RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 213 - Testo della
Trasmissione di venerdì 1 agosto 2003
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Nominato dal Papa negli Stati
Uniti il nuovo vescovo di Brooklyn, terra di immigrazione
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Al Meeting pastorale di Loreto sulle
migrazioni, un invito all’azione concreta in favore degli esuli
CHIESA
E SOCIETA’:
Lanciato dall’Onu un nuovo piani di aiuti in Africa
Australe, provata da carestia, povertà e Aids
Terminato in Albania dopo dieci anni il restauro dell’antica
cattedrale di Scutari
Le comunità cattolica ed ebraica di Chicago unite in favore
delle popolazioni arabo-israeliane
Nuovo
messaggio audio attribuito a Saddam Hussein diffuso da Al-Jazeera. Intanto non
si fermano gli attacchi ai militari americani: ancora numerosi feriti a
Fallujah
La
Corea del Nord accetta la proposta americana di prendere parte ai negoziati
multilaterali sulla crisi nucleare
Il
governo thailandese si adopera per la liberazione, in Birmania, del premio
Nobel per la pace Aung San Suu Kyi.
1 agosto 2003
NOMINA
DEL NUOVO VESCOVO DI BROOKLYN ED ALTRE PROVVISTE DI CHIESE
NEGLI
STATI UNITI D’AMERICA
Il Papa
ha provveduto alle nomine vescovili relative a tre diocesi degli Stati Uniti
d’America. La prima riguarda lo Stato di New York, dove Giovanni Paolo II ha
accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Brooklyn,
presentata dal vescovo mons. Thomas V. Daly, per raggiunti limiti di età. Mons.
Daly ha infatti compiuto 75 anni nel settembre scorso. Come nuovo vescovo di
Brooklyn, Giovanni Paolo II ha quindi nominato il presule mons. Nicholas A.
DiMarzio, finora vescovo di Camden, nel New Jersey. Sia nella Conferenza
episcopale statunitense che a livello diocesano, mons. Di Marzio si occupa in
modo particolare dei problemi dei rifugiati e degli immigrati. Il nuovo vescovo
di Brooklyn è anche membro del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Su quattro
milioni e 700 mila abitanti, la diocesi di Brooklyn, suffraganea di New York,
conta oltre un milione e 800 mila cattolici, distribuiti in 217 parrocchie e
assistiti da 830 sacerdoti, di cui 629 diocesani e 201 religiosi.
Nello
Stato della Louisiana, inoltre, il Santo Padre ha nominato vescovo di
Houma-Thibodaux il presule mons. Sam Gallip Jacobs, finora vescovo di Alexandria.
Nella Conferenza episcopale degli Stati Uniti, mons. Jacobs è presidente del Comitato
per il Rinnovamento Carismatico Cattolico.
In
North Carolina, infine, il Papa ha nominato vescovo di Charlotte il sacerdote
Peter Joseph Jugis, 46enne, del clero diocesano, finora vicario giudiziale e
parroco a Monroe. E’ stato ordinato sacerdote da Giovanni Paolo II nella
Basilica di San Pietro il 12 giugno 1983.
UNA RIFLESSIONE CON L’ARCIVESCOVO ANGELO
AMATO
SUL
DOCUMENTO IERI PUBBLICATO
IN
MERITO ALLE UNIONI TRA PERSONE OMOSESSUALI
- Servizio di Giovanni Peduto -
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Vasta eco ha avuto sui mass media e non solo, come era da
prevedere, il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, ieri
pubblicato, dal titolo “Considerazioni circa i progetti di riconoscimento
legale delle unioni tra persone omosessuali”. Vogliamo ritornare, dopo
l’esposizione del contenuto di ieri, su questo argomento con l’arcivescovo
segretario del dicastero vaticano per la Dottrina della Fede, Angelo Amato:
D. - Eccellenza, da quali considerazioni è scaturita la
necessità di questo documento?
R. – Sono considerazioni di ordine razionali di retta
ragione, che sottolineano la famiglia come cellula fondamentale della società,
la famiglia composta dall’uomo e dalla donna, questa famiglia che poi è stata
sostenuta e confermata anche dalla rivelazione cristiana. Altre ragioni sono di
tipo antropologico, perché è chiaro che la generazione avviene in una comunione
eterosessuale, quindi nel matrimonio, ed è in questo matrimonio che si realizza
l’accoglienza della vita, lo sviluppo della vita, la cura della vita,
l’educazione della vita e la continuazione della vita. Ora, questo riguarda
anche la società come tale. Ecco perché nel documento si fanno considerazioni
di ordine giuridico e anche di ordine sociale. Questo tema oggi è molto
dibattuto in alcune Nazioni soprattutto del cosiddetto mondo avanzato: per
esempio, in Canada proprio in questi giorni si sta dibattendo questo tema da un
punto vista legale e quindi la Chiesa deve far presente le sue ragioni e le sue
motivazioni.
D. – Ad una morale oggettiva si sostituisce nella
coscienza del singolo, oggi, sempre più una morale soggettiva. Ci si comporta,
cioè, come la propria coscienza detta e vuole. Questo documento costituisce,
quindi, un colpo, diciamo, a questa moda della soggettività in fatto di morale
…
R. – Nessuno vuole negare la
libertà individuale nelle proprie scelte, però ci sono delle affermazioni e
delle scelte che non possono essere demandate alla semplice scelta personale.
Lei immagini sull’autostrada. Si dice di andare a destra e tutti vanno a
destra; però uno dice “ma io per scelta personale voglio andare a sinistra,
contromano”. E’ possibile dare questa possibilità? Se si dà questa possibilità
si crea il caos. Ora, questo già è un esempio molto semplice, molto banale; ma
se noi applichiamo quest’esempio alla realtà così importante del matrimonio,
della famiglia, dell’educazione dei figli, della nascita dei figli, se noi
applichiamo il ‘fai da te’ etico in questo campo, la società si dissolve e si
perde il concetto naturale proprio della famiglia.
D. – Eccellenza, l’omosessualità oggi si va diffondendo
sempre più su vasta scala. Quali, secondo lei, possono esserne le cause?
R. – Potrebbero essere molto diverse. Noi, come cattolici,
abbiamo questo richiamo importante della nostra fede, della nostra dottrina,
che il fenomeno omosessuale è un fenomeno intrinsecamente disordinato, per cui
la Chiesa espone e invita queste persone a mantenere proprio questo richiamo di
fede, questo richiamo dottrinale. C’è anche da dire che la Chiesa propone una
pastorale per queste persone affinché vengano richiamate e anche ricuperate al
retto comportamento affettivo e credo che ci siano possibilità proprio di
educazione, da questo punto di vista.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Una foto con un bambino segnato
dalla sofferenza causata dai conflitti apre, significativamente, la prima
pagina, in cui risalta la frase “Le stremate popolazioni in condizioni sempre
più drammatiche”.
Liberia: via libera al
dispiegamento delle forze di pace dell’Ecowas.
Etiopia: appello del Pam a
sostegno di 130.000 rifugiati.
Sempre in prima, una
riflessione di Gaetano Vallini sul sacrificio di don Stefano. Il titolo
all’articolo è “Ha fatto il prete veramente”.
Nelle vaticane, un articolo su
San Pier G. Eymard, fondatore dei Sacramentini e delle Ancelle del SS.
Sacramento: il 2 agosto si celebra la sua memoria liturgica.
Un articolo sulla Chiesa che è in Belluno-Feltre,
la quale si appresta a vivere il Sinodo diocesano.
Nelle pagine estere, un
intervento del presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa:
la “Casa comune” senza i valori del cristianesimo è una casa vuota. Nella
futura Costituzione occorrono l’apporto essenziale e il pieno riconoscimento
delle autentiche radici culturali.
In Iraq si profila l’ipotesi di
elezioni generali nel 2004.
Nella pagina culturale, un
articolo di Giovanni Marchi sulla “misura” e la “discrezione” di mons. Della
Casa, a 500 anni dalla nascita.
Nelle pagine italiane, in
rilievo la questione dell’indultino ed il tema delle pensioni.
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1 agosto 2003
LA SOLENNITA’ DEL PERDONO DI ASSISI
APERTA
OGGI NELLA CITTA’ DI SAN FRANCESCO
-
Intervista con padre Vittorio Viola -
Come ogni anno torna l’appuntamento con il Perdono
d’Assisi. Dal
mezzo-giorno del 1° agosto
alla
mezzanotte del giorno seguente, oppure nella Domenica precedente o
seguente prescelta dal vescovo, si può ottenere, una sola volta, la cosiddetta
indulgenza plenaria della Porziuncola. Prende il nome, infatti, dalla piccola
chiesa dove San Francesco nel 1216 chiese al Signore di concedere “a tutti
quanti, pentiti e confessati”, sarebbero venuti in visita alla chiesa, “ampio e
generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe". A
distanza di tanti anni l’appuntamento viene vissuto sempre con la stessa
intensità, come conferma nell’intervista di Fausta Speranza, padre Vittorio
Viola della Chiesa di Santa Maria degli Angeli che oggi racchiude la cappella
della Porziuncola.
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R. – Il valore della misericordia di Dio è per tutti noi.
Il santuario della Porziuncola in Assisi custodisce proprio questo miracolo di
grazia che è l’esperienza della vita di Francesco. Francesco era solito dire
che qui aveva avuto la certezza di essere stato perdonato da Dio. E, in fondo,
è proprio come se quest’esperienza di Francesco potesse continuare a
raggiungere tutti i pellegrini che a milioni ogni anno visitano questi luoghi.
Francesco chiese appunto, in quella visione che ebbe della Vergine Maria e del
Signore, che quanti facessero esperienza del pentimento dei peccati e della
riconciliazione facendo visita a questa piccola chiesina potessero avere la
stessa certezza di essere perdonati da Dio.
D. – Quanto viene vissuto questo appuntamento oggi, anche
rispetto al passato?
R. – Forse cambiano i modi: i modi in cui si esprime la
devozione verso questo luogo e per questo giorno in particolare, il Giorno del
Perdono. Ma c’è sempre un grande afflusso di pellegrini che in qualche modo ci
sorprende. C’è sempre una grande richiesta di perdono, un grande desiderio di
riconciliazione. Del resto, ne sentiamo il bisogno più del cibo che mangiamo,
perché ogni situazione che viviamo, anche quelle molto conflittuali, anche tra
noi stessi ma anche tra i popoli, chiede l’intervento della Misericordia di
Dio. Continua quindi ad essere vissuto con una grandissima intensità, quasi come
le folle che si accalcavano intorno a Gesù chiedendo un Suo intervento di
Misericordia, appunto.
D. – Padre Vittorio: chiedere perdono, perché? Per
ricominciare?
R. – Certamente, è importante chiedere perdono
innanzitutto a Dio perché è la riconciliazione con Lui che – come ricordava
Francesco – è il motivo, l’origine della vita nuova. Certamente, il pentimento
ha valore per ricominciare una vita nuova, che è poi la vita del Signore Gesù
in noi. Francesco ha vissuto proprio questo: tutti i misteri della Sua vita –
della vita di Gesù – dentro la sua. Anche per noi il perdono è l’occasione per
dare spazio all’azione dello Spirito che vuole rendere presente tutti i misteri
della vita del Signore Gesù in noi, quindi fare nuova davvero la nostra vita.
D. – Padre Vittorio, si tratta di un appuntamento
estremamente significativo che si ripete ogni anno, però forse qualche
particolarità sta nelle celebrazioni organizzate?
R. – Si ripete ogni anno con un programma ormai
tradizionale ma sempre nuovo. Per esempio quest’anno la celebrazione
eucaristica d’apertura della Solennità del Perdono è presieduta da José
Rodriguez Carballo, che è il nuovo Ministro generale dell’Ordine dei Frati
Minori, appena eletto nell’ultimo capitolo sempre qui alla Porziuncola, nel
giugno scorso. Questo già segna una novità. Poi, noi cerchiamo di vivere la
Solennità del Perdono quasi proiettandoci verso la festa di San Francesco, e
ogni anno per la festa di San Francesco una regione d’Italia offre l’olio che
arderà tutto l’anno nella lampada sulla tomba del Santo. Quest’anno sarà la
Sicilia e abbiamo la gioia di avere anche il cardinale Salvatore De Giorgi,
arcivescovo di Palermo e presidente della Conferenza episcopale siciliana, a
presiedere l’eucaristia nel giorno della festa, il 2 agosto. Inoltre ci stiamo
preparando alla festa con un triduo che presta attenzione ad alcune figure di
santità francescana della terra di Sicilia, come testimoni del perdono
appartenenti a questa regione d’Italia.
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AL
MEETING INTERNAZIONALE DI LORETO SULLE MIGRAZIONI
L’INVITO
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DEI MIGRANTI E DEGLI ITINERANTI A
MEDITARE AZIONI CONCRETE
PER I
MIGRANTI LONTANI DALLE LORO CASE
-
Servizio di Giovanni Peduto -
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Un augurio vivissimo affinché temi così attuali, quali
sono il fenomeno della globalizzazione e le migrazioni in Europa, siano visti
specialmente nella prospettiva dell’Esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia
in Europa, documento straordinario per lucidità di analisi e per profondità
di risposta cattolica che si riassume in “matura cultura dell’accoglienza”: è
giunto dal dicastero vaticano per i migranti accolto dai convegnisti con un
sentito applauso. Il messaggio a firma del segretario, l’arcivescovo Agostino
Marchetto, esorta a riflettere e meditare azioni concrete per i migranti e a
pensare specialmente all’Africa della sofferenza, che con l’Europa ha un legame
fatto anche di martirio quotidiano di molti missionari al servizio della
promozione umana e dell’evangelizzazione.
I partecipanti a questo Meeting, il VI promosso dai padre
Scalabriniani a livello europeo, attraverso le relazioni e i dibattiti che si
susseguono, sono sensibilizzati a cercare il volto di Dio in quello dei
fratelli e delle sorelle alla ricerca di un lavoro per vivere una vita degna
della loro umanità. Con viva emozione vengono seguite le testimonianze di
emigrati dell’Africa di colore come Monsio Richard della Costa D’Avorio, che
dopo una lucida analisi della situazione politico-economica del suo Paese, ha
ripercorso le tappe dolorose del suo arrivo in Italia, concludendo con un
accorato appello: “Non alziamo un muro tra Paesi sviluppati e non; niente può
fermare i disperati che vogliono venire in Europa”.
Ancora, dal Ghana l’esperienza di Aloysius Kow Adrian che
ha conquistato la platea con la sua simpatia e i suoi aneddoti, ma soprattutto
l’ha commossa con il racconto delle difficoltà affrontate: piccole storie che
fanno la grande storia queste ed altre testimonianze. In una atmosfera quasi
surreale Loreto si colora di nero e si riflette sulla situazione
socio-economica dell’Africa, la sua estrema povertà e ricchezza allo stesso
tempo. Si muore di fame, eppure le sue miniere e i suoi pozzi petroliferi
traboccano di ricchezze inestimabili. Una contraddizione che è frutto di una
globalizzazione che ha spesso effetti distruttivi.
Da Loreto, Giovanni Peduto, Radio Vaticana.
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LA
CRISI DELL’ARGENTINA. TRA POVERTÀ E CORRUZIONE,
UN
PAESE CHE NON HA ABBANDONATO LA SPERANZA
-
Intervista con mons. Alcides Jorge Pedro Casaretto -
La
recessione economica, l’instabilità politica, la carenza alimentare e le
calamità naturali hanno segnato gli ultimi due anni della storia
dell’Argentina. Alla presidenza di Nestor Kirchner spetta il compito di
rilanciare il Paese. Recen-temente, il Parlamento ha approvato il “Programma di
nutrizione e alimentazione nazionale”, piano voluto fortemente dal popolo
argentino, che lo ha appoggiato con un milione e 600 mila firme. Grazie ai
fondi pubblici 4 milioni di bambini, un milione di anziani, e 640 mila donne
incinta riceveranno cibo. Al programma parteciperanno anche organismi popolari,
tra cui Caritas Argentina. Il presidente Kirchner ha però parlato di gruppi di
potere che contrastano la nuova crescita del Paese e rallentano la formazione
della solidarietà nazionale, di cui anche i vescovi argentini hanno spesso
sottolineato la necessità. Ascoltiamo su quest’argomento, il presidente di
Caritas Argentina, il vescovo Alcides Jorge Pedro Casaretto, al microfono di
Matteo Ambu.
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R. – In questo momento, il presidente ha appreso le
conclusioni delle concertazioni avvenute in Argentina tra le parti sociali e le
sta sviluppando. Penso che siamo tuttora lontani, gli obiettivi sembrano
utopici, ma vale la pena compiere anche solo qualche passo. E in questo momento
stiamo facendo qualche passo in questa direzione.
D. – L’Argentina è uno dei maggiori produttori mondiali di
alimenti: ma allora, dove finisce questo cibo?
R. – E’ scandaloso che proprio in Argentina esistano
ancora persone che soffrono la fame. Si è potuto realizzare proprio in questo
periodo che il problema sta nella distribuzione: è un problema organizzativo
molto grande, in Argentina. Questa è una sfida enorme per i politici e per
tutti i dirigenti argentini. La Chiesa ha presentato molte denunce, ha invitato
tutti gli argentini ad incontrare i politici per far sì che la fame non debba
più essere un problema per gli argentini. Questa deve essere, per quanto ci
riguarda, una prima risposta: nessun argentino dovrà più soffrire la fame!
D. – Due mesi fa, l’inondazione nella provincia di Santa
Fé: come state gestendo l’emergenza?
R. – La risposta è un po’ lenta. In questo momento, la
Caritas sta valutando l’eventualità di collaborare nella ricostruzione. Il
problema è che bisognerà ricostruire le case in un altro luogo che il governo
sta stabilendo. Bisognerà vedere in quale zona sarà possibile costruire le
nuove case; in questo momento la gente che è nell’emergenza il cibo lo ha, ma
non ha la casa.
D. – Il presidente della Repubblica, parlando durante la
festa dell’Indipendenza, ha riproposto il Piano contro la fame: è stato nella
cattedrale di Tucuman, una delle province più colpite dalla crisi economica in
Argentina. L’arcivescovo, durante l’omelia, ha però parlato di ‘fame di
educazione, di istruzione e si ha un po’ l’impressione che si tratti di una
crisi anche morale, oltre che economica ...
R. – E’ una crisi fondamentalmente morale, una crisi dei
valori. La prima ricostruzione deve essere quella della scala dei valori. Deve
scomparire tutta la corruzione, dovrà essere ricostruito il livello morale del
popolo. La crisi argentina è avvenuta perché gli interessi dei singoli sono
stati posti al di sopra dell’interesse comune. Questa è la ricostruzione: che
il bene comune sia la prima preoccupazione di tutti gli argentini.
D. – Questa crisi economica, questa crisi morale e
sociale, in quale stato ha lasciato la fede cattolica del popolo argentino,
duramente provata?
R. – La fede del popolo è una fede forte, ma è una fede
non molto formata. In Argentina c’è una religiosità popolare, ma non è tanto
una pratica religiosa radicata. Per esempio, solo il 7 per cento dei cattolici
va a messa la domenica. E’ però un popolo che ha fede, ed è soprattutto un
popolo che deve vivere nella speranza, e la Chiesa e noi religiosi dobbiamo
accompagnare e sostenere questo popolo
nella sua speranza.
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AL SANTUARIO DI GIBILMANNA, CROCEVIA DI STORIE
UMANE,
VACANZA E RISTORO SPIRITUALE NEL CUORE DELLA
SICILIA.
- Servizio di Paolo Ondarza -
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(musica)
Ritrovare se stessi immersi tra
natura e storia della Sicilia. A pochi chilometri da Cefalù, ai piedi del monte
Pellegrino, ad 850 metri sul livello del mare, sorge il Santuario di
Gibilmanna, il più antico fra quelli dedicati alla Vergine nell’isola. Il luogo
sacro, gestito dai frati minori cappuccini, vanta una storia millenaria
risalente, sembra, al VI – VII secolo dopo Cristo. Ogni estate i religiosi offrono
a tutti la possibilità di trascorrere alcune giornate di preghiera e cultura
all’interno di questa “oasi dello spirito”, da cui, tra l’altro, è possibile
ammirare il profilo delle isole di Lipari, Alicudi e Filicudi. Del programma
“Estate a Gibilmanna”, ci ha parlato padre Salvatore Vacca.
R. – Nel luogo dove attualmente
sorge il santuario di Gibilmanna, si ergeva prima un monastero di benedettini.
La tradizione indica in San Gregorio Magno uno dei primi fondatori di questo
luogo, ma non è accreditata dai documenti storici. Si tratta di uno dei
santuari più antichi dove c’è una grande devozione mariana la cui diffusione si
deve molto ai Frati Minori cappuccini.
D. – In che cosa consiste la
vostra proposta per l’estate?
R. – La proposta è aperta a
tutti. Il santuario si pone nella sua dimensione cultuale, culturale,
caritativa, ecumenica. Accoglie tutti, credenti e non credenti. Nelle
iniziative quest’anno abbiamo voluto dare maggior attenzione alla dimensione
culturale attraverso alcuni incontri che vogliono leggere ed interpretare il
vissuto del nostro territorio maronita.
D. – Padre Salvatore, potremmo
definire la proposta ‘Estate a Gibilmanna’ come una sorta di vacanza
alternativa?
R. – Certo, è una vacanza
alternativa. Ospitiamo i nostri fratelli che vogliono passare alcuni giorni di
vacanza, ma a condizione che condividano con noi i momenti di preghiera, nonché
gli incontri culturali; ma si tratta di una vacanza nel senso vero del termine
e durante questo tempo di riposo bisogna occuparsi della dimensione
contemplativa della vita, recuperando le proprie forze. Una riconciliazione con
se stessi, con gli altri, con Dio e anche con il Creato.
D. – Perché la gente sceglie di
venire a Gibilmanna?
R. –
Qui a Gibilmanna noi ci incontriamo con una pluralità di storie umane tutte
ricche, storie a volte ferite, crocefisse e registriamo il ritorno alla Chiesa,
quale punto di riferimento anche ideologico di vita per l’uomo. Ecco da Gibilmanna
queste storie umane desiderose di ripartire, ricominciano a vivere in un modo
rinnovato.
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1 agosto 2003
“JUAN DIEGO, PORTATORE DI QUEL MASSIMO REGALO CHE CI
CONCESSE
L’AMORE DIVINO: IL MIRACOLO DELLA VERGINE DI
GUADALUPE, CHE SI CONVERTÌ
IN PONTE DI UNIONE TRA CULTURA INDIA E SPAGNOLA”.
CON QUESTE PAROLE IL CARDINALE RIVERA HA RICORDATO
IERI LA FIGURA
DEL SANTO NEL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA CANONIZZAZIONE
CITTÀ DEL MESSICO. = I
messicani hanno celebrato ieri il primo anniversario della canonizzazione
dell’indio Juan Diego, avvenuta a Città del Messico durante l’ultimo viaggio apostolico
di Giovanni Paolo II nel Paese latinoamericano. L’arcivescovo della capitale,
il cardinale Norberto Rivera, ha presieduto una celebrazione liturgica nella
quale ha chiesto al Santo di intercede in favore del popolo messicano. La
ricorrenza ha fornito l’opportunità per attirare l’attenzione sulle popolazioni
indigene, che in Messico vivono in condizioni di marginalità e povertà. Il
cardinale, che discende dagli indios, ha sottolineato il valore e la ricchezza
della tradizione autoctona, a volte ridotta a mero folclore. L’esortazione al
rispetto e alla costruzione di un rapporto di pace è rappresentata proprio
dalla figura di Juan Diego, primo santo indio americano. “Fu protagonista e
fedele portatore – ha detto il porporato - di quel massimo regalo che ci
concesse l’amore divino: il miracolo della Vergine di Guadalupe, che si
convertì nel ponte di unione tra la cultura india e spagnola, tra due popoli
che erano stati in combattimento tra loro”. Il porporato ha ricordato le parole
del Papa durante la visita e a invitato i fedeli a sorreggerlo nella sua
missione attraverso la preghiera. Alla celebrazione era presente anche il
nunzio apostolico in Messico, l’arcivescovo italiano Giuseppe Bertello. (M.A.)
PROSEGUE L’IMPEGNO DELLE
NAZIONI UNITE NELL’AFRICA AUSTRALE,
IN GRAVE DIFFICOLTA’ PER LA CARESTIA, LA POVERTA’ E
LA DIFFUSIONE DELL’AIDS. LANCIATO UN NUOVO PIANO DI AIUTI DI 530 MILIONI DI
DOLLARI
A SOSTEGNO DI 6 MILIONI E MEZZO DI PERSONE
GINEVRA. = Le Nazioni Unite
hanno lanciato in questi giorni un progetto di 530 milioni di dollari in favore
di 6 milioni e mezzo di persone colpite dalla crisi alimentare, l'aids e la
povertà in sei paesi dell'Africa australe. I fondi saranno destinati a
finanziare per un anno l'assistenza alimentare (320 milioni di dollari) ed in
altri settori per le popolazioni vulnerabili del Lesotho, Malawi, Mozambico,
Swaziland, Zambia e Zimbabwe. La situazione è particolarmente grave nello Zimbabwe,
Paese dove l'aids uccide 2.500 persone ogni settimana e circa il 34% dei giovani tra i 15 ed i 40 anni sono
colpiti dal virus Hiv, secondo i dati resi noti dall'Unicef. La rapida risposta
della comunità internazionale l'anno scorso ha consentito di salvare milioni di
vite umane minacciate dalla carestia, ma - ha ammonito l'Onu - la crisi non è
finita. Nel 2002 le Nazioni Unite hanno ricevuto circa il 73% dei 656 milioni
richiesti per l'assistenza umanitaria in Africa australe. (R.G.)
IMMORALI E DEPLOREVOLI I MEZZI SCELTI PER
PROTESTARE, MA NECESSARIO ORA PER IL GOVERNO LANCIARE LE RIFORME PER COMBATTE
LA CORRUZIONE:
QUESTO L’APPELLO DELLA CHIESA FILIPPINA,
DOPO L’AMMUTINAMENTO DEI MILITARI NEGLI ULTIMI
GIORNI DI LUGLIO
MANILA. = La
Chiesa cattolica nelle Filippine non è rimasta spettatrice della crisi che ha
visto 296 militari dell’esercito asserragliati in un centro commerciale e residenziale
nella capitale con circa 300 ostaggi fra il 26 e il 27 luglio scorso. I soldati
filippini hanno accusato i vertici della Difesa e alcuni capi militari di
corruzione. Chiedevano le dimissioni del governo, ma poi hanno accettato un
accordo, senza spargimento di sangue, dopo 20 ore di trattativa. Nelle ore di
crisi, tutta la comunità cattolica ha espresso il proprio sostegno alla
presidente filippina, Gloria Arroyo, che ha pubblicamente ringraziato la Chiesa
dopo la soluzione della vicenda. Il cardinale arcivescovo di Manila, Jaime Sin,
guida spirituale e figura di riferimento del Paese asiatico, in quei giorni, ha
diffuso un documento in cui ha denunciato il tentativo di destabilizzare il
Paese e ha richiamato i fedeli a vigilare per mantenere la nazione sulla via
della pace. Con medesimi fini, anche il cardinale Ricardo Videla, arcivescovo
di Cebu, ha invitato tutti alla preghiera e chiesto pubblicamente una soluzione
pacifica. Ma la protesta dei militari a fine luglio è sembrata la eco delle
preoccupazioni espresse dai vescovi
filippini, nella loro assemblea agli inizi del mese. I presuli avevano indicato
la corruzione come uno dei mali principali della società filippina e avevano
chiesto una legislazione appropriata e una grande campagna anti-corruzione in
tutta la nazione. Perciò proprio il presidente della Conferenza episcopale,
l’arcivescovo Orlano Quevedo, dopo aver deplorato la modalità scelta dai
soldati per segnalare il problema, ha invitato in questi giorni il governo a
indagare a fondo sulle accuse mosse dai militari ammutinati e a mettere in atto
serie di riforme contro la corruzione. Interventi chiesti anche dal cardinale
Sin che ha ribadito l’immoralità dei mezzi scelti dai militari per manifestare
il loro malessere, ma ha chiesto al governo di impegnarsi in un campagna seria
di riforme per provvedere alle necessità del popolo. “Nessuno ha vinto – ha
dichiarato il porporato – e c’è bisogno di immediate riforme, ferma disciplina
e una volontà di realizzarle”. (M.A.)
TERMINATO IN ALBANIA, DOPO DIECI ANNI, IL RESTAURO
DELL’ANTICA CATTEDRALE
DI SCUTARI, SIMBOLO DI UNA CHIESA, CHE DOPO LE
PERSECUZIONI DEL PASSATO,
TORNA A VIVERE IN LIBERTÀ
SCUTARI. = I festeggiamenti per i dieci anni di
ritorno della Chiesa cattolica in Albania giungono al culmine. A Scutari,
antica capitale culturale e spirituale del Paese, è stato concluso, dopo dieci
anni, il restauro dell’antica cattedrale cattolica, la più grande in Albania.
Durante il regime totalitario di Enver Hoxha, fu convertita in palestra e solo
alla fine di quel tragico periodo della storia albanese fu restituita alla
Chiesa, ma in evidente stato di degrado. Il cattolicesimo fu combattuto
aspramente dal governo di Hoxha, che proclamò l’Albania unico paese ateo del mondo.
La pratica religiosa fu abolita e i cattolici perseguitati duramente. Delle 130
chiese cattoliche del Paese, tutte, eccetto una, furono chiuse. Giovanni Paolo
II ha visitato l’Albania nel 1993. Proprio a Scutari, davanti ad una moltitudine,
paragonò quella sanguinosa esperienza alle persecuzioni dei primi secoli del
cristianesimo e invitò i cattolici albanesi ad annunciare con gioia e a testimoniare
la Risurrezione di Cristo. Dopo un decennio, la Chiesa albanese, impegnata
anche nella ricostruzione sociale del Paese, sta crescendo. Più di cento chiese
sono state riaperte o costruite, e tante persone ritornano e per la prima volta
si avvicinano alla fede cattolica. (M.A.)
LA COMUNITÀ CATTOLICA E QUELLA EBRAICA DI CHICAGO
UNITE IN FAVORE
DELLE POPOLAZIONI ARABO-ISRAELIANE.
LANCIATO UN PROGETTO PER CREARE NELLA CITTÀ GALILEA
DI FASSOUTA
UN CENTRO PER I COMPUTER E ISTITUIRE CORSI DI
FORMAZIONE
CHICAGO. = L’arcidiocesi di Chicago e la Federazione
metropolitana ebraica della città hanno deciso di rafforzare i loro rapporti
attraverso un progetto di aiuto in favore della comunità cristiana
arabo-israeliana. L’arcivescovo di Chicago, il cardinale Francis George, e il
presidente della Federazione, Steven Nasatir, hanno annunciato durante una
conferenza stampa, tenutasi la scorsa settimana, di voler lanciare il “Fassouta
computer literacy project”. L’iniziativa destinerà alla cittadina di Fassouta
in tre anni 100 mila dollari per la creazione di un centro per i computer e per
i conseguenti corsi di formazione. Fassouta si trova in Galilea, nella regione
settentrionale dello Stato d’Israele ed è abitata per la maggior parte da
cattolici melchiti, ma ogni differente comunità religiosa beneficerà in maniera
uguale dei finanziamenti. (M.A.)
PROMOSSO DAL SERVIZIO PER I RIFUGIATI DEI GESUITI UN
SEMINARIO SULL’EDUCAZIONE ALLA PACE IN AFRICA ORIENTALE.
SI TERRÀ A NAIROBI DAL 17 AL 22 AGOSTO
NAIROBI. = Con le guerre e il crescere dei conflitti
in Africa, l’enfasi sul lavoro di costruzione della pace che il Jesuit Refugee
Service (JRS) pone nei suoi progetti è diventata più rilevante che mai. “Per
questo – fa sapere un comunicato diffuso a Roma dalla Curia generalizia della
Compagnia di Gesù - il JRS Africa Orientale sta organizzando un seminario di
educazione alla pace che si svolgerà a Nairobi, capitale del Kenya, tra il 17 e
il 22 agosto e che vedrà insieme il personale del JRS che lavora alla
costruzione della pace per condividere esperienze, fornire conoscenze e
affinare le competenze nel processo di costruzione della pace”. L’obiettivo del
seminario è di utilizzare l’esperienza dei diversi operatori dello staff del
JRS che lavorano in diversi Paesi in questo ambito, per arrivare a progettare
un vero e proprio modello di intervento o un programma-quadro per il lavoro in
favore della pace in Africa. Il seminario ha l’obiettivo di favorire la condivisione
e l’apprendimento dalle esperienze e dalla metodologia di ciascun operatore,
l’aggiornamento delle competenze e l’individuazione di quelle che ancora devono
essere sviluppate, l’apprendimento su nuovi approcci utilizzati da altre
agenzie ed infine la messa in comune di risorse, libri e materiali usati nei
progetti. (M.A.)
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1 agosto 2003
- A
cura di Amedeo Lomonaco e Massimo Donaddio -
La voce di Saddam Hussein torna
a farsi sentire in un nuovo messaggio audio. La televisione del Qatar,
Al-Jazeera, ha trasmesso una registrazione attribuita al deposto presidente
iracheno, nella quale si lancia un appello alla riconciliazione con i cittadini
che avrebbero tradito la nazione collaborando con le forze anglo-americane, in
attesa di una normalizzazione della situazione. Il messaggio risale al 27
luglio scorso e non manca, comunque, di richiamare l’urgenza di una reazione
nei confronti delle truppe statunitensi. E infatti non si placano gli attacchi
antiamericani, soprattutto nella zona intorno alla città di Fallujah, dove
alcuni convogli sono stati assaliti con razzi anticarro e armi leggere,
provocando numerosi feriti fra i militari Usa. Il servizio di Paolo
Mastrolilli:
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I nuovi attacchi sono avvenuti
mentre continua la caccia a Saddam, le cui due figlie si sono rifugiate in
Giordania. Gli americani, intanto, hanno pagato la taglia da 30 milioni di
dollari per l’uccisione dei figli Udai e Qusai. Nello stesso tempo,
l’amministratore provvisorio Paul Bremer, ha dato nuove speranze sulla
stabilizzazione del Paese, dicendo che le prime elezioni potrebbero tenersi già
l’anno prossimo. Continua però la polemica sulle armi di distruzione di massa,
finora non trovate. Ieri, dopo Bush, anche il consigliere per la sicurezza
nazionale Rice ha detto di sentirsi responsabile per l’informazione sbagliata
riguardo l’acquisto di uranio arricchito da parte di Baghdad, in Niger. Al
Congresso, intanto, sono andati a testimoniare David Key, capo delle ricerche
che la Cia sta conducendo in Iraq ed il generale Dayton, responsabile della
squadra di ispettori del Pentagono. Entrambi hanno detto che stanno facendo
progressi nella scoperta dei programmi di riarmo, ma ancora non hanno trovato
la cosiddetta pistola fumante. I parlamentari democratici hanno avvertito che
provare l’esistenza dei soli programmi non basterebbe, perché Bush aveva denunciato
la presenza di armi pronte all’uso.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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In Medio Oriente, l’annunciato proseguimento, da parte
israeliana, della costruzione del muro che divide Israele dalla Cisgiordania, è
il principale argomento su cui sta montando la delusione e la protesta
palestinese. Secondo l’organizzazione
umanitaria ‘Israel Bezelem’ la barriera difensiva, lunga 123 chilometri,
coinvolge 210 mila palestinesi di 68 villaggi della Cisgiordania, isolando 13
villaggi palestinesi ad Ovest del muro, ed altri 55 ad Est. E’ intanto sempre
più intricato il nodo relativo alla questione dei detenuti palestinesi. Secondo
quanto riferisce la radio israeliana un migliaio di prigionieri palestinesi,
rinchiusi in quattro carceri israeliane, hanno iniziato oggi uno sciopero della
fame. Israele ha promesso il rilascio di 540 prigionieri ma, da parte
palestinese, si chiede la liberazione di tutti i 6 mila detenuti.
Il presidente liberiano,
Charles Taylor, “non lascerà il potere all’arrivo della forza di pace
dell’Ecowas”, previsto la prossima settimana. Ma lo farà soltanto quando, con
il contingente “pienamente dispiegato”, ci sarà “un nuovo ordinamento
politico”. Lo ha dichiarato il ministro dell’economia, Jackson, in
un’intervista alla rete televisiva Cnn. Nel Paese, intanto, si rischia la
catastrofe umanitaria: oltre 52 mila civili in fuga sono ammassati nello stadio
di Monrovia, e 3-4 mila hanno trovato rifugio presso le missionarie della
Consolata a Buchanan, seconda città della Liberia.
Dopo
nove mesi sembra essersi finalmente sbloccata la crisi nucleare nordcoreana. Il
governo di Pyongyang ha infatti accettato la proposta americana di prendere
parte ai negoziati multilaterali. La data dei colloqui non è ancora stata
fissata, ma la Russia ha fatto sapere che si terranno a Pechino “molto presto”.
Il servizio di Chiaretta Zucconi:
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La Nord Corea ha detto sì a un
tavolo negoziale a 6, cui parteciperanno Sudcorea, Giappone e Russia accanto a
Stati Uniti e Cina e che si terrà molto probabilmente a Pechino”. L’inatteso
passo avanti del regime comunista di Pyongyang, che negli mesi aveva più volte
ribadito di essere favorevole soltanto a un colloquio a due con Washington, è
stato accolto con grande soddisfazione in Sud Corea e Giappone, i due Paesi più
minacciati dalle ambizioni nucleari nordcoreane. A
convincere la Nord Corea a sedersi al tavolo multilaterale delle trattative
potrebbe essere stato il duro attacco lanciato ieri da John Bolton, sottosegretario di Stato americano
responsabile del Controllo degli armamenti e della Sicurezza internazionale.
“Gli Stati Uniti stanno perdendo la pazienza – ha dichiarato Bolton da Seul – e non intendono sottostare
alle minacce nucleari di Pyongyang”. Definendo la Corea del Nord un “incubo
infernale, che nell’ultimo anno ha accelerato i suoi programmi di sviluppo di
armi di distruzione di massa”, Bolton ha infine minacciato un intervento
del Consiglio di Sicurezza dell’Onu
sulla crisi nulceare nordcoreana.
Per
Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.
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Potrebbe aprirsi uno spiraglio
per la liberazione di Aung Sang Suu Kyi, ex premio Nobel per la pace e leader
del Movimento democratico birmano, attual-mente detenuta dal regime. A Bangkok,
infatti, è iniziato un Vertice tra i ministri degli esteri della regione, nel
corso del quale la Thailandia proverà a sbloccare la crisi, grazie a colloqui
bilaterali con esponenti del governo birmano. Sentiamo Maurizio Pascucci:
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Tra le nazioni della regione, la
Thailandia è certamente quella con maggiori possibilità, al momento, di
ottenere qualche concessione da parte della giunta militare di Rangoon.
Soltanto la Thailandia, infatti, si è recentemente opposta ad una serie di
sanzioni imposte dalla comunità internazionale contro la Birmania, sebbene la
scelta thailandese abbia ragioni puramente pragmatiche, e sia fondata sul
timore che le sanzioni in Birmania causino un forte flusso migratorio da quel
Paese in Thailandia. Bangkok ha perciò proposto ai Paesi occidentali e ai
vicini asiatici la creazione di una nuova ‘Road Map’ che pianifichi la
transizione della Birmania verso la democrazia. La pressione internazionale,
intanto, si sta facendo imponente sulla giunta militare di Rangoon. Il
presidente statunitense Bush ha firmato infatti lunedì un provvedimento che
preclude il mercato americano ai prodotti birmani. Il Giappone, principale
fornitore di aiuti alla Birmania, ha sospeso ogni nuovo progetto a favore di
Rangoon ed i vicini della Birmania, riuniti nell’Associazione del Sud-Est
asiatico, Asien, hanno recentemente derogato ad una lunga tradizione di non
interferenza, criticando apertamente l’arresto di Aung San Suu Kyi.
Maurizio Pascucci, per la Radio
Vaticana.
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Il governo nepalese ed i
ribelli maoisti potrebbero presto tornare al tavolo dei negoziati. Il leader
dei guerriglieri, Pushpa Kamal Dahal, ha fatto consegnare una lettera
all’esecutivo in cui definisce “uno sviluppo positivo” la liberazione di tre
capi maoisti e la divulgazione di notizie su altri ribelli detenuti. I colloqui
si erano interrotti a maggio, contestualmente alla crisi di governo.
Spostiamoci
in Guatemala, dove la situazione, in vista delle elezioni del novembre
prossimo, viene giudicata pesante dal capo degli osservatori
dell’Organizzazione degli Stati Americani, l’ex presidente peruviano Panagua.
Non si placano, nel frattempo, le tensioni nel Paese. Anche ieri, l’opposizione
è tornata a chiedere l’annullamento della candidatura di Rios Montt, ex
dittatore ed autore di un golpe nel 1982.
Non è del tutto cessato il pericolo di insurrezione nelle
Filippine, Paese dove la polizia ha creato oggi numerosi posti di blocco fuori
Manila per monitorare movimenti di truppe non autorizzati. Secondo la stampa
filippina mancano ancora all’appello 100 militari pesantemente armati, dopo la
resa lunedì scorso, di 296 tra ufficiali e soldati ribelli.
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