mons. Andreatta,
dove viene custodita la Croce tra un gesto profetico e l’altro, questa Croce
itinerante?
R. – Riporteremo giù la Croce
dal Monte Chetif. Come al Polo Nord non l’abbiamo lasciata in mezzo ai
ghiacciai ma l’abbiamo portata nel Museo Artico e Antartico di San Pietroburgo,
e quella del Polo Sud l’abbiamo portata sulla punta del Cile, a Punta Arenas
nel Museo antartico dei Padri Salesiani, così questa Croce la porteremo giù a
Courmayeur e sarà custodita nel Museo
delle guide di Courmayeur, quelle guide che 100 anni fa hanno accompagnato il
Duca degli Abruzzi in quella grande spedizione al Polo Nord, quelle stesse
guide che hanno accompagnato più volte Achille Ratti, e sono state anche gli
angeli custodi di Giovanni Paolo II durante i suoi giorni di permanenza nella
Valle D’Aosta.
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Apre la prima pagina la notizia
di un’altra strage in Ossezia del Nord, in Russia: camion bomba contro un
ospedale. Estratti dalle macerie 37 cadaveri.
Nelle vaticane, l’Azione
Cattolica ribadisce il rifiuto a qualsiasi riconoscimento legale delle unioni
omosessuali.
Un articolo dell'arcivescovo
Cosmo Francesco Ruppi sulla testimonianza di San Giovanni Maria Vianney: il 4
agosto si celebra la sua memoria liturgica.
Un articolo sull’incontro
dell’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, con i missionari
ambrosiani.
Nelle pagine estere, Liberia:
avallo dell’Onu alla missione internazionale.
In Iraq, un nuovo attacco ad un
convoglio Usa provoca la morte di un soldato ed il ferimento di altri tre.
Nella pagina culturale, un
approfondito contributo di Angelo Marchesi su un recente saggio dedicato
all’itinerario speculativo del filosofo francese, Paul Ricoeur.
Nelle pagine italiane, in primo
piano l’indultino: “è finalmente legge; scongiurato l’ennesimo rinvio”.
Concluso alla Camera un tormentato iter parlamentare durato mesi.
I funerali di don Stefano; il
commosso saluto di Boiano al suo parroco.
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2 agosto 2003
MIGRAZIONI E MASS MEDIA E LA SVOLTA EPOCALE
DEL CONTINENTE EUROPEO
NELLE
ULTIME BATTUTE AL VI MEETING INTERNAZIONALE DI LORETO SULLE MIGRAZIONI, PROMOSSO
DAI PADRI SCALABRINIANI
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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Dalla Tv alla Radio, passando per il Web e le agenzie di
stampa: il variegato mondo dei mass media e il loro rapporto col fenomeno
migratorio è stato il protagonista ieri pomeriggio al Meeting di Loreto. Ogni
relatore ha lanciato le proprie provocazioni, ma anche espresso proposte, idee,
nonché disappunto per la maniera in cui l’immigrazione viene tratta dai
maggiori organi d’informazione.
Dopo un vivace dibattito animato dai preseti in sala,
molti dei quali immigrati residenti in Italia, la serata si è conclusa con la
cerimonia del Premio Meeting che tutti gli anni i Missionari Scalabriniani
assegnano a chi si è distinto nell’attività di integrazione tra i popoli. E’
stato premiato Padre Giulio Albanese, direttore dell’Agenzia Misna.
In una tavola rotonda a livello europeo si è parlato
questa mattina della svolta epocale di fronte alla quale si trova l’Europa, con
peculiare attenzione ai fenomeni migratori che andranno accentuandosi e al
mercato del lavoro: il nostro continente sta vivendo un fin troppo evidente
declino economico e demografico e il nostro mercato del lavora necessita di
nuove forze.
Questa sera la Piazza del Santuario di Loreto sarà animata
dal concerto di Ron, con una musica intensa, profonda, che stimola la mente ed
accarezza il cuore. L’artista lombardo presenterà il meglio del suo repertorio
in un’esibizione molto attesa a cui tutti potranno partecipare gratuitamente,
contribuendo con un’offerta libera alla promozione del progetto Cape Town,
un’interessante iniziativa portata avanti dai Missionari e Laici Scalabriniani.
Lo scopo è di creare opportunità di lavoro in loco, per favorire lo sviluppo
dell’auto-imprenditorialità e delle attività sociali in una Paese come il
Sudafrica, martoriato da piaghe dolorose come l’apartheid e l’Aids. Domattina
la concelebrazione eucaristica conclusiva nel santuario della Santa Casa.
Da Loreto, Giovanni Peduto, Radio Vaticana
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GLI HEZBOLLAH TORNANO A COLPIRE IN LIBANO:
NUOVA
MINACCIA ALLA PACE IN MEDIO ORIENTE
-
Intervista con Staffan de Mistura -
Nuovi ostacoli sul percorso di pace in Medio
Oriente. Mentre nei Territori la tregua sembra reggere, non senza fatica, dal
Libano giunge la notizia di un attentato. Un’autobomba è esplosa questa mattina
nella periferia sud di Beirut, in un quartiere controllato dagli Hezbollah.
Nell’esplosione è morto un autista dell’ambasciata iraniana, che il movimento
sciita libanese ha svelato essere un proprio attivista. Il tutto, mentre il
Paese sembrava attraversare un periodo relativamente tranquillo, come ci
conferma il rappresentante delle Nazioni Unite in Libano, Staffan de Mistura,
intervistato da Andrea Sarubbi:
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R. – È un momento particolarmente tranquillo in termini di
politica internazionale, perché sono sei mesi che non si verificano incidenti
lungo la frontiera libanese. Eccetto, naturalmente, i sorvoli israeliani e le
risposte della contraerea degli Hezbollah, che hanno provocato feriti. Ma a
parte questo elemento, che continua a preoccuparci, il resto era stato – fino
ad oggi – francamente molto calmo. Questa calma è dovuta anche alle conseguenze
della guerra con l’Iraq e di una certa atmosfera che stiamo sentendo in Medio Oriente:
tutti stanno più attenti di prima a non avere riverberi regionali di quanto
avvenuto in Iraq.
D. – L’attentato di oggi dimostra che gli Hezbollah
libanesi non sono particolarmente sensibili alla tregua firmata nei Territori
da Hamas e dalla Jihad islamica ...
R. – Gli Hezbollah lo hanno annunciato anche recentemente,
tramite un discorso del loro segretario generale, Nasrallah: quello che fanno
Hamas e Jihad è un fatto interno palestinese, che non li riguarda. Credo che
vogliano prendere le distanze da quello che avviene in Palestina e ritenersi
soltanto responsabili di quello che avviene lungo la frontiera israelo-libano-siriana.
D. – A Beirut è arrivato l’inviato europeo, il belga Marc
Otte, per chiedere al governo un impegno forte nel piano di pace in Medio
Oriente. Quale ruolo può giocare il Libano nell’attuazione della road map?
R. – Il Libano può giocare un ruolo – e lo sta facendo
già, ma deve farlo ancora di più – piuttosto importante, perché la road map
non si limita ai territori occupati, ma va ben oltre. Ad esempio, c’è il
contenzioso che riguarda il Golan, ossia la questione della frontiera
israelo-libanese, che dovrebbe essere risolto in termini definitivi: al momento
abbiamo solo una cosiddetta linea blu dell’armistizio. In poche parole,
la road map mira ad una vera e propria di una pace regionale, ed il
Libano in questo può contribuire.
D. – Lei ha parlato di linea blu, e proprio in
questi giorni l’Onu ha prorogato fino a gennaio 2004 la missione del
contingente in Libano che si trova al confine. Quali sono i risultati che ha
raccolto finora?
R. – Sono 27 anni che la forza di pace è lì, e francamente
sta facendo un ottimo lavoro, perché non si vede spesso quello che – per
fortuna – non avviene. Diciamo così: la forza di pace è una maniera per
impedire che incidenti locali diventino incidenti regionali, e questo è già
molto, in una zona dove i nervi sono spesso a fior di pelle.
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DEVASTANTI INONDAZIONI IN SUDAN PROVOCANO LA MORTE
DI 13 PERSONE.
MIGLIAIA
I SENZA TETTO, MENTRE LA CRISI UMANITARIA SI AGGRAVA DI ORA IN ORA
KHARTOUM.
= Sono almeno tredici le persone rimaste uccise nella città orientale sudanese
di Kassala in seguito alle inondazioni causate dalle violenti piogge che, già
da alcuni giorni, affliggono l’est del Sudan. Lo riferiscono fonti locali,
citate dall’agenzia Misna, precisando che la situazione nella città si
aggrava di ora in ora. Le alluvioni hanno già distrutto l’80 per cento delle
abitazioni di Kassala, dove vive quasi mezzo milione di persone. In seguito
alle esondazioni del fiume Gash ampie zone della città sono rimaste isolate,
senza acqua, elettricità e con poche riserve di cibo. Ieri, il presidente
sudanese Omar Al Bashir ha indetto una riunione urgente del governo per
discutere della crisi causata dal mal tempo, che sta provocando danni in molte
aree del Paese. Il giornale Al-Adwaa informa che l’autostrada, tra Khartoum e
Port Sudan, (il principale porto del Paese africano) è rimasta bloccata per ore
a causa delle violentissime piogge. Alluvioni si sono verificate anche negli
Stati di Sennar e Gedaref. Nel 1998, decine di persone sono morte a causa
dell’esondazione del Nilo. In quella tragedia, oltre due milioni di sudanesi
rimasero senza casa. (A.G.)
AD HAITI, QUASI 4 MILIONI DI PERSONE SOFFRONO LA FAME: E’
QUANTO DENUNCIA
LA FAO, CHE, IN UN APPELLO ALLA COMUNITA’
INTERNAZIONALE, CHIEDE 6 MILIONI
DI DOLLARI PER AIUTARE LA POPOLAZIONE STREMATA
DEL PAESE CARAIBICO
ROMA. = Oltre tre milioni e
ottocentomila persone soffrono la fame ad Haiti, il Paese più povero
dell'America latina e dei Caraibi: è quanto denunciato, in questi giorni, dalla
Fao, l’Organizzazione dell’Onu per l’alimentazione e l’agricoltura con sede a
Roma. “Le condizioni degli abitanti di Haiti stanno peggiorando sensibilmente e
la maggioranza di loro vive nelle zone rurali del Paese”, ha dichiarato in una
nota Anne M. Bauer, direttore delle Operazioni di emergenza della Fao. “Gli
haitiani sono spesso costretti a vivere alla giornata - ha proseguito - e la
situazione rischia di peggiorare sempre di più. La loro si può definire una
‘crisi silenziosa’, perché nessuno ne parla”. La Fao sottolinea come tensioni
sociali e politiche contribuiscano a favorire un circolo vizioso nell’assetto
economico, sociale e ambientale. D’altro canto, le condizioni di povertà degli
haitiani sono ulteriormente aggravate dalla mancanza di acqua potabile e
servizi sanitari. Per far fronte all’emergenza, la Fao ha lanciato un appello
alla comunità internazionale per la raccolta di 6 milioni di dollari. Cifra,
questa, necessaria per fornire beni di prima necessità alla popolazione
stremata. Intanto, la Fao ha annunciato che consegnerà 180 tonnellate di semi a
circa 60 mila persone affinché possano adeguatamente prepararsi alla ormai prossima stagione della semina. (A.G.)
PROMOZIONE DELLA PACE E DELLA COOPERAZIONE FRA LE DUE
COREE.
SI CONCLUDE OGGI LA VISITA NEL NORD DELLA COMMISSIONE
PER LA RICONCILIAZIONE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE COREANA
SEOUL. = Si conclude oggi la visita in
Corea del Nord di una delegazione della Commissione per la riconciliazione
della Conferenza episcopale coreana, guidata da mons. Lucas Kim Un-hoe,
ausiliare di Seoul. La delegazione è composta da rappresentanti di tutte le
diocesi della Corea del Sud impegnate in attività di cooperazione con aree del
Nord, dove l’emergenza alimentare è ancora grave. Durante la visita, iniziata
il 27 luglio, i delegati hanno avuto colloqui con funzionari locali e hanno
incontrato Samuel Jang Jae-on, presidente dell’Associazione dei cattolici della
Nord Corea. Hanno anche visitato campi e strutture dove sono stati
distribuititi alcuni aiuti. Un’atra occasione per ribadire la necessità del
dialogo e della pace è stata la ricorrenza del 50.mo anniversario della fine
della guerra di Corea. Un comunicato congiunto delle commissioni di Giustizia e
Pace delle 13 diocesi coreane ha chiesto ai due governi di trasformare
l’armistizio in un vero e proprio trattato di pace. “Tutti vogliono la pace –
afferma il documento – e la Chiesa, esperta di umanità, ha il compito specifico
di promuovere la pace e impegnarsi per far tornare la reciproca fiducia e
riconciliazione nella penisola coreana”. L’opera della Chiesa sud-coreana mira
a sensibilizzare soprattutto i giovani sull’importanza della riconciliazione
delle due Coree. (M.D.)
LA
CINA ESPONE OGGETTI E DOCUMENTI APPARTENUTI AL GRANDE
MISSIONARIO GESUITA MATTEO RICCI.
È LA
PRIMA VOLTA DALLA RIVOLUZIONE MAOISTA DEL 1949
SHANGAI.
= Mentre a Macerata è in corso una mostra dedicata a padre Matteo Ricci
(Macerata 1552 – Pechino 1610), anche la città di Shangai espone i cimeli che
riguardano la permanenza del grande missionario gesuita in Cina. Vi sono, fra
gli altri pezzi pregiati, gli originali di testi e documenti scritti da Ricci
risalenti al XVI sec., antichi testi che il missionario aveva portato con sé in
Cina, grafiche, ritratti e oggetti di epoca Ming. La sede dell’esposizione è la
Biblioteca di Shanghai sita nello Xujiahui, uno dei distretti commerciali della
città, in un edificio che è parte di un complesso di scuole, chiese,
orfanotrofi, costruito dai padri gesuiti nel sex XIX. Quando i missionari
furono espulsi dalla Cina dopo la rivoluzione maoista, i gesuiti portarono con
loro alcuni oggetti di Ricci, ma furono costretti a lasciarne molti
nell’edificio, che venne confiscati dallo stato. Ora proprio questi oggetti
sono i principali pezzi in esposizione. Di notevole pregio sono i dizionari in
francese-latino-cinese, latino-cinese e portoghese-cinese, pubblicati fra i
sec. XVIII e XIX dagli studiosi gesuiti. Una sezione della mostra riguarda
anche una serie di fotografie del sec. XIX che testimoniano la crescita della
Compagnia di Gesù in Cina nella seconda metà dell’800, fino alla costruzione
della Cattedrale di Sant’Ignazio edificata fra il 1896 e il 1910, che ha la
capienza di 2.500 persone e resta la più grande chiesa della Cina. Inaugurata
il 27 luglio, l’esposizione rimarrà aperta per due settimane. La mostra sta
riscuotendo un notevole interesse di pubblico, fra studiosi e fedeli cristiani
ma anche fra intellettuali e ricercatori cinesi, che riconoscono al missionario
gesuita il ruolo di ponte fra la cultura occidentale e orientale. Matteo Ricci
fu infatti il primo europeo che introdusse in Cina la filosofia, la scienza, la
teologia e l’arte occidentale, e il primo ad imparare a parlare e scrivere alla
perfezione la lingua cinese. (M.D.)
DAL 17 AL 24 AGOSTO, IL DON BOSCO HOUSE DI
VIENNA
CELEBRA
I CENTO ANNI DI PRESENZA SALESIANA IN AUSTRIA
CON IL
DECIMO INCONTRO INTERNAZIONALE DELLA GIOVENTU’
VIENNA. = Per celebrare i 100 anni di presenza salesiana e
i 75 delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Austria, il Don Bosco House
di Vienna organizza dal 17 al 24 agosto prossimi il Decimo incontro
internazionale della gioventù - denominato Eurotreff - che avrà
come slogan “Evviva Don Bosco: amicizia - allegria - sincerità”.
All’evento, è prevista la partecipazione di più di 150 giovani da diversi Paesi
europei tra cui Belgio, Germania, Malta, Italia, Austria e Repubblica Ceca. Ad
accoglierli ci sarà un gruppo di 30 ragazzi austriaci motivati per l’occasione.
L’iniziativa si colloca nelle manifestazioni, che i salesiani dell’Austria
hanno programmato per quest’anno giubilare, allo scopo di far conoscere ai loro
connazionali la figura di Don Bosco e il suo spirito. Maggiori informazioni
sull’evento sono presenti sul sito: www.eurotreff.at (L.Z-A.G.)
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- A cura di Amedeo Lomonaco -
In
Iraq, i sanguinosi attacchi contro le truppe americane continuano, purtroppo, a
macchiare le drammatiche notizie provenienti dal Paese arabo. Un soldato
americano è stato ucciso ed altri tre sono rimasti feriti ieri sera quando il
loro convoglio è finito sotto il fuoco nemico a Sud di Shumayat, tra Balad e
Tikrit. Oggi, intanto, i corpi dei figli di Saddam Hussein, Uday e Qusay,
uccisi la settimana scorsa dai militari
statunitensi, sono stati sepolti a Tikrit. La figlia dell’ex raisse,
Raghad, che non ha alcuna intenzione di chiedere indietro le salme dei suoi
fratelli, ha dichiarato alla televisione araba, Al Arabya, che il crollo del
regime è il risultato di un atto di tradimento. “E’ stato chiaro – ha detto -
che la gente di cui mio padre si era fidato ciecamente, coloro che erano la sua
mano destra, sono stati i principali traditori”.
Nel drammatico capitolo relativo
agli attentati dell’11 settembre appare sempre più delicata la posizione
dell’Arabia Saudita. Le 28 pagine del rapporto del Congresso sui tragici
avvenimenti del 2001, sulle quali è stato posto il segreto,
accrescono infatti i sospetti che vi siano
stati legami tra i dirottatori ed
il governo o i servizi segreti del Paese arabo.
Funzionari statunitensi, che hanno voluto mantenere l’anonimato, hanno rivelato
che nelle sezioni censurate ci sarebbe riportata una rete di connessioni di uomini d’affari
sauditi, membri della famiglia reale e banche che avrebbero aiutato Al Qaeda o
gli attentatori suicidi. L’esecutivo di Riad ha comunque chiesto di rendere pubblico tutto il
rapporto.
Un’ennesima
strage kamikaze ha sconvolto, ieri, il Caucaso russo, dove l’esplosione di un
camion-bomba dinanzi all’ospedale militare di Mozdok, nella Repubblica autonoma
dell’Ossezia del Nord, ha causato, secondo il bilancio non ancora definitivo
della procura di Mosca, 35 morti e 79 feriti. Secondo l’agenzia Interfax,
inoltre, è stato sventato, nelle ultime ore, un altro attentato terroristico
che avrebbe dovuto riguardare la zona di Grozny, in Cecenia. Appaiono dunque drammaticamente in
evidenza, in Russia, gli irrisolti problemi tra il governo di Mosca e le
istanze indipendentiste delle repubbliche caucasiche. Ascoltiamo in proposito
il servizio di Giuseppe D’Amato:
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Con il passare delle ore diventa sempre più evidente la
gravità dell’attentato di ieri sera contro l’ospedale militare di Mashdok,
principale centro arretrato di comando delle forze federali impegnate in
Cecenia. Il bilancio delle vittime è pesantissimo e provvisorio, le squadre di
soccorso stanno ancora scavando con enormi difficoltà tra le macerie
dell’edificio dove al momento dell’esplosione si trovavano 150 persone. Gli
specialisti ritengono che la detonazione sia stata equivalente ad una
tonnellata di tnt. Il presidente separatista Mashkadov ha negato ogni
coinvolgimento. Gli autori dell’attentato apparterrebbero a frange degli
estremisti islamici. Finora, nessuna rivendicazione. Il ministro della difesa
Ivanov è stato inviato a Mashdok da Putin. “Nessuna causa – ha detto Bush
condannando l’attentato – giustifica il terrorismo”.
Per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.
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In
Medio Oriente la costruzione del muro tra lo Stato ebraico e la Cisgiordania
continua a far discutere. Ieri il segretario di Stato americano, Collin Powell,
ha sottolineato come la barriera possa mettere a repentaglio la ‘Road map’.
Questa mattina, intanto, venti palestinesi sono stati arrestati a Ramallah,
all’interno della residenza del presidente dell’Autorità nazionale palestinese,
Yasser Arafat. Quattordici di loro, secondo la radio israeliana, sono membri
delle Brigate dei martiri al Aqsa, che è legata ad al Fatah.
L’itinerario di pace in Medio Oriente è stato minacciato,
purtroppo, da un attentato avvenuto in Libano, alla periferia di Beirut.
Dopo
settimane di incertezza, è finalmente arrivato il sì dell’Onu all’invio di una
forza di pace in Liberia. I caschi blu cercheranno di far rispettare il
cessate-il-fuoco tra le forze governative ed i ribelli che vogliono rovesciare
il presidente Taylor. Un’avanguardia di 1.500 soldati nigeriani della missione
permanente delle Nazioni Unite, in Sierra Leone, arriverà a Monrovia già lunedì
prossimo. Dovrebbero seguire poi almeno altri duemila militari ed entro il
primo ottobre, il contingente multinazionale sarà sostituito da una vera forza
di pace dell’Onu. Il presidente della Liberia, Charles Taylor, è intanto rientrato,
la scorsa notte, nella sua residenza ufficiale a Monrovia dove deve incontrare
una missione ministeriale della Comunità economica degli Stati dell’Africa
occidentale (Ecowas), per discutere del dispiegamento della forza di pace. Ma quale significato assume, a
livello politico, la decisione delle Nazioni Unite di approvare l’invio di una
forza di pace? Giancarlo La Vella lo ha chiesto al direttore della rivista
Nigrizia, padre Carmine Curci:
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R. – Finalmente, qualcosa si muove, grazie non solo ai
governi, ma anche grazie all’opinione pubblica internazionale che si è mossa ed
ha fatto pressione sui governi perché finalmente si potesse fare qualcosa per
questo Paese.
D. – Quali i poteri, che cosa dovrà fare la forza
multinazionale di pace in Liberia?
R. – Non solo aiuti, ma anche ricostruire la vita sociale
di questo popolo.
D. – E dal punto di vista politico, c’è la questione del
presidente Taylor da risolvere ...
R. – Esatto. Quello sarà il passo fondamentale. Adesso,
rivedere quali sono i leader che potrebbero veramente prendere in mano le sorti
di questo Paese: infelicemente, finora non abbiamo ancora visto nessun progetto
politico dei ribelli. Quindi, veramente stiamo a guardare con molta attenzione
come si muoverà nei prossimi giorni.
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Spostiamoci in Italia, dove l’indultino è ora legge. Ieri
l’approvazione definitiva della Camera, non senza contrasti all’interno della
maggioranza: la Lega si è opposta duramente, non prendendo parte alla
votazione, ed Alleanza nazionale si è espressa contro. Decisivo l’apporto
dell’opposizione di Centrosinistra. Il servizio di Giampiero Guadagni:
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L’approvazione definitiva dell’Indultino arriva dopo mesi
di un dibattito politico molto vivace il sui inizio si può far risalire alla
storica visita di Giovanni Paolo II a Montecitorio, lo scorso 14 novembre: un
intervento allora applaudito da tutta l’assemblea, ma poi – sul possibile atto
di clemenza – c’è stata una lacerazione nella maggioranza di centrodestra, con
la dura contrarietà della Lega e quella più morbida di Alleanza Nazionale,
anche al cosiddetto Indultino. Si tratta di un provvedimento che prevede lo
‘sconto’ degli ultimi due anni di pena per i detenuti che abbiano già scontato
metà della condanna. Il provvedimento non si applica a delinquenti abituali e
clandestini, a coloro che hanno commesso reati gravi o che destano allarme
sociale, come quelli legati al terrorismo e all’eversione, alla criminalità
organizzata ma anche alla pedofilia e alle violenze sessuali. Secondo il
ministero della Giustizia, a beneficiare del provvedimento saranno circa 8 mila
detenuti, il 20 per cento della popolazione carceraria.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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Nella scorsa notte una bomba è esplosa in una
concessionaria di automobili a Leioa, nella provincia basca di Biscaglia.
Secondo le fonti spagnole non ci sarebbero morti, ma solo danni materiali. Si
tratta del sesto ordigno che esplode in Biscaglia per mano dell’Eta nell’ultimo
mese e mezzo. La polizia sostiene che gli attentati sarebbero riconducibili
alla "tassa rivoluzionaria", la tangente richiesta dal gruppo armato
separatista per cessare la drammatica sequela di attentati.
Ormai è
ufficiale: la Corea del Nord ha accettato i negoziati multilaterali per
risolvere la crisi nucleare innescata dalla ripresa dei propri programmi di
sviluppo di armi atomiche. Come ha ricordato il portavoce della Casa Bianca,
Scott McClellan, gli Stati Uniti chiederanno all’esecutivo di Pyongyang una
rinuncia al programma nucleare in maniera “totale, verificabile ed
irreversibile”. La Corea del Nord, invece, non demorde dalla richiesta di
ottenere un impegno formale di non aggressione da parte degli Stati Uniti.
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