2017-10-04 18:29:00

Card. Bassetti a Firenze: percorso graduale verso cittadinanza


di Giada Aquilino

Prima un’opera “di accoglienza, integrazione, accompagnamento”, poi “si può arrivare anche al diritto di cittadinanza”, perché la cittadinanza è qualcosa che ci si conquista “gradualmente” con un inserimento “progressivo nel tipo di civiltà, di nazione in cui siamo”. Così a Firenze il presidente della Conferenza episcopale italiana, il card. Gualtiero Bassetti, rispondendo ai cronisti che gli chiedevano della legge sullo ius soli in Italia, riguardo alla quale - ha detto - “c’è ancora del cammino da fare”. Il porporato ha tenuto una lectio magistralis nel capoluogo toscano, inaugurando l’anno accademico della Facoltà teologica dell’Italia centrale, nel ventennale della sua costituzione.

Riallacciandosi all’Evangelii gaudium, il cardinale ha ricordato come l’esortazione apostolica di Papa Francesco sia un appello alla Chiesa “a non lasciare le cose come stanno”. Essa ha inaugurato una “nuova fase della ricezione del concilio Vaticano II”, più capace di “ossigenarsi” col respiro delle periferie, non più “impaurita” dalla collegialità e dalla sinodalità, più consapevole del fondamento teologico e dottrinario della “medicina della misericordia”.

Non è vero che il mondo di oggi, ha sottolineato il presidente della Cei, sia refrattario al Vangelo: piuttosto è il Vangelo l’unica “rivoluzione che questo mondo ancora attende”. Annunciando la misericordia di Dio, si rimette infatti “al centro l’uomo”, liberandolo dalla “idolatria del profitto e dei consumi” che produce “scarti umani”, dal “razzismo pratico” che ci lascia indifferenti davanti alle tragedie dell’umanità perché in esse non riconosciamo noi stessi, dalla “tirannia” della solitudine e della competizione perenne, dalla follia del principio per il quale “tutto ciò che è tecnologicamente possibile ed economicamente profittevole è anche fattibile”, a prescindere dalla dignità della vita umana e dagli equilibri ecologici. Occorre quindi, spiega il cardinale Bassetti, che ci lasciamo rivoluzionare la vita da Gesù Cristo e che il suo Vangelo ci spinga “fuori da tutti i recinti che ci dividono dagli altri”.

In tale prospettiva, le facoltà teologiche - è stata l’esortazione finale - non siano “laboratori asettici” ma luoghi dove si abbia il coraggio di “abitare le frontiere”

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