2017-03-25 14:14:00

Rd Congo: oggi firma accordo su elezioni, ma continuano le violenze


Ancora violenze nella Repubblica Democratica del Congo. Almeno 42 ufficiali di polizia sono stati decapitati, venerdì scorso, dai miliziani del gruppo "Kamwina Nsapu" che hanno teso loro un’imboscata nella provincia centrale del Kasai. Altri sei poliziotti sono stati risparmiati perché parlavano la lingua locale. Dopo l’omicidio del leader delle milizie Nsapu avvenuto lo scorso agosto, la regione del Kasai è dunque scossa dalle violenze. Oltre 400 persone sono state uccise in questi mesi. Intanto nel Paese c’è attesa per la firma oggi dell’accordo tra maggioranza, che fa capo al presidente Kabila, rimasto al potere anche dopo la fine del mandato e l’opposizione. La speranza è che l’intesa, promossa dalla Chiesa locale, metta fine alle violenze tra i due schieramenti e stabilisca la data delle prossime elezioni. Giancarlo La Vella ne ha parlato con padre Giulio Albanese, missionario comboniano, direttore delle riviste missionarie delle Pontificie Opere Missionarie:

R. – Tutti desiderano davvero questa firma, questo accordo tra maggioranza uscente e opposizione, perché continuare a procrastinare nel tempo le elezioni significa innanzitutto indebolire lo Stato di diritto e poi acuire a dismisura le divisioni interne che non sono solo politiche, ma sono legate a questioni etniche e soprattutto alle costanti interferenze delle potenze regionali. La posta in gioco è davvero alta, questo lo ha capito più di tutti la Chiesa cattolica congolese che ha dimostrato, ancora una volta, di essere l’espressione più significativa della società civile di questo gigante africano.

D. - Che cosa interessa del Congo alle entità, alle realtà che girano intorno al Paese africano?

R. - Parliamo di un Paese che è un po’ la cartina al tornasole delle contraddizioni dell’Africa subsahariana. Gli interessi in gioco sono legati innanzitutto allo sfruttamento delle immense risorse minerarie di questo Paese, le cosiddette “commodieties”, fonti energetiche in primis. La verità è che tutto questo rappresenta un fattore altamente destabilizzante ed è proprio questo il paradosso, perché questa immensa ricchezza dell’ex Zaire potrebbe davvero affermare l’agognato sviluppo di una nazione in cui purtroppo, ancora oggi, l’esclusione sociale e la costante divaricazione tra una ricchezza concentrata da un manipolo di nababbi e le masse impoverite è davvero inaccettabile.

D. – E comunque sullo sfondo rimane il confronto armato tra tanti gruppi etnici che continuano a combattersi...

R. - Diciamo che la zona dove effettivamente l’instabilità, per quanto concerne la sicurezza, è più evidente è tutto il settore orientale, pensiamo al Nord e al Sud Kivu, pensiamo ad una grande regione come l’Ituri. Ci sono tutte queste formazioni armate, alcune delle quali hanno un radicamento locale, altre continuano ad essere aiutate e sostenute da potenze straniere. Questo naturalmente è legato ad interessi non solo economici, certamente, ma anche di gestione del potere. Per questo è importante che vi sia davvero un governo di unità nazionale, che in un modo o nell’altro garantisca innanzitutto la sicurezza della stremata popolazione civile e poi possa, in una maniera o nell’altra, innescare quei meccanismi di partecipazione, di condivisione che sono richiesti a squarciagola dalla società civile e che, purtroppo, sono stati disattesi in tutti questi anni.

 

Aggiornato il 27/03/2017








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