2017-06-04 08:30:00

Riconoscimento al Pontificio Collegio Portoghese: nascose ebrei e antifascisti


Nel suo libro “La lista di padre Carreira”, titolo che riecheggia la vicenda della Schindler’s list, il giornalista portoghese Antonio Marujo ha ricostruito la storia degli ebrei e oppositori del nazifascismo nascosti nel Pontificio Collegio Portoghese di Roma, fra il ’43 e il ’44, grazie all’opera dell’allora rettore, mons. Joaquim Carreira. Sulla base di questa ricerca il Collegio ha ricevuto nei giorni scorsi il titolo di “Casa della vita” dalla Fondazione Raoul Wallenberg. Il servizio di Fabio Colagrande:

L’idea nasce da una conversazione fra l’autore del libro e suor Grazia Loparco, religiosa salesiana che ha approfondito l’opera di ospitalità delle istituzioni cattoliche nei confronti degli ebrei durante la seconda guerra mondale. Antonio Marujo decide di indagare il ruolo del Pontificio Collegio portoghese in quei drammatici anni:

“Ho visto questa notizia e ho pensato che forse anche nel Collegio Portoghese ci fosse stata qualche storia simile. Ho chiesto a un vescovo, mons. Carlos Azevedo, che adesso lavora qui a Roma al Pontificio Consiglio della Cultura, e lui mi ha detto: ‘Sì… c’è qualcosa … ne ho già sentito parlare …’, e allora ho deciso di fare una ricerca documentale qui, al Pontificio Collegio”.

Ed è proprio un rapporto di mons. Carreira, rinvenuto negli archivi del collegio, relativo al periodo fra l’ottobre 1943 e il giugno 1944, a permettere ad Antonio Marujo di ricostruire la vicenda di circa quaranta persone salvate dal prete lusitano:

“Il primo documento che ho trovato nell’archivio era il rapporto del Collegio che va da settembre ’43 fino a giugno ’44, che coincide con il periodo dell’occupazione nazista di Roma. In questo rapporto, che padre Carreira scrisse nel luglio del 1944, il rettore aveva registrato i nomi di 39 persone che si erano rifugiate nel Collegio. Disse di averlo fatto avendo coscienza che fosse un rischio anche per la sua vita e per la vita degli studenti, ma che era un imperativo del Vangelo”.

«Ho dato ospitalità – scrive padre Carreira nel documento – a persone perseguitate sulla base di leggi ingiuste e inumane». Come ricostruito da Marujo, nell’edificio di via Banco di Santo Spirito tra l’ottobre ‘43 e la liberazione della Capitale, vissero almeno 40 rifugiati, molti dei quali portavano nomi illustri:

“C’erano due medici molto importanti, molto noti a Roma, in quel periodo; uno, ad esempio, era il medico di Mussolini, di Toscanini e del leader del partito comunista. L’altro aveva una clinica dove aveva già dato rifugio a molte persone perseguitate e anche lui è stato proclamato ‘Giusto tra le nazioni’, come padre Carreira”.

Nel 2015 mons. Carreira riceve a titolo postumo la medaglia di ‘Giusto tra le nazioni’, titolo già assegnatogli dallo Yad Vashem nel 2010. Una testimonianza esemplare, la sua, di quello spirito di solidarietà e fraternità che resta attualissimo nell’Europa di oggi:

“E’ una storia veramente ricca dal punto di vista umano, di preoccupazione evangelica, di accoglienza dell’altro che bisognava fare, senza pensare a chi fossero i perseguitati: ebrei, comunisti, socialisti, fascisti … a padre Carreira non importava; quello che importava era: ‘Se è in pericolo, lo accogliamo e gli diamo rifugio’. Un po’ come Papa Francesco chiede nella questione dei rifugiati che oggi arrivano in Europa”.








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