2017-05-25 12:39:00

Lampedusa, al via terzo campo volontariato dell'onlus "Terra!"


Dal 30 luglio al 6 agosto si terrà a Lampedusa il terzo campo di volontariato organizzato dall’associazione "Terra!": una settimana per apprendere le tecniche di agricoltura biologica e conoscere la realtà dell’isola: si alterneranno workshop teorici e pratici sull’ambiente. Il campo estivo di "Terra!" contribuisce al progetto P’Orto di Lampedusa, avviato nel 2015. Giorgio Saracino ne ha parlato con Silvia Cama, responsabile del progetto:

R. – Il campo di "Terra!" si svilupperà nel periodo che va dal 30 luglio al 6 agosto. È il terzo anno che sviluppiamo questa occasione di volontariato e di supporto ad un progetto che si chiama P’Orto di Lampedusa, un progetto di orti comunitari sull’isola di Lampedusa in cui "Terra!" ha coinvolto alcuni isolani a prendersi cura di una parte della propria isola - quindi di un’area verde - per ridestinarla ad orto comunitario. Lavoriamo insieme agli utenti del centro diurno di Lampedusa; oltre a questo, uno degli obiettivi principali dell’orto è anche quello dell’autoproduzione. Lampedusa in particolare, essendo un’isola, ha difficoltà anche nell'approvvigionamento di quelli che sono i beni primari. Il progetto prevede sia attività specifiche che percorsi formativi nell’ambito dell’agricoltura naturale, ma anche sulla biodiversità, sull’importanza delle semenze autoctone, sull’importanza della figura dei contadini con cui collaboriamo per portare avanti quelle che sono le tecniche antiche di coltivazione.

D. - Quanto è importante svolgere questo tipo di attività proprio a Lampedusa?

R. - È importante perché sappiamo chiaramente, purtroppo, che la narrativa di Lampedusa è schiacciata da quelli che sono gli eventi tristi del nostro contemporaneo. Questo produce in qualche modo anche un senso di stato depressivo comunitario, nel senso che il fatto di riconoscersi costantemente all’esterno di racconti legati alla morte o comunque alla difficoltà dei migranti di sopravvivere in quel mare, è emotivamente pesante perché non c’è un riconoscimento di un immaginario invece positivo verso se stessi e di loro stessi all’esterno.

D. - Quale l'importanza del vostro progetto?

R. – Penso che l’importanza di questo progetto sia innanzi tutto quello di creare un nuovo immaginario e un nuovo racconto di Lampedusa, che parli di biodiversità, di vita, di agricoltura, di fertilità del suolo. L‘importanza di questo progetto si intravede anche nel convertire un luogo che prima era una discarica a cielo aperto in una vera e propria piazza verde in cui si incentivano le relazioni tra le persone.

D. - Quindi come è stato vissuto inizialmente il vostro progetto e come lo vive oggi la popolazione?

R. - Inizialmente è stato assolutamente malvisto, c’era molta diffidenza: mi dicevano che ero un’illusa se pensavo di poter convertire quell’area. Ma quello che reputo appunto miracoloso è il fatto che dalla discarica a cielo aperto in cui versava l’area di progetto, oggi nessuno osa più buttare una bottiglia di plastica o qualsiasi altro tipo di rifiuto. L’area viene rispettata e da tutti riconosciuta come un luogo in cui la bellezza non solo estetica, ma relazionale, ha il suo sviluppo.








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