2017-08-25 12:22:00

I cristiani di Orissa chiedono ancora giustizia a 9 anni dai massacri


di Benedetta Capelli

Nove anni fa, nel distretto indiano di Kandhamal, nello Stato indiano dell'Orissa, si verificò uno dei più feroci massacri contro i cristiani del Paese ad opera di estremisti indù. Almeno diecimila persone di ogni credo religioso hanno ricordato quanto accaduto nel cosiddetto “Kandhamal Day”, una giornata volta anche a mostrare solidarietà e amore alle vittime delle violenze. Il 25 agosto del 2008 circa 100 persone vennero uccise, 40 le donne stuprate, molestate e umiliate; distrutte e saccheggiate 300 chiese, oltre a conventi, scuole e istituti di assistenza. Quasi 56mila fedeli furono costretti alla fuga dai radicali indù che accusarono i cristiani dell’uccisione del loro leader Laxamananda Saraswati, nonostante l’ammissione di colpa da parte di guerriglieri maoisti. Ad oggi si sta lottando perché emerga completamente la verità e si proceda ad un risarcimento equo per le vittime e per le loro famiglie. Cosa chiedono i sopravvissuti? Al microfono di Carmel Ann Coutinho’s risponde mons. John Barwa, arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar:

R. – I sopravvissuti chiedono giustizia. Reclamano innanzitutto l’attuazione della sentenza della Corte Suprema del 2 agosto 2016 (con la riapertura immediata dei casi in cui le assoluzioni degli aggressori non sono giustificate dai fatti e i risarcimenti alle vittime sono palesemente insignificanti, ndr); chiedono che i risarcimenti siano in linea con i casi di violenza (contro i musulmani) verificatisi a Muzaffarnagar (nel settembre 2013); si tratta di riaprire 315 casi di violenza, chiusi o assolti; chiedono pacchetti speciali per la riparazione o la ricostruzione non ancora avvenuta delle case distrutte o danneggiate; l’apertura di consigli per le minoranze e la creazione quanto prima di una commissione per le minoranze dell’Orissa; chiedono borse di studio per le minoranze e la eliminazione della legge anti-conversione in vigore in Orissa e dell’articolo 3 della Costituzione sulle “Scheduled Castes” (che dà diritti ai dalit, i cosiddetti “intoccabili”, se sono indù, buddisti e sikh, ma non se sono cristiani e musulmani, ndr).

D. – Nel suo recente Motu proprio Papa Francesco afferma che coloro che hanno liberamente offerto la loro vita per altri possono essere presi in considerazione per la canonizzazione. Questo può essere valido anche per i nostri fratelli e le nostre sorelle di Khandhamal, che hanno offerto la vita per la loro fede?

R. – E’ stato costituito un gruppo che con grande impegno sta verificando la storia delle persone che hanno sacrificato la loro vita per la fede. Una volta completato questo impegno, affronteremo le ulteriori procedure.

D. – Quante chiese e quante case sono state ricostruite a tutt’oggi?

R. – La ricostruzione di case e chiese è stata effettuata al 60%. Il nostro impegno consiste nel rendere note le aspettative dei sopravvissuti ai funzionari del governo. Credo che per riuscire nel nostro intento, abbiamo bisogno del supporto della preghiera, dell’intervento e della collaborazione di tutti affinché siano ottenuti giustizia e un equo risarcimento.

D. – Infine, cos’altro vuole dirci?

R. – Stiamo seguendo questo percorso da nove anni e abbiamo sentito il grande supporto e l’affetto di ciascuno di voi, attraverso le vostre preghiere e i vostri contributi economici: abbiamo ancora bisogno del vostro sostegno e del vostro incoraggiamento. Dio vi benedica!








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