2017-09-09 09:00:00

Colombia. L'incontro del Papa con i Gesuiti: sempre accanto agli ultimi


di Giada Aquilino, inviata a Bogotá

Questa domenica il Papa si trasferisce a Cartagena de Indias, nel Nord della Colombia. La tappa in questa città che si affaccia sul Mar dei Caraibi prevede, tra l’altro, la visita alla Casa Santuario di San Pietro Claver (1581–1654), il Gesuita spagnolo che si dedicò per quasi quarant’anni a difendere le vittime della tratta degli schiavi. Qui il Papa incontrerà circa 300 afroamericani assistiti dai Gesuiti. La Compagnia di Gesù in Colombia continua ad essere al fianco degli ultimi, fornendo anche un’importante contributo educativo ai giovani del Paese. Ne abbiamo parlato con il padre gesuita Luis Javier Sarralde Delgado, assistente del provinciale in Colombia per le opere apostoliche dei Gesuiti:

R. – La missione fondamentale della Compagnia, per quanto riguarda la sua tradizione umanistica nel campo dell’educazione, è quella di tentare di formare i ragazzi e le ragazze affinché, durante il periodo di formazione scolastica, possano prendere sul serio la cura della realtà, in questo caso della realtà colombiana: una realtà molto sofferta e martoriata a causa del conflitto armato. La nostra educazione, con la spiritualità che emerge dagli Esercizi spirituali di Sant’Ignazio, si fonda su una formazione che possa permettere a ciascuno di cogliere la giusta interpretazione della realtà e come quella realtà possa essere trasformata: nel nostro caso, da una realtà di violenza a quella di una società capace di vivere in pace e nel dialogo rispettoso dell’altro e della diversità.

D. – È possibile fare un esempio concreto, di come trasformare questo momento storico della Colombia in un’occasione di pace e di rispetto per l’altro?

R. – I ragazzi delle nostre scuole vivono delle esperienze e hanno l’opportunità di fare dei piccoli periodi di missione in zone martoriate della Colombia, accompagnando piccole comunità di contadini e di vittime, anche per incontri che permettano loro di avere in questo modo una maggiore consapevolezza della realtà di chi non ha mezzi e di altre realtà di sofferenza.

D. – Ci può offrire la testimonianza di un giovane che le ha raccontato di un’esperienza accanto a una vittima, un ex guerrigliero, dei contadini di una zona particolarmente colpita dalla guerra?

R. – Sì, gli studenti della nostra università hanno accompagnato alcune vittime del conflitto negli incontri con i guerriglieri, in cooperazione con il Centro de Investigación y Educación Popular, per sviluppare dei dialoghi  di riconciliazione, alla presenza di qualche componente anche spirituale, con i guerriglieri che hanno terminato da pochi mesi la guerra. Abbiamo avuto la testimonianza di uno studente che accompagnava un paio di guerrigliere che in 28 anni non erano mai salite su una macchina, perché si erano mosse sempre a piedi per le montagne.

D. – Quale messaggio vi aspettate da Papa Francesco come Gesuiti?

R. – Che noi dobbiamo essere testimoni di un lavoro che genera fraternità e pace.

D. – Quale esempio da San Pietro Claver?

R. – E’ il suo impegno con quella popolazione massacrata e lasciata nell’abbandono, che fu la popolazione africana arrivata in America all’epoca della colonizzazione spagnola. Quindi Pietro Claver rappresenta per noi un chiaro esempio di questa testimonianza a favore dei diritti umani di coloro che soffrono, dei “più piccoli”: al suo tempo erano i neri, che lavoravano come schiavi; ma anche ora, nella realtà odierna, possiamo dire che ci sono altre “schiavitù”, come la mancanza dei beni di prima necessità e dei servizi pubblici essenziali e la terribile disuguaglianza generata dal non avere accesso alle comunicazioni, come Internet. Quindi il messaggio che ci offre Pietro Claver è ancora attualissimo: prendersi cura dei più piccoli e di quelli che soffrono. 

Ascolta l'audio e scarica il podcast dell'intervista a padre Sarralde








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