2017-08-17 13:19:00

Filippine: la "guerra alla droga" provoca 58 morti in 3 giorni


di Eugenio Murrali

Sale il bilancio dei morti dell’operazione anti-droga “One Time - Big Time”. Il giorno più sanguinoso è stato mercoledì 15 agosto: 32 morti, 107 arresti, risultato di 67 retate nella provincia di Bulacan a Nord di Manila. Il capo della polizia locale, Romeo Caramat, ha detto che già altre volte in passato sono state compiute operazioni “One Time - Big Tme”, ma che, in questo caso, siamo di fronte al più alto numero di morti. Tra mercoledì e giovedì, poi, a Manila la polizia ha ucciso altri 25 sospetti criminali della droga. Bulacan, con un totale di 450 morti e 4000 arresti, è una delle zone più interessate dalla “guerra antidroga” dichiarata dal presidente Duterte un anno fa. 

Amnesty International chiede una commissione di inchiesta. “Queste morti scioccanti ci ricordano che l’illegale ‘guerra della droga’ del presidente Duterte va avanti senza sosta, anzi pare raggiungere nuovi livelli di barbarie: uccidere i sospetti, violare il loro diritto alla vita e ignorare le regole del giusto processo sono ormai la routine”, ha dichiarato James Gomez, direttore di Amnesty International per l’Asia Sud-orientale e il Pacifico. Gomez invoca l’istituzione di una commissione di inchiesta internazionale sulla “guerra alla droga” e sulla carneficina in corso nelle Filippine. Già nel gennaio 2017 Amnesty International ha pubblicato un rapporto dal titolo “Se sei povero vieni ucciso”, in cui ha denunciato la violenza di migliaia di esecuzioni extragiudiziali compiute nell’ambito della campagna antidroga governativa.

Il presidente delle Filippine ha fatto della lotta alla droga una delle bandiere della sua azione di governo. Da luglio 2016 a luglio 2017  i morti della “guerra alla droga” dichiarata da Duterte sarebbero, secondo i dati forniti dalla polizia filippina, 3451, 96.703 gli arresti, 68.214 le operazioni condotteIl presidente ha avuto scontri anche con la comunità internazionale. A settembre 2016 i suoi insulti al presidente americano Barack Obama, che aveva invitato alla prudenza nella lotta alla droga, hanno fatto il giro del mondo. Il presidente si è pronunciato con durezza anche contro gli attivisti per i diritti umani e ha invitato la polizia a sparare contro chi ostacola la giustizia.

La chiesa filippina ha espresso condanna e preoccupazione. I vescovi si sono pronunciati più volte denunciando la gravità della situazione. In passato sia il cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, che mons. Broderick S. Pabillo, vescovo ausiliare, pur condannando duramente il narcotraffico, hanno puntato il dito contro i molti omicidi extragiudiziari, invocato il rispetto della vita umana.

Padre Giovanni Re, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME), ci descrive da Manila l’atmosfera che si respira da quando Duterte ha dichiarato la sua “guerra alla droga” e si dice preoccupato per la reazione della popolazione, ma afferma che "le parrocchie cercano di far capire alla gente che non è bene uccidere gli altri".

Ascolta e scarica il podcast dell’intervista integrale a padre Giovanni Re

 








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