2017-07-24 10:00:00

Convegno dei diaconi: accoglienza e servizio dei malati


“Diaconi educati all’accoglienza e al servizio dei malati”: è questo il tema del prossimo convegno nazionale organizzato dalla Comunità del Diaconato in Italia e dall’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute della Conferenza episcopale italiana che si svolgerà a Cefalù dal 2 al 5 agosto prossimi. Al centro dell’evento, incontri e dibattiti sul valore del diaconato come servizio ai poveri, ai bisognosi, ai lontani, ai dimenticati. Giovanni Bonomi e Vincenzo Alampi, rispettivamente diaconi di Brescia ed Oppido Mamertina, raccontano, al microfono di Federico Piana, la propria esperienza diretta di questa totale dedizione agli altri, segno di un concreto ‘diaconato in uscita’ come più volte richiesto da Papa Francesco:

R. – Accogliere gli altri vuol dire creare una conoscenza nuova perché generalmente gli sconosciuti hanno paura. Poi quando vediamo che la persona che abbiamo conosciuto è una persona normalissima che ha gli stessi problemi nostri, gli stessi sogni nostri, la speranza nostra, allora noi scopriamo un altro mondo. Queste cose le tocco con mano ogni giorno nel campo e nelle tendopoli e baraccopoli di San Ferdinando che ultimamente ha subito un grosso incendio. Adesso si stanno trasferendo nella nuova tendopoli che sta sorgendo su iniziativa del prefetto di Reggio Calabria. Quindi è uno scambio che arricchisce. Io mi sto arricchendo nella conoscenza di questo mondo e questo lo sto toccando con mano ogni giorno in questa bellissima avventura che il diaconato mi sta facendo vivere. Interpreto veramente il ruolo del diaconato: il ministro della soglia che sta tra i due mondi che diventano un mondo soltanto; il ministro della terra che congiunge la terra col cielo; il ministro che crea ponti che va nelle periferie esistenziali; il ministro che compie il volere, il cuore di Papa  Francesco e secondo il volere e il cuore del nostro vescovo mons. Francesco Milito, che è molto vicino a questo mondo, a queste situazioni veramente grandi. Questa del convegno è una tematica che interferisce proprio nel cammino che la comunità del diaconato in Italia ha voluto scegliere per l’approfondimento, la riflessione, in riferimento al servizio e all’accoglienza che i diaconi devono svolgere. E io mi ritrovo in tutto questo con la vita che faccio tutti i giorni, con la vicinanza pure ai poveri nostri che sono migliaia e che hanno bisogno di essere accolti e di sentire la vicinanza della Chiesa delle persone. Questa è una cosa bellissima.

D. - Bonomi, il diaconato come prossimità, come aiuto agli altri, si caratterizza sempre di più in questa forma?

R. – Sì, esattamente. Anche il nostro vescovo ci ricorda sempre che noi siamo i suoi capillari. Si parlava del diaconato in uscita: il diaconato deve essere in uscita perché è quel ministro che riesce ad arrivare in quei punti più lontani - in cui la Chiesa fa fatica come situazione, come clero visto in modo pregiudiziale - può arrivare e vincere tutte queste paure. La situazione a Brescia non è così drammatica come in Sicilia però quando dobbiamo accogliere i migranti o quelle persone che vengono indirizzate per poter essere accolte c’è la paura, la diffidenza, la lotta. E il compito del diacono è anche questo: far capire che queste sono persone e questo non vale solo per le persone emarginate, come i migranti, ma anche per i nostri malati. Siamo in una società in cui l’efficienza e la salute sono l’indice di valutazione delle persone e i malati risultano essere nulla. Questa prossimità a chi è malato a chi ha bisogno, a chi è escluso da qualunque cosa aiuta a far conoscere a chi è intorno a noi che c’è una realtà diversa, che sono persone. Il compito del diacono deve essere questo: far presente alla comunità che sono persone, non sono numeri, non sono persone che non hanno dignità ma che hanno bisogno di aiuto perché fuggono da situazioni di difficoltà. Il diacono deve avere questa funzione, questo segno di prossimità per testimoniare agli altri che non c’è paura, non c’è difficoltà nell’incontrare le persone che hanno bisogno. Anzi, come diceva il mio confratello, è una ricchezza, perché poi ti trovi a confrontarti con realtà che ti fanno capire come i problemi che tu pensi di avere oggi qui sono un nonnulla perché le difficoltà della vita sono ben altre. Questo ti arricchisce e ti fa allargare il cuore e aprirti a tutto il bisogno che c’è.








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