Il 16 ottobre 1943, durante l’occupazione nazista di Roma, oltre mille ebrei romani furono arrestati e deportati nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Ieri sera, a 74 anni dalla quella tragica giornata, la Comunità di Sant’Egidio e la Comunità Ebraica di Roma l'hanno ricordata con un “pellegrinaggio della memoria”, da piazza Santa Maria in Trastevere fino al portico di Ottavia, cui ha partecipato anche il presidente del Senato, Pietro Grasso. A rappresentare la Conferenza episcopale italiana c’era mons. Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino, Presidente della Commissione Episcopale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso. Fabio Colagrande l’ha intervistato.
R. - È un evento cittadino che ricorda come la tragedia di quel ’43 è una tragedia che riguarda tutta la città non solo gli ebrei, perché è stato un grande cedimento alla barbarie nazifascista che non si deve ripetere. Fu una notte tragica. La Bibbia stranamente dice poche volte “ricorda”, ma dice “non dimenticare”, perché noi siamo in una società che dimentica: dimentica il dolore – lo vediamo ogni giorno -, dimentica le tragedie, dimentica Lampedusa, dimentica il male - Papa Francesco ce lo ricorda spesso -, e quindi torniamo ad essere complici di questo.
D. - Sono passati 74 anni dalla deportazione degli ebrei romani. Questa marcia ricorda quel momento. Ogni anno, da 1994, oggi mons. Spreafico, perché è così necessario ricordare? Anche perché si parla molto spesso di rigurgiti di razzismo …
R. - Per farle un esempio, il Congresso mondiale ebraico, nel 2016 ha contato 382mila post antisemiti sulla rete; questo vuol dire un post ogni 83 secondi. Quindi si immagini cosa vuol dire. L’antisemitismo è solo un aspetto di una società contro, soprattutto contro l’altro, lo scarto, il diverso, il profugo. Quindi credo che questa tragedia ci deve fare assumere una responsabilità nei confronti della storia di oggi. Bisogna fare molta attenzione perché siamo in un tempo in cui si sviluppano gruppi contro. Quando uno è contro non è mai per la società e per la vita degli altri. Quindi credo che in questo Papa Francesco ci ricorda ogni giorno come dobbiamo imparare a vivere e a convivere, perché la vita è un dono Dio e nessuno può eliminarla, e nessuno può eliminare quella dei più deboli, dei più poveri.
D. - Eccellenza, anche certe tendenze politiche che si registrano a livello europeo - penso a quello che è successo in Austria - possono creare delle preoccupazioni da questo punto di vista …
R. - Certo, creano delle grandi preoccupazioni, perché quello che è avvenuto in Austria, in parte anche in Germania dove per la prima volta la Afd, questo partito di destra è entrato del Bundestag, sono preoccupazioni forti. Credo che noi dobbiamo vigilare e mi stupisco di come i cristiani, i cattolici non si accorgono di come il Vangelo sia chiaro su questo. Il Vangelo di Gesù ci parla di una famiglia universale e la Chiesa è segno – come diceva il Concilio –, è sacramento dell’intima unione con Dio e con l’unità del genere umano. Come facciamo a vivere una unità del genere umano ed essere sacramento di questa unità se noi costruiamo una società contro gli altri? Penso ai profughi … Penso sia un motivo di grande preoccupazione. Noi dobbiamo lottare perché non sia così, soprattutto a livello culturale.
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