2017-09-01 11:10:00

Card. Parolin: Papa in Colombia per una nuova riconciliazione


di Barbara Castelli

"Facciamo il primo passo”: è il motto del 20.esimo viaggio apostolico di Papa Francesco, in Colombia dal 6 all’11 settembre. L’appuntamento, annunciato nove mesi dopo la firma dell’accordo di pace de L’Avana, intende anzitutto suggellare il nuovo corso di riconciliazione nazionale, dopo anni di sanguinosi conflitti.

La visita si svolgerà seguendo differenti temi giornalieri: a Bogotà l’ambito prescelto sarà 'artigiani di pace e promotori della vita'; a Villavicencio l’accento verrà messo sulla 'riconciliazione'; a Medellín: 'vocazione cristiana e apostolato'; mentre a Cartagena protagonisti saranno i temi della 'dignità della persona e quello dei diritti umani'. Sull’importanza di questo viaggio, tanto atteso, in questo momento preciso della storia del Paese, abbiamo raccolto il commento del segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin.

R. - La visita del Papa in Colombia ha un carattere essenzialmente pastorale, come del resto tutte le visite del Papa nei vari Paesi, e quindi ha lo scopo, ha l’intenzione – diciamo – di confermare e di incoraggiare i fratelli nella fede, di vivificare la loro carità e di spronarli a vivere la speranza cristiana. Naturalmente si colloca in un momento molto particolare della vita del Paese, in quanto è iniziato un processo di pace dopo cinquant'anni di conflitti e di violenza e questo lo rende particolarmente importante. Il Papa, come pastore della Chiesa universale e come leader spirituale, vuole affiancarsi a questo processo, incoraggiandolo, perché davvero, dopo tanti lutti, tante distruzioni, tante sofferenze, il popolo colombiano, la Nazione colombiana possa conoscere una nuova realtà di pace e di concordia.

D. - La pace è stata finalmente raggiunta, entriamo ora in una delle fasi più delicate. Quali sono gli aspetti ai quali la Santa Sede e la Chiesa locale guardano e incoraggiano con maggiore attenzione?

R. - Entriamo nella fase dell’applicazione, non basta firmare un documento. Certamente è necessario, un passo necessario, indispensabile, ma evidentemente non è sufficiente: c’è tutto un cammino da fare, a partire proprio dalla firma, dalla sottoscrizione di questi accordi. Ed è un cammino che si deve compiere nella quotidianità ed è un cammino che deve coinvolgere tutti e che deve coinvolgere tutto di tutti, cioè soprattutto il cuore e la mente. Io credo che il compito, la missione fondamentale della Chiesa, in questo momento, sia quello di favorire la riconciliazione. Questo è il punto centrale: mi pare che ce ne sia tanto bisogno, proprio perché la pace non sarà una realtà presente, una realtà viva ed effettiva se non nella misura in cui ci sarà una riconciliazione all’interno del popolo colombiano. E naturalmente uno degli strumenti principali di questa riconciliazione è la capacità del perdono, la capacità di dare e di ricevere perdono.

D. - Quale è, nello specifico oggi, la vita della Chiesa in Colombia?

R. - Io credo che si tratti di una Chiesa viva e di una Chiesa generosa, (…) che è vissuta in un contesto di conflitto e di violenza, che in parte l’ha colpita anche, (…) ma che non si è lasciata intimidire, non si è lasciata diciamo spaventare o impaurire e che ha continuato ad accompagnare i suoi fedeli, i quali si sono sentiti incoraggiati e sostenuti nella speranza proprio da questa presenza della Chiesa, una Chiesa che lavora, lavora seriamente per la difesa e la promozione della dignità della persona e per la difesa e la promozione dei diritti umani, soprattutto attraverso le sue molte opere di carità e di solidarietà.

D. - Il motto della visita è “Facciamo il primo passo”: un invito a tutti a essere missionari di riconciliazione. In concreto, come è possibile farlo, soprattutto pensando alle tante ferite ancora aperte oggi?

R. - Sanare i cuori e curare le ferite, dare speranza, che poi è un po’ il carburante che alimenta un cammino concreto di riconciliazione e di pace. Questo motto mi pare importante perché è declinato al plurale, quindi, coinvolge tutti: tutti devono sentirsi coinvolti in questo cammino, in questo processo, in questo itinerario.








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