2017-06-23 11:28:00

Aumentano gli immigrati morti in mare. Veglia di S. Egidio


Per il premier Gentiloni "serve uno slancio maggiore per le politiche migratorie che non possono essere lasciate sulle spalle dei Paesi in prima linea ma devono essere condivise dagli Stati europei". E ieri sera a Roma, nella basilica di Santa Maria in Trastevere, si è celebrata una veglia per ricordare i morti in mare, organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio e da altre organizzazioni che si occupano di assistere i migranti. Aumentano infatti le morti di chi decide di lasciare il proprio paese per raggiungere l’Europa. Alessandro Guarasci:

I colori e i suoni dell’Africa nella Baslica di Santa Maria Maggiore, ma anche le immagini di chi è morto in mare. Tragedie che si ripetono da anni e a cui l’Europa non riesce a dare una risposta credibile. Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio:

Fare memoria delle quasi duemila persone morte in mare nel Mediterraneo nel 2017: è un calcolo che purtroppo, percentualmente, ogni anno aumenta. Quest’anno un migrante su 35 che hanno attraversato il mare ha perso la vita. Tra loro molti piccoli e molte donne. Sono dati preoccupanti perché ci dicono di come l’emigrazione sia qualcosa di forzato per tanta gente ma di necessario per vivere”.

Alla veglia hanno partecipato centinaia di immigrati, tra cui alcuni che hanno vissuto terribili viaggi per giungere in Europa, insieme a quelli che, invece, sono arrivati in sicurezza con i corridoi umanitari. Durante la veglia sono stati letti alcuni nomi di chi è scomparso e sono state accese candele in ricordo delle vittime dei viaggi verso il nostro continente.

La soluzione potrebbero essere i corridoi umanitari, dice Zenaib arrivata 30 anni fa dalla Somalia:

"Il corridoio umanitario è fondamentale. Ed è importante sia per chi viene da fuori e fugge dalla guerra sia per chi si trova nei Paesi di approdo, perché è anche una maniera diretta per aiutare".

E poi cooperazione internazionale, per non obbligare la gente a lasciare la propria terra. Daud, è afghano, e in Italia fa il mediatore culturale:

“Non chiudersi: non costruire i muri e non mettere i fili spinati. Perché le persone che arrivano hanno bisogno. Per quello scappano: hanno bisogno di vivere, semplicemente di vivere - di avere il diritto di vivere - come tanti altri cittadini”.

In Italia e in Europa, si fa sempre più fatica ad accogliere. Padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli:

“Si fa sempre più fatica ad accogliere perché abbiamo anche una legge vecchia che non risponde alle esigenze attuali dell’immigrazione. E non dobbiamo dimenticare che noi stiamo creando ogni giorno degli irregolari, delle persone che non riescono ad entrare in un canale precostituito e sul quale si è legiferato. E quindi noi alimentiamo la via dell’irregolarità”.








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