2017-05-20 13:27:00

Siria: fallito sesto round dei colloqui Onu a Ginevra


Ancora nessun risultato nei colloqui di pace per la Siria. La sesta tornata di negoziati indiretti a Ginevra, sotto egida Onu, si è conclusa con un nulla di fatto dopo 4 giorni di lavori. E mentre sul terreno continuano le violenze, l’inviato speciale per la Siria dell’Onu, Staffan De Mistura, starebbe puntando su una nuova tornata di colloqui, la settima, in data da stabilire. Sui motivi di questo nuovo fallimento dei negoziati, Giancarlo La Vella ha intervistato Lorenzo Trombetta, responsabile dell’Ansa a Beirut:

R. – Il nodo sul quale si è arenata questa serie di colloqui è la transizione politica, ovvero rispondere alla domanda: chi governerà la Siria dopo gli accordi? Ovviamente il governo siriano chiede che l’argomento transizione del potere, ovvero il cambio del regime, non sia in cima all’agenda e che, invece, sia messa la priorità sulla lotta al terrorismo - per terrorismo si intendono le opposizioni armate - mentre le opposizioni in esilio e anche alcune in patria, chiedono che ci sia una discussione profonda e radicale su una revisione del potere in Siria, ovvero che si cambi o che si dia la possibilità di esprimersi per una cambiamento radicale del regime.

D. - Una questione del genere deve affrontare il problema su come sostituire Assad, non solo alla guida dello Stato, ma anche alla guida di innumerevoli attività che la famiglia Assad controlla …

R. - Sì, la questione del potere in Siria non è legata esclusivamente all’aspetto formale delle presidenza o della figura fisica e politica del presidente Bashar Al Assad. È un argomento assai più ampio. Da circa mezzo secolo, il regime, incarnato dalla famiglia Assad, ha innumerevoli soci, clienti, istituzioni formali e informali, su cui si basa un consenso che non può essere un consenso soltanto frutto delle violenza e della repressione, ma è un consenso anche di interessi condivisi ed economici. Qui si spiega perché la questione della transizione in Siria non può essere affrontata soltanto pensando di sostituire Assad con un altro presidente. Ecco perché tutti gli sforzi, specialmente ad Occidente, di pensare ad un nuovo regime, cambiando una figurina, sono e saranno vani. Bisogna affrontare l’argomento pensando agli interessi delle varie anime della Siria; ci sono anime che perderebbero molto da un cambio di regime. Bisogna parlare e coinvolgere tutte queste anime.

D. - L‘inviato dell’Onu per la Siria, Staffan de Mistura, comunque ha ancora fiducia nel negoziato e ripropone una settima tornata …

R. - Staffan de Mistura ha un mandato da parte delle Nazioni Unite e in qualche modo, fino a che lui formalmente ha questo incarico ed è il rappresentante della mediazione Onu, non può fare altro che richiamare le parti a un tavolo. È molto cosciente che quello che avviene a Ginevra per adesso ha un ruolo davvero poco incisivo sulle dinamiche del conflitto e della futura pace in Siria. Piuttosto, come de Mistura ha già ammesso più volte, il processo avviato dalla Russia e dall’Iran e poi in secondo luogo dalla Turchia in Kazakhstan - dove invece sono in corso colloqui politico militare assai più decisivi - sta portando comunque non ad una soluzione del conflitto dall’alto, ma ad una riduzione della violenza almeno in alcune aree della Siria.

D. - Eliminare lo Stato Islamico sarebbe un primo passo verso una soluzione della crisi siriana?

R. - Assolutamente no. Lo Stato Islamico è una delle componenti militari dell’insurrezione che, come sappiamo, è transnazionale - è siro-irachena -, ma le sue componenti sono siriane, e non soltanto straniere, hanno delle forti motivazioni a cambiare prospettiva di vita, a cambiare autorità sotto la quale vivere e cambiare anche status socio-economico. Per questo bisogna affrontare la questione dello Stato Islamico non soltanto come lotta al terrorismo, come a dire "sterminiamoli tutti”. Così ci troveremmo con un altro Stati Islamico tra dieci anni. Dobbiamo capire che la formazione militare e sociale dello Stato islamico è, almeno per quanto riguarda la Siria, un fenomeno di insurrezione, che va trattato come gli altri fenomeni di insurrezione. C’è un malessere nella società e bisogna coinvolgere anche queste anime che esprimono un malessere, in una maniera che forse noi non condividiamo, ma non per questo dobbiamo in qualche modo escluderli dal dialogo. Come diceva anche padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita romano scomparso in Siria: “La pace non si può fare con chi già la pensa come noi: la pace si fa con i nemici”.








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