La comunità internazionale, con in testa l’Organizzazione degli Stati Americani (Osa), è in attesa di una risposta chiara del governo venezuelano di Nicolas Maduro perché trovi i meccanismi democratici necessari per rispondere alle richieste della popolazione che, da due settimane, manifesta ogni giorno sulle strade di tutto il Paese. Ad oggi, la violenta repressione delle proteste ha causato la morte di cinque giovani vite, un centinaio di feriti e oltre 250 detenuti. Ma la popolazione non demorde e chiede elezioni libere, il rispetto del potere legislativo rappresentato nell’Assemblea Nazionale, la tutela dei diritti umani, la liberazione dei prigionieri politici e l’apertura di un canale umanitario per sopperire alla mancanza di alimenti e medicine.
“Il problema è la rottura della filo conduttore
democratico”
Il presidente della Conferenza episcopale venezuelana,
mons. Diego Padrón, intervistato dall’agenzia SIR, ha spiegato che il problema fondamentale
è la “rottura del filo conduttore democratico costituzionale” attuato dallo stesso
governo e dalla Corte suprema di giustizia. “È stato considerato – continua il presule
- come un golpe di Stato giudiziario che porta alla concentrazione di tutti i poteri
in mano all’esecutivo, insieme a una forte repressione contro ogni forma di manifestazione
e dissenso”. “La Chiesa – ha detto mons. Padrón - continuerà l’accompagnamento della
popolazione per una protesta pacifica e non violenta nonostante le intimidazioni”.
“Pressione internazionale e appoggio alla
popolazione”
L’arcivescovo di Cumaná ha indicato la strada di una
maggiore “pressione internazionale e appoggio alla popolazione”. Infatti mons. Padrón
ritiene che la pressione esterna sia in sintonia con la resistenza interna e con l’atteggiamento
interno di rifiuto di queste modalità del governo. Il presidente dell’episcopato ha
affermato, tuttavia, che il governo di Maduro ha i mezzi per mantenersi nel potere.
“Ha molto denaro, tutti i poteri nelle mani - compreso quello giudiziario - e può
contare su una parte della popolazione armata, i così detti “colectivos”, e sui militari”.
Quindi, mons. Padrón è dell’avviso che il governo non ha intenzioni di aprire la
strada elettorale e non ci sono le condizioni per aprire un nuovo tavolo di negoziazioni
come il tentativo sostenuto dalla Santa Sede, e poi fallito alcuni mesi fa.
Settimana di “passione” anche per i fedeli
Le chiese non sono state risparmiate dalla violenza
e dalla polarizzazione sociale che vive il Paese. Negli ultimi giorni, militanti governativi
del Partito Socialista Unito del Venezuela hanno scritto minacce di morte contro sacerdoti
sui muri di alcune chiese dello Stato Táchira. Gruppi violenti simpatizzanti del governo
sono entrati in chiesa gridando slogan politici, imprecando e provocando risse. Cosi
è stato il Mercoledì Santo nella basilica di Santa Teresa, durante la celebrazione
del Gesù Nazareno presieduta dall’arcivescovo di Caracas, cardinale Jorge Urosa,
che è dovuto uscire dal luogo di culto, scortato da fedeli e sacerdoti. Nei minuti
prima, durante l’omelia, il porporato aveva manifestato il rifiuto alla “violenza
politica” ed esortato il governo a “fermare la repressione delle manifestazioni ed
evitare gli eccessi dei corpi di sicurezza dello Stato”. “Dobbiamo – aveva detto nell’omelia
- ritrovare il rispetto e la convivenza, e concentrarci sui Comandamenti, sulla Costituzione
Nazionale”.
“Il Paese cammina per una strada di vetri
a piedi nudi”.
“La Settimana Santa dovrebbe diventare un impegno
ad aprire le porte della convivenza nel pluralismo, dove tutti abbiano il diritto
di esprimersi, dove si rispettino le istituzioni e le autorità elette. Non si può
cadere in una dittatura che tenta di azzittire tutti, che impone un pensiero unico.
Abbiamo bisogno di un regime democratico, istituzionale e libero”. Queste le parole
di mons. Ovidio Pérez, vescovo emerito de Los Teques, dove ieri sera si sono verificati
episodi di violenza, saccheggi nei negozi e incendi. “Si sta distruggendo il Paese
- ha detto mons. Ovidio ai microfoni di Union Radio - senza produzione, senza alimenti,
senza medicine, senza convivenza, le proteste scaturiscono anche dalla disperazione”.
Il vescovo emerito ha chiesto ai fedeli di pregare il Signore perché tenda “il suo
braccio potente” verso il popolo venezuelano. “Il Paese non può continuare a camminare
su una strada di vetri a piedi nudi, un Paese convulso perché sono state chiuse le
porte ad una soluzione democratica, pacifica e costruttiva”. (A cura di Alina
Tufani)
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