2017-07-09 11:54:00

I pericoli delle traversate nella campagna "Aware Migrants"


È stato presentato a Roma il mediometraggio “Granma” di Daniele Gaglianone e Alfie Nze, prodotto nell’ambito della campagna “Aware Migrants” finanziata dal ministero dell’Interno italiano e dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e che sarà presentato al prossimo Festival del film di Locarno. Il servizio di Luca Pellegrini:

Il dramma inizia prima del viaggio, che spesso diventa tragedia e morte. Per chi parte dai propri Paesi in cerca di pace, lavoro, vita decorosa per la famiglia è importante far conoscere i pericoli delle traversate del Mediterraneo, che si svolgono in condizioni disumane. Nel 2016 il bilancio stimato delle vittime è salito ad oltre 5.000 morti annegati. La campagna “Aware Migrants” si propone di usare i media per mettere il migrante in condizione di prendere una decisione libera e informata sul viaggio migratorio. Giulia Falzoi, capo unità Migration Management dell’Oim per il Mediterraneo, la considera una campagna di sfida. Ecco perché:

R. - Perché è una campagna che prima di tutto utilizza i migranti veri. Abbiamo voluto proprio non tradurre nulla di quello che volevamo dire, ma farlo dire direttamente ai migranti. Quindi i 50 video-testimonianza che abbiamo fatto sono stati registrati con migranti che sono arrivati qui, hanno passato la Libia, hanno passato il mare e ci hanno raccontato la loro storia. Quindi, sfidante in quel senso. E’ stata un’esperienza molto toccante, molto intensa per noi che l’abbiamo vissuta e anche perché su questa scia abbiamo raccolto le testimonianze verbali di chi sta in Niger in questo momento e che ancora deve passare la Libia, ancora deve fare la traversata. E quindi raccogliere le loro aspirazioni, le loro paure. E' molto innovativa - usa i Social - e poi perché i migranti sono i protagonisti. Tranne il film che, come sappiamo, utilizza attori e vuole essere un’altra forma artistica per raggiungere comunque lo stesso obiettivo, cioè informare.

D. - L’obiettivo principale della campagna “Aware Migrants” qual è?

R. - Informare, rendere consapevoli. Quindi “Aware Migrants” è migrante consapevole di cosa vuol dire intraprendere questo viaggio, di quanto sono poco vere le informazioni che danno i trafficanti. Non è un viaggio facile, non è un viaggio veloce, non è un viaggio sicuro, ma è un viaggio lungo, pieno di pericoli. Quindi informare di questo, in modo che se devono continuare a perseguire questa idea, sappiano a cosa vanno incontro, perché il punto fondamentale è proprio questo: non sanno a cosa vanno incontro. Tanti dei migranti che vediamo negli sbarchi in Sicilia ci dicono: “Perché i miei amici non me l’hanno detto? Perché non mi hanno detto cosa sarebbe successo in Niger, in Libia, nel mare? Perché non mi hanno avvisato che non era questo il viaggio che mi avevano promesso”?

Daniele Gaglianone si è recato a Lagos, in Nigeria, per le riprese del film. Era la prima volta:

R. - Devo dire che l’esperienza di “Granma” è stata veramente molto forte. Credo che sia stata una di quelle esperienze della mia vita che ha segnato veramente un punto di svolta, perché un incontro con un mondo che non conoscevo e che continuo a non conoscere, ma di cui ho acquistato consapevolezza. Sicuramente è una cosa che mi aiuta a vedere i migranti, le persone che incontro per strada o amici che già conoscevo in modo diverso, più consapevole. Questo è importante perché poi alla fine la vita è fatta di relazioni.

D. - Nel film un giovane cantante hip-hop apprende della morte del cugino in mare mentre attraversa il Mediterraneo e deve accompagnare la nonna a portare la drammatica notizia alla sorella. Nel film non si dissuade la partenza, ma si informa dei pericoli che non sono mai messi in evidenza da chi è responsabile di queste tratte disumane...

R. - Il film non dice: “Non partite”. È una riflessione sullo stato d’animo che può esserci dietro quel tipo di scelta. È una storia che, come tutti i drammi che si rispettino, ha delle sfaccettature in cui non c’è una ragione univoca. E’ anche un incontro fra generazioni: la generazione degli anziani che vede il futuro della propria vita voler andar via e quindi cerca di trattenerli ma, nello stesso tempo, si rende anche conto che il desiderio di questi giovani di andare da un’altra parte è legittimo. Credo che per gli europei sia un’occasione di riflessione perché è un film sulla gioventù: il protagonista è un ragazzo che potremmo incontrare a New York o a Milano. Credo, invece, che per gli africani sia una riflessione sul fatto che questa scelta comunque implica anche una dimensione dolorosa, difficile, rischiosa.

Alfie Nze, co-regista, è un italiano naturalizzato di origine nigeriana particolarmente coinvolto da questa che è anche una storia personale:

R. - Sì, perché è quasi impossibile trovare oggi in Italia, in Europa, persone come me che vivono da più di 15 anni nel continente europeo senza avere alle spalle la storia di un parente partito o che si sta preparando per partire. Quindi chi è come me non vuole incoraggiare questo viaggio e poi è anche una questione personale perché dal 1994 abbiamo perso notizie di un mio amato fratello con il quale sono cresciuto. Sono sicuro che sia finito nel Mediterraneo ma nessuno, nemmeno io, ha il coraggio di raccontarlo alla madre. La madre dal 1994 aspetta ancora il ritorno a casa del figlio.








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