2017-04-01 09:24:00

P. Fares: vi racconto la passione di Bergoglio per l’educazione


Dialogando con i giovani cresimandi allo Stadio San Siro di Milano e recentemente con i bambini nelle parrocchie romane è emerso, ancora una volta, come Papa Francesco abbia una grande passione per l’educazione. Un amore che viene da lontano, come sottolinea il gesuita argentino padre Diego Fares, scrittore di “Civiltà Cattolica”, che di Bergoglio fu studente quando il futuro Pontefice era provinciale dei Gesuiti in Argentina. L’intervista è di Alessandro Gisotti:

R. - È vero che lui è un grande educatore, un formatore, diciamo noi. Uno che vive l’educazione come un tutto, come educazione del cuore… Ed è proprio lui a dirci che questo grande amore per l’educazione nasce dai salesiani. La sua famiglia si alimentò spiritualmente dei salesiani di San Carlos, a Buenos Aires. In una lettera del 1990 scritta al suo amico padre Cayetano Bruno, ricorda la sua vita come convittore al Collegio dei Santi Angeli, nell’anno 1949 (aveva 12 anni, ndr). “La vita di Collegio era un tutto. Ci si immergeva in una trama di vita, preparata in modo che non ci fosse tempo ozioso. Il giorno passava come una freccia senza che uno avesse il tempo di annoiarsi. Io mi sentivo sommerso in un mondo che, sebbene preparato artificialmente, con risorse pedagogiche, non aveva nulla di artificiale”. Io, adesso, rifletto su queste sue parole, questa sua memoria circa la solidità della formazione salesiana, e vedo come lui abbia dato a noi suoi studenti gesuiti degli anni 1975-1986, la stessa solidità. Anche la nostra vita nel Seminario era “un tutto”. Nella nostra formazione s’integravano la preghiera personale e comunitaria con le lezioni, il lavoro manuale nell’orto, con gli animali. Io per esempio lavoravo con le api... Con la rassegna dei libri per la nostra rivista, lo sport, con una sana concorrenza, con l’apostolato nei quartieri poveri... La cosa buona di quell’epoca è il fatto che Bergoglio aveva chiaro il suo schema formativo ma non lo impose in una sola volta, ma ci inserì in un processo nel quale noi discernevamo insieme a lui quello che andava meglio e, una volta deciso - un orario, un’attività, un lavoro - diventava legge. Ma una legge frutto dalla vita e dalla storia vissuta insieme.

D. - C’è nei suoi ricordi qualcosa che può farci capire com’era l’educatore Jorge Mario Bergoglio e cosa si è aggiunto, secondo lei, da quando è diventato Papa in questo amore per l’educazione?

R. - Com’era e cosa si è aggiunto… Parlerò di pazienza. Ricordo di aver scritto una volta nel mio quaderno spirituale: “Mi colpisce la sua assoluta mancanza d’impazienza”. Si vedeva che, essendo inquieto per natura, non agiva per impulsi ma con carità discreta, come diciamo noi. E pure in questa pazienza proverbiale è cresciuto tantissimo, al punto tale che alcuni confondono questa virtù con debolezza. Niente affatto. La sua pazienza e mansuetudine, apre e lascia spazio allo Spirito. Dico questo perché l’educazione è una lunga pazienza, quella di portare avanti processi di lunga durata, irreversibili. Guardini dice che noi “abitiamo nella pazienza di Dio Padre”. Mi piace parlare della sua capacità di discernimento. A me sempre mi ha colpito, oltre la sua bontà, il suo discernimento. Primo passo: la sua capacità di accogliere la realtà così come è. L’immagine è sempre stata quella del portiere che cerca di parare la palla dove gliela calciano. Bergoglio è uno che non ha paura dei sentimenti: sentire è reale, è buono. Va affermato: “Sento questo!". Dopo s’interpreta se qualcosa è del buono o del cattivo spirito e si giudica quello che si deve acconsentire. Lui diceva: “Una dimensione che è molto cresciuta negli anni successivi alla scuola è stata la mia capacità di sentire bene e mi sono reso conto che la base fu messa da quell’anno d’internato. Là mi educarono al sentimento come valore del cuore. Non parlo di sentimentalismo ma del sentimento come valore del cuore”.

D.- In Amoris Laetitia, Papa Francesco dedica una parte importante all’educazione dei figli. Quali sono i punti forti di questa parte dedicata ai genitori e forse un po’ trascurata dall’attenzione dei media rispetto ad altri temi di questo documento?

R. - I punti forti… A San Siro, ha consigliato di rileggere il capitolo 4 di Amoris Laetitia, sull’amore nel matrimonio. I figli ci guardano, ha detto, e percepiscono se c’è amore tra i genitori. L’amore educa bene. L’amore sempre trova il modo migliore. Per questo il consiglio ai genitori: “Abbiate cura del cuore dei vostri figli, della loro gioia, della loro speranza”. Educare il cuore lo può fare soltanto un padre, una madre. Il cuore sempre ha l’ultima parola. Nel capitolo 7 di Amoris Laetitia, il Papa incoraggia i genitori a educare i figli in questa maturazione affettiva, che si fa carico dei desideri profondi del cuore. Dietro i criteri pedagogici di Amoris laetitia ci sono un “sì” e un “no” radicali. Il “sì” è il sì forte alla gioia dell’amore. La gioia allarga il cuore della famiglia. Qual è la caratteristica di questo “sì”? Ai principi positivi appartiene la gradualità: si può sempre crescere e maturare nel bene. Il “no”, invece, è l’orizzonte come limite. Limite di fronte al peccato che porta alla morte. Ma il “no” è al servizio del “sì”. La vita dei figli non matura a forza di “no” moltiplicati, bensì tramite la gradualità di molti “sì”. Il Papa modera l’uso dei “no”. Non fare il male! Questo è chiaro. La verità non si negozia. Ma, come si fa a casa, subito viene il perdono e la misericordia, la nuova opportunità: non condannare, non giudicare. Questa è la pedagogia della misericordia, che non maltratta i limiti dei figli, anzi tratta i limiti con infinito amore e pazienza, difendendo il grano invece di voler strappare a tutti costi la zizzania.








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