2017-08-16 12:15:00

Mons. Biguzzi: le parole del Papa sono un balsamo per la Sierra Leone


di Gabriella Ceraso

"Le parole del Papa sono un balsamo per tutti coloro che stanno soffrendo in Sierra Leone e avranno grande risonanza". Così l'arcivescovo emerito di Makeni, mons. Giorgio Biguzzi, accoglie la vicinanza e il dolore espresso in un telegramma da Francesco, dinanzi alla tragedia che ha colpito il piccolo Paese dell'Africa occidentale. Finora un bilancio provvisorio conta 400 morti e circa 600 dispersi.

In centinaia infatti sotto l'azione di una pioggia intensa e incessante, lunedì mattina, quando era ancora notte, sono stati sepolti dal fango nelle loro abitazioni per lo più baraccopoli o costruzioni abusive. Un intero fianco della collina Sugar Loaf di Freetown si è sbriciolato riversandosi sul
sottostante quartiere di Regent, e trasformandosi, insieme all'acqua piovana, in torrenti di fango di diversi metri di profondità.

"Ormai lo sviluppo edilizio senza controllo e il disboscamento sono tali da rendere tutta l'area fragile. Da qui la tragedia", spiega mons. Biguzzi, che in Sierra Leone è stato per 10 anni come missionario saveriano e 25 come pastore e guida della diocesi di Makeni. Prima la guerra civile poi l'epidemia di Ebola hanno reso il Paese estremamente fragile: "Non ci sono infrastrutture, sicuramente non ci saranno ambulanze né mezzi per ripristinare la viabilità e per portare soccorso". Anche il presidente Koroma, di fronte ad un Paese in ginocchio, ha chiesto la massima collaborazione internazionale alle Ong e ai governi. Servono cibo, acqua potabile, medicine e assistenza primaria, mentre si cerca di dare sepoltura ai corpi rinvenuti.

L'Onu ha fatto sapere che le sue squadre di soccorso sono state mobilitate e che si stanno mettendo a punto piani d'azione per arginare qualsiasi potenziale diffusione di epidemie legate all'acqua, come il colera, il tifo e la diarrea, in una feroce lotta contro il tempo. In prima linea anche la Caritas nazionale. 

Ascolta e scarica il podcast con l'intervista a mons Giorgio Biguzzi

R. – E' veramente la carezza del Papa a chi è nella grande sofferenza: è un balsamo ogni volta che lui interviene. Avrà una grande importanza e una grande risonanza nel cuore e nel morale dei sierraleonesi. Il Papa è una figura molto, molto rispettata e conosciuta, anche nelle istituzioni.

D. – Mons. Biguzzi, secondo le sue informazioni qual è la situazione ora in Sierra Leone, in particolare intorno a Freetown?

R. – Si tratta veramente di una tragedia per cui anche il presidente ha dichiarato sette giorni di lutto nazionale. Tutto dovuto a questa stagione, la stagione degli uragani. Da qualche anno c’era già stato qualche segnale di frane, però si è andati avanti senza guardare alle cause o alla possibile prevenzione.

D. – Un terreno che frana facilmente perché è stato disboscato?

R. - E’ stato disboscato senza le strutture necessarie, i canali di irrigazione … c’è stato quasi un assalto alla terra. Ecco, un po’ alla volta queste belle colline sono state consumate dalle costruzioni, e molte di queste case – anche quelle belle, oltre alle baracche – sono abusive; c’è stato il taglio indiscriminato degli alberi e così il terreno è diventato molto fragile, non c’è stato nessun vero sforzo – diremmo noi – per “mettere in sicurezza”. E così, la tragedia è avvenuta: una collina intera, inzuppata, è venuta giù all’improvviso durante la notte e quindi i morti sono stati tanti!

 D. – Immaginiamo che se si tratta soprattutto di baraccopoli, famiglie intere siano state travolte ...

R. – Ma tantissime! Ci sono capanne di latta e quindi sono migliaia le persone che ci vivono in spazi ristretti … infatti non sanno neanche quantificare il disastro né il numero dei morti …

 D. – Chissà mai se si potrà quantificare e soprattutto chissà mai se si potrà dare anche sepoltura a queste persone ...

 R. – No, perché alcuni sono sepolti proprio sotto metri e metri di terra e di sassi. E’ una cosa veramente senza precedenti …

 D. – Mons. Biguzzi, lei conosce questo Paese; ha operato attivamente, tanto. E’ un piccolo Paese dell’Africa dell’Ovest ma è anche uno dei più poveri al mondo …

 R. – E’ un Paese fragile: ci sono ancora le ferite della guerra, più ancora quelle dell’Ebola, che è più vicina … E mentre si stava riprendendo, attraverso nuove infrastrutture, è avvenuto questo: a ricordare la fragilità sia delle istituzioni sia delle infrastrutture sia del terreno. Non sarà una cosa facile. Mentre adesso si tratta di un’emergenza e si affronta quella, si incomincia anche una riflessione sulle cause: perché hanno permesso queste costruzioni abusive e poi il taglio esagerato degli alberi? Non solo per le costruzioni, ma anche per fare la carbonella: infatti, l’unica fonte di energia è il legno! E allora si incomincia a dire che bisogna che le istituzioni competenti e il governo facciano rispettare le leggi, abbiano un piano regolatore e anche modi di provvedere a sorgenti alternative di energia perché la gente possa vivere.

D. – La Chiesa locale si è messa in moto? Perché le autorità hanno chiesto aiuto veramente a 360 gradi …

R. – Ho visto che la Caritas si è allertata subito, con quello che ha, con quello che riceverà, per venire incontro alle famiglie, ai superstiti che si trovano senza casa, agli orfani che hanno perso tutto … alcuni sono venuti addirittura quasi senza vestiti, perché è successo di notte e sono scappati via … Quindi ci sarà bisogno di cibo, di medicine, di fare un piano per i giorni futuri …

 

 

 








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