di Amedeo Lomonaco
“Ogni passo è stato preparato da incontri e dialoghi che hanno consentito di stabilire
legami profondi di stima e di amicizia che hanno reso più bello e più ricco,
umanamente e spiritualmente, il rapporto diplomatico”. Così, ieri, il card. Leonardo
Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, durante la celebrazione
eucaristica nel 25.mo delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Repubblica di
Armenia, presso la Chiesa di San Nicola da Tolentino del Pontificio Collegio
Armeno. Hanno concelebrato mons. Boutros Maryati, arcivescovo armeno cattolico di
Aleppo (Siria), mons. Giorgio Chezza, della nunziatura apostolica in Italia, padre
Lorenzo Lorusso, sotto-Segretario del Dicastero orientale, il rettore del Collegio
armeno e altri presbiteri.
Il cammino durante i 25 anni di relazioni diplomatiche – ha detto
il porporato - è ricco di punti luminosi. Tra questi, i viaggi
apostolici di San Giovanni Paolo II nel 2001 e di Papa Francesco lo scorso anno,
le sette visite dei Presidenti della Repubblica armena in Vaticano. “Consideriamo
queste pagine di amicizia – ha affermato il card. Sandri - come un vero dono di Dio”.
Tra i punti luminosi, anche “la creazione dell’Ordinariato per i fedeli armeno cattolici
in Europa Orientale, con sede in Armenia, a cui tanto contribuì la stima e l’amicizia
tra san Giovanni Paolo II e il Catholicos Vasken”.
Il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali ha ricordato, in particolare,
l’annosa questione del territorio del Nagorno-Karabakh, conteso da
Armenia e Azerbaigian. “Nel suo viaggio di ritorno dall’Armenia – ha detto il card.
Sandri - il Santo Padre Francesco salutava con speranza l’incontro avvenuto tramite
il Presidente russo tra i Presidenti armeno ed azero; ci associamo al medesimo auspicio
pensando all’analoga occasione, poche settimane fa, che ha visto incontrare nuovamente
con Sua Santità Kyrill di Mosca il Catholicos Patriarca Karekin II e lo Sheikh dell’Islam
azero: insieme diciamo con forza che non c’è alternativa alla pace, e va posto
termine ad ogni dolore e sofferenza, a maggior ragione quando essa colpisce la popolazione
civile inerme”.
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