2017-04-01 12:30:00

Papa a Pontificia Università Cattolica Perù: camminare insieme e uniti


Camminare “insieme e uniti”, per essere scuola di umanità e centro di evangelizzazione. Così il Papa nella lettera al cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica e gran cancelliere della Pontificia Università Cattolica del Perù, rivolgendosi a docenti, studenti e laureati dell’istituzione latinoamericana nata un secolo fa. Il servizio di Giada Aquilino:

Essere evangelizzati per evangelizzare. Questo uno degli “scopi essenziali” delle istituzioni cattoliche universitarie nelle parole del Papa. Della Pontificia Università Cattolica del Perù, in occasione del centenario dell’ateneo, fondato nel 1917 ed eretto poi canonicamente nel 1942, Francesco sottolinea subito gli anni di servizio dedicati alla Chiesa e alla società “dell’amato Paese” sudamericano.

Negli anni scorsi, l’istituzione era stata privata, con decreto della Santa Sede del 2012, del diritto all’uso nella propria denominazione dei titoli di ‘Pontificia’ e ‘Cattolica’ per aver “più volte modificato unilateralmente - si leggeva nel documento - gli Statuti con grave pregiudizio dell’interesse della Chiesa” e per non averli successivamente adeguati; all’inizio di quest’anno poi la notizia dell’approvazione di un nuovo statuto da parte della Congregazione per l’Educazione Cattolica.

Il Papa, nella lettera, sottolinea “prima di tutto” il carattere di “comunità” di tale realtà universitaria, fatta di docenti, studenti e laureati, che si riconoscono “membri di una stessa famiglia”, condividendo una “storia comune” fondata su “medesimi principi” che l’hanno originata e la governano: la comunità infatti, scrive il Pontefice, si forma e si consolida quando si cammina “insieme e uniti”, valorizzando l’eredità ricevuta che va custodita anche per le nuove generazioni. È innegabile, osserva Francesco, che i fondatori del centro educativo peruviano abbiano lanciato una proposta coraggiosa al servizio della società e della Chiesa locali: una chiamata all’apertura verso altre culture e realtà, perché - in sintesi - se ci si chiude in se stessi si è destinati al “fallimento”.

Solo guardando all’esempio di Gesù, buon maestro, possiamo capire che per insegnare si debba “prima” imparare, essere discepoli. L’insegnamento e l’apprendimento, prosegue la missiva, sono processi lenti e scrupolosi che necessitano “attenzione e amore costante” perché si sta “collaborando col Creatore a plasmare l’opera delle sue mani”. In tale compito, ognuno porta la competenza del proprio sapere e la specificità della propria vocazione e vita, in modo che questo centro di studi brilli non solo nella sua “eccellenza accademica” ma anche come “scuola di umanità”.

D’altra parte, aggiunge Francesco, “siamo discepoli missionari” impegnati a trasformare il mondo in un “Vangelo vivente”. Ecco perché questa istituzione, “con tutti i suoi membri”, sottolinea il Papa, è chiamata ad affrontare la “sfida” di andare incontro all’uomo e alla donna di oggi con una parola “autentica e sicura”, cercando la verità “con rigore”, trasmettendola adeguatamente e collaborando così “alla promozione della persona umana e alla costruzione della società”. L’ateneo, “che in conformità con la sua origine, storia e missione ha un vincolo speciale con il Successore di Pietro” e con la Chiesa universale, avrà raggiunto i suoi obiettivi portando al tessuto sociale le doti di “professionalità e umanità”, proprie del cristiano che ha saputo trovare una giusta sintesi tra fede e ragione.








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