2017-05-18 13:35:00

Legge Cyberbullismo. Sanavio: urgente alleanza scuola-famiglia


Con un voto unanime dell’Aula, ieri la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva la proposta di legge per il contrasto al cyberbullismo. Il testo fornisce una prima definizione legislativa del fenomeno, agisce solo sui minori di 18 anni e prevede misure di carattere esclusivamente preventivo ed educativo. Marco Guerra ne ha parlato con don Marco Sanavio, autore del libro ‘Generazioni digitali’ che indaga sulle sfide e i disagi sollevati dalla fruizione dei nuovi media:

R. – Innanzitutto è opportuno che questo provvedimento entri in vigore prima del prossimo anno scolastico a tutela di tutti gli studenti. C’è una novità: quella di poter richiedere ai gestori di siti Internet la rimozione di contenuti entro 48 ore dalla loro diffusione, poi ci si può rivolgere anche al garante della privacy. Questa è una misura che assicura dei tempi accettabili perché non si diffonda troppo il contenuto lesivo. C’è anche una misura interessante che estende la tutela sopra i 14 anni e poi la misura che prevede l’istituzione di un docente anti bullismo per ciascuna scuola. Questo è un riferimento costante che permette un dialogo anche su questi termini.

D. – Sono saltate le sanzioni penali. Perché?

R. – Nei casi di gravi ingiurie, diffamazioni, minacce o quando vengono trattati illecitamente dei dati, fino a quando non c’è una querela - che cade poi nell’ambito penale - sono previste delle misure più leggere come degli ammonimenti da parte dei questori o altri percorsi che aiutano le persone a rendersi conto prima di essere denunciate del male che hanno fatto, perché spesso affidando questa azione a dispositivi digitali non ci si rende nemmeno conto di quanto nocivi si è stati nei confronti di altre persone.

D. - Nel suo libro “Generazioni digitali” lei parla della necessità di educare le coscienze. Perché?

R. - Perché non è sufficiente né la repressione né l’argine imposto dalla legge che è opportunissimo; è bene che ad oggi ci siano dei paletti, ma sappiamo che i ragazzi sono portati a infrangerli e troveranno sicuramente dei modi per aggirare la legge; pensiamo solamente a tutte le vessazioni che vengono perpetrate attraverso le applicazioni di messaggistica istantanea. Quindi come comportarci, se non aiutando questi ragazzi a maturare una coscienza al rispetto degli altri?

D. - Lei ha affrontato anche il tema dell’alleanza scuola-famiglia. C’è proprio la necessità di aiutare tutto il contesto nell’utilizzo dei nuovi strumenti digitali …

R. - Penso che sia una delle vie d’uscita principali da questo tipo di problemi, perché nel corso di un decennio di esperienza abbiamo riscontrato che quando c’è alleanza educativa - meglio ancora se entrano soggetti formativi come gli educatori parrocchiali, come i gruppi associativi -, questa garantisce una solidità del mondo degli adulti ed anche un’azione educativa più concorde, più efficace e non repressiva, ma vista nell’ambito della maggior salute e del maggior benessere della persona.

D. - La cronaca di questi giorni riferisce del fenomeno “Blue Whale” che ha portato al suicidio diversi giovani. C’è il rischio che i social possano creare dei comportamenti indotti?

R. - Assolutamente sì. I social possono essere estremamente lesivi e una testimonianza è nel fatto che la legge è dedicata a Carolina Picchio, morta suicida nel 2013, a 14 anni, dopo che erano state diffuse delle sue immagini in Rete. Quindi sono assolutamente convinto che l’educazione a un rispetto, ad un’intimità, ad una cura della propria identità, alla custodia della dimensione personale sia necessaria, e solo degli adulti solidi possono aiutare questi ragazzi a fare un percorso comune dove non c’è qualcuno che insegna e qualcuno che impara, ma c’è un percorso dove si assimilano dei valori. I valori anche in Rete sono fondamentali, a volte sono mutati. Per esempio per i ragazzi il valore del rispetto è uno dei più importanti, poi però vediamo che viene diluito quando c’è di mezzo un medium. Questo dispositivo elettronico a volte fa un po’ calare le remore etiche, per cui i ragazzi sono in grado di perpetrare delle azioni abbastanza fastidiose e dannose.

D. - Quindi da una parte si vede il web come un campo neutro dove si può fare quello che non è possibile altrove e invece dall’altro non c’è più un condizione netto tra la vita sui social e quella reale a scuola e nei centri di aggregazione …

R. - Il confine è abbastanza labile perché i ragazzi estendono le loro relazioni e la loro personalità anche all’ambiente digitale. Però quando si riducono le remore rispetto a questi avatar poi si riducono anche rispetto alle personalità digitali, quindi non pensa più di avere di fronte a sé una persona fisica, ma ha la percezione di fare del male ad un’entità elettronica. Però, dietro, purtroppo, ci sono delle vite.








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