2017-09-19 20:12:00

Processo Vaticano. Profiti: "no ristrutturazione ma investimento"


di Massimiliano Menichetti

La terza udienza in Vaticano del processo per la distrazione di fondi della Fondazione Bambino Gesù è stata tutta dedicata all’interrogatorio dell’ex presidente, Giuseppe Profiti. L’altro imputato di peculato, il tesoriere Massimo Spina, sarà ascoltato il prossimo giovedì 21, a partire dalle 14.15, insieme ai testi Marco Bargellini e Gianantonio Bandera, quest’ultimo oggi non presente in aula per “giustificati motivi di salute”.

L’ex presidente della Fondazione Bambino Gesù, sollecitato dai magistrati e avvocati, in circa sei ore, ha ricostruito responsabilità ed oneri relativi alla vicenda della ristrutturazione dell’appartamento del segretario di Stato emerito, il cardinale Tarcisio Bertone.

Ripercorrendo i fatti sin dal suo insediamento nel gennaio 2008, in qualità di presidente dell’ospedale Bambino Gesù, e presidente della Fondazione nel maggio dello stesso anno, ha respinto ogni addebito nei suoi confronti.

Ha spiegato che l’idea di ristrutturare l’abitazione del porporato rientrava in una strategia di raccolta fondi, del tutto lecita e conosciuta dal cardinale. Ha citato lo statuto della Fondazione, in vigore ai tempi del suo mandato, il quale consentiva, lo “svolgimento di qualunque altra attività purché connessa e non prevalente rispetto a quelle istituzionali”. Una espressa possibilità prevista fin dal 2010 – ha spiegato – per “ampliare l’operatività della Fondazione al pari delle Onlus”.

Ha contestato l’addebito di “mala gestio” precisando che l’ammontare delle “spese dei lavori” per la ristrutturazione dell’appartamento di Palazzo San Carlo “era il 5% della raccolta fondi complessiva della Fondazione nel periodo d’esercizio 2013-2014”. Ma non solo: secondo Profiti le strategie di fundraising avviate “nel triennio precedente mostravano ottimi risultati, con incrementi del 15%”. A sostegno di una buona gestione anche una “certificazione” dell’azienda di servizi, consulenza e revisione “Deloitte”, che mostrerebbe – secondo una memoria depositata in Cancelleria – che “oltre il 99% delle somme raccolte dalla Fondazione veniva girato all’ospedale Bambino Gesù”.

L’ex presidente - che lasciò gli incarichi vaticani nel febbraio 2015 dopo averlo “convenuto” con il cardinale Bertone ad ottobre 2014 - ha parlato di impossibilità di reperire via internet i dati di bilancio dell’Ospedale e della Fondazione dal 2014 e - citando sempre documenti agli atti - di un “presumibile calo” delle donazioni arrivato oltre alla metà del 2016.

Sulla scelta dell’imprenditore Bandera, che secondo l’accusa sarebbe stato favorito da Profiti e Spina, l’ex presidente ha detto che la Fondazione non ha avuto alcun ruolo nella selezione e neanche nella “definizione dei lavori”, come non si è occupata delle necessarie “autorizzazioni”.

“Ho agito - ha rimarcato l’imputato - sulla base di un capitolato e preventivo autorizzato dal Governatorato sia per l’esecuzione dei lavori sia per quanto riguarda l’individuazione della ditta”.

Ha confermato che la somma erogata dalla Fondazione è stata di 422mila euro e “che nel novembre del 2013 non si poteva avere conoscenza delle difficoltà delle società facenti capo a Bandera”. Ad ulteriore conferma il fatto che “il Governatorato affidò all’imprenditore altri lavori nel dicembre” dello stesso anno.

“Unico soggetto che ha tratto vantaggio da questa operazione è il Governatorato – ha proseguito precisando la stima iniziale di spesa – che ha avuto un arricchimento di circa 560 mila euro e quandanche ritenesse di ristorare la Fondazione e l’Ospedale di 422 mila euro - ovvero la cifra effettivamente pagata - rimarrebbe un vantaggio patrimoniale indebito di circa 140 mila euro”.

Profiti ha comunque confermato la paternità della decisione della spesa per la ristrutturazione dell’abitazione del porporato, ma che la Fondazione non solo sarebbe rientrata di tale investimento "in 48-60 mesi” ma ci sarebbe stato il “raddoppio della raccolta”. L’idea in concreto era quella di organizzare incontri riservati con piccoli gruppi di donatori alla presenza di un “patrono, un testimonial”. La location presentava diversi vantaggi come: “la flessibilità, il non dover chiedere autorizzazioni in ordine alla sicurezza… il rilievo che comportava per gli ospiti essere ricevuti nell’appartamento del cardinale”.

Ha sostenuto che la Fondazione si fece carico dei lavori per rifare l'appartamento, mentre il Governatorato delle parti comuni di Palazzo San Carlo. "E' falso - ha detto - che ci sia una sovrapposizione delle fatture perché hanno causali diverse”, precisando che l'ultimo “pagamento effettuato dalla Fondazione, maggio 2014, è precedente al primo effettuato dal Governatorato che avvenne ad agosto 2014”.

Profiti ha poi spiegato che Bandera aveva già lavorato per l'ospedale Bambino Gesù, in particolare per il centro di San Paolo Fuori le Mura, nel 2008. E che lo stesso cardinale Bertone lo aveva segnalato come “imprenditore affidabile”. Infatti a fine dicembre 2007 - poco prima del suo insediamento - vennero decisi degli interventi, in quella circostanza ricevette il nome del costruttore “dal segretario di Stato” e lo segnalò a sua volta “all'azienda che si era aggiudicata” le attività edilizie. “Venne quindi costituita un’associazione temporanea d’impresa”.

Sollecitato sul ruolo avuto da Massimo Spina, l’ex presidente ha evidenziato che il tesoriere “aveva il mero compito di curare lo svolgimento della fase istruttoria in vista del pagamento delle fatture” e “non aveva altro potere”. “Non è membro né partecipante - ha aggiunto - del Consiglio Direttivo della Fondazione" al quale “era invitato solo ad assistere”. 

Dall’interrogatorio è emerso anche che “in alcuni casi” veniva chiesta ai titolari d’impresa “una donazione” a copertura delle spese sostenute per i lavori effettuati dall’Ospedale Bambino Gesù o dalla Fondazione. “Un comportamento che ho inteso continuare”, ha detto Profiti rispondendo al Promotore di Giustizia Aggiunto che chiedeva se Bandera fosse stato sollecitato a donare 300mila euro.

Profiti ha poi confermato che aveva parlato con il cardinale Bertone del progetto sull’appartamento anche verbalmente oltre che con lettera, agli atti, che mostra consonanza. E in merito alla verifica dell’avanzamento dei lavori l'imputato ha spiegato che si informava telefonicamente con “suor Carmen", contatto che gli "era stato indicato dal segretario di Stato emerito".








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