2017-06-07 14:26:00

Sulla crisi col Qatar si divide la comunità internazionale


Anche la Mauritania ha aderito alle sanzioni dei Paesi arabi contro il Qatar, accusato di sostenere il terrorismo. Sul fronte internazionale gli Stati Uniti approvano le misure, attraverso le quali – ha detto il presidente Trump – potrà essere vinta la lotta allo Stato Islamico. Francia e Russia sono più favorevoli al dialogo per risolvere la frattura. Della questione Giancarlo La Vella ha parlato con Riccardo Alcàro, dell’Istituto Affari Internazionali (IAI):

R. – Essenzialmente c’è una fortissima frustrazione, che va avanti da anni, soprattutto da parte dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti – i due attori principali in questa vicenda – nei confronti di una politica estera da parte di un membro del Consiglio di cooperazione del Golfo, il Qatar. Il caso esemplare è stato l’Egitto, dove la Fratellanza musulmana era riuscita a vincere le elezioni presidenziali e dove il Qatar ha continuato a sostenerla, mentre invece Arabia Saudita ed Emirati hanno sostenuto fortissimamente l’esercito ed appoggiato il colpo di Stato militare nel 2013, con il quale i Fratelli Musulmani sono stati del tutto estromessi dalla vita politica egiziana.

D. - Perché questa posizione differente nei confronti della Fratellanza musulmana? Siamo, in fondo, sempre all’interno dell’islam …

R. - L’Arabia Saudita vede nella Fratellanza musulmana la minaccia più grave alla legittimità della dinastia saudita, che controlla i luoghi più sacri dell’Islam: La Mecca e Medina.

D. - Nella questione rientra anche il diverso tenore dei rapporti con l’Iran che è sciita?

R. - Per l’Arabia Saudita l’Iran è il nemico principale. Sono i due Paesi più importanti e ricchi dell’area. L’Arabia Saudita è appunto uno Stato arabo, sunnita, che ospita fra l’altro un tipo di sunnismo radicale come il wahhabismo, che vede negli sciiti, che sono la stragrande maggioranza degli iraniani, una frangia eretica dell’Islam. In più c’è anche la distinzione etnica: l’Iran non è arabo, è persiano e il Qatar, ultimamente, ha fatto delle aperture all’Iran, che l’Arabia Saudita voleva immediatamente chiudere con un segnale dimostrativo molto, molto forte.

D. - L’ingresso nella crisi del Qatar e di grandi potenze come gli Stati Uniti, favorevoli alle sanzioni, la Francia, più per il dialogo, o addirittura la Turchia invece che appoggia Doha, che conseguenza può avere?

R. - È un dato di fatto che la politica mediorientale produce e alimenta divisioni all’interno del blocco occidentale. Trump ha allineato la politica estera americana nell’area alla politica estera saudita e israeliana in chiave anti-iraniana; la Turchia invece, che ha al potere un partito che ha le sue radici nell’Islam, era un altro Paese come il Qatar dei sostenitori della Fratellanza musulmana. Gli europei avrebbero come obiettivo politico quello più ragionevole, ovvero creare le condizioni perché si crei nell’area un equilibrio di potere sostenibile attraverso il coinvolgimento dell’Iran in un’architettura di sicurezza regionale e quindi la ricomposizione della rivalità fra Iran e Arabia Saudita. Tutto questo poi dovrebbe favorire la stabilizzazione delle varie aree di guerra e lo sradicamento dei gruppi sunniti radicali più estremisti come lo Stato islamico.








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