2017-03-09 13:46:00

Mons. Tomasi: tra i profughi per portare la vicinanza del Papa


Un viaggio per portare la vicinanza della Chiesa ai profughi e ai migranti del Medio Oriente. E’ quello che hanno compiuto in questi giorni il cardinale americano Roger Mahony e l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi nei campi profughi in Libano, Giordania, Iraq e Grecia. Prima della partenza i due promotori della visita – durata 10 giorni – hanno informato Papa Francesco. Oggi, nella sede della Sezione Migranti e Rifugiati del dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale, si è svolto un briefing su questa esperienza. Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza di mons. Silvano Maria Tomasi:

R. - È stato un pellegrinaggio umano di incontro con i rifugiati della Siria, le lavoratrici domestiche dall’Etiopia e dalle Filippine, i rifugiati dall’Iraq, specialmente i cristiani della Piana di Ninive. Questi incontri hanno mostrato due cose molto importanti. Primo: le conseguenze umane delle politiche sbagliate che basano la soluzione dei problemi sulla guerra e sulla violenza portano sofferenze umane enormi. Secondo: fa vedere anche che allo stesso tempo ci sono delle persone generose pronte ad aiutare, a dare il meglio di se stesse per fare in modo che queste comunità sradicate dal loro ambiente possano portare avanti una vita che sia il meno difficile possibile.

D. - Questa vostra presenza è un segno anche tangibile dell’azione di Papa Francesco e della Chiesa per andare incontro ai profughi e ai migranti. Come viene percepita  questa attenzione costante del Papa?

R. - Devo dire che dovunque siamo andati cristiani, yazidi, musulmani, sia sunniti che sciiti, quando si cenava, al nome “Papa Francesco”, tutti battevano le mani o dicevano: “Questa è la voce che ci vuole”. Quindi abbiamo ricordato un po’ a questi gruppi in difficoltà che c’è qualcuno che si occupa di loro. Questa azione di solidarietà, mostrata dalla presenza delle organizzazioni cattoliche è una galassia di forze ispirate dal Vangelo che cercano di dare una risposta alle esigenze e alle sofferenze di queste persone sull’esempio e sull’insegnamento di Papa Francesco.

D. - In Europa come in America si alzano barriere, si ostacola l’arrivo dei profughi e dei migranti …

R. - La nostra visita ha voluto essere un messaggio di speranza: non dobbiamo avere paura del nostro fratello che soffre ma, soprattutto, dobbiamo andare alla radice di questi problemi! L’Unione Europea, gli Stati Uniti e altri Paesi sono generosi, danno centinaia di milioni di dollari per l’aiuto umanitario a queste persone. Però davanti alla realtà che abbiamo sperimentato e alle sofferenze, al dolore di queste persone, viene da domandarci se non sia più saggio non causare questi flussi di rifugiati con politiche egemoniche e di potere, e rispondere invece ai problemi che ci sono con il dialogo e con il negoziato. Quindi, piuttosto che dare un’elemosina per rimediare le conseguenze cattive di queste politiche, è meglio usare con saggezza il potere pubblico per non fare delle scelte sbagliate che usano la violenza come mezzo di soluzione del problema.








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