2017-08-24 13:37:00

Un anno fa il sisma in Centro Italia: speranza vinca burocrazia


di Cecilia Seppia

Silenzio e preghiera: non serve altro nel giorno in cui l’Italia ricorda la tragedia immane che il 24 agosto dello scorso anno alle 3.36 del mattino spazzò via Amatrice e colpì alcuni comuni limitrofi di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo con una violenta scossa sismica di magnitudo 6.0.  Le commemorazioni iniziano all’1.30 di notte in una tenda nel campo sportivo: prima la veglia, poi la fiaccolata per le strade percorribili della città, fino al parco Don Minozzi, sfiorando la zona, che un anno dopo il terremoto, resta ancora “rossa”. Momento culmine la lettura dei nomi delle 239 vittime. Nomi di figli, padri, madri, nonni e nipoti che non ci sono più ma che rivivono nel rintocco delle campane, nelle lacrime dei parenti, nei racconti tratti dal libro “Gocce di Memoria” che per un attimo restituiscono tutti questi morti, alla loro terra. Nessuna telecamera, nessuna ripresa con i telefonini, per espressa volontà dei parenti, così come l'appello a non fare polemiche, nemmeno sui social.

E’ seguita in diretta sulle reti nazionali invece, la Messa celebrata alle 11 sempre ad Amatrice, dal vescovo di Rieti mons. Domenico Pompili, alla presenza delle autorità locali e del premier italiano Paolo Gentiloni. L’omelia breve di mons. Pompili colpisce nel segno, mentre parla della eroica resistenza della popolazione a questo tragico evento che ha polverizzato legami e ambienti. Rinascita è ancora la parola chiave che mons. Pompili desume dal Libro dell’Apocalisse. “Per rinascere, però - sottolinea - non basteranno eroi solitari. Anzi, a dirla tutta, una comunità senza eroi è una comunità eroica. È la fuga dalla propria quota di impegno, infatti, che lascia le macerie dove sono; impedisce di ritornare; abbandona i più. Qui non si tratta di attribuire colpe a qualcuno o distribuire medaglie a qualcun altro, ma di fare quello che ci spetta. Per concludere evangelicamente: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. Rinviare non paga mai, ripete il vescovo di Rieti, che invoca una “ricostruzione vera” e autentica capace di guardare avanti, allargare l’orizzonte pur conservando le ferite", le stesse che hanno lacerato i cuori e le case. 

Ad Amatrice arriva la corona di fiori inviata dal Presidente Sergio Mattarella, mentre anche Accumoli e Arquata del Tronto celebrano e ricordano i loro cari inghiottiti dalle macerie, con le bandiere a mezz’asta e il lutto cittadino. Il sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi che in questi 12 mesi è stato sempre al fianco della sua gente auspica un’accelerazione nella ricostruzione: “Mi auguro – dice al microfono dell’inviato Alessandro Guarasci – che il prossimo anno non ci siano più le macerie”.

Infondono coraggio le parole del card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Citta' della Pieve e presidente della Cei, che invita Amatrice e tutti i comuni del Centro Italia ad andare avanti, ritrovando "la forza dei padri che pur tra mille difficoltà hanno sempre avuto la forza di reagire alle distruzioni umane o naturali", ma non può non lanciare il monito a recuperare il patrimonio: "Un lembo d'Italia meraviglioso, che la passione, il genio e il lavoro dei nostri padri e della popolazione attuale ha reso un vero paradiso di bellezza. Oggi, a motivo del terremoto, tutto questo patrimonio rischia di andare perduto per sempre. Per questo motivo, occorre trovare delle vie sagge, percorribili e concrete per recuperarlo, al di la' dei possibili errori e ritardi. Lo dimostra lo stato della chiesa cattedrale dell'Aquila, dove i lavori non sono ancora iniziati".  Anche il messaggio per l’occasione che mons. Giovanni D’Ercole vescovo di Ascoli Piceno affida al sito della diocesi, va in questa direzione, mentre loda “i miracoli dell’amore e della generosità” che in questi mesi ha visto realizzarsi con i suoi occhi. “L’anniversario del terremoto – scrive mons. D’Ercole - vuole essere anche sforzo di speranza, puntando a una visione del futuro positiva anche se le difficoltà, gli ostacoli e gli intralci della burocrazia spietata tentano di spingere lo spirito a un realismo fatale che rasenta il fatalismo della disperazione”.

I cittadini di Amatrice che sono rimasti nelle tende, pur non avendo più niente, chiedono a gran voce che non si spengano i riflettori, che si continui a dar loro la giusta rilevanza, che nessuno sia abbandonato. Emma Moriconi, volontaria, membro dello staff del sindaco Pirozzi, parla di una normalità appena ritrovata con l’apertura pochi giorni fa del supermercato, dell’edicola dove comprare i quotidiani che per 11 mesi e mezzo ad Amatrice non sono mai arrivati. “Il terremoto - ammette - ci ha insegnato che nulla è scontato nella vita, nemmeno lo spazzolino con cui ti lavi i denti”.

La voglia di ripartire, pur nel dolore c’è anche nelle parole di don Fabrizio Borrello, direttore della Caritas diocesana di Rieti che con i suoi ragazzi è stato accanto alle persone provvedendo ad ogni loro bisogno: dal pane, ai vestiti, senza far mai mancare la carezza del conforto e la forza della fede.

 








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