Di Paola Simonetti
In un clima di tensione nella seduta del Consiglio di sicurezza dell’Onu
di ieri convocata d'urgenza dopo il test balistico condotto da Pyongyang due
giorni fa, gli Stati Uniti hanno chiesto la rottura di tutti i legami con
la Corea del Nord, poiché il lancio dell’ultimo missile intercontinentale
a lunghissima gittata, “avvicina il mondo al conflitto”.
Per ora le Nazioni Unite rinviano la decisione di nuove misure punitive verso
Pyongyang. Dal canto suo la Cina sollecita la Corea del Nord a rispettare
le risoluzioni dell’Onu, ribadendo con forza la necessità di bandire l’ipotesi di
una azione militare per approdare al dialogo.
Il conflitto non sembra essere nell’agenda neppure di Pyongyang, che “ha messo in atto in realtà solo una prova di forza – spiega Francesca Manenti, analista desk Asia del Centro Studi Internazionali-, utile ad avere maggiore potere ad un eventuale tavolo negoziale. Il missile avrebbe potuto colpire obiettivi sensibili molto vicini, ma non lo ha fatto – aggiunge Manenti -. Kim Jong Un conosce bene il limite da non superare, perchè consapevole di quali potrebbero essere le conseguenze”.
In questo scenario a giocare un ruolo fondamentale è proprio la Cina, “che ha tutto l’interesse – sottolinea Francesca Manenti - a mantenere la stabilità del regime nord coreano, Paese cuscinetto nel Pacifico sotto il punto di vista dei giochi di forza, ma anche utile ad impedire un crollo socio-umanitario della Corea del Nord che si ripercuoterebbe sui suoi confini”.
Ascolta e scarica il podcast dell’intervista a Francesca Manenti del
Cesi:
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