di Alessandro Gisotti
All’Angelus a Cartagena, davanti alla chiesa di San Pietro Claver, il pensiero di Papa Francesco va alla popolazione del vicino Venezuela, sconvolta dalla violenza. Il Pontefice esprime la “vicinanza ad ognuno dei figli e delle figlie di quella amata nazione, come pure a coloro che hanno trovato in questa terra colombiana un luogo di accoglienza”. Da questa città, “sede dei diritti umani – ha soggiunto – faccio appello affinché si respinga ogni tipo di violenza nella vita politica e si trovi una soluzione alla grave crisi che si sta vivendo e che tocca tutti, specialmente i più poveri e svantaggiati della società”.
Prima dell’appello per il Venezuela, il Papa aveva ricordato come il Signore sempre prediliga i deboli e gli umili, così come ha fatto con Maria Ramos, la donna che accolse l’immagine della Vergine di Chiquinquirá, tanto amata dai colombiani. Ha così messo l’accento sulla figura di San Pietro Claver che, ha detto, ci ha testimoniato che “la carità va al di là di tutte le lingue”. Egli, ha rammentato, “aspettava le navi che arrivavano dall’Africa al principale mercato di schiavi del nuovo mondo”. San Pietro Claver sapeva che “il linguaggio della carità e della misericordia era capito da tutti”. Di fatto, “la carità aiuta a comprendere la verità e la verità esige gesti di carità. Le due cose non possono essere separate, vanno insieme”. E, ha sottolineato, “quando sentiva ripugnanza verso di loro, perché arrivavano, questi poveretti, in uno stato che era davvero ripugnante, Pietro Claver baciava le loro piaghe”.
Questo Santo, ha quindi aggiunto, “è morto abbandonato, si sono dimenticati di lui, e ha trascorso gli ultimi quattro anni della sua vita malato e nella sua cella, in uno spaventoso stato di abbandono”. Ma Dio, ha concluso, non lo ha dimenticato, “lo ha ricompensato in un altro modo”. San Pietro Claver “ha testimoniato in modo formidabile la responsabilità e l’attenzione che ognuno di noi deve avere per suoi i fratelli”.
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