2017-10-24 07:25:00

Omicidio Daphne, gesuita maltese: "Continuare a svegliare le coscienze"


In migliaia hanno manifestato domenica a La Valletta per chiedere giustizia su Daphne Caruana Galizia, la giornalista uccisa lunedì scorso in circostanze ancora misteriose. Sulla dolorosa vicenda della sua morte, Antonella Palermo ha raggiunto telefonicamente in Egitto, dove vive attualmente, il gesuita Oliver Borg Olivier, maltese di origine, che parla di “atto terribile di terrorismo, che fa vergogna al nostro Paese. Essere arrivati fino a questo livello di eliminazione delle persone che osano parlare apertamente della corruzione che esiste!”. E commenta  il messaggio del Papa su questo assassinio: “L’ho trovato un gesto bellissimo: è il suo cordoglio alla famiglia ma anche la condanna di tutto ciò che è corruzione, contro cui Francesco ha spesso parlato e che purtroppo dilaga sempre di più”.

D. - Per quali ragioni dilaga la corruzione?

R. - Per ambizione personale. Usare il potere per arricchirsi invece che per aiutare la gente. Quello che è più triste è proprio il fatto che la gente ne è conscia. La giornalista ha fatto di tutto per avvertire il popolo e malgrado tutto il governo è stato rieletto con una maggioranza enorme. Si sente quindi legittimato a rubare, a essere sporco. Io non l’ho conosciuta personalmente Daphne, ma conosco molto bene la famiglia. Molto professionale, competente, non comoda, certamente. Aveva tutte le ragioni per provocare perché voleva svegliare la gente, purtroppo non ci è riuscita.

D. - Come si può estirpare un male così profondo?

R. - Credo continuando a voler svegliare la gente e responsabilizzarla. Ormai siamo arrivati al punto che non solo è il governo corrotto, ma permettiamo che lo sia. Si è perso tutto il senso della rettitudine, della giustizia, dei veri valori umani, e allora tutto va in aria. Non è solo Malta. Purtroppo la politica può corrompere molti. E’ che ora siamo al punto che lo Stato è in collusione con la mafia.

R. - La corruzione a Malta non è un fenomeno recente. Lei ne sa qualcosa anche alla luce di una vicenda personale che riguarda la sua famiglia…

R. - Sì, parecchi anni fa, erano gli anni Sessanta. Mio padre era diventato per la prima volta Ministro della Sanità. Dopo una settimana è arrivato qualcuno nel suo ufficio: “Eccellenza, mi metta una firma qui”, e gli presenta dei fogli. Mio padre disse: “Io non metto la mia firma su cose che non ho letto”. “Non è importante, i suoi predecessori l’hanno sempre fatto”. “Io non sono i miei predecessori, io sono responsabile dei miei propri atti, perciò voglio leggere”. Una volta letto il documento, apprese che si trattava di una esenzione dalle imposte di dogana per un agente di prodotti farmaceutici. C’era scritto che le medicine erano per gli ospedali di Stato. “Ministro, sia aperto, capisca…”. Chiaramente non era così, era un modo per aggirare il pagamento delle tasse. La persona disse a mio padre che avrebbe avuto un lauta ricompensa per quella firma. A quell’epoca era una somma equivalente al primo premio della lotteria nazionale. Papà gli disse: “Esci con i tuoi piedi, adesso, altrimenti chiamo la Polizia e finirai direttamente in prigione”. Tornò a casa dicendoci: “Oggi o sarete fieri di me, oppure mi maledirete per tutta la vita. Avreste potuto vivere una vita da nababbi ma non lo farete”. Chiaro che noi siamo fieri di lui.

Ascolta e scarica il podcast dell'intervista al padre Oliver Borg Olivier

 








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