2017-03-15 13:30:00

"Per fortuna c'è la Quaresima!", il libro di don Bartoli


“Per fortuna c’è la Quaresima!”: è il titolo del libro scritto da don Fabio Bartoli, edito da Ancora, che raccoglie una serie di riflessioni su come vivere questo tempo che ci separa dalla Pasqua. Un volumetto agile, ma dal contenuto profondo, che si rivolge per lo più a quanti si sono allontanati dalla fede, ma che dice a tutti indistintamente: “Il male esiste, ma non dobbiamo temerlo perché c’è chi lo ha vinto per noi”. Cecilia Seppia:

Per dirla con il buon Chesterton, le favole non servono per ricordare ai bambini che esistono i draghi, loro lo sanno benissimo; le favole servono a insegnare ai piccoli che i draghi possono essere sconfitti. Lo stesso vale per la Quaresima: non vuole ricordarci che il Male c’è, pur celato sotto mille aspetti, ma che può essere vinto grazie alle armi che ci dà la Chiesa. Parte da questo assunto il libro di don Fabio Bartoli dal titolo “Per fortuna c’è la Quaresima! Riflessioni inattuali”. Per fortuna o per grazia, afferma l’autore, ci è dato un tempo, i famosi 40 giorni di Gesù nel deserto per comprendere, pregare, ritornare in noi stessi e vincere le tentazioni, facendo anche il salto più grande: quello di riuscire ad ammettere i propri errori, senza incolpare la vita, la società, l’istruzione ricevuta. Sentiamo don Bartoli:

“Il male ha mille volti ma una sola natura che è sempre la stessa, il rifiuto del Padre. Allora, il modo migliore per immunizzarsi da questo è proprio quello di legarsi strettamente a Dio Padre, di essere in una comunione profonda con Lui. Continuamente Gesù risponde al diavolo in quel modo, cioè rimandandolo a quel legame a Dio che è la sua garanzia, la sua forza”.

Scritto come una lettera inviata a Marco - 40enne insegnante di liceo, un tempo credente ma ora lontano e anche un po’ arrabbiato con la Chiesa, che don Fabio Bartoli descrive come uno dei suoi ragazzi più brillanti, anche se dopo la laurea qualcosa lo ha portato lontano - questo breve testo sul significato della Quaresima sradica una serie di tristi luoghi comuni a cominciare da un tema, decisamente fuori moda, come il pentimento… Ancora don Bartoli:

“Io credo che il tempo di Quaresima, innanzitutto, sia un tempo per ritornare al Padre, per riscoprire che Dio è Padre. Quindi la cosa di cui dobbiamo pentirci innanzitutto è l’inganno che il diavolo ha posto dentro di noi, di farci credere che Dio è nostro nemico, di farci credere che i suoi comandi, i suoi insegnamenti sono contro di noi per limitare la nostra libertà o il nostro fiorire come uomini. Poi, bisogna distinguere tra il pentimento e il senso di colpa che sono due cose profondamente diverse, perché il senso di colpa è il dolore per non essere stati all’altezza di un compito, il pentimento cristiano, invece, è il dolore di aver tradito la fiducia di un Padre. C’è una grande differenza perché nel primo caso il dolore in fondo nasce dall’orgoglio: cioè, siccome non ce l’ho fatta, allora ho una cattiva immagine di me stesso. Invece, il pentimento nasce dall’amore: cioè, io amo questo Padre, soffro per averlo tradito e il suo perdono in questo modo però ristabilisce tutto. Mentre invece nel caso del senso di colpa non c’è perdono perché io non posso perdonare me stesso: è soltanto dentro una relazione, dentro un rapporto d’amore che si scopre la meraviglia del perdono”.

Una riflessione serrata, travolgente, spiazzante sugli atteggiamenti e i gesti che la Chiesa raccomanda nel tempo quaresimale che, senza sermoni, ci porta alla riscoperta dei fondamentali della fede cristiana, come il rapporto tra Padre e figlio. Don Fabio Bartoli:

“Nel libro c’è una frase molto provocatoria che dice che noi cristiani non crediamo in Dio, noi cristiani crediamo in Dio Padre. E cambia tutto perché tutti credono in Dio: i buddisti credono in Dio, gli ebrei credono in Dio, i musulmani credono in Dio, tutti credono in Dio. Ma solo noi crediamo che Dio è Padre. Ovviamente se Dio è Padre, noi siamo tutti fratelli. Scoprire che Dio è Padre significa scoprire che io non ho nemici, significa scoprire che la vita, il rapporto con le altre persone è un cammino per ritornare a questa casa del Padre. Solo il penitente è capace di una vera comunione. Perché invece l’uomo che vive tutto centrato su se stesso, sia un moralista sia un libertino, non è capace di vera comunione. Il libertino e il moralista sono fondamentalmente da soli perché nella sostanza cercano se stessi, mentre solo chi è capace veramente di pentirsi scopre di essere parte di una comunità. All’inferno si va sempre da soli, in Paradiso si va in comunità, in Paradiso si va tutti insieme. E’ per questo che la Bibbia finisce con una grande festa di popolo, tutti insieme nella piazza della Gerusalemme celeste a lodare l’Agnello. Quello è il nostro obiettivo, noi stiamo andando lì. Vivere una vita pasquale, vivere una vita da risorti, significa vivere una vita di popolo, una vita di comunità”.

Tra le armi che la Chiesa suggerisce di usare in Quaresima ci sono la preghiera, l’elemosina e il digiuno, che forse tra tutte è quella più inattuale, ma attenzione a non cadere nel moralismo, ammette don Bartoli: digiunare non vuol dire infatti rinunciare a tutto o ai dolci, ma sottomettere il corpo allo spirito, allenarsi al distacco delle cose, anche dai social network:

“Uno degli scopi di questo libro è ridare un senso a queste pratiche, cioè aiutarci a comprendere perché bisogna farle. Perché non basta dire: devi digiunare. Se non ti spiego perché, tu non lo farai mai, è ovvio. Il digiuno è fondamentalmente liberare il cuore dall’egoismo per lasciare uno spazio aperto dentro di noi in cui poter donare. Dunque non è tanto questione di fare tante rinunce, quanto piuttosto di smettere di cercare il proprio benessere, il proprio interesse e aprirsi a un di più, aprirsi all’altro anche mettendo da parte il telefono”.

Il suggerimento di don Fabio Bartoli è che tutti possono “tornare al Padre”, ma serve un allenamento spirituale graduale:

“E’ molto più utile un piccolo passo ogni giorno piuttosto che proporsi degli obiettivi impossibili che poi dopo non riusciamo mai a realizzare nella nostra vita. Nel libro faccio l’esempio di un Padre che regala a un figlio prima un triciclo, poi una bicicletta, poi un motorino e alla fine un’automobile, ma prima deve avere imparato a guidare le altre cose”.








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