Dopo aver percorso a piedi l’ultimo tratto del Cammino di Santiago, i partecipanti alla riunione dei vescovi francesi e spagnoli le cui diocesi sono attraversate dal percorso compostelano hanno concluso ieri due giornate di confronto rendendo nota la lettera pastorale congiunta su “Accoglienza e ospitalità sul cammino di Santiago”. L’ospitalità, etimologicamente “amore dell’estraneo”, è tradizione che ha radici nell’antichità classica e nella Scrittura. A contraddistinguere i luoghi di “ospitalità cristiana” che sono sul cammino di Santiago, secondo i vescovi devono essere “segni esteriori”, ma anche lo sforzo di offrire al pellegrino servizi e indicazioni che aiutino la sua ricerca spirituale, in collaborazione con le parrocchie e le comunità in cui si trova la casa di accoglienza.
I luoghi di accoglienza siano spazi di comunione della Chiesa
Così pure uno stile “fraterno e gioioso nell’accogliere” chi arriva, senza distinzione.
E ancora, la disponibilità nel “mettersi in ascolto profondo” del pellegrino e nel
saper rispondere alle domande su Dio, la fede e San Giacomo, per contribuire al cammino
di ricerca del pellegrino. Alle comunità religiose, i vescovi chiedono che ci sia
una persona “esclusivamente dedita all’accoglienza dei pellegrini”, che a qualsiasi
ora li riceva come fossero Cristo stesso. “I luoghi d’accoglienza”, scrivono i vescovi,
“sono veri spazi di comunione della Chiesa, luogo privilegiato d’incontro” tra “il
cuore di Dio alla ricerca dell’uomo, e quello dell’uomo a cui manca l’essenziale”.
(A.L.)
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