2017-09-12 07:35:00

Card. Rosa Chavez: mons. Romero santo, se il Salvador lo invocherà


di Francesca Sabatinelli, inviata a Münster

A Münster si conclude oggi l'annuale incontro promosso dalla Comunità di Sant'Egidio 'religioni e culture in dialogo' che quest'anno ha per tema “Strade di pace”. Nella città tedesca, leader religiosi, personalità della politica e della cultura di tutto il mondo, dibattono alla ricerca di percorsi comuni alternativi alla violenza e alla guerra, ma anche alle povertà e al disagio sociale. Tra i partecipanti all'incontro anche il cardinale salvadoregno Gregorio Rosa Chavez il quale ha voluto fare il punto sul processo di canonizzazione del beato mons. Oscar Romero

R. - Parlando con Papa Francesco, abbiamo visto che la cosa importante è preparare il popolo per il momento della canonizzazione, cioè il popolo deve  imparare a conoscere Romero e ad invocarlo. Abbiamo bisogno di un po’ di tempo. La parte relativa ai miracoli va bene per i dati che abbiamo; da ciò che sappiamo, sembra che il miracolo sarà approvato, ma soprattutto ci interessa che sia qualcosa di imitato e di invocato.

D. - Il viaggio del Papa in Colombia è appena finito. Il Pontefice ha fatto delle denunce molto forti per quello che riguarda la droga e l’azione dei narcotrafficanti …

R. – El País ha pubblicato un articolo in cui diceva che la Chiesa è cambiata in America Latina. L’approccio di Francesco in Colombia è globale; è la Chiesa che lui sogna per l’America Latina. È impressionante vedere i suoi discorsi nei quali parla di elementi per creare una visione globale della Chiesa che lui sogna: lui vuole una Chiesa che faccia parte della storia della gente, che possa consolare, accarezzare le ferite; una Chiesa che prepari una strada per la pace. Il discorso che ha fatto a Medellín è stato impressionante. Medellín è stato un punto iniziale in America Latina: ha prodotto dei martiri. Dunque questa Chiesa porta al martirio. Siamo una Chiesa di martiri. Il Papa, inoltre, parla apertamente della dignità della persona, soprattutto a Cartagena e, cosa ancora più importante, dà alla Colombia le chiavi per la riconciliazione. Non si può fare a meno della verità, ma questo non basta: ci vuole verità, giustizia, perdono e misericordia. Le parole del Papa sono un riassunto perfetto, ma sono difficili da applicare, ma è l’unico modo che porta alla riconciliazione. È un viaggio emblematico; è come la parabola del mondo che il Papa sogna per la Chiesa. Bene, in America Latina questo di può avverare.

D. - Qual è il messaggio che il Papa lascia all’America Latina e qual è l’eredità di mons. Oscar Romero?

R. – Il messaggio è ciò che lui è, poi arrivano i gesti, quello che fa. La Colombia è un Paese che ha tante difficoltà a trovare una risposta che venga accettata, ma lui ci è riuscito; è riuscito a camminare attraverso ostacoli enormi, è riuscito a parlare a tutto il Paese – un Paese diviso – e tutto quello che ha detto è meraviglioso; ogni parola era pensata. Il Papa vede Romero come un’icona; è il pastore che lui vuole. La Chiesa è quella che il Papa vuole, ovvero una Chiesa dei poveri per i poveri. Romero è come una sintesi viva di quello che lui vuole per tutto il mondo. Mi colpisce sentire il Papa parlare della conoscenza di Romero, il quale aveva uno sguardo universale proprio come Papa Francesco.

D. - Il Salvador aspetta Papa Francesco?

R. -  Aspettiamo il Papa, ma c’è una condizione: un Paese così violento come il nostro deve cambiare perché lui possa arrivare. Questa è la grande sfida quando parliamo di questo , perché c’è proprio una guerra e la gente soffre tantissimo e ingiustamente. Abbiamo bisogno di una soluzione che ancora non abbiamo trovato. La riflessione è la sola arma che usiamo, ma siamo paralizzati: non sappiamo come andare avanti. Questa è la nostra grande sfida, ma per noi è anche una possibilità. Questo incontro sarà utile anche per me. Per trovare nuove vie dobbiamo essere, in quanto Chiesa, degli strumenti affinché i nostri Paesi ritrovino le vie per la pace e lascino da parte la morte. 








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