2017-07-06 15:10:00

Tortura, Amnesty e Antigone: meglio questa legge che nulla


Non è un successo, tuttavia si è fatto un passo avanti. E’ l’amaro commento delle organizzazioni e associazioni impegnate nella difesa dei diritti umani all’approvazione ieri sera alla Camera del reato di tortura in Italia. Le pene vanno dai 4 ai 10 anni, fino a un massimo di 12 se a commettere il reato è un pubblico ufficiale. Francesca Sabatinelli:

Non è una buona legge, ma almeno ora c’è:  è la sintesi che fanno associazioni e organizzazioni come Antigone e Amnesty International Italia, che dell'obiettivo dell'approvazione del reato di tortura avevano fatto una priorità, tenendo acceso un dibattito lungo 28 anni. Sia per Amnesty che per Antigone i punti critici sono: il riferimento alla verificabilità del trauma psichico, la previsione della pluralità delle condotte violente, così come i tempi di prescrizione ordinari. Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone, che da oltre vent'anni si occupa di carceri, diritti umani e tortura:

R. – E’ complicato dire se è meglio non avere per nulla una legge o è meglio avere una legge che sia frutto di un compromesso. Dovremo aspettare, vedere il lavoro nelle Corti e quello che accadrà nei tribunali. Però, posso dire una cosa. Non è che nei Paesi dove esiste la legge perfetta – per esempio in Spagna, dove esiste la legge perfettamente coincidente con il testo Onu – poi i giudici si siano affannati ad applicarla, c’è stato un solo caso di una condanna, poi successivamente revisionata. Quindi, noi abbiamo fortemente criticato questa legge perché non si può fare il compromesso su un crimine contro l’umanità, ma quando noi avremo dei casi che per noi sono configurabili come tortura, lavoreremo nelle Corti con i nostri avvocati, affinché tale sia definita anche dai giudici. Per cui adesso la palla spetta a chi, come noi, lavora su questo terreno dei diritti umani, delle carceri e della giustizia, e spetta anche ai giudici, dimostrare che con l’interpretazione si può far fare un passo in avanti a una legislazione molto, ma molto timorosa.

D. – Questo testo – è la denuncia di Antigone e di molti altri – non è fedele al testo dell’Onu (Convenzione dell’Onu ratificata dall’Italia nel 1984). Quali sono i punti critici?

R. – I punti critici più significativi sono due, a cui vanno aggiunti altri due non secondari, ma di fondo. Quali sono i due punti significativi? Fra le ipotesi per cui dovrebbe esserci o potrebbe esserci tortura, vi è quella delle violenze e si specifica che esse richiedono pluralità di condotta. Ecco: questa se la potevano evitare, visto che la definizione dell’Onu parla di violenza al singolare e visto che la storia della tortura ci rimanda anche un episodio unico di violenza estrema, pensiamo al waterboarding, pensiamo a un unico atto di violenza brutale che possa configurare l’ipotesi di tortura. La seconda nostra critica riguarda l’aggettivo “verificabile”, messo davanti al trauma psichico: perché ci sia tortura di tipo psichico è necessario che il trauma sia verificabile. Questo è ciò che dice il nostro legislatore, ma non c’è traccia di questo nella definizione Onu. Perché l’abbiano inserito è evidente: il tentativo è quello di ridurre l’area della possibile applicabilità. Spero che i giudici non la interpretino come la interpreterei io, tutto dev’essere verificato, in giudizio. E’ ovvio. Quindi, niente di diverso e niente di straordinario rispetto al fatto che ogni reato vada verificato. I punti più generali di fondo che noi abbiamo contestato, e alla fine vedremo quello che riusciremo a ottenere nelle sedi giudiziarie, sono i seguenti: il delitto è configurato come un delitto generico, cioè un delitto non tipico dei pubblici ufficiali, ma che può essere commesso da chiunque, mentre nel diritto internazionale e nella storia della tortura, la tortura è una questione che riguarda i funzionari dello Stato, quindi non riguarda le famiglie, le mafie e così via. Il secondo punto più generale è l’assenza di norme straordinarie sulla prescrizione. La tortura in moltissimi casi è difficile da dimostrare, ma soprattutto le denunce arrivano quando è finita la situazione di incarcerazione, di custodia oppure, se si tratta della tortura che avviene in Paesi dove ci sono le dittature, ovviamente si inizia la persecuzione dei torturatori a dittatura chiusa. E quindi i tempi di prescrizione non possono che essere particolarmente lunghi, più lunghi rispetto a quelli di altro reato. Detto questo, noi da domani saremo al lavoro per applicarla.

D. – Questa legge è una criminalizzazione delle forze dell’ordine?

R. – Assolutamente no. E’ una valorizzazione di quella grande parte di poliziotti, carabinieri, finanzieri e poliziotti penitenziari che si comportano a modo, cioè nel solco della legalità. Siccome sono una grandissima parte, non si devono preoccupare.

La definizione del reato di tortura in questa legge resta confusa e restrittiva, spiega Antonio Marchesi presidente di Amnesty Italia, ma permette di superare una situazione di grave inadempimento per cui i giudici italiani erano costretti a mascherare una delle più gravi violazioni dei diritti umani:

R. – In assenza di un reato specifico di tortura, si doveva provvedere utilizzando una serie di reati generici, quasi camuffando la tortura vuoi da “abuso di ufficio”, da “lesione”, ma questi sono reati non molto gravi, puniti con pene molto lievi e quindi l’obbligo di punire severamente non veniva rispettato. In molti casi non veniva rispettato l’obbligo di punire tout-court e basta, perché per effetto della prescrizione le persone poi la sanzione non la subivano affatto. Questa è l’ipotesi di gran lunga più frequente negli ultimi 30 anni, senza un reato di tortura. Diciamo che il fatto che la tortura sia menzionata nel Codice penale, che non sia più qualcosa che viene rimosso attraverso il silenzio delle leggi, quasi che quel silenzio possa comportare l’inesistenza nei fatti del fenomeno, il fatto di introdurre il reato di tortura supera questa forma di negazionismo che secondo noi era molto dannosa. E devo dire che questo reato aveva comunque tantissimi nemici, il che fa pensare che in realtà possa avere un impatto reale, perché altrimenti coloro che sono contrari a un reato di tortura senza “se” né “ma”, comunque definito, non si sarebbero preoccupati tanto di manifestare con molta veemenza la loro posizione: quindi vuol dire che il reato nuovo in qualche misura si pensa che possa incidere.

Ciò al quale si lavorerà molto sarà anche l’applicazione delle parti della legge che riguardano la non espulsione di tutti quegli immigrati che rischiano la tortura nel paese di provenienza.








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