“Essere segno di speranza in una città morta e senza futuro, vuol dire attingere la speranza alla Fonte di vita e di Speranza, che è Gesù Cristo. I nostri occhi hanno visto la realtà crudele […] in questi momenti difficili, è stato solo nella speranza in Dio che abbiamo trovato la forza per andare avanti”. È quanto ha sottolineato p. Ibrahim Alsabagh, 44enne francescano, guardiano e parroco della parrocchia latina di Aleppo, vincitore dell’edizione 2017 dello Jan Karski's Eagle Award, premio dedicato alla memoria del celebre avvocato e attivista polacco, fra i primi a raccontare il dramma della Polonia sotto il dominio nazista.
Testimone e voce del conflitto siriano e del dramma di Aleppo
Il riconoscimento, conferito a personalità che si distinguono nel “servizio umanitario”
per gli altri, è stato assegnato nei giorni scorsi a Cracovia, in Polonia alla presenza
dell’arcivescovo emerito della città, il card. Stanisław Dziwisz. Il sacerdote ha
ricevuto il premio - così recita la motivazione ufficiale - per aver “portato speranza
a un mondo senza speranza e alle persone dimenticate”. Nel discorso di ringraziamento
- inviato ad AsiaNews - p. Ibrahim ha sottolineato che l’onorificenza è “un incoraggiamento
nella battaglia per il mio popolo, nella mia missione di portare alla mia gente l’aiuto,
la consolazione, la speranza”. Egli ha ricordato ancora il “dovere morale” che egli
ha avvertito in questi anni di “fare conoscere a tutto il mondo la situazione tragica
(del popolo siriano)”, offrendo per questo fine “la mia vita e tutto quello che ho”.
Il sacerdote è stato a lungo testimone e voce del conflitto siriano e del dramma di
Aleppo, epicentro del conflitto siriano e per anni divisa in due settori separati
fra loro, fino alla liberazione finale del dicembre scorso.
La storia del popolo siriano simile a quella del popolo polacco
“La storia del popolo siriano - ha ricordato il parroco di Aleppo - è molto simile
alla storia del popolo polacco, che per un certo periodo di tempo ha sofferto […]
Tante persone, tante famiglie siriane, come Giobbe nella Bibbia, hanno perso tutto
in un solo istante, il compimento di un’intera vita: casa, famiglia, salute. Il 70%
delle famiglie sono senza casa, senza un riparo. Intorno alla città la guerra continua.
Di notte, sentiamo i bombardamenti e i rumori degli spari. Di tanto in tanto, la strada
principale – e anche l’unica – per Aleppo è chiusa per i combattimenti”.
La premiazione presieduta dal card. Dziwisz
Consegnando il premio a p. Ibrahim il card. Dziwisz ha sottolineato che esso tiene
conto non solo “delle funzioni e i doveri compiuti dal premiato a motivo della sua
vita sacerdotale e religiosa”, ma anche per aver saputo “portare la speranza in un
mondo senza speranza”. Il porporato ricorda che “nonostante gli fosse offerto un posto
al sicuro in Europa”, il parroco di Aleppo “ha deciso di ritornare in patria, nella
Siria prigioniera della guerra da più anni. Ha fatto ritorno per consacrarsi, a rischio
della propria vita, al servizio pastorale di Aleppo, che è tuttora una delle città
della Siria distrutte, praticamente sprovvista di tutto ciò che è necessario per la
sopravvivenza”.
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