2017-07-08 14:19:00

G20: impegno sul clima senza gli Usa. Intesa sul protezionismo


Migranti, clima e commercio mondiale nella seconda e ultima giornata del G 20 ad Amburgo. Sulla questione del protezionismo i leader hanno trovato un compromesso ma sugli altri dossier restano ancora forti distanze. Intanto il bilancio degli scontri tra polizia e dimostranti è salito a 213 agenti feriti e 203 persone arrestate. Il servizio di Marco Guerra:

La sessione odierna si è aperta sul tema delle migrazioni. L'Italia insiste sulla necessità di stabilizzare la Libia, di investire in Africa e di combattere i trafficanti. Ma nella dichiarazione finale del vertice salta la richiesta all’Onu di sanzioni contro il traffico di esseri umani per l'opposizione di Russia e Cina. Il testo è più debole rispetto a quello che sperava la Ue. Il G20 nel documento conclusivo conferma invece l'impegno a 19 sul clima, definito “irreversibile”, senza gli Usa che hanno abbandonato il trattato di Parigi. Il disaccordo sull’ambiente rimane perché gli americani volevano inserire un passaggio in cui si affermava che “gli Usa si adopereranno per lavorare in stretto contatto con gli altri partner per aiutare l'accesso e l'uso più pulito ed efficiente dei combustibili fossili". Sul commercio si è invece arrivati ad un punto di equilibrio con il presidente Trump. In pratica i Paesi si sono riconosciuti sul libero commercio e contro il protezionismo. Ma viene ammesso anche il ruolo legittimo degli strumenti di difesa contro la concorrenza sleale e le pratiche commerciali ingiuste. Sulla decisione di proseguire la lotta contro i cambiamenti climatici e il disimpegno degli Stati Uniti, sentiamo Nicola Armaroli, dirigente del Cnr ed autore, insieme con Vincenzo Balzani, del testo Energia per l’astronave terra, edito da Zanichelli:

R. – Il cambiamento climatico è la principale minaccia che incombe sulla civiltà umana attualmente. Naturalmente è molto importante che le nazioni si mettano d’accordo su questo; ricordiamoci che ci hanno messo 25 anni per arrivare ad un accordo. In questo momento gli Stati Uniti minacciano il ritiro: di fatto non lo possono ancora fare perché gli accordi sono vincolanti, quindi prima di tre anni non potranno ufficialmente ritirarsi. Certamente la volontà politica di cambiare direzione è un problema, però, concretamente, speriamo che questo non accada aldilà delle dichiarazioni di principio del nuovo presidente americano. Sta di fatto che tutti i Paesi, a cominciare dalla Cina che è il Paese che produce la maggiore quantità di anidride carbonica, sono convinti nel perseguire questa strada che è l’unica che abbiamo davanti per poter preservare la nostra bella terra, il nostro pianeta terra, anche per le generazioni future.

D. – Lei, da esperto di energia, può indicarci quali sono le scelte da fare in questo momento? Su cosa dovrebbero puntare i leader mondiali?

R. – Soprattutto sulla transizione energetica: un passaggio alle fonti rinnovabili, in particolare quelle elettriche. Sul fotovoltaico e l’eolico si sta già facendo tanto: la Cina e l’India sono i capofila e gli Stati Uniti stessi hanno fatto grandi progressi in questi anni. Quindi l’unica strada percorribile è quella della transizione energetica, cominciando dalla parte elettrica, soprattutto spostando progressivamente i trasporti verso il trasporto elettrico. Questa è una transizione molto complicata e difficile, ma essenziale per far sì che questa transizione energetica abbia effettivamente luogo.

D. – Passare dai combustibili fossili ad altre forme di energia rinnovabili comporta anche uno sconvolgimento di molte economie: potrà farsi in maniera indolore?

R. – Sicuramente la transizione dalle fonti fossili a quelle rinnovabili è una strada lunga e difficile. La cosa importante è che la transizione è già cominciata: basta vedere gli sviluppi poderosi dell’energia eolica e di quella fotovoltaica per quanto riguarda la produzione elettrica; e questo chiaramente avrà anche delle conseguenze economiche. Del resto, i Paesi arabi sono i primi ad essersi accorti che la transizione è in corso e stanno lottando tra di loro sul prezzo del petrolio che rimane incredibilmente basso e sono i primi che si stanno cominciando a preparare a questa transizione; loro stessi hanno dei grandi progetti di energie rinnovabili perché hanno tanto sole. È una situazione convulsa per il mondo dei fossili, perché le rinnovabili stanno prendendo piede, stanno crescendo in maniera esponenziale nei Paesi emergenti come la Cina e l’India. La Cina è ormai leader mondiale nella produzione del fotovoltaico, non solo della produzione della quota elettrica che gli serve, ma anche degli impianti fotovoltaici. Buona parte ormai di questi è prodotta in Cina. Quindi è una rivoluzione in corso, ma riguarda anche la stessa Europa: ci sono grandi aziende europee nel settore delle rinnovabili. Ci sono anche gli stessi Stati Uniti: nonostante le ultime mosse del presidente Trump le fonti rinnovabili sono in autentica espansione. Chiaramente si tratterà di un cambiamento epocale: ripeto, non sarà veloce, sarà lento, ma è iniziato in maniera irreversibile.

D. – I detrattori di questi accordi dicono che il cambiamento climatico non è dovuto solo alle attività umane…

R. – I cambiamenti climatici – è vero – sono parte della natura stessa della terra e sono dovuti a una serie di fattori. Quello che invece non è normale è il cambiamento climatico che si è verificato negli ultimi 30-40 anni. Questo è inequivocabilmente dovuto all’aumento della produzione di gas serra, e quindi al fatto che noi emettiamo questa CO2 in atmosfera bruciando i combustibili fossili, creando una sorta di coperta termica sul pianeta terra. Dal punto di vista scientifico, sostanzialmente, i dubbi non esistono più sul fatto che questo sia un fattore imponente per quanto riguarda il cambiamento climatico che abbiamo visto. Questi sono cambiamenti avvenuti nel giro di pochi decenni: di ghiacciai formatisi in migliaia di anni. La mano dell’uomo nel cambiamento climatico quindi è assolutamente inequivocabile e su questo la comunità scientifica è sostanzialmente d’accordo al 98,5 percento. Allora io la metto su questo punto: sì è vero, rimane una piccolissima percentuale di scettici ma io mi chiedo: chi di noi salirebbe su un ponte dove il 98,5 percento degli ingegneri mondiali dice che è pericolante? Possiamo sempre dire che c’è qualcuno che non è d’accordo, però ormai sono frange assolutamente minoritarie. Del resto mi sembra che la cosa sia stata ribadita anche molto chiaramente nell’ultima Enciclica del Papa. Il Papa si è dotato di grandi scienziati per porre la base scientifica dell’Enciclica “Laudato si’”.








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