2017-07-03 15:42:00

Addio a Paolo Villaggio: il ricordo di don Davide Milani


Lutto nel mondo dello spettacolo italiano. Questa mattina a Roma è morto, all’età di 84 anni, Paolo Villaggio. Da alcuni giorni era ricoverato al Policlinico Gemelli. L’attore genovese è stato, per decenni, uno dei personaggio più in vista del cinema italiano, grazie alla sua capacità di raccontare in maniera sarcastica i vizi e i sogni dell’Italia uscita dal boom economico. Una carriera poliedrica che lo ha visto impegnato anche come autore, scrittore e interprete in film d’autore. Il servizio di Marco Guerra:

Il Paolo Villaggio conosciuto dal grande grande pubblico lega indissolubilmente il suo nome al personaggio del ragioniere Ugo Fantozzi, specchio di una Italia alle prese con il miraggio del posto fisso e magre soddisfazioni della piccola borghesia. Maliconico e al tempo stesso feroce e irriverente, Fantozzi raccontava le piccole miserie che mettevano alla berlina sia vincenti che i vinti dalla vita. La lunga saga fantozziana ha quindi avuto il merito di puntare i riflettori sugli ultimi e su alcuni elementi di umanità che fanno parte di ogni persona. Don Davide Milani, presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo, tratteggia questo contributo:

R. – I primi due film per la regia di Luciano Salce mostrano senza indulgenza una categoria nuova: la categoria del piccolo impiegato, di un italiano che non è più costretto al lavoro pesantissimo, umiliante, della fabbrica e dei campi; un italiano - appunto - piccolo borghese; ma in realtà mostra come quell’italiano sia ancora umiliato. E lo fa portando in scena i difetti, i vizi, le angherie, che quel tipo di italiano si trova a subire: una mediocrità messa in scena per denunciare le storture del sistema, di una società dei consumi che stava avanzando. Villaggio fa vedere una nuova fascia di deboli e denuncia i mali del tempo con molto coraggio.

D. - Nelle miserie umane di Fantozzi  ma che accomunano, più in generale, tutti i personaggi di Villaggio, è possibile trovare una un barlume di speranza...

R. – I suoi personaggi, i deboli comunque ce la fanno. La famiglia è presente; intorno c’è il nucleo familiare, mai mitizzato pur con tutte le sue debolezze: questo uomo ferito dalla vita che torna a casa e cerca di trovare un luogo di autenticità. C’è speranza, perché comunque nelle miserie di questo piccolo italiano vengono denunciati i soprusi di una società che comincia a non avere più rispetto di nessuno e a passare sopra a tutti. Il punto di vista è esso stesso segno di speranza: se non troveranno riscatto gli ultimi, sembra dirci Villaggio, la società non può andare bene. Questo punto di vista originale è forse una delle più grandi intuizioni intelligenti che Villaggio ci consegna.

D. - Eppure Paolo Villaggio non può essere ridotto all’intuizione innovativa di Fantozzi. L’artista genovese è stato scrittore, sceneggiatore, autore di canzoni e doppiatore. Presente anche in film d’autore come Bracaleone alla Crociare di Monicelli, La voce della luna di Fellini e Io speriamo che me la cavo di Lina Wertmuller. Carriera poliedrica ...

R. – Fa un po’ impressione in queste prime ore vedere come si stia cristalizzando una memoria collettiva intorno ad alcuni frammenti molto popolari nei film di Fantozzi. Paolo Villaggio è molto di più di alcune gag: è un uomo che ha vissuto in maniera molto profonda e seria lo spettacolo; ha studiato e la sua arte si è manifestata in tantissime forme, in una pluriformità di linguaggi: il teatro, il cinema, la tv, la scrittura per i libri e per alcune canzoni anche come quelle di De André. Una pluriformità quindi di modalità in cui la sua vena artistica, comica, umoristica, satirica, si è espressa. Una cifra sintetica, quindi, corre il rischio di essere molto riduttiva. Certo, l’ironia, la comicità graffiante, una grande intelligenza, soprattutto nel primo Fantozzi, a proposito della lettura della società e dei tempi che l’Italia del dopoguerra stava vivendo.

R. - Insomma per oltre 40 anni, con sagacia e irriverenza, Villaggio ha messo a fuoco l’Italia più silenziosa. Tra i comici italiani odierni viene automatica la ricerca di un erede...

R. – Villaggio stimava e apprezzava Checco Zalone. Ecco, forse Zalone compie la stessa operazione: prende di vista una categoria sociale in cui tutti si possono riconoscere, gli italiani; senza indulgenze ne racconta i limiti per svelare la debolezza che è intorno. E anche in questo caso siamo in presenza di una persona estremamente intelligente, molto preparata, che ha una cultura molto profonda, ben più grande di quella che sembra esprimersi in alcune sue opere e produzioni. 








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