Papa Francesco conferma la sua grande vicinanza al mondo carcerario. Oggi l’annuncio che in apertura del Triduo Pasquale si recherà nella Casa di reclusione di Paliano, dove giovedì prossimo 13 aprile celebrerà la Messa in Coena Domini, con il rito della lavanda dei piedi ad alcuni detenuti. Roberta Gisotti ha intervistato il cappellano del carcere, don Luigi Paoletti:
D. - Don Luigi come ha accolto oggi questa notizia, che sappiamo anche per lei è una sorpresa?
R. – Sì, una sorpresa! Ancora sono commosso. A parte che i detenuti me lo chiedevano insistentemente da anni, che il Papa andasse da loro! Hanno scritto tante volte, lo desideravano veramente con un’immensa gioia.
D. – Quali frutti potrà portare la presenza del Papa a Paliano, dopo la recente e commovente visita di Francesco al Carcere di San Vittore a Milano? Lì, il Papa ha detto: “Mi sento a casa con voi”…
R. – Penso che l’accoglienza sarà veramente straordinaria anche perché, ripeto, sono innamorati di questo Papa e vorrebbero da lui una parola di conforto per loro e per i loro familiari.
D. - Il mondo del carcere ancora oggi è un mondo estraniato dalla realtà esterna e questo Papa sta indicando che non deve essere così…
R. – Sì ma è così, questo è vero, molto vero.
D. - Don Luigi, quanti sono i detenuti nel carcere di Paliano e che tipo di reati stanno scontando?
R. - C’è un reparto dedicato ai malati di tubercolosi, il sanatorio: la maggioranza sono stranieri, ci sono anche italiani che hanno contratto questa malattia - e noi lo sappiamo - attraverso disagi, quindi sono anche persone con tantissime difficoltà. Poi, c’è un bel gruppo, oltre 50, che sta scontando pene abbastanza lunghe: sono quasi tutti collaboratori di giustizia, quindi con pene molto lunghe. Poi c’è un reparto delle donne, che sono 4 al momento.
D. – In tutto quanti sono?
R. – Circa 60-70, ma qui le presenze sono in continua evoluzione in quanto i detenuti si alternano, cambiano ma il numero è sempre questo: una cinquantina gli uomini, poi altri 10-15 nel sanatorio e 5, 6, 7 donne.
D. – Don Luigi, lei ha detto che i detenuti amano questo Papa, che gran parte dei detenuti lo ama, lo sente vicino…
R. – Lo sente vicino per il fascino che riesce ad emanare, soprattutto nella sua compassione per chi soffre, per chi ha sbagliato, per chi è caduto e chi ha soprattutto il coraggio di rialzarsi. E la maggioranza - almeno dalla mia esperienza - ha intrapreso un cammino abbastanza lento, lungo, faticoso, ma c’è questa esigenza, questo senso di misericordia, di amore, di attenzione, di accoglienza che qualcuno veramente e umanamente si interessi anche alla loro situazione, questo dà loro tanta speranza.
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