2017-07-03 15:10:00

Immigrazione. Cir: bene l'intesa tra Italia, Francia e Germania


Al prevertice di Parigi, ieri, "piena intesa" tra Italia, Francia e Germania sulla questione migranti. Un documento contenente i termini dell’accordo verrà presentato giovedì in Estonia all'incontro dei ministri degli Interni dei 28 paesi Ue. Tra i punti principali, la regolamentazione delle azioni delle Ong nel Mar Mediterraneo e maggiori finanziamenti alla Libia per il controllo delle coste. Altro capitolo chiave la distribuzione dei migranti nei vari paesi europei. Intervenendo stamattina alla Fao, il premier italiano Paolo Gentiloni ha detto che “è necessario per l’Italia evitare che i flussi diventino insostenibili alimentando reazioni ostili” in un tessuto sociale “che fino a ora ha reagito in modo esemplare a questa sfida”.  Adriana Masotti ha chiesto un commento sull’intesa a Roberto Zaccaria, presidente del CIR, Consiglio italiano per i rifugiati, a partire dalle misure previste per le ONG:

R. – E’ evidente che aver raggiunto un’intesa almeno di percorso, di metodo con la Francia e con la Germania è un elemento che non può che farci piacere. Era impossibile che ci fosse, soprattutto da parte di questi due Stati, una chiusura:bisogna vedere quali saranno le condizioni che poi passeranno nel vertice più ampio.

D. – Per quello che si può sapere in questo momento, due sarebbero le direzioni: un maggiore controllo su sbarchi, porti e quindi azioni delle Ong che stanno in mare, e dall’altra parte maggiori finanziamenti alla Libia per evitare le partenze. Vogliamo intanto commentare un po’ questa prima cosa: una regia diversa, regole diverse per le Ong, maggiore potere alla Guardia Costiera …

R. – Quando scoppiò questa vicenda con le Ong, come Consiglio italiano per i rifugiati abbiamo presentato un documento in cui si parlava di regole d’ingaggio comuni, di un coordinamento della Guardia Costiera; si parlava di trasparenza di queste organizzazioni che fossero conosciute e avessero dei modi di agire coerenti con i modi di agire dei principali soggetti statali che operano in quello scacchiere. Questo è quello che sta maturando ed è del tutto condivisibile.

D. – Però si dice anche che potrebbe essere vietato alle Ong l’ingresso in acque libiche: questo vorrebbe dire magari anche meno salvataggi …

R. – Quando noi usiamo l’espressione “salvataggi”, sulla quale ovviamente siamo tutti d’accordo in via di principio, perché ci mancherebbe altro!, bisogna capire in che momento interviene il salvataggio. Perché se il salvataggio è un’imbarcazione che è in difficoltà e sta per naufragare, in quel caso non possono esserci limiti di azione, ovviamente. Se invece si tratta di andare incontro ad un’imbarcazione malconcia che comunque naviga, lì la delicatezza di entrare in acque internazionali è maggiore. Nel primo caso si tratta di effettuare un salvataggio che è il primo valore che abbiamo di fronte a noi; nel secondo caso, si tratta di accompagnare una nave che è in condizioni, anche se molto precarie, di navigare.

D. – Questo nella speranza che si possano frenare le partenze, immagino: e qui entriamo …

R. - … questo è un discorso totalmente diverso, anche se poi naturalmente alla fine si congiunge. Frenare le partenze significa anticipare i luoghi di intervento, creare corridoi umanitari e creare o individuare vicino alle situazioni d’emergenza dei luoghi sicuri e garantiti dove queste persone possano essere assistite e possano da lì incominciare a fare le loro domande di asilo.

D. – Qui però parliamo della Libia, perché è dalla Libia che parte la maggior parte dei rifugiati …

R. – Parliamo dalla Libia: il governo italiano e l’Europa si sono già posti il problema di sostenere il processo di stabilizzazione. D’altra parte,  il Cir ha in Libia delle realtà che operano nel Sud della Libia per monitorare situazioni critiche.

D. – Lei vuol dire che anche in una situazione così instabile come quella libica, c’è spazio per fare qualcosa di più?

R. – C’è spazio, si deve operare e naturalmente si deve operare congiuntamente su diversi scacchieri, perché si deve operare come stiamo facendo con gli esponenti del governo libico più riconosciuto, ma al tempo stesso operare anche in contatto con tutte quelle realtà complesse che sono in Libia. E qui, in questo caso, contano anche i finanziamenti che si mettono in campo. E credo che su questo terreno Francia e Germania siano particolarmente sensibili, perchè ritengono che non abbia senso avere da un lato investito qualche miliardo in Turchia e investire qualche centinaio di milioni in Libia …

D. – Se l’intesa tra questi Paesi europei andrà bene, i trafficanti potranno risentirne, ovviamente in negativo?

R. – Tutte queste azioni sono azioni dirette a tagliare l’erba sotto ai piedi dei trafficanti e naturalmente non credo che siano azioni indolori. Se si creano delle condizioni per cui la domanda di ricorso a questi trafficanti diventa – o diventasse – meno consistente, meno forte è chiaro che sarebbe proprio un modo per scoraggiare – non è che io mi faccia delle illusioni facili – ma per scoraggiare, comunque tagliare l’erba sotto ai piedi ai trafficanti.








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