2017-03-23 17:48:00

Trattati Roma, Tufarelli: serve ritrovare spirito del '57


Difficoltà cicliche per l’Unione

“L’Unione Europea ha già avuto dei momenti difficili nella sua storia. In questo momento stiamo soprattutto pagando le conseguenze di una grande crisi economica e di cure non sempre appropriate. Certo, era una situazione prevedibile: nel 2004, durante la presidenza italiana, l’Unione Europea ha compiuto una grande sforzo di allargamento, aggiungendo 12 stati e affrontando una sfida davvero ardua. E’ chiaro che tutto ciò richiede un adeguamento graduale e rende perciò comprensibile anche il tema di un’Europa a due velocità. Ma se l’Europa affronta ciclicamente delle difficoltà, la virtù dei capi di stato europei deve essere proprio quella di superarli, dando nuovo impulso al progetto comunitario”. Francesco Tufarelli, consigliere del Sottosegretario agli Affari europei, docente di diritto dell'Unione Europea all’Università di Roma Tre, commenta così l’atteso vertice per il 60° dei Trattati di Roma, che richiama in questi giorni nella Capitale i capi di stato e di governo dell’UE.

Un compito più facile rispetto a 60 anni fa

“Come ha ben sottolineato il presidente Mattarella, nel suo discorso al parlamento italiano all’apertura delle celebrazioni -  prosegue Tufarelli - va ritrovato lo spirito dei capi di stato che nel ’57 ebbero la lungimiranza di firmare quei trattati. Uscivano da una guerra mondiale, teoricamente i loro popoli si odiavano. C’erano paesi europei che avevano in casa milioni di morti per responsabilità di un altro paese dello stesso continente. Eppure, quei capi di stato videro l’Unione Europea: un progetto che in quegli anni sembrava impossibile. Paradossalmente oggi il nostro compito è più facile: noi già sappiamo che l’Unione ha assicurato cinquant’anni di pace nel continente che per mezzo secolo era stato teatro di due guerre mondiali”.

No a disperazione per la Brexit

“Quest’anniversario cade dopo la Brexit – continua Tufarelli  - una scelta che però non deve far disperare, pensando anche al rapporto dialettico che il Regno Unito ha da sempre avuto con i trattati europei. Ora i britannici continueranno ad avere degli accordi con l’Europa anche se la loro uscita deve compiersi nettamente, per non far perdere credibilità alle istituzioni”.

Uscire dalla cultura della crisi

“Ha ragione Gentiloni nell’affermare che le spinte nazionaliste e populiste, tipiche dei momenti di crisi dell’Unione, non sono affatto invincibili – continua lo studioso di diritto europeo -  tanto è vero che raramente i partiti che le assecondano riescono ad avere la maggioranza.  Ora dobbiamo soprattutto uscire dalla cultura della crisi, dei sacrifici e della contrazione. E’ stato giusto che per certi anni ci fossero delle regole e un ‘fiscal compact’, ma abbiamo costatato che non ha funzionato. Ora bisogna dare nuova aria all’economia dell’UE, bisogna aiutare i paesi a investire – in Italia il piano dell’industria 4.0 del ministro Calenda va in questo senso – bisogna ridare vita all’industria europea. Se poi questo comporterà la necessità di lavorare anche a un’Europa a due velocità va ricordato che le cooperazioni rafforzate nell’Unione sono sempre esistite. Chi è pronto può andare avanti ma ciò non pregiudica che gli altri possano accodarsi subito dopo. L’importante è che non ci siano discriminazioni e che le alleanze siano diversificate sui singoli accordi. Resta fortissima – come ricordava il presidente Ciampi – la responsabilità dei sei paesi fondatori, a questi spetta il compito di avere lo scatto di reni per aiutare l’Unione a reinventarsi, così come lo ebbero nel ‘57 per inventarla dal nulla”.








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