2017-05-08 15:01:00

Francia: sarà a Berlino il primo viaggio del neo presidente Macron


66,10% di Emanuel Macron contro il 33,9% di Marine Le Pen: sono le cifre ufficiali della vittoria del nuovo presidente della Repubblica francese. Di oltre il 25% l’astensione, una cifra definita record. Macron, a 39 anni, diventa il più giovane presidente della storia francese. Francesca Sabatinelli:

Avverrà domenica prossima il passaggio ufficiale delle consegne da Francois Holland a Emanuel Macron che farà quindi il suo ingresso all’Eliseo. In attesa dell’insediamento formale oggi lascia la presidenza del suo movimento ‘En Marche!’, mentre stamattina è stato invitato dallo stesso presidente uscente a rendere l’omaggio al milite ignoto, nel giorno del 72mo anniversario dalla fine della seconda guerra mondiale. Ad essere reso noto il primo impegno internazionale del neo capo di Stato francese, che ha previsto una visita a Berlino, così come fece il suo predecessore nel 2012. E proprio dalla cancelliera Merkel sono arrivate parole di forte incoraggiamento a Macron, visto come la speranza di milioni di francesi e anche di molte altre persone in Europa. Per lui ora però si apre la sfida delle legislative di giugno, voto al quale la Francia si presenterà ancora divisa, e Macron ci dovrà arrivare con un governo al quale dovrà iniziare a lavorare da lunedì prossimo. Le difficoltà da affrontare le mette tutte in luce la stampa francese che da destra a sinistra sottolinea il non indifferente dato dell’astensionismo. “Mi batterò con tutte le mie forze contro le divisioni che ci minacciano” ha promesso Macron, al quale spetta anche il difficile compito di frenare la disoccupazione, affrontare la minaccia terrorista e rilanciare un Europa indebolita. Quali dunque le sfide per il giovane presidente? Riccardo Brizzi, docente di Storia Contemporanea all’Università di Bologna:

R. – Le incognite che attendono Macron sono essenzialmente tre: con quale maggioranza governerà all’indomani delle legislative di giugno, che tutti presentano come il terzo e il quarto turno presidenziale. Il fatto di essere senza partito è stato un vantaggio, probabilmente, nella corsa all’Eliseo ma poi dopo, durante la permanenza rischia di essere un handicap. Oggi i sondaggi ci dicono che il Movimento “En Marche” si giocherà la maggioranza in occasione delle elezioni di giugno, ma probabilmente dovrà stringere alleanze. C’è una seconda grande incognita che è legata al fatto se riuscirà o meno a riportare la Francia al centro dell’Europa. Sappiamo che negli ultimi anni l’Europa è stata essenzialmente a guida tedesca: il cosiddetto asse o motore franco-tedesco ha perso uno dei suoi partner, Macron dovrà riuscire a recuperare credibilità a Bruxelles e con i partner. E infine, Macron deve ri-legittimare la funzione presidenziale agli occhi dei francesi. Questa volontà di protesta, di rifiuto, che si è respirata durante la campagna elettorale è dovuta anche alla scarsa credibilità e al crollo di popolarità delle ultime presidenze: sia quella di Sarkozy sia quella di Hollande hanno fallito nel mantenere un rapporto di fiducia con i francesi. Il grande obiettivo di Macron è quello di riavvicinare i francesi alla Repubblica, alla politica e alla democrazia e far loro superare quella sorte di “crisi da declino” nella quale sembrano essere sprofondati da almeno una decina d’anni.

D. – Macron si trova di fronte a una Francia che ha espresso un sentimento di rabbia e di protesta molto forte: il voto ci dice che quattro su dieci hanno votato Front National …

R. – Senz’altro! Il tratto distintivo della campagna elettorale, sin dal primo turno, è stata la protesta, la volontà di rottura con il sistema. Non è una novità in Francia, sono quasi tre decenni che i francesi mostrano questa volontà di rottura con il sistema. Il grande sintomo di questa volontà è legato all’ascesa progressiva del Front National all’interno del sistema politico francese. Da questo punto di vista, la Le Pen esce probabilmente delusa per l’esito elettorale, ma i francesi hanno mostrato questa volontà di rottura schierandosi circa per il 50% per partiti “anti-sistema” cioè, se noi sommiamo i voti alla Le Pen con quelli a Mélenchon a quelli al candidato sovranista Dupont-Aignan e dei due candidati trotzkisti del primo turno, noi arriviamo al 48%. Non deve dunque sorprenderci il fatto che al secondo turno la candidata Le Pen abbia potuto gonfiare ulteriormente i propri voti, arrivando a più del 33% che, ricordiamolo, è praticamente il doppio dei voti ottenuti dal padre nel 2002. Macron, cioè, ha vinto ampiamente ma il cosiddetto “fronte repubblicano”, la logica del “tutti, eccetto Le Pen” ha funzionato meno bene rispetto al 2002.

D. – Un altro dato, certamente non secondario, è la grande percentuale di schede bianche, in Francia non si è vista mai in questo modo. Si parla di circa quattro milioni di schede bianche!

R. – Sì, la scheda bianca è riconducibile essenzialmente alla decisione di uno dei grandi tenori di questa campagna elettorale, cioè Jean-Luc Mélenchon, di non dare indicazioni di voto. Il leader de “La France Insoumise”, Mélenchon all’indomani del primo turno è stato l’unico tra i grandi candidati a non dare indicazioni di voto a favore di Macron. I suoi elettori si sono pronunciati attraverso un referendum interno votando maggioritariamente l’adozione di un atteggiamento – appunto – di scheda bianca in occasione del secondo turno.

Né di destra, né di sinistra, Emanuel Macron, sin dall’inizio della creazione del suo movimento, si è affrancato dagli schieramenti tradizionali. Veronica Di Benedetto Montaccini ha intervistato a Parigi il prof. François Lafond, politologo della Sorbonne:

R. – Questo significa, come prima cosa, che il mondo politico come l’abbiamo vissuto in questi ultimi decenni forse ha bisogno di essere ricomposto, cioè cambiato. Lui userà sicuramente il suo mouvement, lo cambierà, lo farà funzionare come un partito, ne avrà bisogno, di una maggioranza presidenziale, ma saranno partiti su temi diversi.

D. – L’Europa è stato il suo cavallo di battaglia. Che cosa farà per renderla più forte, concretamente?

R. – Ha già detto, per esempio, sono simboli ma sono simboli importanti, che manterrà il numero degli studenti che fanno l’Erasmus. Ha voglia di rinforzare la zona euro con un presidente della zone che potrebbe anche essere vicepresidente della Commissione, con eventualmente un budget per i 19 Paesi, per iniziare alcune politiche comuni e poi ha parlato anche di un asse franco-tedesco più importante.

D. – Ma è stato, questo risultato, uno stop per il populismo?

R. – Il rischio più grande del populismo, secondo me, è il nazionalismo e in questo senso Macron ha dimostrato che l’Europa è giustamente il migliore strumento che possiamo avere per controllare le pulsioni nazionaliste. Dovrà trovare alcune soluzioni molto concrete per dimostrare che il populismo può essere vinto.








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